Correvano in cerca di un riparo, ma per
quanto sembrasse incredibile non riuscivano a uscire dalla foresta.
Non aveva senso, perché loro stesse fino a
quella notte avevano creato quel mondo, allungando e accorciando le
distanze, cambiando l’arredamento delle stanze nel palazzo proprio come
succedeva alla TARDIS. Talvolta erano mutamenti consci, in altre
occasioni era il loro umore ad influenzare il tempo atmosferico o la
varietà dei fiori, dei frutti e persino la luminosità delle stelle.
Solo la sfera era rimasta fissa e sfolgorante, sfidando anche le nuvole
notturne. Ma avevano finto che non esistesse, ognuna per ragioni
differenti.
Il destinatario del messaggio di Jenny era
una delle creature più imprevedibili dell’universo. Clara ne aveva
appena sentito parlare, e Ada non aveva nessuna idea di dove poterlo
trovare, né in realtà le interessava farlo in tempi brevi. Inoltre, al
momento vi erano ben altre priorità - salvarsi, innanzitutto.
Schivarono a malapena un grosso ramo spezzato
che comunque sbarrò loro la strada. Quello che sembrava un semplice
temporale si era presto trasformato in una tempesta di grandine, con
fulmini che a tratti illuminavano a giorno la foresta e schiantavano
gli alberi come fili d’erba.
- Clara, aspetta, fermati. - Non attese
nemmeno di riprendere fiato. La pioggia si calmò d’improvviso; anche i
fulmini erano cessati. - Non è scappando che riusciremo a sfuggirgli…
Guarda, sta passando. Credo che non possa gestire entrambi i piani di
realtà nello stesso momento. Il nostro e il suo. Capisci? Il Dottore è
là, sta imbastendo un gioco con lui, deve concentrarsi su di lui. Prima
che torni, prima che finisca di distruggere tutto… devo andare là. So
chi può aiutarci.
- Non riusciamo a tornare nel nostro corpo ma
nel regno di questo Giocattolaio sì?
- Sì, perché non è un piano fisico, esiste
senz’altro un passaggio. Se lui ha potuto insinuarsi dentro di noi,
perché noi non potremmo?
- No, non ci penso nemmeno, ti prenderebbe.
Vengo con te.
- Clara, non puoi. Honey rimarrebbe senza una
coscienza. Il bambino non avrebbe scampo. Quel mostro non se ne
accorgerà nemmeno, se avrò fortuna. - Ada le stampò un bacio sulle
labbra e indietreggiò piano, sperando che in quel modo sarebbe stato
meno doloroso allontanarsi da lei. - Devo provarci.
- Chi è che ci può aiutare?
- Un’amica del Dottore. Un’amica di un tempo
molto lontano.
Un ventaglio di fronde strappate si frappose
tra loro come una tenda verde e grondante d’acqua, e quando Clara lo
scostò si ritrovò sola.
*
Ada era in una stanza che odorava di muffa e
di qualcosa molto peggiore. Gli scaffali erano ricolmi di ogni tipo di
bambole, trottole, trenini e astronavi, fiori di carta, giochi in
scatola, cerchi e birilli. Sul pavimento, giocattoli rotti; appese al
soffitto, maschere ripugnanti. Era la Bottega, il magazzino degli
esperimenti del loro nemico. Si concentrò su quello che stava cercando:
una marionetta dalla veste color amaranto. I suoi passi facevano
scricchiolare il parquet e tintinnare i pezzi di ingranaggi disseminati
ovunque. Lui era in ascolto? Cosa stava succedendo tra lui e il
Dottore? Con quali enigmi, quali rompicapi, quali inganni l’aveva
accolto?
Non poteva fermarsi a pensare, doveva trovare
Millennia.
Ricordava con affetto il romanzo dove si
parlava di lei e del suo innamorato, Rallon. L’aveva scovato in un
mercatino dell’usato, ed era uno dei suoi preferiti. Rallon e Millennia
avevano seguito il Dottore nel suo primo viaggio in assoluto,
quand’erano ancora studenti all’Accademia, ma erano caduti vittima del
Giocattolaio. Rallon era stato usato come fonte di energia e di
intelligenza, un corpo quasi immortale a sostenere suo malgrado le
trame oscure del Guardiano dei Sogni. Millennia era stata considerata
inutile e trasformata in una bambola, ma… poteva essere che nel
profondo avesse conservato un frammento di coscienza? Che ricordasse?
Che amasse? Che potesse aiutare tutti loro?
