Il principio delle cose
Johanna
camminava come un leone in gabbia nella sua stanza al Centro di
Addestramento. I Giochi si erano conclusi, la coppia del Distretto 12
aveva vinto ribaltando inaspettatamente la situazione, e tutti
sembravano felici e contenti.
Tutti, tranne
i piani alti del governo e questo lei e tutti gli altri vincitori, lo
sapevano bene.
La ragazza misurava a grandi passi la sala da pranzo, mordicchiandosi
l'unghia del pollice fino a farla sanguinare. La camera sembrava troppo
stretta attorno a lei, come se stesse per chiudersi e schiacciarla tra
le sue pareti. Il groppo che le serrava la gola era ben difficile da
mandare giù, l'impotenza era un peso gravoso sulle sue
spalle, l'ansia era un fastidioso nodo che le serrava il petto.
Non aveva
ancora avuto notizie da Finnick e questo la turbava, specie quando
l'aveva visto allontanarsi con il solito sorriso cordiale, che
però non gli aveva raggiunto gli occhi, insieme a Plutarch.
Le era bastato
un lieve cenno del capo del ragazzo per capire di non provare a
seguirlo, così si era rintanata nella sua stanza e da allora
era cominciata la sua lenta agonia.
D'improvviso
un bussare energico alla porta la fece sobbalzare e trasalire.
Provò
a dissimulare l'agitazione apponendosi sul viso quell'immaginaria
maschera impastata con calma e sarcasmo e, con il cuore in gola,
andò ad aprire pregando che fosse lui.
Finnick entrò nella stanza repentinamente, un misto tra
l’eccitato ed il preoccupato. La afferrò per un
polso e la trascinò verso il bagno. Lei non ebbe nemmeno
tempo di opporsi che erano già all'interno; lui
aprì il getto della doccia che cominciò a
scrosciare rumorosamente, schizzandogli la maglietta.
“Allora?
Spero mi starai allagando il bagno per una buona ragione.”
Dichiarò tamburellando le dita sulla spalla del ragazzo per
falro voltare e puntellandosi il fianco con la mano libera.
In realtà era perfettamente a conoscenza che il suono
dell'acqua avrebbe coperto il loro dialogo da orecchie indiscrete. Non
vi era una certezza matematica che fossero spiati, ma nella loro
delicata situazione era meglio essere preparati a qualsiasi
eventualità.
Finnick
intanto continuava a guardarla nella sua fittizia quiete: la vena sulla
fronte era gonfia e ben visibile, le mani scosse da un lieve tremore,
il respiro era accelerato, superficiale.
Johanna
studiò attentamente quei cambiamenti nel corpo dell'amico,
scrutando più in profondità, capendo cosa si
celava dietro i suoi gesti meglio di quanto, a volte, capisse se
stessa.
"Capita, quando la gente
trascorre più tempo ad evitarti che a parlarti, di fermarti
ed osservare." Si era ritrovata spesso a pensare.
E Johanna non
vedeva semplicemente Finnick: lei lo osservava.
Osservava e
deduceva, come un agente addestrato. Da quando erano diventati amici si
era sottoposta ad un training veloce della personalità di
Finnick Odair: aveva dovuto imparare ad interpretare i segni, leggere
tra le righe, decodificare i gesti del ragazzo come lo scambiarsi uno
sguardo di intesa per capire come agire in una determinata situazione,
il fingersi allegri, stupiti o, semplicemente, voltare le spalle agli
altri con aria di superiorità e noncuranza.
Un vincitore
quello poteva permetterselo.
Finnick chiuse
le porte scorrevoli di vetro della doccia e si sedette sul pavimento
bagnato. Solo allora si lasciò sfuggire un sospiro
liberatorio.
Johanna
continuò a fissarlo, in attesa, anche se quella vena
tremendamente teatrale del suo carattere la stava distruggendo.
