Bonjour!!!!
Eccomi qui con una fan fic AU sulla mia coppia preferita: CloudXTifa!!!!!
Pubblico Immaginario: Clap clap clap[applaudisce]
Siiiii!!
Grazie, grazie. Cmq
passando a cose normali..
P I: Fiu,
finalmente... -o-‘'
... perché, non vi è
piaciuto il mio inizio?? è_é
P I: ‘nsomma..
"E il pubblico
immaginario sparì: puff!"
Non badate ai miei scleramenti dovuti al caldo e allo stress, stavo dicendo
che questa è un'AU, ambientata tipo ai giorni nostri (non ci ho pensato molto
quando la scrivevo...) e con tutti i personaggi che conosciamo bene. I
personaggi, solo alcuni credo, sono OOC - tipo Tifa - perché lo richiede il
copione...
Tornando alla storia, i
capitoli saranno su personaggi diversi, finché il procedere della storia non li
farà incontrare e... Buona lettura!!!
Unico obbligo: lasciare
un commento-anche piccolissimo!
Cap. 1 Potrà mai cambiare qualcosa nella mia vita?
Le vie della città, nell'oscurità
della notte, erano sempre state tetre e avvolgenti, come se da un momento
all'altro ti potessero inglobare all'interno dei loro muri neri.
La notte era sempre stata
misteriosa e fantastica nei suoi sogni da bambina, dove i lupi si muovevano
furtivi per cogliere di sorpresa le loro prede, i gufi volavano da un ramo
all'altro, e le fragili principesse venivano sempre soccorse dai loro principi;
ma la realtà è sempre diversa dalle stupide storielle che si raccontano ai
bambini, la sera prima di andare a letto.
La notte adesso era solo un periodo
di tempo oscurato dalla luce del sole, che ogni giorno cercava di dimenticare,
di dimenticare il suo "lavoro".
Si alzò dal letto senza tanti
complimenti e si rivestì velocemente, senza badare alle spalline messe male del
reggiseno e prese i soldi appoggiati sbadatamente al comodino.
Lanciò un'ultima occhiata al corpo
riverso sul letto che russava animatamente, e aprì la porta, andandosene per le
terza volta in quella settimana dallo stesso motel di periferia.
Ormai erano già le sei di mattina,
e l'alba affiorava dai tetti delle case, che via via
si alzavano fino a formare un enorme unico tetto di grattacieli; avrebbe fatto
la strada fino a casa a piedi, nonostante abitasse quasi agli antipodi di dove
era ora.
Si strinse nel giubbottino
di pelle e sentì la nebbia infrangersi sulla pelle scoperta del suo viso,
mentre camminava a testa bassa, guardando un po' le sue gambe e un po' il
marciapiede.
Ogni tanto lanciava un'occhiata
alle poche macchine che passavano ma poi ritornava a posare il suo triste
sguardo sopra il marciapiede grigio e spoglio; si sentiva sempre più sporca,
pian piano stava cadendo in un baratro senza via di uscita per una nuova vita,
e non riusciva neanche a guardare in faccia le persone che a volte la
additavano e altre volte commentavano il suo modo di vita mentre le passavano
vicino.
Fortuna che di prima mattina di
gente in giro praticamente non ce ne era, anche i pochi che praticavano jogging
si erano probabilmente rintanati in casa per le strade bagnate dalla pioggia
della sera prima e dalla presente nebbia.
Ogni tanto però scorgeva una figura
solitaria dall'altra parte della strada, e allora guardava le pozzanghere che
si divertivano a prendere le forme più svariate e le evitava lentamente,
scostandosi di lato.
Ormai aveva superato la periferia e
stava entrando nel cuore della città, dove le imponenti banche e gli alti
edifici facevano intendere che Midgar fosse una città
molto ricca, quando cominciò a sentire dei passi di corsa, che rompevano il
silenzio mattutino, sull'acqua delle pozzanghere davanti a lei e pensò un attimo
di scostarsi dal centro del marciapiedi. Ma un attimo fu troppo tempo.
Una figura alta ma con contorni
confusi entrò in rotta di collisione con il suo corpo e lei rovinosamente cadde
a terra, quasi al centro della pozzanghera appena superata, mentre l'altra
figura si era sbilanciata un po', ma era rimasta in piedi.
