Fan-fiction
partecipante al contest “Petali
di lacrime”
indetto da DarkElf13
Amore
che nulla dice, amore che tutto può.
“Il
sonno non arriva
e quindi soffoco nel
sole.
I giorni sfocano in uno solo
e
i miei occhi canticchiano cose che non ho mai fatto.
Le
lenzuola oscillano, appese al filo per stendere
come
una fila di fantasmi catturati
sulla
vecchia erba morta.
Non è stato mai
abbastanza ma abbiamo fatto del nostro meglio.
Bentornato
a casa...”
Era
una magnifica, incantevole giornata di sole. La mattina di un martedì
di giugno.
Lontano
piccoli fiocchi di nuvola bianca macchiavano il cielo, sembrava una
perfetta punteggiatura ben distribuita su un foglio. La luce
incontrastata del sole inondava, priva di riserve o tentennamenti, la
Thousand Sunny
Appoggiata
al parapetto della nave respirava intensamente Nami, ancora mezza
addormentata, arrendendosi piacevolmente a quella luminosità
incontrastata. Un concentrato di innumerevoli granelli di polline
odor mandarino, morbidi e opachi, fluttuavano indolenti nel cielo,
finché, volteggiando, non si depositavano nello specchio d'acqua,
senza alcuna fretta...
Un
risveglio perfetto.
La
sua pelle assorbiva quieta i raggi del sole. Ogni tanto sollevava le
braccia ad altezza del viso e le stirava in avanti.
L'estate
era arrivata.
Dei
grido lii provenienti dalla cucina la destarono, il sole aveva
accolto nel suo caldo abbraccio l'intera ciurma già intenta a
fronteggiarsi per la colazione.
C'era
qualcosa di sospetto però.
Il
caos che accomunava ogni mattina, dovuto all'incessante fame di Rufy
e alle frasi acute e isteriche di un Sanji già al limite della
sopportazione, non era palesemente intercettabile.
-
Wow! Che questa magnifica giornata sia addirittura riuscita ad
acquietare quel pozzo senza fondo?- pronunciò con sguardo
incredulo Nami, incamminandosi lentamente verso la sala comune.
-
Nami-chan, mia dolce dea! Oggi sei più radiosa del solito, -
fece il biondo, i suoi occhi formato cuore la scrutavano con aria
sognante, - ma, ne sono più che certo, la mia buonissima crostata
alle fragole ti renderà ancora più meravigliosa!
-
Grazie Sanji – rispose lei sedendosi sulla lastra di marmo
adiacente al piano cottura. Quel delicato e freddo contatto, in
contrapposizione con l'aria calda dei primi timidi soli cocenti, era
al quanto rilassante. Amava starsene seduta così in quelle stagioni.
- Mi basta solo una bella tazza di caffè nero
Accavallando
le gambe scrutava, sorridendo, ad uno ad uno i compagni di fronte a
lei, e ad ognuno elargiva un cenno di capo e uno sguardo vispo e
sereno. Era il suo personalissimo buongiorno.
Passò
in rassegna i volti intorno: Zoro e il capitano mancavano
all'appello.
Niente
di nuovo per il primo, sicuramente dormiva ancora tra le braccia di
Morfeo visti i suoi costanti allenamenti notturni.
Ma era decisamente
anomala l'altro mancante all'appello, sopratutto nell'ora della
colazione!
La
porta della cucina si aprì prima ancora di poter porre domanda,
rivelando due volti seri e contratti.
Zoro,
capeggiato da un'aurea plumbea, si mise subito seduto al suo posto al
tavolo.
Rufy
continuava a premere con forza il cappello sulla testa, celando
ancora più lo sguardo già chino, mentre si posizionava al centro
della stanza.
La
tensione era palpabile, l'aria era satura d'agitazione e perplessità.
Tutti aspettavano in silenzio qualcosa che ancora non aveva nome o
senso.
-
Ragazzi... Ho una comunicazione molto importante per la nostra
ciurma - alzò finalmente gli occhi il ragazzo di gomma posando
con cura il cappello sul tavolo. Il suo sguardo era vuoto, assente. - Zoro...