“Ebbene,
devo il piacere della tua compagnia al fatto che la mia doccia sia
più comoda? Trovo la cosa improbabile dato che sei tu quello
che tutti trattano con i guanti bianchi.”
Lui le rivolse
un mezzo sorriso. Batté con la mano sul pavimento facendole
segno di sedersi accanto a lui.
Johanna con uno sbuffo sdegnato, eseguì.
“Allora?”
“Allora,
hanno deciso. La prossima edizione sarà quella
decisiva.”
Il corpo della
ragazza si irrigidì, percorso da un brivido gelido, come se
avesse appena sentito lo schiocco di una frusta e stesse preparandosi
ad accusare il colpo sulla propria pelle. Aveva aspettato tanto quel
momento, la tanto agognata vendetta e adesso che sembrava essere
arrivata le appariva del tutto irreale.
“Così
presto? Perché?” Chiese con una punta di
turbamento nella voce.
Finnick
tirò fuori dalla tasca un apparecchio portatile
olografico e lo accese. Lo schermo vibrò e si
sintonizzò sulla replica della cerimonia di incoronazione
degli Hunger Games.
“Lei.”
La ragazza
guardò lo schermo e poi lui, senza capire.
“Lei?”
Finnick con un
gesto secco spense il dispositivo, si voltò verso di lei,
incrociò meglio le gambe sotto di lui e ripeté
con semplicità: “Lei.”
“Certo,
se continui a ripetere lei
io capirò tutto, mi sembra ovvio.”
Replicò Johanna con pesante sarcasmo.
Finnick si portò la mano alla base del naso, pizzicandola in
un gesto di sconfitta. Evidentemente riteneva la deduzione talmente
banale che il solo perdere tempo a spiegarla risultava sconfortante.
Nonostante ciò, le spiegò la situazione.
“Katniss
Everdeen, la ragazza di fuoco, è appena diventata la miccia
che darà inizio a quel magnifico spettacolo pirotecnico che
sarà la Rivoluzione.”
Johanna
credette di non aver sentito bene. Le parole ci misero un po’
a far presa nel suo cervello e la risposta che questo le
inviò fu una sonora e sprezzante risata.
“Benissimo,
adesso le ragazzine sono promotrici di ribellioni? Ai piani alti devono
essersi veramente bevuti il cervello!”
Finnick
inarcò un sopracciglio in disappunto.
“Dovresti
valutare bene le cose, Johanna. Cerca di non fermarti a ciò
che appare, vedi oltre la semplice vittoria. Quella ragazza ha
sovvertito le regole, ha fatto in modo da poter salvare anche il suo
compagno, ha smascherato il gioco di Capitol City ed il governo ci ha
visto molto di più che una semplice azione salvavita.
Seneca, però, se ne è reso conto troppo tardi.
L'audience non sempre paga.”
Johanna
deglutì piano, questo poteva significare solo una cosa: il
capo stratega era stato sollevato dal suo incarico in maniera
permanente.
“Fammi
indovinare, Plutarch sta già organizzando il suo party di
insediamento.”
Lui
annuì.
“Dice
che sarà una festa come se ne vedono raramente.”
“Lo
immaginavo.” Replicò asciutta. “Quindi
il suo piano originale sulla collaborazione tra Distretti è
cambiato?”
“No,
al contrario. Ora ha trovato un metodo per far rientrare anche noi nel
grande schema.” Finnick disegnò un cerchio con le
mani in maniera artefatta. La mente della ragazza intanto lavorava
frenetica nel tentativo di assemblare i pezzi e,
d’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, tutto le apparve
chiaro e semplice.
“L’edizione
della Memoria.” Alitò in un sussurro.
Finnick
curvò le labbra in un sorriso mesto e lei si
alzò, improvvisamente agitata. Cercò di non darlo
a vedere, provò a respirare, ma l’aria sembrava
essersi condensata nei polmoni.
L’arena,
il sangue, le urla, tutti i ricordi le tornarono alla mente in una
dolorosa scarica.