L'uomo, da quanto poteva
constatare, si inginocchiò subito e con una voce leggermente affannata e
penetrante parlò.
- Scusa, colpa della nebbia; come va?
- disse facendo la domanda con tono incerto.
- Bene, bene... - disse solamente e
tentò di rialzarsi, ma constatando di essere completamente bagnata,
ancora di più di quanto non lo fosse prima, al contatto con la nebbia, rimase a
suo agio nell'acqua.
- Ehi ma sei caduta nella
pozzanghera! Se non ti cambi subito ti beccherai un malanno, e non un semplice
raffreddore. - disse squadrandola un attimo - Dove abiti?
- Nella 5th Avenue, dall'altra
parte della città. - rispose automaticamente.
- Fiuu,
quando sarai lì potresti già essere morta. - la ragazza sorrise per la faccia
buffa che aveva fatto il ragazzo - Se vuoi puoi venire ad asciugarti a casa
mia, è solo a due isolati da qui; che ne dici?
La ragazza ci pensò su molto
seriamente non sapendo se accettare la gentilezza e mandare in imbarazzo il
ragazzo, oppure non accettare e tornarsene morente a casa, ma salvandogli la
faccia.
- Ehi hai battuto anche la testa,
per caso?
- No, stavo solo pensando alla
risposta alla domanda; non so proprio come rispondere..
Il ragazzo la guardò come se le
avesse appena chiesto come si chiamasse e lei non sapesse rispondere, poi disse
tranquillamente, scandendo le parole: - Dì di sì?
Lei piegò leggermente la testa di
lato: - Hmm, ok vengo.
Probabilmente aveva dato di sé una
prima impressione pessima, di una ragazza strana ed egocentrica, ma tanto se
lui avesse saputo cosa faceva lei per mantenersi...
Anche quella stanza era buia, ma
cercava di non farci caso.
Guardava i contorni dei mobili in
stile antico, scuriti dal tempo, che si stagliavano intorno a lei, seduta su
una poltrona che stonava un po' con il suo verde acceso e lo stile moderno.
Il ragazzo le aveva dato un
asciugamano provvisorio per permetterle di sedersi, mentre ne cercava uno
pulito nella sua camera probabilmente.
Sentì un rumore come di qualcosa
che cozza contro qualcos'altro e sentì la voce del ragazzo trattenere un
grido:-Ahia, porco......
Stringendosi addosso l'asciugamano
si diresse nella sala dove si trovava il ragazzo e constatò che aveva sbattuto
contro l'anta dell'armadio aperta mentre si tirava su da terra.
Subito si chinò vicino a lui, che
era ritornato a sedersi sul pavimento, e lo guardò interrogativamente.
- Tutto bene?
- Ahia.. non pensavo fosse così
duro il legno... - disse sommessamente grattandosi la testa.
Lasciando l'asciugamano scivolare
lungo le sue spalle, si sporse in avanti per vedere dove avesse sbattuto la
testa, alzando la mano di lui per vedere se si era già formato un bernoccolo.
- È qui che ti fa male? - disse posando
un dito su dove si vedeva un piccolo rialzamento.
L'urlo che seguì le affermò che la
risposta era affermativa.
- Scusa! Non è che hai qualche
crema per gli ematomi?
- Sì, dovrei averne in bagno... -
tentò di alzarsi con ancora l'anta aperta sopra di sé e la ragazza lo trattenne
prontamente, evitandogli un altro incontro poco piacevole con lo sportello.
- Sembri piuttosto sbadato... -
commentò la ragazza osservandolo rialzarsi lentamente dal pavimento.
- È solo che non dormo da un po' di
giorni... - sorrise forzatamente.
- E ti metti a correre presto la
mattina, invece di dormire in un comodo letto?... - chiese poco convinta.
Lui la guardò tristemente: - Mia
sorella ha...a lei.. a lei rimane poco tempo da vivere; non riesco ad addormentarmi
sapendo questo. - annunciò con tono atono.
Lei si portò una mano alla bocca,
dandosi della stupida mentalmente: - Scusa, scusa non volevo, scusami! - ripeté
imbarazzata, abbassando lo sguardo.
- Non potevi saperlo... - sussurrò
lui attraversando la porta aperta ed entrando in quella adiacente.