Zoro ci lascerà per un po' di tempo. Sarà lontano da
noi un paio di mesi. Deve ritrovare la sua concentrazione e la giusta
meditazione, oltre che continuare ad allenarsi in uno spazio
differente dalla nostra nave. Tutto questo perché sente che è
arrivato il momento giusto per raggiungere il suo obiettivo!
Rimasero
tutti senza parole.
La
notizia arrivò così, come un fulmine in ciel sereno. Nessuna
obiezione, nessuno aveva qualcosa da ridire.
E
questo allucinante senso di estraneità faceva infuriare Nami.
Ma
era una rabbia ingiustificata. Tutti avevano dei doveri, degli
obblighi su quella nave. E allora perché si sentiva così
dannatamente persa dopo quella scoperta?
-
Non puoi Rufy! - La
bocca parlò senza consenso tacito della mente, era come se il filtro
tra pensieri e apparato vocale fosse andato a benedirsi, - Sai
bene che è troppo pericoloso, che rischia la morte. Abbiamo già
vissuto tutto questo, quindi no... Non puoi permetterglielo!
Il
volto affranto e provato del capitano era in totale contraddizione
con le sue successive parole.
-
L'ho promesso Nami... Mai e poi mai avrei intralciato il suo sogno
La
cruda e nuda verità era quella, ma non riusciva proprio ad accettare
una simile arrendevolezza.
E
l'atteggiamento posato e disinteressato del protagonista di tutta la
questione le mandava il cervello in fumo, facendole perdere
completamente la facoltà di giudizio.
-
Tu, troglodita rincretinito! Ti è per caso morto l'unico criceto
nella testa? Pensavo avessi un minimo di senno, ma ovviamente ti ho
sopravvalutato – La sua esile figura fronteggiava, alla meglio,
la pesante mole di uno Zoro ancora comodamente seduto e impassibile.
-
E poi spiegami questa storia dei due mesi in solitudine, di
grazia. Scusaci se siamo così casinisti e infantili... Sei solo uno
sporco egoista, che pensa solo a se stesso e a quella maledetta
promessa!
Aveva
disinnescato la bomba ormai...
Lo
voleva stuzzicare all'inverosimile, fino a farlo infuriare, farli
perdere la pazienza. E al tempo stesso voleva ferirlo, così, come si
sentiva ferita lei.
Ma
non riusciva a dare un senso logico a questa reazione.
Possibile
che fosse l'unica in quella stanza a non capire?A non afferrare quel
concetto che aveva connotati logici per tutti tranne che per lei?
E
lui poi? Perché non rispondeva? Perché non le teneva testa come
sempre?
Quando
si vuole evitare un'onda impetuosa, ci si acquatta sul fondo del
mare, ci si aggrappa ad una grossa pietra e si trattiene il fiato.
L'onda prima o poi passa.
Era
questo che pensava Zoro, incassando con pazienza e calma tutti i
colpi.
Non
poteva esporsi, non poteva gridare che andava via per lei.
Non
poteva ammettere che la sua presenza lo stava allontanando sempre più
dal suo progetto di vita.
E
mentre rilassava i nervi, facendosi scivolare addosso tutte le
cattiverie urlatogli contro, una frase lo scosse irrimediabilmente.
-
Ti odio Roronoa!
Poi
il rumore di una porta sbattuta, lo scatto di una serratura.
E
nulla più, se non il silenzio triste di tutta la ciurma...
* * *
“Delle
navi stanno varando dal mio torace.
Alcune
hanno dei nomi ma la maggior parte no.
Se
tu ne trovi una, per favore fammi sapere
quale
pezzo ho perso.”
Ormai
era sera.
Nella
camera della navigatrice la fioca luce gialla delle lampade vacillava
come le ali di una farfalla morente.
Distesa
sul letto aveva gli occhi al soffitto, continuava immobile a fissare
quell'unico punto. Ma non vedeva Nami... I suoi erano occhi vuoti
che contemplavano il nulla.
Davanti
a lei era come tutto scomparso, inghiottito da quel buco nero che non
lasciava scampo. Sperava in cuor suo di poter trovare una soluzione,
di superare questo nuovo ostacolo aggirandolo in qualche modo.
