Primavera.

di persephone_
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 ℐn tanti modi avrei pensato di poter morire, ma mai nel modo che sto' per narrare.
La prima parola che mi viene in mente è acqua: un normale elemento presente ovunque, un elemento tanto caro e utile, che ogni poeta ha descritto almeno una volta.
Calma, luminosa, brillante, fredda, agitata.
Ma nessuno, forse, ve ne parlerà come sto' facendo io ora; 
l'acqua è assassina.
L'acqua ti prende, t'illude di starti cullando mentre in realtà ti soffoca, ti stringe e ti lascia andare laggiù, nei fondali.
Poi c'è il cielo. 
Così azzurro da rubarti le pupille, così pieno da prendere un pezzo di te e nasconderselo fra le nuvole, per non permetterti di scappare. E forse neanche io, quella sera, volevo che quella larga tela blu se ne andasse dalla mia mente.
O almeno, preferivo quel telone sospeso nel cielo -grazie a chissà quale filo-, a quello che mi stava facendo affondare piano nelle sue sfumature.
Dopotutto era piacevole, era ciò che volevo.
« Praga sta' affonando. »
Pensai, ma non capii che quella ad affondare ero io.
Il Karluv Most ondeggiava su di me, in tutta la sua bellezza: anche se era buio, sembrava risplendere di luce propria, come un faro, come la luna.
Già, quella era una notte senza luna, ma piena di stelle, tanti schizzi di vernice sull'enorme tela blu. Ed io, là in basso, ero la pittrice.
Volevo che le persone si ricordassero di me, volevo lasciare qualcosa di fantastico. Qualcosa che avrebbe aperto tutte le bocche in comico stupore, che avrebbe fatto brillare gli occhi di ogni bambina.
E così, decisi di dipingere il cielo. 
Certo, era già ben pitturato, ma con il mio tocco era migliore.
Era puro.

« Mamma, la primavera! »

Voce di bambina, scarpette sul ponte, risate.
Da quante ore ero lì, in acqua? Non ricordavo, forse non volevo saperlo, ma il bel cielo notturno che avevo dipinto s'era tinto di rosa, ed un pallido sole era scomparso.
Ma quella parola mi piacque: primavera. La primavera venne senza preavviso, grazie ad una mia pennellata ed un cielo stellato.
Le persone mi avrebbero ricordato.
Io dipinsi la primavera, me la ricordo.

« C'è la primavera. »

Una voce di bambina nell'aria.
La mia.
Non c'era più acqua, non c'era più cielo.
C'ero io e c'era la primavera, ero finalmente libera, non sentivo gli occhi e le dita puntati addosso, il pianto di mia madre o dei miei cittadini, c'ero io ed una tela nuova.
Un nuovo cielo da dipingere, senza polvere da sparo o fucili, un cielo fatto solo di stelle.
C'era un quadro, una fotografia, un bizzarro ritratto in bianco e nero.
C'era un anno, c'era il '68, c'era la primavera.
L'aveva dipinta io, quella sera, quando arresa mi gettai nell'acqua. 

E in tanti modi pensavo di morire, ma non durante la primavera.

« C'è la primavera di Praga, mamma. »




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