Lei rimase sul pavimento, pensando
al dolore che comportava la perdita di una persona amata e si asciugò una
lacrima solitaria con il dorso della mano, finché non si sentì posare un caldo
panno sopra le spalle.
- Su non c'è bisogno che tu mi
compianga. Sono cose che sfortunatamente succedono e... - ma si fermò,
constatando che la giovane ragazza stava piangendo, cercando di soffocare il
tremore.
- Ehi, che ti prende? Non è che...
- cominciò ad immaginare la ragione del pianto; non poteva essere lui, ma che
forse aveva perso qualcuno di importante recentemente?
Le si avvicinò per vedere il viso,
mettendole un braccio intorno alle esili spalle, e vide le gote infiammate
dalle calde gocce che ricadevano dalle ciglia nere, sbavando il leggero trucco
che ricopriva gli occhi.
Si domandò quale fosse la reale
causa delle sue lacrime e mosso da un'infinita tenerezza l'abbracciò, e le
lunghe braccia affusolate della ragazza lo ricambiarono impacciatamente.
Quella poltrona però era proprio
comoda.
Dopo la sua riprovevole sfogata con
il ragazzo - non conosceva neanche il suo nome - lui le aveva gentilmente
proposto di farsi una doccia, nel mentre che lui le asciugava i panni per
permetterle di tornare a casa.
Stordita aveva accettato la
proposta e si era crogiolata nella piccola doccia, e poi visto che lui non
aveva ancora finito di asciugarle i vestiti, per cui lei gli aveva detto che
aveva già procurato troppo disturbo e aveva provato a svignarsela prima, ed a
convincerlo che lo avrebbe fatto lei poi, ma lui non aveva sentito scuse e
aveva continuato imperterrito a stirarle la stretta maglietta che portava sotto
il giubbino, che era ancora completamente fradicio.
Adesso era sulla sua poltrona, con
il suo accappatoio verde indosso, che le faceva da larga tunica, che
sorseggiava del the caldo nella sua tazza e che ascoltava la sua canzone
preferita al suo stereo.
Anche se le aveva detto che era la
sua canzone preferita, era molto malinconica e lenta; che fosse un tipo triste
di natura? O era la sua preferita in quel periodo preciso?
Dal bordo della tazza lo vedeva
lavorare attentamente, avendo cura anche dei particolari, e visto che non
sapeva di cosa poter parlare, rimase in silenzio, osservandolo per la prima
volta da quando si erano scontrati.
E constatò che era davvero un bel
ragazzo.
Come i principi azzurri aveva lisci
capelli biondi, un po' arruffati per il mancato sonno, ed azzurri occhi a
mandorla, sottili come una lama tagliente e dai contorni ben definiti, e il
viso pulito e candido, dai contorni ammorbiditi, e rosee labbra piene. A
pensarci bene sembrava quasi una figura androgina, troppo perfetto per essere
né uomo né donna.
Ma soprattutto l'avevano colpita
gli occhi, che, anche se erano notoriamente azzurri, avevano sfumature verdi,
ed erano molto penetranti, come se guardandoli venissi congelata in quella
posizione dal ghiaccio azzurro che ne scaturiva.
E lei si era proprio congelata al
suo sguardo che la guardava sia incuriosito che seducente, con la bocca
socchiusa e le palpebre leggermente abbassate.
- Ti sei incantata? - le chiese
candido.
- Sì, cioè no... anch'io ho dormito
poco stanotte. - si giustificò, soffiando poi sul the che si era dimenticata di
bere.
Come se la sua frase fosse stata un
ordine, il ragazzo sbadigliò, mostrando denti in forma smagliante, e tutte le
sue corde vocali. Lei sorrise e finì l'ultimo sorso della bevanda e si sporse
in avanti per appoggiarla al tavolino.
Tornata raggomitolata sul piccolo
spazio, si strinse nell'accappatoio.
- Hai freddo? - le chiese
guardandola di sottecchi.
- No, no, solo che questo
accappatoio è così comodo che sembra una coperta. - disse arrossendo.
Sorrise e continuò con quei
movimenti ripetitivi con il ferro da stiro: avanti e indietro, avanti e
indietro, avanti e indietro...
Com'era caldo quel luogo. E
morbido, dolce, bello.