Ma
non c'era verso...
Le
cose erano così semplici e chiare, così dannatamente dirette. Causa
ed effetto si erano prese a braccetto e lei non poteva far altro che
accettare, soccombere silenziosamente a quella che era la legge dello
spadaccino.
Ognuno
di loro aveva un sogno, un sogno reso ancora più tangibile dai
fantasmi del passato, da promesse da difendere. Valeva la stessa cosa
per lei, in fondo...
-
Che stupida... Qui l'unica egoista e insensibile sono io! –
Pronunciò sommessamente mentre, pian piano, la parte razionale di
lei prendeva le redini di quel tumulto di emozioni che la
sovrastavano.
Com'era
potuto accadere? Come aveva solo minimamente pensato di intralciare
il cammino di Zoro? Con quale indegna pretesa o diritto poi.
Ma
si sentiva terribilmente triste. Come se un'ingiustizia l'avesse
privata di qualcosa di essenziale per la vita. Era da molto tempo che
non provava una sensazione del genere, o forse era la prima volta in
assoluto. Era un dolore viscerale, persistente, come percepire la
mancanza di qualcosa che in realtà non è mai stata propria. Un
senso di insoddisfazione colmabile solo dalla presenza di Zoro.
E
fu proprio in quell'istante che tutto ebbe senso: lei era
semplicemente innamorata di quel rozzo marino. La mente, malandrina e
insicura, aveva fatto giri folli prima di arrendersi all'evidenza.
Ma
il battito accelerato del suo cuore non poteva lasciarla sopraffare
ancora da dubbi.
Una
miriade di immagini esplosero nella sua testa, colori vividi e
saturi, situazioni ed emozioni che avevano un unico protagonista.
Mille parole dette, un infinità di parole ancora da dire, da urlare
ai quattro mari e molte di più da bisbigliare dolcemente in un
orecchio.
Se
solo ne avesse avuto modo...
Aveva
paura, una paura tremenda. Che cosa poteva fare? Come doveva
comportarsi? Andare da lui e dare libero sfogo ai sentimenti,
noncurante della reazione di Zoro e del momento del tutto
inopportuno, oppure aspettare silenziosamente il suo ritorno?
Sempre
se ci fosse stato un ritorno...
Non
riusciva a dormire. La sua mente era lucida come porcellana, come se
il sonno non fosse mai esistito. Tutt'intorno era silenzio; alle sue
orecchie, se tendeva l'udito, arrivava soltanto il rumore delle onde.
Poche
ore e sarebbe andato via, pronto a passare i successivi giorni
totalmente dedito al suo sogno, alla sua promessa. Nulla poteva
increspare questa decisione, nessun sentimento doveva scalfire
minimamente quello in cui credeva e che doveva fare.
Ecco
perché andava via, lontano da quella nave carica di perdizioni.
Lontano
da quei capelli ramati che si confondevano coi colori brillanti e
accesi del tramonto.
Lontano
da quell'odore agrodolce che s'insinuava, senza permesso, nelle
narici ogni volta che si assopiva, trasportandolo in dolcissimi e
carnali sogni proibiti.
Stava
fuggendo? Probabilmente si!
Da
cosa poi? Da un istinto umano che l'aveva pervaso, improvvisamente e
senza ritegno, da quando si erano riuniti?
Bugiardo!
Il pensiero di lei, delle sue risate, anche quelle acide e
incontrollate...
Del
suo profumo, della sua voce vispa e acuta, dei suoi occhi furbi ma
trasportatori silenziosi di mille emozioni. L'avevano reso succube
già da prima, inutile negarlo!
I
due anni di distanza avevano semplicemente aumentato
incondizionatamente la voglia di lei.
E
pian piano tutto era diventato necessario, vitale! I loro
battibecchi, gli insulti, le loro divertenti gare di bevute, i loro
incontri notturni durante la guardia.
Era
sorprendente il fatto che, nonostante i loro caratteri così lontani
e opposti, avessero così tante cose da dirsi al calare della sera.
