Venerdì 7 Gennaio
Edward
Bach stava tornando a casa. Era appena finito il periodo natalizio e
la gente stava ancora togliendo gli addobbi dalle strade della grande
città. Tutta l'atmosfera dei giorni precedenti sembrava dissolversi
con queste azioni. Sentiva sotto i suoi piedi gli scricchiolii della
grandine che precipitava già da parecchie ore. Di tanto in tanto si
soffermava a guardare vetrine di negozi svuotati dalle compere. Ogni
anno era l'esatta copia di quello precedente.
Era
un uomo
di media statura, capelli leggermente diradati. Indossava sempre una
camicia bianca abbinata ad un paio di pantaloni non troppo eleganti
per il lavoro. Le persone lo giudicavano introverso, in realtà lui
non amava molto stare con gli altri, perché pensava fosse già
troppo impegnativo occuparsi della propria vita.
Arrivò
nel
cortile di casa verso le 7.00 di sera, proprio nel momento in cui la
signorina Green usciva dal portone.
Era
nuova di
lì, o comunque lui non l'aveva mai vista prima del mercoledì
precedente. L'aveva incontrata quel giorno e subito aveva provato
disprezzo. Gli aveva sorriso. Nessuno gli sorrideva mai e lo trovava
giusto, perché non ha senso un gesto del genere fatto davanti ad una
persona estranea, se non si sa neanche cosa gli passi per la testa.
“Buonasera,
come sta?”
Edward
ci mise qualche secondo a capire che stesse parlando con lui. Non era
solito scambiare due chiacchiere con i vicini. “Lasci stare...”,
rispose con esitazione.
La
donna
frugò nella sua borsetta rossa in cerca di qualcosa, poi disse “Oh,
passa il Natale, poi bisogna riadattarsi al lavoro. E come se non
bastasse, guardi che tempo!”
“Già,
probabilmente è così”, borbottò a bassa voce.
“Bene,
adesso devo andare, arrivederci!”, esclamò affrettandosi verso la
strada, dopo aver preso il cellulare ed aver composto un numero.
Edward
viveva in un edificio vecchio e trasandato, ma ci si era abituato con
il passare degli anni. Spalancò la porta e iniziò a salire le
scale. Si sentì travolto dall'odore di pesce che proveniva
dall'appartamento accanto al suo e pensò che avrebbe dovuto suonare
al vicino per mettere in chiaro le cose. Non lo fece. Forse lui non
era la persona adatta per quel genere di discussioni.
Appena
appoggiò il piede sul terzo gradino, gli balzò addosso un gatto
grigio con una macchia bianca sul dorso. Non l'aveva mai visto,
eppure non era la prima volta che riceveva visita da animali randagi.
Raggiunse velocemente la porta del proprio appartamento al terzo
piano e l'aprì con cautela per evitare di romperla come la settimana
precedente.
Si
sentì
sollevato non appena riuscì ad entrare e a isolarsi dal caos di
fuori. Viveva solo. Dopo aver riposto la ventiquattrore sul tavolo
della cucina, si buttò sul letto. Pensò alla giornata trascorsa,
alla solita giornata in ufficio. Rifletté poi per una decina di
minuti su cosa mangiare per cena, così decise che gli sarebbe
bastato un sandwich. Ritornò in cucina e prese del pane confezionato
quasi scaduto, ci infilò dentro due fette di prosciutto cotto e
della maionese. A questo punto si concesse di portare a tavola una
lattina di birra mezza vuota, perché nonostante se lo ricordasse a
malapena, era sempre il suo compleanno. Quarantotto anni. Come
passava il tempo.
Finì
il
panino, prestando attenzione a non lasciare briciole in giro,
dopodiché si alzò. Stava per andare a dormire quando notò che
aveva lasciato impronte di fango dappertutto, e si affrettò a
ripulire.
Dieci
minuti
dopo, stanco morto, si coricò a letto. Questo era il momento della
giornata che in assoluto preferiva, perché poteva finalmente
rilassare la mente, pensare a tutto ciò che non poteva pensare in
altre occasioni. Si ritrovava a riflettere perciò sulle sue
passioni, la pesca e il nuoto, alle partite di baseball, o persino
agli anni passati della sua giovinezza. Fino a quando si assopiva.
Quel giorno non poteva sapere che l'indomani la sua vita sarebbe
cambiata.
Sabato 8 Gennaio
Alle
10.00
Edward Bach si svegliò di soprassalto.
Aveva la fronte imperlata di sudore e il suo volto era di un rosso
sanguigno. Non era stato un incubo come tanti altri a spaventarlo a
tal punto. La cosa più inquietante non era un essere mostruoso che
insegue bambini nei boschi o che li osserva dall'armadio. Era lui
stesso. Proprio così. Era stato un sogno reale. Lo
rappresentava così come era. Lui si trovava sospeso in aria a pochi
metri sopra le teste della gente, che procedeva senza fermarsi,
nonostante il suo bisogno d'aiuto, le sue implorazioni. Loro
continuavano a svolgere i propri compiti, come fossero attori in un
film. Eppure Edward aveva la sensazione che
gli altri lo notassero, ma non volessero aver a che fare con
lui.