Intravide una macchia del colore giusto e
corse verso quell’angolo, mentre la stanza sembrava farsi più piccola e
buia. “Nulla di ciò che lui crea è reale”, tentò di convincersi, ma
sapeva che, sebbene si trattasse di una differente realtà,
ciò che la circondava poteva ferire e uccidere - non il loro corpo,
almeno finché la TARDIS avesse resistito, ma la loro mente sì, e allora
cosa ne sarebbe stato del bambino?
Afferrò la figurina di legno abbigliata di
stoffa preziosa ma ormai logora dai secoli, fissò i suoi occhi dipinti
con un’espressione di supplica. Disperata, la serrò infine tra le
braccia, chiamandola per nome.
- Salvaci, ti prego. Salva il Dottore. Salva
il nostro bambino… Millennia! Ascoltami!
Le bocche oscene delle maschere avevano
denti. Dalle travi del soffitto iniziò a colare un liquido rossastro.
Presto ne ebbe i capelli impiastricciati, e sembrava corroderli.
- Millennia, ti prego! Lui non vi ha mai
lasciati andare… lui non ha dimenticato…
Sono qui. Sono sempre stata qui. Dimmi come posso aiutarti:
liberami, e ti libererò.
- Sei davvero tu? Resta con me, seguimi, prova ad uscire da
qui.
Sentì che quel fantasma triste si aggrappava a lei, proprio
come lei la stringeva, mentre le pareti iniziavano a vibrare con un
ronzio sinistro.
*
Era l’ultima mossa.
Carezzò il volto della donna impareggiabile
che era stata sua moglie, e gli uscì dalla gola un gemito strozzato
quando si rivide, ammanettato e impotente, nella Biblioteca che aveva
visitato già troppe volte nei suoi incubi. Quella di River Song era
stata l’ultima agonia a svelarsi davanti ai suoi occhi, l’ultimo
ostacolo
(perché il dolore è sempre un ostacolo verso
la gioia futura)
prima che lo schermo gli mostrasse, come
premio per la meritata vittoria, ciò per cui era venuto in primo luogo.
Vedeva una stanza sotto di sé, come se si
trovasse sul soffitto. Su un tavolino attorniato da poltrone vi era un
libro dalla copertina familiare.
- Vuoi lasciar per un pochino il tuo corpo
come ostaggio? Sarò attento, sarò saggio, non ci poserò un ditino.
Non vedeva altra soluzione. Se voleva entrare
nella mente di Honey, doveva proiettarvisi attraverso lo schermo. Era
senza dubbio una trappola: il Giocattolaio l’avrebbe posseduto non
appena la sua coscienza si fosse distaccata. Ma di trappole,
fortunatamente, il Dottore se ne intendeva.
Percepì dapprima una fortissima tensione
magnetica che lo inchiodava alla superficie sottostante, poi sentì uno
strappo e precipitò nella stanza.
- Ouch. - Non credeva che avrebbe provato
dolore; almeno sui piani di realtà virtuale avrebbe preferito
risparmiarsi una simile scocciatura. Si rialzò e si diede un’occhiata
intorno. Era una biblioteca anche quella, ma di tutt’altro genere.
Raccolse il libro dal tavolino e capì perché l’immagine sulla sua
copertina gli era sembrata familiare. Si intitolava Shada, e su di essa
vi era il ritratto della sua quarta incarnazione, piuttosto lusinghiero
in verità. Diede una scorsa alle pagine e vi trovò il riassunto della
sua avventura contro Skagra, completa di commenti personali di Ada.
Commenti a volte piccanti, ma soprattutto teneri.
“Ma perché Romana non si innamora del
Dottore? Sul set Lalla si è innamorata veramente di Tom…”
L’attore che l’aveva interpretato si chiamava
Tom. Buffo, ma anche stranamente calzante. Gli piaceva.
“La nave nera che viaggia nel tempo come una
TARDIS è una figata. Vorrei sapere che fine ha fatto dopo. Magari l’ha
trovata Jack Harkness.”
Sei un tesoro, Ada Markham, pensò. Ma non
aveva tempo per gingillarsi. Corse alla finestra e vide che fuori era
passato una sorta di uragano. Capì che il Giocattolaio stava per
distruggere tutto.
Trovò la strada verso l’ingresso e spalancò
il portone proprio mentre un albero precipitava contro di lui. Si gettò
in avanti, schivandolo a malapena. Si rimise in piedi e corse verso il
bosco, chiamando le ragazze con tutta la voce che aveva.
Non trovava un passaggio. I rami erano un
groviglio inestricabile e porco schifo perché non ci aveva pensato
prima, se cadere dal soffitto gli faceva male sul serio forse
funzionava anche la versione virtuale del cacciavite sonico, ora che
aveva un’impostazione specifica per il legno…
Non ve ne fu bisogno. Udì un fruscio e guardò
in alto, e lassù, arrampicata su uno degli alberi ancora in piedi, a un
paio di metri da terra, c’era Clara. Rivedere il suo aspetto prima
della fusione colmò il suo animo di una sensazione così intensa da
lasciarlo senza parole.