Come se quel velo d'ombra li accogliesse in sé, spogliandoli
completamente dei residui giornalieri o da preconcetti e giudizi.
Qualunque
fosse l'argomento, conversare insieme era piacevole. Comprendeva
quello che lei voleva dirgli in una precisione palpabile, e da parte
sua riusciva a spiegarle con chiarezza cose che non era mai riuscito
a raccontare a nessuno, ne era stupito lui stesso. Era raro, lo
sapeva per esperienza, trovare qualcuno con cui intendersi alla
perfezione quando la solitudine o lo smarrimento ti attanagliavano
nella loro morsa. Quelle volte che succedeva Nami c'era! E più
notti passavano più tutto era magico, perfetto.
Se
non era un miracolo, era un eccezionale colpo di fortuna. Era un
sentimento molto diverso da quella che si chiama empatia. Almeno
questo da parte di Zoro, ormai era chiaro...
Aveva
perso per la prima volta, futile era negarlo.
Separarsi
da lei era una cosa dolorosa, separarsi per lei era completamente
devastante.
Si
stava proibendo in assoluto la cosa che lo rendeva completo, lo
faceva sentire uomo, e non demone sanguinario, capace solo di provare
l'ebbrezza di un fendente tagliente. Stava buttando la sua ancora nel
mare, completamente slegata dalla nave, dichiarandosi arrendevole
alle onde del passato.
Gli
essere umani stando soli diventano fragili, tutto questo lo capiva
solo ora. Non si era mai sentito così solo in vita sua.
Era
terribile questa fuga, perché proprio di questo si trattava.
Tutto
quello che desiderava arditamente in quella notte triste e profetica
era un'unione più forte. Voleva la prova che, anche se lontani,
sarebbero comunque rimasti legati l'uno all'altra.
Ma
non c'era né tempo né spazio in quell'attimo, ci avrebbe pensato
poi, al suo ritorno.
Sempre
se ci fosse stato un ritorno...
Le
onde lambivano le rocce, si allontanavano lasciando una spuma bianca,
tornavano...
Guardava
quel moto inarrestabile. Nel cielo non c'erano nubi, proprio come
nella mattinata, e la luce della luna disegnava fra i massi poco
distanti ombre frastagliate.
L'estate
era ormai arrivata.
L'aria
della notte era comunque fresca, impregnata dell'umidità scesa
sull'erba e sulle foglie dell'isola vicina. L'isola dove avrebbe
passato i due mesi prefissati.
Dei
passi lenti e sinuosi, inconfondibili, distrassero i suoi pensieri.
La causa del suo tormento era a pochi passi da lui.
Fissava
il mare Nami, anche lei vittima di un insonnia tormentata da ricordi,
rimorsi e speranze fallite.
Seguì
con gli occhi la direzione del suo sguardo Zoro: verso la spiaggia,
certe rocce che sembravano muffin tagliati a metà occupavano un
ampio tratto della riva, lambite ad intervalli dalle onde. Onde
spumeggianti che sembravano disegnate con cura da una mano precisa e
attenta. Non c'era nient'altro da osservare...
Si
avvicinò a lei piano. Forse non era la cosa giusta da fare,
soprattutto dopo quella strana reazione.
Tentennò
Zoro, ormai a pochi passi da lei, quando improvvisamente nella testa
riesplose l'immagine di quel “Ti odio” urlato con occhi
furenti dalla rossa.
I
capelli ramati, mossi dal vento, volteggiarono con grazia al
movimento del capo di Nami, ora di fronte a lui.
Lo
scrutava adagio, perdendosi in quegli occhi neri come la torba, così
profondi e inarrivabili, da far invidia agli abissi. L'aveva sentito
avvicinarsi, con la sua camminata trascinata dal peso delle tre
katane. Il rumore che riproducevano ad ogni loro tocco era il marchio
della presenza di Zoro.