Strinse con la mano il lembo della
coperta che aveva sentito vicino a sé, e se lo portò vicino al petto,
coprendosi completamente con la massa informe di tessuto, desiderando ancora
più calore vicino a sé.
Ma quello di cui aveva davvero
bisogno era calore umano, comprensione, dolcezza, una famiglia, e... magari
amore...
Aprì lentamente gli occhi e
cominciò a chiedersi perché si trovava in un letto: l'ultima cosa che si
ricordava era acqua, molta acqua, in una pozzanghera. Ah, sì, il ragazzo! Era
andata a casa del ragazzo biondo.
Si alzò lentamente a sedere e si
guardò intorno, sì, era la stanza del ragazzo.
Adesso che ci guardava era
abbastanza spoglia, tranne per qualche complemento d'arredo, quali il comodino
e l'armadio, incolore e senza personalità. Chissà, forse aveva un lavoro che
toglieva tutto il tempo per la sua vita, oppure era povero in canna.
Aguzzò le orecchie per sentire
qualunque rumore provenisse dalla sala confinante e sentì gli sbuffi del ferro
da stiro che ancora rimbombavano per tutta la casa.
Si rilassò e appoggiò le mani sul
materasso, facendole sprofondare nelle lenzuola e chiudendo gli occhi amaranto.
Questo finché non sentì una
consistente palla di pelo sfiorarle la mano. Colta di sorpresa le scappò un
acuto che scosse parecchio le orecchie del pover'uomo di là, che quasi si
ustionò una mano riponendo il ferro nel suo apposito contenitore, per correre a
vedere cos'era successo.
Ritrovò la ragazza che guardava
meravigliata la sua "palla di pelo preferita", il suo gatto.
- Scusa, scusa. Va sempre a dormire
sul letto questo gattaccio. - disse prendendo di peso il gatto e sollevandolo
come un pupazzetto.
- No, no mi sono solamente
sorpresa. - disse scuotendo le mani e acciuffando il gatto dalle sue mani - Io
amo i gatti! - e gli sorrise di cuore.
Lui si sedette sul bordo del letto
guardandola giocare col suo gatto, e divertirsi veramente.
I lunghi capelli marrone scuro, con
sfumature rossicce, le ricadevano sul viso pallido, e nel mentre il micio
cercava di acchiapparli con poco successo: lei lo spostava sempre quando era
quasi al compimento della sua opera.
La bocca sottile era curvata in un
dolce sorriso e anche gli occhi scarlatti erano ridenti, ma con un tono triste
stampato costantemente.
- Come si chiama? - gli chiese
distogliendolo dall'osservazione.
- Ah, che cosa difficile... è di
mia sorella, quindi, beh dovrebbe essere... - si grattò la testa intento a
ricordarsi quello strano nome.
- Ok, domanda troppo difficile.
Cambiamo: come-ti-chiami-tu?- gli chiese sillabando
la frase.
- Un aiutino?
- No, hai già usato l'ultimo, devi
rispondere da solo. Forza, puoi farcela!
- Allora, comincia con la C, segue
una L, O... - si fermò per aumentare la suspense.
- Clo? Clo-Clo?
- U..
- Clou?
- D.
- Cloud? È la tua risposta
definitiva?
- Sì, e aggiungo, visto che sono
esperto in materia, il nome completo di quest'illustre uomo è Cloud Strife.
- Lei è proprio un uomo colto! - la
ragazza sorrise ancora, delicatamente.
- E posso sapere il suo incantevole
nome? - chiese con modi ottocenteschi.
- Non è poi così incantevole. -
disse distogliendo lo sguardo ma rimanendo serena - Tifa Lockhart.
- e si rigirò guardandolo con i suoi giganteschi occhi rossi, più grandi di
qualsiasi persona sulla terra.
- Non è vero è molto grazioso.
Tifa lo guardò fisso come avesse
detto qualcosa di impossibile e si scostò una ciocca di capelli dietro la sua
spalla... scoperta.
......
No, i suoi istinti maschili non
potevano far capolino proprio in quel momento... non se n'era accorto
prima, ma la manica del suo massiccio accappatoio era scesa fino a scoprirle
l'intera spalla, e si poteva intravedere la forma del seno diafano.
