Dedicata a
Cecilia, una delle mie più care amiche. Ho deciso di
dedicarti questo, Cé, perché semplicemente a
volte le
parole non riescono ad esprimere quello che pensiamo, ma la scrittura
aiuta. O
almeno, aiuta me.
Dedicato a
tutte le ragazze carine che non sanno di esserlo.
E ti devo
dire Cé, che da "quella volta" mi apprezzo un po’
di più. Tu
no? In attesa del pezzo da novanta…
Alla
nostra autostima, cin cin!
Diario
di una ragazza
“carina”
Ti guardi critica allo specchio.
Seriamente, si può
sapere cosa c’è che non va in te? Te lo
sei sempre domandata, ma in questi giorni il tuo cervello sembra essere
stato
monopolizzato da un unico pensiero: tu.
Oh, non che tu sia narcisista o
vanitosa, no. In quel caso
sarebbe facile uscire da quella benedetta porta di casa, alle otto in
punto,
puntuale come mai sarai nella tua vita. Ti sembra quasi di veder
lampeggiare sopra lo
stipite un’insegna con scritto a caratteri cubitali: “Perdete ogni speranza voi
ch’entrate”.
Sbuffi, pensando che piuttosto
nel tuo caso si tratta di un “voi
ch’uscite”.
Sei patetica, ti stanno persino
sudando le mani, per la
prima volta nella tua esistenza. E al diavolo tutte le volte che hai
pensato
che questa caratteristica facesse decisamente schifo.
Benvenuta fra noi comuni
mortali, cara.
E per inciso, le mani ti
tremano pure. La cosa è decisamente
preoccupante. Ti togli l’orecchino destro con cautela e lo
poggi lentamente sul
ripiano sotto lo specchio, accanto al dopobarba a forma di pigna di tuo
fratello. Afferri la piccola pallina verde come sostituzione e
l’infili nel
buco, trafficando un poco per richiuderlo con il suo gancetto.
Brava giovine, sei riuscita a
metterti un orecchino! Calma
ragazzi con gli applausi, su. Serviranno dopo. Forse.
Sorridi soddisfatta e dai una
rapida occhiata all’orologio
sopra lo specchio, quello che quando vai in bagno la notte tutta
rimbambita fa “Tic tac, tic
tac” e ti verrebbe solo
una gran voglia di prenderlo a martellate.
Le otto meno dieci.
“Cazzo…”,
mugugni, e decidi di accelerare il processo,
mentre un tuono rimbomba in lontananza. Estrai in fretta dal lobo il
secondo
orecchino e fai per mettere la perla gemella di quella appena
sistemata, ma non
hai fatti i conti con le tue mani tremanti e sudate. Lo senti scivolare
fra
l’indice ed il pollice con una lentezza esasperante e lanci
un urlo che risulta
quasi deformato, visto che ovviamente
la scena è tutta al rallentatore. Tendi
una mano per fermare la sua brusca discesa volante, forse ci sei! Le
tue dita
lo sfiorano, ma ricordiamoci bene che l’orecchino in
questione fa parte della
peggior specie di infidi gingilli femminili: sferico, liscio fin
all’inverosimile, così piccolo che per lui
infilarsi dritto dritto nel tubo di
scarico del lavandino è praticamente un piacere. Rimpiangi
per un istante gli
enormi pendenti di tua nonna: vorresti ben vedere incastrarsi quelli.
Guardi quel lavandino traditore
con muto stupore. Era dai
tempi dell’asilo che non ti faceva scherzetti del genere. Ma
quelli che perdevi allora
in fondo erano solo innocui ciondolini di plastica a forma di ciuccio,
anche se
hai pianto sconsolata per diverse ore a causa della loro improvvisa ed
alquanto scivolosa dipartita. Almeno fino a quando tuo padre, stremato,
non si è
improvvisato idraulico, smontando pezzo per pezzo quello stesso lavabo.
Senti spuntarti le lacrime agli
occhi. Sei tesa, nervosa, in
questo momento piangeresti anche se il gatto della dirimpettaia venisse
investito. E tanto per la cronaca, è una cosa che stai
tentando di portare a termine da due
anni a questa parte, ma quel maledetto felino è troppo furbo.
“Merda…”,
biascichi, mentre un altro tuono riecheggia
minaccioso. Cominci a prendere a pugni la superficie candida
– e terribilmente
dura – del lavandino.
“Merda! Merda merda
merda!”
Ehhh, buongiorno finezza!
Complimenti! L’ennesimo fulmine,
questa volta decisamente più vicino, illumina per un attimo
a giorno il bagno e
vedi due occhi fissarti in modo minaccioso. Trattieni il respiro,
mentre metti
in moto il cervello e realizzi che stai guardando il santino di Santa
Rita da
Cascia che tua madre si ostina a voler lasciare lì,
attaccato al bordo dello
specchio. Lo hai sempre trovato parecchio irrispettoso, ma che ci vuoi
fare: le
madri comandano. Un altro boato da fuori.
“Chiedo
scusa”, sospiri, mentre i rombi spariscono come per
magia.
Bah, poi chiamale coincidenze.
Inoltre i tuoi ti hanno sempre detto
di dire meno parolacce.
Ti sfreghi esausta le meningi,
ragionando sul da farsi.