-
Scusami per oggi...- disse, poi rimase un buon momento a
fissare la suola dei suoi sandali, indecisa, e forse insicura, su
come continuare. - È solo che...Cavoli Zoro, due mesi sono due
mesi! Perché vuoi andare via? Perché non restare qua, con noi, ad
allenarti?Lo sai che siamo tutti disposti a darti una mano, venirti
incontro. Da parte mia, prometto che non ti darò più ordini, non ti
farò perdere tempo. Sarei anche disposta, e, lo giuro, senza
aggravare il tuo pesante debito, a pulire la tua stanza o a lavare
quelle due pessime maglie che ti ritrovi! Mi allenerò col Loge Pose
per non farti rischiare la pelle per me, per non spedirti, per colpa
delle mie distrazioni in battaglia, in infermeria per chissà quanto
tempo!
La
calma e il sangue freddo con cui aveva arrancato, stupendosi di se
stessa, quel discorso iniziavano a cedere. Il groppo alla gola che,
con fatica, cercava di nascondere all'uomo che amava e che rischiava
di perdere si faceva insopportabile.
Ma
non doveva piangere!
Doveva
essere forte, guardare a testa alta la realtà e non trascinare la
sua tristezza sulla persona ora più vicina a lei. Lui doveva andare
e vincere! Nessuno su quella nave aveva il diritto di fronteggiare il
sogno altrui.
-
E prometto che farò di tutto per non farti innervosire- gli
diede le spalle appoggiandosi al parapetto della nave. Quell'ultima
frase era la più dura da digerire. Lei e Zoro erano sempre stati
quello: due entità totalmente distinte che eclissavano il loro
bisogno di unione, mistificandolo nella lite.
La
prima lacrima ormai scendeva sul suo bianco profilo...
-
Stupida...- riuscì solo a pronunciare quella parola prima di
arrendersi completamente al bisogno di abbracciarla. La stringeva a
sé, annientando tutti i suoi preconcetti, i suoi stupidi schemi
mentali che l'avevano reso, fino ad allora, solo uno spadaccino
dedito al dovere, incurante dei sentimenti che ormai traboccavano
senza sosta.
La
piccola spalla di Nami, scossa da caldi brividi a quel contatto
inaspettato, era un tassello perfettamente ancorato al petto forte e
battente di Zoro.
Euforia
e disillusione, martirio e pena, analisi e sintesi, eroismo e viltà,
silenzio ed eloquenza, oltre all'attesa interminabile e logoratrice,
esistevano con estrema vividezza, sembrava di poterle toccare con
mano. Erano tutte equamente in fila davanti a loro, come se fossero
ordinate su uno scaffale.
-
...Stupida mocciosa, se mi privi delle tue insopportabili urla a
me cosa rimane?- Non aggiunse altro, si limitò a stringere
ancora più gelosamente il tesoro che aveva fra le braccia. Si
sentiva soltanto molto triste. Triste di non poter abbattere il muro
che li circondava.
Fino
a poco tempo prima aveva pensato che fosse una recinzione destinata a
proteggerlo. Adesso invece il suo allontanamento era una barriera che
gli sbarrava la strada. Non poteva non soffrire la propria impotenza.
Per
qualche secondo la sua coscienza restò in bilico tra la realtà e
l'irrealtà. Dove si trovava? Cosa stava facendo? Era del tutto
disorientato. Fece un profondo sospiro, abbassò il capo inebriandosi
del buon odore dei capelli di Nami, posandole un bacio rassicurante,
gesto questo che trascinò anche lui in uno stato di tranquillità e
beatitudine.
La
navigatrice si volto, lo guardò a lungo. Poi sorrise. Un sorriso
stupendo che le illuminò il volto. Di sicuro le parole di lui
l'avevano resa felice. Al tempo stesso però nella sua espressione
c'era un ombra di tristezza e di condiscendenza, come quando una
persona che conosce bene il mondo ascolta le parole contraddittorie
di chi ha già deciso. Perlomeno così gli parve.
Un
imbarazzato Zoro si strofinava su e giù sulla guancia indice e medio
della mano destra. Anche se erano già in piena notte, sulle sue
guancia non c'era ombra di barba, la sua pelle era liscia e
abbronzata come un vaso di terracotta.
Nessuna
frase, alcuna parola.
I
loro occhi incastonati brillavano più della luce lunare,
trasmettendo, senza coscienza o volontà, l'inferno e il paradiso che
li vedeva protagonisti in quella strana e sconosciuta realtà.