“Vuole
cominciare la stramaledettissima rivoluzione risbattendo noi
nell’arena? Che piano geniale, ne saranno tutti
entusiasti!”
“Smettila
di fare la melodrammatica, non ci saremo solo noi due. Il piano
è di organizzare un’edizione della memoria
sorteggiando i vincitori dai vari distretti. Il presidente vuole la
ragazza morta ma non per mano sua, poiché le persone si sono
affezionate alla vicenda, ma vuole comunque che muoia per via del suo
gesto di fronte alle telecamere del paese. La sua morte deve essere un
monito, un monito per tutti coloro che oseranno ribellarsi. Nessuno,
nemmeno il più forte tra i vincitori, può vincere
sulla potenza di Capitol City. E poi Plutarch ha colto la palla al
balzo e ha deciso di renderci parte attiva per proteggere la ragazza-
simbolo e farci partecipare in prima persona al piano.”
“Così
io dovrei tornare nell’arena per salvare il culo di una
ragazzina immagine per il bene della ribellione, solo perché
lei piace alla gente? Mi stai dicendo che il succo è
questo?” esclamò incredula.
“Se
la metti in questa maniera rozza, sì, è
così.”
Finnick si
strinse nelle spalle, come se tutta la situazione fosse la cosa
più naturale del mondo. Lei invece si risedette a terra con
le mani intrecciate dinanzi a sé.
“Lo
sapevo che quei due avrebbero incasinato tutto con quella storiella
degli innamorati.” Affermò in un sospiro esausto.
“Tecnicamente
non è proprio così. Diciamo che stavano solo
aspettando un’occasione adatta dopo i tuoi giochi. Tu sei
stata il meccanismo che ha fatto scattare tutto, il principio di tutte
le cose. Ma quando è stato il tuo turno, i tempi non erano
ancora maturi. Il gesto di Katniss è stato il segnale
finale. Devi ammettere che avete un temperamento a tratti molto
simile.”
Sorrise
compiaciuto, ma Johanna non fu dello stesso avviso.
“Lei
non vuole combattere, Finnick. Che motivo avrebbe? Ora si è
sistemata per la vita, l’unica cosa che vuole è
che lei ed il ragazzo siano lasciati in pace. Si sta solo ritrovando
tra l’incudine ed il martello e non è sicuro da
che parte sceglierà di stare quando arriverà il
momento.”
La mano di
Finnick si allungò a poggiarsi sulla sua spalla. Aveva un
sorriso rassicurante, di quelli che la ragazza aveva visto
così poche volte nella vita, che avevano il potere di
spazzare via le parole amare e riempire l'animo di calore.
“Di
motivi ce ne sono più di quanto immagini, Haymitch me
l’ha confermato.”
Johanna storse
il naso.
“Avevo
dimenticato che in questa faccenda c’entra anche
quell’ubriacone. Perché lui sa, vero?”
“Ovvio
che sa, è stata anche una sua idea questa.”
Confermò in tono deciso.
Lei
sollevò gli occhi al cielo.
“Perfetto,
ci siamo affidati anche alle idee di un alcolizzato. Come se quelle di
un tacchino imbellettato non fossero abbastanza.”
Finnick rise
piano e lei ricambiò con l’ombra di un sorriso
sulle guance magre.
“Finn,
posso farti una domanda…indiscreta?” Chiese
mordendosi l’interno della guancia. Si sentiva estremamente
stupida ma voleva sapere.
“Certo.”
Replicò pacato.
“Hai
già pensato a…insomma…lo sai. Se i
tributi verranno scelti tra i vincitori c’è la
possibilità che lei venga sorteggiata.”
Johanna non
era solita chiedere le cose con tatto, ma lui era Finnick e dalla
reazione del suo sguardo, dalla pupilla dilatata per
l’apprensione, la rigidità dei muscoli del viso,
capì che la domanda lo preoccupava.
“Non
lo sopporterebbe. Non di nuovo, sai bene che la distruggerebbe.
Io…ci ho pensato, sì.”
