Stile
libero.
(Di
bozzetti, piscine e coni gelato)
«Michael Finnard mi ha appena richiamato, hanno bisogno dei nuovi
modelli su carta entro la fine della settimana per-»
«Preparare
la collezione del prossimo mese, sì. Scrivigli che gli invierò tutto domattina
– o stasera se finiamo presto qui. Per quanto riguarda Idina, invece-».
«Idina è a
posto, le ho inviato una e-mail con tutti i dettagli dei prossimi impegni, così
evita di stressarci».
Rei guardò
Nagisa mentre questi con un cipiglio attento ed una matita in bocca fissava i
bozzetti dei costumi che stava elaborando. Gli si avvicinò da dietro,
sovrastando la sua piccola figura seduta e dando uno sguardo alle nuove linee
che tracciava di tanto in tanto, cancellando e ricalcando con correzioni
millimetriche ma che parevano fare la differenza.
«Umh, e
per quanto riguarda le bozze di atletica, ho ancora Maximillian-senpai in
attesa per-».
«Che ti ho
detto riguardo quella linea? Non uscirà prima di Settembre, quindi tenerla in
pausa per qualche mese mentre sviluppiamo la nuova linea di costumi non ci
causerà alcun problema».
Nagisa non
s'era scomposto mentre rispondeva al compagno: tamburellò la matita sul foglio
e tracciò con linee leggere un semplice modello per un costume femminile a due
pezzi, meditando se inserire il loro logo sul pezzo superiore o inferiore –
alla fine optò per il pezzo superiore, e scarabocchiò con pochi tratti il
profilo di un pinguino e di una farfalla.
Amava
moltissimo quel simbolo, pensato da Rei e realizzato da Nagisa stesso, e anche
il suo socio, lo sapeva, vi era particolarmente affezionato.
«Lo so, ma
Max voleva almeno sapere se avessimo in cantiere una linea sportiva per il
tennis, e-».
«Rei. Dopo».
Rei emise
un suono esasperato, a metà tra un gemito e uno sbuffo. Sapeva che alla fine
sarebbe stato come voleva Nagisa – era semplicemente troppo... innamorato,
sì, per poter dir di no ad una sua qualsiasi richiesta o affermazione.
«Continuo
a chiedermi chi diavolo me l'abbia fatto fare di cominciare a scrivere articoli
di moda sportiva! Che articolo vuoi che scriva con i monosillabi che mi hai
dato per risposta, Nanase?».
Rei si
voltò verso quella voce infuriata proprio mentre Sousuke Yamazaki entrava nella
grossa piscina al coperto in cui, in quel pomeriggio, lui e Nagisa avevano
deciso di fare un photoshoot – lo seguiva Haruka Nanase, uno dei due modelli
maschili che solitamente vestiva la loro linea di abbigliamento. Sospirò,
lasciando un breve bacio tra i capelli biondi di Nagisa e si diresse verso i
nuovi arrivati con aria lievemente scocciata.
«Yamazaki-senpai,
hey, c’è qualche problema? Haruka-kun, tu sei in ritardo, come al solito».
Nanase
annuì appena – Rei non era così certo che lo avesse sentito – e si diresse
verso la piscina come in ipnosi. Gli altri due non fecero neanche in tempo a
riprendere il discorso che s’era già svestito – con una rapidità frutto
dell’esperienza e dell’allenamento – e tuffato in acqua. Il piccolo sospiro che
emanò quando la sua pelle fu a contatto con quell’elemento era la chiara
dimostrazione di quanto ne avesse sentito la mancanza.
«Il
problema è il tuo modello», riprese Sousuke, di nuovo furioso «Guarda qua» e
prese dalla tracolla il taccuino su cui solito scriveva gli appunti delle
interviste che faceva «Come vuoi che scriva il mio pezzo se per metà delle
domande ho solo ricevuto un silenzio sconfortante e per l’altra metà il tuo modello ha riempito l’attesa con
“sì”, “no” e “nuoto solo a stile libero”?».