Lasciarsi
andare alla marea travolgente o continuare a stringere, con tutte le
forze, l'ultimo appiglio di razionalità?
Viversi,
come se non ci fosse un domani, o rimandare ancora e ancora?
E
mentre tutte queste domande irrisolte violentavano pesantemente cuore
e mente ecco la forza del più debole cedere...
Dagli
occhi nocciola traboccò una lacrima che in meno di un secondo le
scivolò lungo la guancia e cadde con un piccolo tonfo sulle assi di
legno. Alla prima lacrima ne seguì un'altra e un'altra ancora. Si
mise a piangere con le mani appoggiate al suolo come se stesse per
vomitare.
Protese
con cautela una mano Zoro, e le toccò una spalla. Tremava
leggermente. A quel punto, quasi senza rendersene conto, la strinse
di nuovo a sé baciandola possessivamente. Calde e salate lacrime si
mischiavano al gusto dolce di quell'inaspettata e sospirata unione.
Petto
contro petto, respiri e affanni di due cuori che danzavano allo
stesso ritmo.
Lingue
timide ma sempre più vogliose di un incontro che aveva il retrogusto
amaro di un addio.
Lei
continuava a piangere in silenzio. Le sue dita percorrevano la
schiena dello spadaccino come se cercassero qualcosa. Con la mano
sinistra lui la sorreggeva, con la destra le accarezzava i capelli
aumentando la stretta e il contatto delle loro bocche, per sentirla
sempre più vicina, come se avesse paura di perdere, in un battito di
ciglia, la cosa più preziosa al mondo.
“Guarisci
le cicatrici che ho sulla schiena
non
ho più bisogno di loro.
Tu
puoi gettarle via o
mantenerle
nei tuoi vasetti,
sono
arrivato a casa”
Quella
notte fecero l'amore.
Non
sapevano se fosse giusto o no.
L'unica
cosa che desideravano era diventare una cosa sola, annullare ogni
distanza, passata o futura, ogni segreto per troppo tempo celato.
Possedere ed essere posseduto dalla persona amata. Non era una
questione di egoismo o di istinti animali. Ovviamente c'era profondo
desiderio, ma non era l'unico motivo. Era la forza della
disperazione. Era una lotta contro il destino infausto, era una
rivincita contro la loro testardaggine e il loro stupido orgoglio.
Morire e rinascere in un'unica entità fisica, tra lacrime
sfuggevoli, mani inesperte che calcavano territori sconosciuti e
gemiti silenziosi.
E
quando finalmente Zoro si riversò in lei, ormai al culmine del
piacere, tutto – il vento estivo, le onde, le cartine geografiche
sistemate sulla scrivania, l'odore confuso di mandarino e Rum che
aleggiava nell'aria – aveva una qualità da confine del mondo. Il
confine del mondo non poteva essere che un posto così. Caldo e
accogliente, protettivo e forte, come i loro corpi, ancora uniti e
sudati.
Ci
erano riusciti!
Avevano
oltrepassato insieme quella sorta di recinzione, quella barriera che,
contraddittoriamente, si erano creati per restare soli, per
allontanarsi.
Nel
silenzio tombale e sacro che li vedeva protagonisti, esausti e
abbracciati tra le lenzuola, nessun discorso, nessuna frase o domanda
inutile...
Restarono
così, coccolandosi e amandosi per un tempo indefinito, aspettando un
qualsiasi domani.
L'unica
parola che sentii Nami, accoccolata sul petto nudo e bronzeo di un
Zoro che le accarezzava i capelli, prima di cedere al sonno, fu un
“Aspettami...”
* * *
E
continuava ad aspettare Nami, nonostante fossero passati due mesi in
più di quelli pattuiti.
I
primi due erano volati, andati da sé, passati in un baleno tra gioia
e ansia snervante. A volte aveva l'impressione di aver fatto un sacco
di cose per ammazzare il tempo, per non cadere in brutti pensieri o
tormenti, a volte proprio nulla. Non si accorse che i giorni volavano
finché qualcosa dentro lei cominciò a cambiare...