In quel momento il Finnick sicuro di sé scivolò
via, svanì in uno sbuffo di fumo come se non fosse mai
esistito, rimpiazzato dal Finnick più fragile e vulnerabile.
Lei
annuì, lasciando che il discorso cadesse, pentendosi anche
di aver sollevato la questione. Provò inoltre una forte
vergogna quando si scoprì rassicurata di poter condividere i
giochi con lui. Sarebbero stati insieme, si sarebbero guardati le
spalle l’uno con l’altra ma erano tante le
variabili da considerare e tante le domande che le vorticavano in
mente, domande che non avrebbero trovato ancora una risposta, non in
quella sede almeno.
Era solo
sicura che, se avesse dovuto scegliere tra salvare la vita alla ragazza
di fuoco o a lui, avrebbe scelto Finnick senza battere ciglio, e
avrebbe mandato a farsi fottere la ribellione.
“Blight.”
Disse lei rompendo la coltre di silenzio che si era creata.
“È un vincitore del 7, una persona a posto.
Idiota, ma a posto. Ci aiuterebbe, potrei parlarci io.”
“Tu
che parli con una persona senza un’arma in mano e di tua
spontanea volontà? Sei poco credibile, Mason.”
Affermò Finnick con un sorriso ironico. Johanna si
sentì sollevata.
“Chi
ti dice che non mi porterò un’ascia dietro?
Riflettici: se dovesse dirmi di no dovrei ucciderlo. E, a proposito di
asce, sarà meglio che tu vada via, devo rifare il filo e
divento scontrosa quando qualcuno mi osserva. Anzi no, resta, posso
testare la validità della mia arma tagliandoti qualcosa di
prezioso…” calcò bene le ultime parole
e lui si tirò in piedi, avviandosi verso la porta.
“Mi
sono appena ricordato che ho un impegno molto urgente e devo veramente
scappare.” Affettò un inchino vistoso con
un'espressione fintamente impaurita.
“Che
cuor di leone che sei!” lo canzonò lei.
“Ricordati che parteciperemo ai prossimi Hunger Games, e
lì non potrai imboccare la prima porta per scappare via da
me e dalla mia ascia.”
Lui le
sorrise, stavolta in maniera disinvolta e scanzonata, quasi a voler
prendere in giro quel destino crudele che, facendosi beffe di loro,
stava per spingerli nuovamente nell'arena, quel luogo che dominava i
loro incubi più terribili.
“Felici
Hunger Games, Johanna Mason.”
“E
possa la fortuna essere sempre a nostro favore, Finnick
Odair.”
***
Ebbene ci si
rivede, da quanto tempo!
Non me ne
vogliate, purtroppo questi mesi sono stati una continua parabola
discendente di impegni universitari e relativi esami che mi hanno
tenuta lontana dalla scrittura >_< Ora che sono in
vacanza sarà un piacere poter recuperare e continuare questa
raccolta.
Volevo infatti
informarvi, a tal proposito, che ho deciso di chiudere qui questa prima
parte proprio per avere modo e tempo di scrivere quella relativa a La
ragazza di fuoco e al Canto della rivolta, così la serie
sarà bella e completa. Infatti, piuttosto che lasciare il
lavoro incompiuto - cosa che non è nella mia indole fare -
preferisco chiuderla qui e dedicarmi con calma al continuo del progetto
ed anche alla nuova idea che mi frulla in testa, nel fandom di Sherlock
della BBC per l'esattezza.
Vi ringrazio
davvero tantissimo per aver avuto la pazienza di seguirmi e per aver
dedicato un minuto a leggere questa piccola raccolta su due personaggi
che apprezzo molto, e spero inoltre che vi sia piaciuta e che non
l'abbiate trovata davvero pessima XD
Detto questo
vi rinnovo l'appuntamento al prima possibile e vi auguro delle
frizzantissime vacanze estive!
Baci e ancora
grazie dalla vostra amichevole Jo di quartiere :D
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