Rei si
grattò la testa – in effetti, Haruka non era certamente il più loquace dei
ragazzi con cui aveva avuto a che fare, Sousuke non aveva tutti i torti.
«Lo so,
Yamazaki-san», cercò di calmarlo «Magari per riempire l’intervista puoi parlare
con Rin-san – anche se ora è con Makoto per qualche scatto. Nagisa, invece, è
laggiù, se vuoi scambiare prima qualche parola con lui».
Sousuke
guardò Rei con superiorità stizzita per qualche istante, poi annuì sorridendo e
si avviò proprio verso Hazuki che non aveva staccato la testa dal blocco da
disegno su cui stava scarabocchiando. Quando gli fu vicino, si schiarì la voce
indeciso su come cominciare il discorso.
«Sei il
nuovo inviato del “For the team”?»,
gli chiese Nagisa, senza staccare gli occhi dal foglio ormai fin troppo pieno
di bozzetti.
«Esatto,
Hazuki-san. Sono qui per intervistare modelli e stilisti… anche se per ora il
mio lavoro è stato totalmente improduttivo. Nanase-san-».
«Haru-chan
è di poche parole, bisogna capirlo dagli occhi. Come fa Mako-chan», e Sousuke
poté vedere un sorriso sulle labbra del ragazzo, nonostante questi continuasse
a non guardarlo. Rimase un po’ spiazzato – era un giornalista lui, se ne faceva
ben poco di quello che Nanase poteva dirgli con gli occhi – poi sospirò e pensò
che magari avrebbe avuto più fortuna intervistando Nagisa.
«Da chi
prendi ispirazione per i tuoi modelli?», cominciò a chiedere, taccuino e penna
già pronti in mano.
«Per la
linea di costumi di quest’anno è stato facile: sono stato anche io in una
squadra di nuoto per qualche anno, quindi ho tratto semplicemente ispirazione
dai miei compagni, da quello che si sarebbe potuto adattare meglio ai loro corpi
e poi ho messo qualcosa di mio, di bello ed elegante». Batteva con la matita
sulle linee sottili che definivano i dettagli delle bozze, linee che forse
avrebbero dato colore o definito i diversi modelli.
«Tu e
Ryugazaki-san lavorate da molto insieme? Sembrate molto affiatati», continuò
Sousuke, prendendo posto di fronte al giovane stilista così da star comodo.
A Nagisa
scappò una breve risata, mentre per la prima volta alzò lo sguardo dalla carta,
non per guardare l’intervistatore, ma per cercare con gli occhi l’altro
soggetto della domanda che, a bordo piscina, guardava Makoto fare scatti su
scatti ai due modelli. Si prese qualche istante per fissarlo, poi tornò a
lavoro.
«Ci
conosciamo dal liceo, per la verità, quindi non è stato così difficile
adeguarsi ad una professione ed una passione che abbiamo scoperto avere in
comune. Affiatati? Sì, beh, conoscendoci da tanto non potrebbe essere
diversamente. Rei mi ha aperto il mondo dell’atletica, così da ampliare i miei
campi d’interesse ed io… a me piace nuotare, così Rei ha imparato a farlo per
essermi più vicino».
Sousuke si
fermò qualche istante a guardare Nagisa – gli parve di leggere qualcosa di
profondo nel suo sguardo, come se non stesse fissando davvero la pagina che
aveva davanti ma fosse perso in qualche ricordo; fu solo un attimo, prima che
questi si accorgesse di lui e gli sorridesse con quell’accenno di infantile che
ancora abbelliva le sue fattezze.
«Cosa porterete quest’anno sulle passerelle
di Parigi? Avete qualche asso nella manica già pronto?».