Ormai
non poteva più nascondere ciò che era accaduto quella notte alla
restante ciurma.
E
i tremori su alcune possibili reazioni, tralasciando quella scontata
e tragicomica di Sanji, furono istantaneamente sopiti da caldi
abbracci e cure amorevoli che avevano un sapore nostalgico.
Con
l'aiuto della sua strampalata famiglia l'attesa era meno pesante. Si
sentiva leggera ma piena di forza, pronta a continuare a sperare.
Zoro era coraggioso e forte, sarebbe tornato per forza!
Poi
la triste verità: come deciso, allo scadere del secondo mese, la
Thousand Sunny approdò sull'isola Kuraigana.
Quel
posto, tendenzialmente lugubre, aveva un'atmosfera ancora più
nefasta. Si addentrarono per qualche chilometro, alla ricerca del
loro compagno. E mentre chiamavano, invano, il nome dell'amico e
compagno la temibile ciurma di cappello di paglia fu sorpresa dalla
marina.
La
battaglia fu veloce e lampante. In pochi minuti le truppe, formate da
pochi e inesperti soldati, erano fuori combattimento.
Ma
non c'era nulla da festeggiare.
Un
pianto disperato echeggiava tra le fila degli alberi; erano le urla
distrutte e inconsolabili di una donna che aveva perso tutto!
La
marina, venuta a conoscenza della presenza, su quell'isola, del
sanguinario Zoro Roronoa, era giunta con flotte potentissime e uomini
dalla forza sovrumana.
Aveva
setacciato in lungo e largo quel posto fino a quando non ritrovò
disteso, quasi esangue, uno spadaccino.
Venne
portate alla base principale.
La
condanna a morte era stata programmata proprio per il giorno prima
dell'arrivo dei suoi compagni.
O
almeno questo era quello che aveva sospirato, prima di morire, un
derisorio nemico.
Ma
Zoro era Zoro, e non poteva morire senza mantenere la sua promessa.
I
giorni passavano lenti e insignificanti, tra sguardi tristi e
commiserevoli. In quei momenti Nami si sentiva come se l'avessero
seppellita, lasciando fuori terra solo le dita del piede sinistro.
Ogni tanto qualcuno, in preda alla pena per lei, ci inciampava e
iniziava a scusarsi.
Malgrado
fossero passati solo quattro mesi, ogni cosa le pareva coperta di
polvere e priva di spirito vitale. Il paesaggio del mare, che tanto
amava, aveva qualcosa di logoro, di appassito.
Non
aveva voglia di parlare, e trovava deprimente passare troppo tempo
fuori dalla sua stanza.
Solo
una cosa la ancorava saldamente ancora alla vita, l'unica cosa,
preziosissima, che le era rimasta del suo amore. Solo per quello
avrebbe continuato a sopravvivere...
Fu
in una notte fredda e ventosa che qualcosa accadde. Non riusciva a
spiegare cosa di preciso...
Non
era un sogno, non si trattata di un' improvvisa rivelazione.
Accadde
e basta!
Percepì
dentro sé una consapevolezza nuova, come se qualcuno stesse cercando
di comunicarle qualcosa.
Aprii
gli occhi improvvisamente, svegliandosi in preda a fortissime
palpitazioni, col battito cardiaco a mille. Si mise seduta sul letto
incrociando le gambe e distendendo bene la schiena. Inspiro a fondo
ed espirò lentamente proprio come le aveva insegnato Chopper, viste
le sue condizioni. Ripeté questo esercizio finché le palpitazioni
non cessarono. Poi una sensazione vivida e misteriosa si palesò
dentro di lei.
Svegliò
gridando come una matta i compagni, e in breve li convinse a virare
la nave verso Kuraigana,
di nuovo...
Non
c'era nulla di sicuro, niente di certo, ma sentiva che quella strana
illuminazione aveva qualcosa di fondato. Era come se qualcuno o
qualcosa stesse richiamando la sua attenzione su quel luogo così
pesantemente triste per lei.
A
nulla valsero le parole di resistenza dei suoi amici, bastò lo
sguardo empatico e allegro di Rufy a farle capire che tutto era
possibile.
