Si era
fermato sulla
soglia di casa sua, una lussuosa villa di campagna lontana dal
traffico della città, con una sensazione indefinibile come di paura
mista a curiosità. Il cielo era scuro e il vento soffiava senza
sosta.
Ormai gli
anni erano
passati, lui era vecchio come non pensava che sarebbe mai diventato.
Si ricordava la sua infanzia come fosse stata ieri. In quel periodo
andava spesso a trovare il nonno che viveva esattamente dove abitava
lui ora. Ai tempi si divertiva a correre per i prati, lungo i
ruscelli, a sentire gli uccelli che cinguettavano posandosi sui rami.
Lì aveva passato i momenti più felici della propria vita, ma anche
quelli più tristi e malinconici, da quando il nonno morì. Aveva
nove anni e si era sempre immaginato quella terra desolata come la
loro terra, sua e del nonno, ma quel giorno tutto cambiò.
L'atmosfera si fece tetra. Persino il tempo sembrava essere
peggiorato, con nubi grigie che ricoprivano il cielo. La vita del
vecchio finì all'improvviso, mentre lui si trovava nella stalla a
dar da mangiare ai cavalli. Quando rientrò in casa lo vide sul
letto, supino, con lo sguardo spento che lo fissava e una mano che
sembrava ringraziarlo per i momenti felici passati insieme. Rimase
solo in quell'enorme villa per tre giorni interi, fino a quando i
genitori lo vennero a prendere. Nessuno capì mai esattamente come
fosse successo. I medici parlarono di infarto, ma non c'erano segni
di convinzione nelle loro parole.
Da quel
giorno non fu più
lo stesso. Ogni giornata passava senza lasciare segno. Era finita
l'infanzia. Gli anni trascorsero. La casa fu ereditata dai genitori,
poi passò a lui.
Ed ora
eccolo lì, nel
pieno dei suoi novant'anni, a rimuginare sul suo passato, ma
soprattutto sul suo futuro.
Perché era quello che più lo preoccupava. La consapevolezza che era
giunto alla fine.
Si
fece forza, appoggiando delicatamente la sua mano fragile sul pomolo
della porta. Esitò per un attimo e poi entrò. Tutto era
perfettamente in ordine. Non un granello di polvere era stato
spostato. Eppure quella sensazione inquietante non cessò. Appese il
cappotto e si girò verso le scale. Si spostò lentamente,
assaporando l'odore forte del legno che gli aveva dato conforto negli
anni. Iniziò a salire, rendendosi conto che faceva sempre più
fatica a raggiungere il piano superiore.
Era
esausto quando arrivò in cucina. Gli doleva la schiena e le gambe
non volevano sapere di procedere. Raggiunse i fornelli e mise a
bollire dell'acqua. Intanto pesò la pasta e preparò una ciotola di
croccantini per il gatto, che non si era ancora fatto vedere. Aveva
bisogno di riposo. Avrebbe mangiato e sarebbe andato subito a letto.
Pranzò
tenendo sott'occhio il giornale del giorno, bevve un bicchiere di
vino rosso e si alzò. Avrebbe sparecchiato dopo la tavola. Ora,
l'unica cosa di cui aveva bisogno era andare a sdraiarsi. Fece per
avviarsi quando sentì un rumore. Era lo scricchiolio di un asse di
legno. Probabilmente non era niente. Magari solo l'immaginazione. Non
sarebbe stata di certo la prima volta. Oppure il gatto che saliva le
scale. Percorse il corridoio a piccoli passi. Giunse alla camera da
letto. Provò ad aprire. Rimase terrorizzato. Ogni suo muscolo si
fermò all'istante, impedendogli di muoversi. La porta era chiusa a
chiave. Impossibile. Doveva
essere aperta. Lui non la chiudeva mai, perché temeva che potesse
imprigionarvi il gatto e che ci potesse rimanere ore e ore prima che
lui se ne accorgesse.
Così
adesso tremava. Pensava che sarebbe dovuto scendere a prendere la
chiave sulla mensola in ingresso. E se non l'avesse trovata? Era da
anni che non la usava. Sarebbe rimasto sul divano in sala a cercare
di dormire, ma quando ci si sedeva sentiva sempre dolori dappertutto.
Non fu necessario, perché non appena riprovò ad aprirla, ci riuscì.
Un altro scherzo della vecchiaia. Si ritrovò all'interno.
Notò
subito un forte odore di animale e per un momento pensò veramente di
aver chiuso dentro il gatto. Poi si guardò intorno, e si accorse di
aver ragione. Era proprio lì. La sua coda spuntava da sotto il
calorifero. Si avvicinò lentamente e vide che tremava. Quando lo
afferrò, questo si girò e corse via. Per la stanza. In corridoio.
Giù per le scale. Non si era mai comportato in quel modo.
Si
avviò verso il letto riflettendo su come aveva potuto chiudere la
porta involontariamente. Non trovò risposta. L'unica cosa certa era
che non sarebbe resistito sveglio ancora per molto. Dopo aver posato
ordinatamente le pantofole al fianco del letto, si sdraiò. Era un
sollievo potersi finalmente riposare. Le sue palpebre si socchiusero
dolcemente, si riaprirono. Si ricordò di puntare la sveglia. Quando
ebbe finito si risistemò e cominciò nuovamente ad assopirsi. Vedeva
a quel punto solo i bordi sfumati degli oggetti nella camera, perciò
solo confusamente riuscì a scorgere una sagoma nera che socchiudeva
la porta e si avvicinava al letto.
Quando
la sua ombra ricoprì l'anziano signore, egli rivide ogni istante
della sua vita, dalla nascita all'infanzia, dall'adolescenza all'età
adulta, fino ad arrivare alla vecchiaia. Così passarono davanti ai
suoi occhi i sogni che aveva avuto, le corse nei prati insieme al
nonno, gli uccelli che cantavano posandosi sui rami in primavera, la
sua solitudine in quella casa, e il momento presente. La sagoma
oscura si ripiegò su di lui, prendendo possesso di tutti quei
ricordi, di tutte le emozioni e rendendoli parte di sé. Il vecchio
riuscì a percepire solo una dolce parola provenire dalla bocca della
Morte: “RIPOSO”.
Giaceva
lì disteso, supino, con lo sguardo spento che non trovava nessuno su
cui posarsi e le mani congiunte in segno di preghiera.
FINE
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