- Dottore! - Stava piangendo di gioia. Era
così bella…
Allungò le braccia e le fece cenno di
lanciarsi giù. Lei sembrava un poco titubante ma ubbidì, e finirono a
terra entrambi.
- Oh, Clara… oh, tesoro.
- Forse Ada ha trovato una via di fuga. È
andata a cercare qualcuno, ha detto che... tu la conoscevi…
Il Dottore rabbrividì, e non era solo la
pioggia gelida a scuotere i suoi sensi. Era il passato con i suoi
fantasmi. - Sì. Non ho mai creduto che potesse essere ancora nella
Bottega, ma… l’ha trovata. Se lei può davvero liberarvi, oh, è più di
quanto potrò mai fare io. - Le accarezzò le labbra, rendendosi conto
che non erano mai stati così vicini, non da soli. - Non sono davvero
qui, lo sai.
- Nemmeno io, giusto?
La baciò e la strinse a sé, sull’erba
fangosa, sotto la pioggia, in quel mondo in disfacimento, e gli parve
di non poterla più lasciar andare.
- Mi perdonerai? Potrai mai… - La voce di lei
era attutita, perché il suo viso era schiacciato contro il collo del
Dottore.
- Cosa? Cosa?
- Per quando credevo che non mi piacessi più.
Per tutto il tempo in cui non ti ho guardato negli occhi, credevo di
averti perso e nemmeno ti cercavo…
- Basta, non pensarci. Non sono io a dover
perdonare te. Non ho saputo proteggervi.
Sembrava tutto così vero. Le braccia che la
tenevano, la vibrazione della sua voce. Ma non lo era, doveva tenerlo a
mente. Clara si scostò, ignorando le sue parole e fissandolo con la
preoccupazione in volto. - Dove sei davvero? Dove hai lasciato il tuo
corpo?
- Ho attivato un allarme, se proverà a
possederlo mi farà tornare là. Non potevo certo fidarmi.
- E lo farà? È questo che vuole,
impossessarsi di te?
- Cerca di impedirmi di trovare Gallifrey,
forse sotto gli ordini di uno dei suoi compari, ma questo è solo il
piano più recente. È da quando ero un ragazzino che mi vorrebbe con sé.
Ha avuto Rallon, ma quello che voleva ero io. Certo che ci proverà.
Mancava poco, allora. Mancava pochissimo e
c’era così tanto ad agitarsi dentro… comunque fosse andata, non si
sarebbero mai più incontrati in quel modo.
- Ada ci riuscirà.
- Ma certo. Dille che… non ero così bello con
quella sciarpa, dopotutto.
Clara capì e sorrise. Bello. Lo era sempre
stato e non lo era stato mai, era un dettaglio tanto futile quanto un
granello di polline in confronto all’universo. Ma lui avrebbe potuto
raccontarle che persino qualcosa di tanto insignificante aveva il
potere di distorcere la percezione della realtà.
- Dille che la amo.
- Potrai dircelo quante volte vorrai, quando
tutto questo sarà solo un ricordo. Devi ancora portarci su Apalapucia,
no? Continui a rimandare. E voglio vedere Gallifrey. Voglio che il
nostro bambino nasca nella tua casa. Si chiama Lungbarrow, non è vero?
È tutta di legno e c’è un buffo robottone peloso…
- Clara. - Sentì che il Giocattolaio era sul
punto di attaccarlo, di prendere quel posto vuoto dove prima c’era la
sua coscienza e seppe che stava per svanire da quel mondo. - Clara
Oswald, io...
*
Ada si ritrovò nel giardino, tra le statue
distrutte dalla tempesta e gli alberi schiantati. Clara la raggiunse,
affannata, i vestiti fradici e il viso graffiato dai rami spezzati che
avevano rallentato la sua corsa.
- Sei tornata… amore, sei...
- L’ho trovata. - Le accarezzò i capelli
inzuppati, cercando di infonderle coraggio. Che cos’era quello sguardo
perso oltre? Cos’era accaduto mentre era stata via? - Gli sfuggiremo.
Resteremo tutti insieme, non vincerà, quello schifoso non vincerà.
Non c’era tempo per raccontarle della visita
del Dottore, e non avrebbe cambiato nulla. - Ma dove? Dove sarebbe?
Sono qui. Fate in fretta, non ho abbastanza forza per restare.