E
gli ordini del capitano dovevano essere eseguiti!
Arrivarono
dopo due notti e tre giorni.
Il
paesaggio di fronte ai loro sguardi non lasciava alcuna via di fuga.
La
marina aveva reso quell'isola un nuovo quartier generale.
Era
un suicidio il loro, ma il sacrificio valeva, forse, la pellaccia
dello spadaccino
Avevano
diviso il gruppo in tre squadre, ma la priorità assoluta era la
protezione di Nami, a qualunque costo.
La
perlustrazione si rivelò lenta e pericolosa fin da subito, l'occhio
della Marina era ovunque.
E
mentre avanzavano a passi lenti, un tintinnio impercettibile fece
sobbalzare il cuore alla cartografa. Quel rumore...i pendenti di
Zoro!
Con
uno scatto fulmineo si avviò verso la fonte di quel debolissimo
suono, noncurante degli ordini del capitano.
Doveva
correre, correre più che poteva.
E
andava veloce Nami, protetta alle spalle dai suoi fedeli compagni.
Li
ringraziò mentalmente, con tutto l'amore che provava nei loro
confronti.
Coi
piedi gonfi e nudi, liberi da quei tacchi che, imperterrita,
nonostante lo stato interessante, continuava a indossare, avanzava
nel bosco.
Il
suo corpo non era agile e snello come una volta, ma poco importava...
La
cosa vitale in quel momento era arrivare a lui, perché c'era, era là
che la stava spettando.
E
finalmente lo vide, bello e dannato come ricordava.
Impugnava
con orgoglio le sue fidate katane, colpevoli della strage di marine
che sormontavano il terreno erboso di fronte a lei.
Sul
suo collo taurino brillava la collana a forma di crocifisso di Occhi
di falco!
Lo
scrutò con ansia, cercando eventuali ferite o lividi, fino a quando
il suo sguardo non fu imprigionato da quello profondo e magnetico di
lui, ancora incredulo e totalmente inerme a quella visione che forse
era un sogno.
Frammenti
di parole vagavano nell'aria, quasi fossero stati strappati. Erano
come stati defraudati.
Labbra
socchiuse, si studiavano desiderosi, con sguardi che parevano poter
trapassare l'anima.
Si
sentirono di nuovo al confine del loro mondo.
-
Brutta testa d'alga, stupido e insensibile di un buzzurro! -
Improvvisò lei mentre avanzava lentamente, quasi per paura di
perdere ciò che aveva di fronte, con occhi fintamente arrabbiati e
scocciati, - Quattro mesi! Ma ti rendi conto?! Triplicherò, ma
cosa dico?! Quadruplicherò il tuo debito per avermi fatto aspettare
per così tanto tempo! -
Anche
Zoro avanzava, con sicurezza e sguardo fisso su di lei, contemplando
ogni singola particella di quella piccola strega che, finalmente,
poteva amare liberamente.
La
distanza era minima, talmente sottile da poter accarezzare, con la
mano callosa e rude, quella guancia fresca e delicata.
Un
bacio agognato.
Un
sussurro desiderato.
Un
gusto per troppo tempo non assaporato...
Si
allontanò un po' lo spadaccino, per ammirare ancora, e ancora, la
sua donna.
Poi
si inginocchiò, in corrispondenza del ventre più pieno e gonfio di
Nami, accarezzandolo timidamente e con fare impacciato.
Affiancò
la testa al grembo, sorridendo e cingendole le braccia intorno alla
vita.
-
Le mie parole vi sono arrivate... Mi avete ritrovato! -
pronunciò commosso, donando un dolcissimo bacio al loro piccolo
grande tesoro.
-
Bentornato a casa papà! -
“Qui,
sotto i miei polmoni,
sento i tuoi
pollici premere nella mia pelle, di nuovo...
Bentornato
a casa!”Note
dell'autrice: chi
mi conosce ormai sa che non posso fare a meno di citare canzoni nei
miei racconti. Stavolta è il turno dei Radical Face con "Welcome
Home" , canzone che adoro! Un grazie di cuore a chi avrà la
pazienza di leggere questa lunga storia. |