prologo 2
DISCLAIMER:
Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK
Rowling e di chiunque ne possieda i diritti.
Premessa:
le date di nascita dei personaggi sono state modificate in funzione
della storia e sono stati aggiunti dei secondi nomi completamente
inventati.
Prologo
Rose
ne era convinta, anzi ne era più che certa, lei e Scorpius Hyperion
Malfoy erano destinati a stare assieme.
Niente
e nessuno avrebbe potuto ostacolare il loro destino. Non
importava il fatto che fossero di due case diverse, non la spaventava
il fatto che suo padre, nonostante i progressi fatti in tolleranza
verso Malfoy senior, se si fosse messa assieme al figlio l'avrebbe
diseredata, ma sopratutto, ciò che davvero era superfluo nel
progetto di vita di Rose era che Scorpius non fosse d'accordo.
Tutto
era incominciato al terzo anno quando ,in un scaffale nascosto della
biblioteca, aveva trovato un vecchio libro druidico che permetteva di
prevedere il futuro con l'utilizzo delle rune.
A
dispetto del generale odio degli studenti verso antiche rune, Rose
sapeva già tradurle al primo anno. Si poteva far ricadere la colpa
di ciò sui geni Granger presenti in lei, oppure si poteva
semplicemente prendere atto che tradurre le antiche rune su Rose
avesse un potere calmante, in ogni caso, era un dato di fatto, che al
terzo anno la strega sapesse già tradurre testi del quinto.
Nemmeno
a dirlo, un libro per prevedere il futuro con le rune e la capacità
di saperle tradurre, uniti all'incredibile curiosità di Rose non
poteva che portare ad una disastrosa conclusione che in questo caso
coincideva con la risposta “Scorpius Malfoy” alla domanda “chi
è e sarà l'uomo della mia vita? La mia anima gemella?”.
A
poco erano servite le ovvie considerazioni fattole dai scettici Albus
e Dominique sulla possibilità di aver sbagliato la traduzione,
oppure semplicemente sull'eventualità che insomma, quel libro fosse
solo una sciocchezza, appunti di magia antica rudimentali e
difettosi. Niente poteva farla vacillare nella sua convinzione che
Scorpius Malfoy fosse parte del suo destino. Senza contare che, dalla
sua parte Rose, purtroppo, aveva quello svaporato di Lysander
Scamander e la paladina del vero amore nota ai più con il nome di
Lillian Luna Potter, che fomentavano questa insana convinzione.
In
tutto ciò Scorpius Malfoy non aveva avuto alcun diritto di parola.
Sia
chiaro, nonostante la presentazione fatta, Rose non era del tutto
priva di ragione e amor proprio, non rientrava nel Scorpius fan club
(nonostante avesse pagato fior di galeoni per avere la tazza da
colazione con la foto di Scorpius in divisa da Quiddich che parava
sicuro una pluffa), non passava ore e ore a sospirare, né gli si
gettava fra le braccai ogni volta che lo vedeva. No, niente di tutto
ciò.
Lei
era semplicemente convinta che loro due sarebbero un giorno finiti
assieme, si limitava così a far notare al suddetto ragazzo i loro
punti in comune, i vantaggi della loro unione, lasciando sospiri e
miagolii a chi era più bravo di lei a farli (letteralmente, da
quando James, appena diventato maggiorenne, aveva voluto provare a
risistemarle il naso colpito da una pluffa, aveva le vertigini ogni
volta che sospirava).
Rose
era caparbia, Scorpius odiava le persone caparbie.
In
verità il rampollo di casa Malfoy aveva sempre visto la caparbietà
come una qualità, tanto più che era una caratteristica che gli
apparteneva, ma dal terzo anno in poi aveva cambiato radicalmente
idea. Il terzo anno, l'anno in cui Rose Nymphadora Weasley era
piombata nella sua vita. Merlino come rimpiangeva quei primi anni di
saluti appena accennati nei corridoi.
Rose
di per sé non era particolarmente molesta, a differenza di alcune
streghe, gli lasciava i suoi spazi, non gli faceva sorprese
imbarazzanti e non lo ossessionava con richieste d'uscita (più o
meno), eppure era proprio questo ad infastidirlo, il fatto che fosse
così convinta del loro futuro assieme da non pensare nemmeno di aver
bisogno di questi giochetti.
Lei
sapeva che sarebbero finiti assieme, ne era dannatamente convinta.