Si
levò a
sedere, ancora sconvolto e nauseato dalla vista delle teste altrui.
Andò in bagno e si lavò la faccia. Rimase a fissarsi nello specchio
per secondi interminabili. Si vestì, e dopo aver fatto una colazione
a base di cereali, la stessa confezione che portava avanti da tre
settimane, e una tazza di caffè, uscì sbattendo la porta, incurante
di quello che sarebbe potuto succedere. Per fortuna nessuno sembrò
sentirlo. Ci sarebbe mancato anche qualche rimprovero dei condomini.
Uscito
dall'edificio si incamminò verso l'automobile, parcheggiata tra due
Ford che non avevano niente da invidiare alla sua. Proprio mentre
cercava le chiavi, la signorina Green gli
passò accanto senza degnarlo di uno sguardo. Lui alzò la testa per
un momento, cercando di capire il motivo del suo comportamento, ma
non ebbe il tempo di vederla, perché si era già chiusa la porta
alle spalle. Evidentemente non era l'unico ad aver dormito male.
Comunque, mise in moto e partì per il centro con l'obiettivo di fare
provviste per la settimana seguente.
Impiegò
circa mezz'ora per arrivare al supermercato, poi altri dieci minuti
per trovare parcheggio, che gli fu lasciato da una famiglia che
sembrava avere fretta di andarsene.
Scese
dalla
macchina ed entrò con gli stessi sacchetti che usava da due anni.
Da
quando
superò la porta girevole tutto cominciò ad andargli storto.
Era
diventato ormai pratico nel fare la spesa da quando aveva divorziato
cinque anni prima. Puntò subito alla verdura, che riusciva a trovare
scontata quasi tutte le volte: non era una di quelle. Prese della
frutta, della pasta e dei cereali.
Intanto
osservava incuriosito le persone che gli passavano vicino. C'era
qualcosa di strano nei loro sguardi, nel loro atteggiamento. Sembrava
che avessero qualcosa da nascondere, eppure non provava fastidio ma
interesse.
Arrivò
al
reparto surgelati con l'intenzione di prendere del pesce, ma poi si
ricredette quando aprì il portafogli. Andò quindi alla cassa e
aspettò il proprio turno.
Era
l'ultimo
della fila. Sembrava impossibile che nessuno arrivasse dietro di lui,
data la grande quantità di gente che vi si trovava il sabato. Eppure
era così, visto che al suo turno era rimasto il solo. Si avvicinò
al nastro trasportatore della cassa per appoggiarvi gli acquisti, ma
in quel momento si bloccò. La cassiera si stava alzando lentamente,
e come se niente fosse, prese una borsa rosa appoggiata al suo fianco
e si allontanò verso l'uscita. Edward Bach
provò tre emozioni diverse in un secondo. La prima fu rabbia
per essere stato preso in giro. Poi vide una scritta appena davanti a
sé: CASSA CHIUSA. Questo gli diede
una sensazione di disagio. Dopodiché un brivido gli
risalì la schiena e solo allora si accorse di provare paura.
Si
mosse di scatto per raggiungere un'altra cassa, ma inciampò su una
pila di cestelli e cadde a terra. Nessuno si preoccupò di lui. Si
alzò lentamente sulle ginocchia. Gli girò la testa. Chiese aiuto.
Niente. Allora capì. Il sogno.
Le persone non lo ignoravano, loro non potevano vederlo. Il mondo
intero si ribellava a lui perché lui non sapeva relazionarsi con il
mondo. Si isolava e sembrava non accorgersi degli altri, ora gli
altri non si accorgevano di lui. Questa era la sua punizione.
Si
mise a urlare, quando un fischio acutissimo si propagò nell'aria, un
interminabile fischio.
“NO,
TI PREGO!”, urlò intontito.
Schiacciò
le mani sulle orecchie talmente forte che sentì un dolore
lancinante. “BASTA, NON CE LA FACCIO! PERDONATEMI, NON...” Ma il
fischio non cessava e, anzi, si amplificava, si amplificava, ...
Sabato
8 Gennaio
Alle
10.00 Edward
Bach si svegliò di soprassalto. Aveva la fronte imperlata di sudore
e il suo volto era di un rosso sanguigno. Non era stato un incubo
come tanti altri a spaventarlo a tal punto. Era stata la realtà!
Uscito
dall'appartamento andò nel parcheggio, dove incontrò la signorina
Green che
tornava
a casa. Lui non si preoccupò più di tanto quando la vide procedere
senza fermarsi .
Lei
continuò fino al portone, poi si girò dicendo: “Mi scusi, le sono
cadute le chiavi...”
Lui
la fissò per un momento, poi la ringraziò. Per la prima volta provò
veramente gratitudine.
“Ehm...
la porta si è bloccata!”, continuò la signorina mentre lui saliva
in macchina.
“Aspetti
un momento, arrivo subito!”, disse con cortesia mentre le si
avvicinava. “Lasci fare a me...” Aprì la porta.
Passò
un momento di silenzio.
“Posso
sapere il suo nome?”, gli chiese.
Lui
le tese la mano. “Edward Bach, e lei?”
“Sophie
Green”, rispose.
FINE
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