Vuoto

di DorotheaBrooke
(/viewuser.php?uid=499596)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Tutto infine scivola via.
Tutto si dissolve come un fiato tiepido nell’aria gelida.
 
Vostra madre si è opposta a Malekith. È morta combattendo.
 
Annuisce Loki e lotta per respirare.
Muove a fatica qualche passo attraverso la cella mostruosamente immutata.
Attende che l’eco dei passi della guardia sia svanito in lontananza, per liberare l’urlo che lo sta soffocando.
 
Mostri. L’hanno lasciata da sola a fronteggiare un nemico spietato.
 
È vecchio Loki, il pallore statuario di un corpo crudelmente perfetto – asfissiante - ne cela la vera età.
È vecchio e nasconde la propria debolezza dietro il velo sottile di futili illusioni.
È vecchio, un serpente che si trascina attraverso i secoli senza più forza, né onore.
 
Allora io non sono tua madre.
Non lo sei.
 
Ripudiata. Frigga che si era opposta al volere di Odino, rifiutandosi di abbandonarlo nelle mani di un padre spietatamente perfetto. Frigga che gli sorrideva, guardandolo con lo stesso sguardo che gli riservava da bambino. Frigga che, nonostante tutto il male e le infamie compiute, non aveva mai smesso di voler esser sua madre. Le ultime parole che aveva rivolto a quella creatura incantata erano state di rifiuto.
 
Salute, madre! Ti ho reso orgogliosa?
Ti conviene prendere le scale sulla sinistra.
 
Si lascia scivolare contro la parete candida Loki e raccoglie la propria dignità, il proprio coraggio.
Chiude gli occhi e li riapre solo per fronteggiare la verità.
 
L’ho uccisa io.
 
La stanza esplode attorno a lui.
Frammenti di vetro e schegge di legno colpiscono pareti invisibili e rimbalzano contro il suo volto.
Scopre i denti in una smorfia asimmetrica, lasciando che il sangue coli dalle palpebre, annebbiandogli la vista.
 
Madre, ho paura.
 
E’ stanco, Loki. Stanco di portare distruzione ovunque volga i propri passi. Stanco di vedere il mondo intero trasformarsi in cenere attorno a lui. Stanco di dover fronteggiare il caos che lo accompagna giorno dopo giorno.
 
Madre, ho paura.
 
Apre la bocca nel tentativo di liberare l’ennesimo grido, solo un patetico miagolio si confonde al rumore di vetri in frantumi. Si prende il capo fra le mani, nascondendo fra le dita sottili il volto deformato dagli spasmi di una risata senza felicità.
 
Madre, ho paura.
 
Il suo delirio l’ha reso cieco e folle. Ha disprezzato il tesoro più prezioso della sua misera vita. Ora non c’è modo per riparare al torto compiuto. Non c’è modo per riaccendere la fiamma della speranza nelle tenebre che avanzano. Non c’è modo per fare ammenda per ciò che le ha portato via. Come infatti potrebbe restituirle il respiro perduto?
 
Non avere paura. Non importa cosa il fato potrà riservarti, sarai sempre il mio amatissimo figlio.
 
Gentile madre, dolce e coraggiosa. Uccisa dall’empio furore di un vigliacco. Ricorda il mancato re l’amore e la tristezza negli occhi della regina di Asgard e rimpiange la dolcezza dell’ultimo tocco mancato  della sua mano. Ricorda la luce di quel volto di cui amava ogni dettaglio, ogni ruga, ogni occhiaia e implora perdono. Cade in ginocchio, ignorando i vetri che si conficcano nelle gambe, e congiunge le mani, mormorando a occhi chiusi le proprie preghiere. Solo il silenzio spettrale della cella risponde alle vane invocazioni. Dai morti non potrà mai venire alcun perdono.
 
Ciò che è morto, è perso per sempre.
 
La consapevolezza è l’arma peggiore con la quale confrontarsi. Con la madre è scomparso anche il figlio. Ciò che rimane è un ammasso di odio e membra maledette dal sangue della celeste sposa di Odino.
 
Madre mia, madre mia, perché mi hai abbandonato?
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2737324