Rose
lo sapeva, così come suo padre sapeva che sarebbe diventato primo
ministro, sua madre sapeva che avrebbe sposato una strega di buona
famiglia, alcuni serpeverde sapevano che avrebbe ripristinato le
vecchie gerarchie, la squadra di Quiddich sapeva che avrebbe parato
ogni singola pluffa. Ed era davvero ironico che tutti sapessero cosa
avrebbe fatto, chi sarebbe diventato, quando lui non sapeva proprio
un bel niente.
No,
non era vero, lui sapeva che una cosa poteva sceglierla, lui poteva
scegliere di non uscire mai e poi mai con Rose Weasley.
Louis
Weasley era infastidito, infastidito dal fatto che nonostante avesse
più volte sottolineato il suo disappunto, James e Fred continuassero
a trascinarlo con loro in ogni missione.
Lo
reputavano come un fratellino minore, lui dei pazzi che lo avrebbero
incastrato in qualche situazione che lo avrebbe portato ad una
punizione che avrebbe rovinato il suo essere uno studente modello.
James
e Fred erano convinti che avesse bisogno di loro per rompere quella
maschera di perfezione creata da sua madre e nonna. In verità a
Louis andava bene così, c'era un motivo per il quale gli
insegnamenti Delacour aveva attecchito su di lui più che sulle sue
sorelle. A lui piaceva essere perfetto, ambiva alla perfezione ed era
infastidito quando non riusciva ad esserlo.
Louis
non aveva chiesto di essere salvato. Stava bene anche da solo
esattamente come poteva starlo in mezzo ad altre persone. Non gli
cambiava nulla, tanto lui era perfetto in ogni caso,ovunque e
comunque; sapeva sorridere automaticamente in ogni situazione, essere
sempre cordiale, presentarsi al meglio in qualsiasi caso.
Però
era vero che a volte preferiva stare solo, non perchè fosse un
amante della solitudine, ma solo perchè ogni tanto si accorgeva di
non saper più riconoscere un suo sorriso vero da uno finto. Aveva
passato quindici anni ad essere un Louis perfetto e lo aveva fatto
così bene che ogni tanto non capiva neppure i suoi stessi gesti.
Era
questo il motivo per cui cercava di rimanere da solo, se non stava in
compagnia non gli sorgevano quei dubbi e se non gli sorgevano quei
dubbi voleva dire che tutto andava bene, anzi alla perfezione.
Eppure
a volte, doveva ammetterlo, era infastidito da ciò, come non poteva
non ricordarsi più cosa lo rendesse davvero felice e cosa no!?
C'era
una cosa che però lo infastidiva più di James, Fred e della sua
perdita di conoscenza di se stesso ed era Robin Finnigan.
Lei
sorrideva sempre, era sempre cordiale e riusciva a presentarsi al
meglio, ma a differenza sua lo faceva spontaneamente. Lei era
riuscita dove lui aveva miseramente fallito, d'accordo, non proprio
fallito, visto che lui era perfetto in pubblico come si addice ad un
mago con un ottavo di sangue veela nelle vene, ma mancava di
spontaneità e questo agli occhi di Louis era un insuccesso
imperdonabile.
Ad
Hogwarts la conoscevano tutti; lei era la ragazza da cui si andava a
chiedere un consiglio, lei era quella sempre pronta ad aiutare, lei
nonostante fosse un prefetto ligia alle regole sapeva chiudere un
occhio alla giusta occorrenza.
Louis
trovava tutto ciò molto fastidioso, ma cosa strana era che lei
sembrava non accorgersene, continuava ad essere gentile con lui
nonostante lui la evitasse, si fermava a parlare con lui nei corridoi
ignorando la sua espressione stizzita, durante i pasti quando James e
Fred lo trascinavano al tavolo dei grifondoro sceglieva sempre il
posto più lontano possibile da lei, eppure lei continuava a
salutarlo sorridente.
Decisamente
c'era qualcosa che non andava in quella ragazza e quando Louis
avrebbe capito cosa, e lo avrebbe capito, era troppo perfetto per non
riuscirci, lo avrebbe usato contro di lei, l'avrebbe messa di fronte
ai dubbi che lui stesso di tanto in tanto doveva affrontare,
togliendole così quel stupido dolce sorriso dal volto.
Albus
si portava le mani a coprire gli occhi con la stessa frequenza con
cui si accorgeva di aver fatto una cavolata, ovvero molto spesso.