Anche Clara la udì. Proprio sul tetto del
palazzo, sulla cima di una delle colonne, stava una donna dalle ampie
vesti rosso scuro.
- Andiamo.
Si presero per mano e corsero verso
l’ingresso dell’edificio. Il tronco caduto sbarrava completamente la
porta, e quando Ada provò a rompere una finestra, udì dall’interno un
gorgoglio cupo, come un risucchio nero, un vuoto che sembrò accorgersi
di lei e corse a raggiungere quello spiraglio appena creato. Clara
gridò: anche dal bosco stava giungendo la tenebra. Sotto quel rumore
terribile le sembrò ci fosse una risata, un leggero e insopportabile
suono di scherno.
Dovete provare a salire. Non posso fare di più.
Raggiunsero l’altra finestra, ancora intatta,
e Clara si arrampicò sul davanzale. Ada si era ferita con il vetro, le
sue mani bruciavano ed erano scivolose di sangue. Non era più il loro
mondo, il Giocattolaio ora lo possedeva interamente e stava per
cancellarlo...
Dovete fare in fretta, o il buio vi risucchierà. A confronto,
un’eternità nella Bottega sarebbe una piacevole vacanza. Lui non deve
avervi, non lasciatelo vincere!
Millennia non muoveva le labbra - parlava
direttamente alle loro menti.
Raggiunse Clara, cercò un appiglio più in
alto. Maledisse le giustificazioni per l’ora di Educazione Fisica che
aveva sempre convinto sua madre a firmare… ma no, non era una questione
di muscoli, doveva capirlo davvero o non sarebbero uscite vive da lì.
Clara si aggrappò alla grata della
finestrella della soffitta e riuscì ad issarsi sul davanzale di questa,
tendendole la mano per aiutarla a salire. Sotto di loro non esisteva
più nessun giardino, nessuna foresta, nessuna biblioteca di ricordi.
Era tutto dentro di loro, e se fossero sopravvissute avrebbero potuto
ricreare un mondo completamente nuovo, ma in quel momento non vi erano
certezze, soltanto l’istinto di fuggire e portare con sé ciò che
avevano di più prezioso.
Siete in tre. Non avevo capito… non posso farlo.
- Che cosa? - Ada protese il braccio verso il
capitello della colonna, dove Millennia ora scuoteva la testa,
mortificata: - Cosa stai dicendo?
In cielo si era aperto uno squarcio tra le
nuvole scure, pura luce che però sembrava ritrarsi anziché splendere e
spazzare via la tenebra ghignante.
- Ti ho portato via da quella prigione. Puoi
raggiungere l’aldilà o qualsiasi cosa ci sia dopo, ritrovare Rallon e
la pace e le stelle e puoi salvarci, certo che puoi!
No.
- Non puoi lasciar morire il nostro bambino -
l’aggredì Clara, in bilico tra il davanzale e la colonna, lo sguardo
feroce. - È il figlio del Dottore. Sarà un Signore del Tempo, il
migliore di tutti, migliore anche del tuo Rallon, chiunque sia. E non
può vivere senza di noi, perché non è ancora nato. Perciò aiutaci a
tornare nel nostro corpo o il Dottore verrà a cercarti nell’aldilà! Più
di quanto ti abbia potuto fare male questo Giocattolaio maledetto, il
Dottore si vendicherà perché non hai fatto niente per salvare il suo
sangue!
Quelle minacce sembravano non sortire alcun
effetto. Millennia abbassò la testa, le mani tese verso di loro:
Non può vivere senza almeno una di voi, lo so. Il passaggio
si sta chiudendo, dovete essere voi a decidere. Mi dispiace.
Era la luce a creare quell’effetto sul suo
viso di spettro? O stava piangendo?
Ada chiuse gli occhi. Non voleva più vedere
alcuna luce. Non voleva vedere le lacrime di Millennia, né le lacrime
di Clara, solo salvare la loro creatura, il loro miracolo.
- No! - gridò Clara, intuendo cosa volesse
fare. Si gettò su di lei, spingendola in alto con tutte le sue forze, e
Millennia lesse nei suoi pensieri una suprema intenzione d’amore e
sacrificio.
- Io ti amo, Ada. E amo il Dottore, e amo il
fatto che tu lo ami. Tutto quello che non potrà mai essere… può far
implodere un pianeta, può stare tutto in una foglia. Ma quello che
potete avere è ancora più bello. Io riesco a vederlo… riesco a vedervi,
oh! Quanto amore!
Millennia vide la ragazza bruna lasciarsi
cadere verso il nero profondo di quel mondo distrutto. Il passaggio si
allargò e si richiuse di colpo - non c’era più nessuno, sulla colonna.
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