Lo squillo del telefono salvò la
situazione, visto che anche lei si era accorta di avere qualcosa di strano, dal
modo in cui lui la guardava.
Si precipitò a rispondere
immaginando chi era, e quando sentì la voce delicata dall'altra parte della
cornetta ne fu convinto.
- Clo
vieni di qua??
- Cos'hai Aeris?
- Sto davvero tanto-tanto male! -
fece con voce sofferente.
- Sei sicura? Non è come l'altra
volta che mi hai fatto fare il giro di mezza città per dei farmaci Inesistenti,
soltanto perché volevi stare un po' con me?
- ... No, sento di star veramente
male, ho un capogiro, sto per cad... - cadde la linea.
- Ae!? Uff, sempre così, e "visto che lei è degente, devo
correre subito da lei". - sbuffò mentre tornava nella sua camera.
Prese per le mani Tifa : - Puoi
venire con me, da mia sorella? - le fece con tono angelico, ma gli venne in
mente un'idea che non lo era per niente: se Aeris
avesse trovato una figura femminile con lui, lo avrebbe lasciato stare e
avrebbe cominciato a tormentare la povera Tifa - disse mentalmente scusa alla
ragazza - e mentre loro due erano impegnate a sparlare.. avrebbero potuto anche
diventare amiche, e lui avrebbe anche potuto rivederla..
- Perché?
- Non ti posso lasciare qua tutta
sola in casa mia! - continuò ad avere una faccia angelica.
- Hai ragione. - scese dal letto,
rimanendo ferma nonostante lui le stesse tirando la mano.
- Ma devo venire vestita così? -
chiese imbarazzata.
-Mia sorella abita esattamente
nell'appartamento accanto - [purtroppo -_-]
- Sì, ma cosa penserà vedendo che
esci con una... - non finì la frase pensando di essere eloquente.
- Una avvenente ragazza? Niente,
tranquilla. Ormai conosco mia sorella, non si stupirebbe neanche se mi
trasformassi in un mostro davanti a lei. Mi immagino già la scena: io mi
trasformo in un gigantesco cagnaccio, con la bava alla bocca, e lei
tranquillamente seduta su una poltrona fa: "Vai a lavarti le mani, e
asciugati quella bava, non sta bene! E poi torna qui, che insieme al the ho
preparato anche i biscotti!!"
Dopo la scenetta di Cloud, Tifa si
mise a ridere di gusto, come ormai non faceva da tempo e seguì il ragazzo
nell'altro locale.
Aprì la porta che era già aperta e
Cloud entrò dentro la stanza, arredata con colori caldi e solari, come piaceva a
sua sorella.
Lei si trovava su una sedia
arancione scuro, con una mano sulla faccia, che sembrava sofferente.
- Aeris
sono già qui, puoi smetterla di star male. - disse come seccato ma divertito.
La ragazza rimase ancora qualche
secondo nella sua posizione poi si stropicciò gli occhi e lentamente si tirò su
dalla sedia.
- Cloud... - tirò su la testa con
un gran sorriso e si buttò fra le braccia del fratello.
- Quale malattia hai oggi?
- La nostalgia del mio fratellone!
Tifa guardava la scenetta con un
sorriso amaro sulle labbra. Quell'affetto... lei non poteva averlo più, e forse
non l'avrebbe mai più potuto avere...
- Ehi, fratellone, chi è questa
ragazza? - disse guardandola con gli occhi a palla.
- È Miss Lockhart,
trattala bene è un'ospite delicata.
Aeris si
staccò dall'abbraccio e si catapultò ad afferrare le mani di Tifa e
stringendole cominciò a parlarle ad una velocità anormale per qualunque essere
umano.
Le uniche cose che capì è che lei
si chiamava Aeris Gainsborough,
era una fiorista ed era molto felice di conoscerla.
- A-anch'io,
Tifa Lockhart! - disse frastornata, mentre l'altra
ragazza le sorrideva insistentemente mostrando uno splendido sorriso.
Fra un pò
pubblico anche il secondo cap, che ho già pronto, ma
la mia beta-rider me lo deve ancora controllare... cmq sto già scrivendo il
terzo U_U..
Non so di cosa parlare,
quindi saluto, sperando che i commenti (che riceverò, VERO?? ò_O) siano positivi.... ciao!!
Serena