Viveva
alla giornata, non faceva mai progetti, odiava avere dei limiti.
Albus
Severus Potter era uno sregolato per eccellenza. Niente nella sua
vita aveva ordine, nulla era deciso, tutto era relativo.
Proprio
questo atteggiamento però lo portava a coprire il viso con le mani,
il suo caos interiore non gli permetteva di pensare alle conseguenze
che spesso irrompevano nella sua vita peggio di uno schiantesimo.
Per
quanto quel modo di vivere gli piacesse e ottenesse l'ammirazione dei
più per la spontaneità, la sicurezza con cui la conduceva, la
mancanza di legami e la completa libertà,in verità si ritrovava
troppo spesso in situazioni che con il senno di poi non gli erano
affatto gradite.
Era
inoltre impossibile per qualsiasi altra persona avvicinarsi realmente
a lui, costruire qualcosa, senza venir travolti dalla sregolatezza
della sua vita.
Questo
modo di vivere sempre all'attimo era iniziato al primo anno quando
dopo aver passato l'estate a preoccuparsi per lo smistamento nelle
case era finito a serpeverde.
La
sua famiglia gli era stata vicina, tutti più volte gli avevano
ripetuto che non c'era nulla di male nella sua divisa verde-argento,
eppure lui aveva pianto di nascosto per settimane.
Non
sarebbe mai stato il degno figlio di Harry e Ginevra Potter come lo
era James. Poteva essere una bravo ragazzo, un ottimo mago, ma avere
una serpe disegnata sulla divisa al posto di un grifone, chiamare
amici figli di ex-mangiamorte, non voler diventare un auror per
difendere la comunità magica, lo avrebbero sempre reso agli occhi di
tutti il diverso di quella famiglia e questo lo faceva soffrire.
Anche adesso che era al sesto anno, Albus poteva ricordare quei
sguardi che si soffermavano sempre qualche secondo di troppo sullo
stemma verde-argento prima di rivolgergli la parola, come se si
aspettassero che da un momento all'altro cambiasse, che si scoprisse
essere tutto uno scherzo.
Alla
fine però aveva smesso di soffrire però e doveva ringraziare una
partita di Quiddich.
Era
l'ultima partita di quel primo anno trascorso a Hogwarts, la squadra
dei serpeverde faceva, usando un eufemismo, schifo. Stavano giocando
contro i corvonero per il terzo e quarto posto, erano trascorsi
appena una decina di minuti ed erano già 90 a 10, i corvonero
avevano già iniziato a festeggiare, i serpeverde rimanevano seduti
in silenzio ad osservare quello sfacelo. Al tredicesimo minuto il
cercatore serpeverde del tempo, l'unica speranza delle serpi, svenne
sulla scopa, afferrato al volò si scopri avere trentanove di febbre,
il capitano allora, preso dalla disperazione lo fece sostituire da
una ragazzotto del primo anno, tale Albus Severus Potter.
Erano
ormai 140 a 10 quando il piccolo Albus riusci ad avvistare il
boccino, da quel momento in poi fu solo istinto. Non c'era nulla
attorno a sé, solo quel piccolo boccino dorato, non sapeva il perchè
ma sapeva che doveva essere suo, ne andava della sua stessa vita. Si
appiattì sulla scopa e partì all'inseguimento. Era talmente
concentrato che furono gli altri a raccontargli poi cosa avesse
fatto, come avesse seminato il cercatore di corvonero, il modo in cui
avesse schivato i bolidi, le virate effettuate. Albus, di tutto ciò,
non si ricordava nulla, i suoi ricordi riprendevano dal momento in
cui un boato proveniente dagli spalti era giunto alle sue orecchie.
Tutti i serpeverde lo stavano acclamando, non solo loro però, anche
i grifondoro e i tassorosso che avevano assistito alla partita erano
lì, in piedi per lui, ad applaudire la sua tecnica, la sua velocità,
la sua tenacia.
Albus
aveva prima guardato il boccino sfarfallare fra le sue dita , poi
tutti gli spalti e a quel punto aveva alzato il pugno chiuso verso il
cielo. Era stato in quel momento che aveva capito, lui era libero.
Non
era più il figlio diverso di Harry Potter, adesso lui era il
cercatore di serpeverde che aveva portato la sua squadra alla
vittoria. A differenza di James, in futuro Lily e dei suoi cugini la
sua casa gli permetteva di essere ciò che voleva, essere un
serpeverde gli stava dando la possibilità di essere se stesso.