Le otto meno otto.
E ancora devi metterti le
scarpe, sistemarti le ultime
ciocche di capelli bagnate sul fondo, truccarti e recuperare un paio di
orecchini decenti. E ti trovi sull’orlo di una crisi di
nervi. Respiri
profondamente, e ti accasci contro il bordo della vasca.
È stata tutta una
pagliacciata sin dall’inizio, lo sapevi.
Come sapevi che non avresti mai dovuto accettare un invito ad uscire da
parte
di un ragazzo. A cui tra l’altro andavi dietro da mesi e che
ti piace davvero,
ma lasciamo perdere questo piccolo particolare insignificante.
Tu non sei bella. Sul serio,
ragioniamo insieme.
Al mondo esistono tre categorie
di ragazze, esatto?
Belle, carine, brutte. Non
esiste cosa più semplice di questa.
E nei tuoi picchi d’umore hai attraversato varie fasi: dal
considerarti brutta,
a scoprirti carina, a stabilizzarti definitivamente sul livello brutta.
Non importa cosa
ti dicano i tuoi familiari o i tuoi amici, in fondo tu che
ne sai che non mentano perché ti vogliono bene?
No, tu sai cosa ti serve:
qualcuno di esterno che ti dica cosa
tu sia, obiettivamente.
Certo. A trovarlo.
Non hai mai chiesto tanto alla
vita.
Non hai mai preteso una lunga
chioma bionda e boccoluta, ad
esempio, con contorno di occhi verdi e nasino alla francese.
Non hai mai neppure osato
pensare a come staresti con dei
capelli neri e dei profondi occhi blu notte, impenetrabili come
l’oscurità.
Ti sarebbe bastata essere
carina, piacere a qualcuno. Invece
nulla, Madre Natura è in letargo e dorme con i tappi nelle
orecchie, a quanto
sembra.
E nel frattempo ti tocca star
lì, disperata, appoggiata ad
una vasca, mentre mancano solamente cinque minuti alle otto. Poi decidi
che
comunque andrà questa serata, con i tuoi attacchi di panico
o meno, non puoi
lasciare aspettare un ragazzo fuori dalla porta.
Non
fosse altro che
per le chiacchiere di quella stupida zitella di dirimpettaia.
Alzi la testa e con fredda
determinazione torni in camera
tua, ti infili le scarpe, lasci sciolti i capelli – e anche
se sono ancora
umidi non importa, tanto di qui a poco scoppierà un
temporale, sai cosa sono
due ciocche bagnate in più o in meno – e ti
trucchi con poco, giusto un po’ di
fondotinta e la matita. Indossi gli orecchini che ti ha regalato
qualche mese
indietro una tua amica, e afferri la borsetta.
Le otto meno uno.
Con il cuore in gola ti dirigi
verso l’ingresso,
appoggiandoti al piccolo tavolino lì accanto, le braccia
incrociate e gli occhi
fissi sulle punte delle scarpe che appaiono davanti a te. Ti ricordi
improvvisamente che non ti sei messa il rossetto e ti guardi per un
attimo in
giro. Trovi il lucidalabbra alla frutta che ti ha regalato quella
stessa tua
amica degli orecchini e la ringrazi mentalmente. Stai per mettertelo
quando
suonano alla porta.
“Mai,
mai aprire alla
prima scampanellata! Altrimenti corri il rischio di sembrare una
ninfomane che
attende dietro alla porta come un avvoltoio, pronta da un quarto
d’ora. È squallido”.
Qualcuno dia una medaglia a
questa tizia, vi prego. Prima
gli orecchini, poi il lucidalabbra e ora il buon consiglio.
Sorridi, e ti applichi il
cosmetico accuratamente.
Otto e due, secondo
scampanellio.
Prendi un respiro profondo e
abbassi la maniglia, e quel che
sarà sarà, domani è un altro giorno, e
Rossella accidenti a te che ti sei fatta
sfuggire un simile manzo come Clark Gable.
Lui è davanti a te,
bellissimo – e come poteva essere
altrimenti? – e ti dona un sorriso caldo, che
ti scioglie qualcosa all’altezza dello stomaco. Sorridi di
rimando, e chiudi la
porta.
"Sei splendida".
Ti sussurra
all’altezza del primo gradino, e sei felice di
essere davanti a lui e che lui non possa vederti in viso,
perché hai come il presentimento che quel calore che si
sta spargendo dal tuo collo in su sia visibile anche ad occhi estranei.
Però sei felice, e
tutta questa contentezza si propaga anche
al tuo volto, ti dona una luce particolare, intima.
Perché, tesoro,
è vero. Tu non sei bella. Tu sei uno
splendore.
E fra parentesi, hai fatto bene
a portarti dietro il
lucidalabbra. Ho come l’impressione che stasera se ne
sprecherà parecchio.
Note
finali:
Ci sono parecchie
cose non mie, come il riferimento a Dante Alighieri (Perdete ogni
speranza voi ch'entrate), ad una mia amica (L'Ehhhhh, buongiorno
finezza XD) e quello finale a "Via Col Vento", (domani
è un altro giorno, e Rossella accidenti a te che ti sei
fatta
sfuggire un simile manzo come Clark Gable).
Grazie a tutti ^^
Kissoni!!
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