Nessuno dei verde-argento lo avrebbe acclamato per essere un Potter,
erano ambiziosi e non avrebbero mai permesso ad un stupido cognome di
sorpassare il proprio, ma per aver fatto vincere la loro squadra, per
aver portato punti alla casa, per quello lo avrebbero acclamato.
Poteva
crearsi una vita staccata dal nome della sua famiglia. Per la gente
sarebbe stato il figlio serpeverde, non si potevano fare paragoni
perchè quell' etichetta lo rendeva estraneo ai progetti della
famiglia pur facendone parte.
La
vita sregolata era iniziata più o meno in questo periodo. La
vertigine di poter fare tutto, essere chiunque. Era bella quella
sensazione, dava una sorta di assuefazione.
Tuttavia
ogni tanto gli pesava non avere punti fermi, si ritrovava a chiedersi
perchè avesse tanto insistito per andare a quella festa o perchè
non avesse voluto andarci per studiare, si alzava e si chiedeva
perchè quella tizia o quel tizio ora si trovassero nel suo letto, o
perchè non fosse andato con la sua famiglia ad un certo evento. Non
aveva avuto reali motivi per dire di no, quindi perchè lo aveva
fatto?!
Quando
queste domande lo assillavano allora tornava da Lysander. Aveva uno
strano potere calmante su di lui; i capelli biondi mossi, gli occhi
azzurro-grigio, come se fossero velati, impegnati a guardare qualcosa
di invisibile allo sguardo altrui, la sua voce bassa e modulata. Non
era nulla di importante, lo faceva solo perchè era una persona
tranquilla, niente di più, gli piaceva ascoltarlo quando la sua
testa sembrava piena di troppi interrogativi.
Non
c'era nulla di sentimentale in tutto ciò, nemmeno di fisico, anche
perchè per quello era pienamente soddisfatto. Ad Hogwarts non gli
era mai mancato nulla. Una sera poteva andare a letto con una giovane
serpeverde attratta dalla divisa da Quiddich e il giorno dopo fare
coppia fissa con un fisicato corvonero che ammirava i suoi occhi e la
sua capacità di vivere in completa libertà, senza regole e quindi
in grado di sorprenderlo sempre.
Nulla
di sentimentale quindi, solo ricerca di tranquillità. Ed il fatto
che dopo aver passato il pomeriggio con Lysander andasse a cercare
Lorcan per fare sesso con lui era solo la dimostrazione di quanto
poco gli importasse del primo e di tutta la questione sentimentale in
generale, non era certo per poter rivedere nei suoi lineamenti quelli
del fratello gemello come invece faceva Lorcan che accettava quella
situazione solo perchè Al gli ricordava James.
Nulla
di sentimentale, nessun problema, solo tranquillità, non solo era
quello che si ripeteva nella testa, ma anche quello che ripeteva a
quegli idioti di Rose e Scorpius che dopo averlo visto ricadere nel
suo solito schema Lysander- Lorcan intervenivano.
Scorpius
lo trascinava di peso sulla scopa e lo portava a fare un volo così
lungo da liberargli la mente, poi Rose, che solo in questi casi non
rivolgeva a Malfoy la parola, lo portava in riva al lago e parlavano
di tutto, spesso fino a notte fonda e Albus smetteva di porsi
domande, almeno per un po'.
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Questo
è un esperimento, sono in preda ai dubbi al riguardo e non so se
continuare, pubblicherò l'epilogo e il primo capitolo assieme così
che possiate insultare me, la storia e il computer che ha permesso di
scriverla con la consapevolezza di quale fosse l'idea generale di
questa storia (gli insulti potranno essere così più corposi).
Seriamente
mi piacerebbe avere delle opinioni, magari critiche costruttive per
sistemare alcune cose che non mi convincono molto ad esempio (mi
sento alquanto stupida a segnare questi punti, ho la sensazione di
parlare da sola, non che non lo faccia normalmente, ma è comunque
strano e sto divagando): i personaggi sono troppo stereotipati?
Dovrei aggiungere una quarta protagonista come mi suggerisce il mio
animo femminista (Roxanne magari)? La coppia Lorcan- James è da
tenere?(avrei un piano b divertente per james in caso) È il caso di
finirla di fare domande? Assolutamente sì! Un bacio:)
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