Rei
sorrise, pensando che Nagisa aveva sempre qualche asso nella manica per quanto
riguardava le nuove collezioni e che di certo non l’avrebbe rivelato al primo
giornalista gli avesse posto la domanda – oh, poteva anche sembrare dolce,
gentile e ingenuo a prima vista, ma sapeva fare dannatamente bene il suo
lavoro, il che includeva anche lo stare attenti a quanto lasciar trapelare. La
concorrenza tra stilisti era spietata, bisognava avere cento occhi e
altrettante orecchie.
«Makoto-kun,
pensavo che potremmo riempire la vasca di squali per gli ultimi scatti di Rin»,
disse, senza guardare i diretti interessati, ma ancora con lo sguardo su
Nagisa, della cui intervista era riuscito a non perdere neanche una parola
nonostante stesse supervisionando il servizio fotografica.
Quando si
voltò nuovamente verso la piscina, tre sguardi attoniti lo fissavano in modo
fin troppo eloquente. Eppure non seppe spiegarsene il perché.
«Squali?
Nella piscina?», s’allarmò Rin, riemergendo accanto alla piattaforma di lancio.
«Non sono
buoni da cucinare come gli sgombri… che ce ne facciamo?», intervenne Haru con solita inespressività.
Rei si
sistemò gli occhiali sul naso con una certa seccatura: era davvero così
difficile farsi capire?
«Suppongo
ti riferissi ad un qualche effetto di Photoshop, eh, Rei-kun?», pacificò il
tutto Makoto con un sorriso imbarazzato. Rei lo guardò come se avesse
nuovamente speranza nel genere umano e ringraziò il cielo che qualcuno avesse
un po’ di cervello in quel gruppo.
«A
cos’altro? A meno che non abbiate un qualche fornitore segreto di squali ed
affini che possa portarne un paio qui – e farli entrare nella piscina,
soprattutto».
Rin rise,
grattandosi la testa con aria un po’ imbarazzata, prima di saltare fuori dalla
vasca con gesto abile.
«Facciamo
un paio di scatti fuori dall'acqua?», chiese al fotografo, ormai esperto nel
suo stile. Makoto annuì e non diede a vedere il fatto che gli dispiaceva un po'
lasciare Haruka – ma era impossibile farlo uscire dalla piscina (o da qualsiasi
spazio fosse abbastanza grande da contenere sia
lui che l'acqua), quindi non ci provò neanche.
«Ah, prima
che andiate, abbiamo un giornalista di “For the team” venuto per un
intervista», li avvisò Rei, col chiaro sottinteso di dover momentaneamente
fermare il photoshoot e dedicare del tempo a Sousuke e alla testata.
«Io ho già
dato», disse con la solita flemma Nanase, prima di re-immergersi in prima
corsia e sparire sotto la superficie dell'acqua con l'eleganza di un delfino –
Rei rimaneva puntualmente estasiato dalla sua forma, dalla bellezza che ogni
suo movimento emanava senza il minimo sforzo, ed andava estremamente fiero del
fatto che il costume che lui e Nagisa avevano disegnato contribuisse a quella
perfezione adattandosi al corpo del modello nuotatore come se fosse una seconda
pelle. Haruka poteva sembrare eternamente perso nella sua strana relazione con
l'acqua ma teneva particolarmente ai costumi che indossava: aveva apprezzato
sin da subito quelli di Nagisa e da allora era stato il loro modello.
«Possiamo
fare una breve pausa», acconsentì Makoto, sistemando per bene la Nikon sul
collo «Ma che sia effettivamente breve: la luce del tramonto non durerà ancora
a lungo e potrei perdere ottimi scatti».
Rei annuì
con professionalità prima di avviarsi davanti a loro verso Nagisa, che stava
ancora rispondendo a qualche domanda di Sousuke ed era evidentemente in
difficoltà – forse gli era stata posta una domanda a cui non poteva rispondere
per ovvi motivi di concorrenza, o una di carattere personale e del tutto
inappropriata.
«Problemi?»,
chiese con calma – una calma in cui però c'era tensione, anche se solo l'altro
stilista fu in grado di coglierla.
«Oh, no,
nulla...», anche Nagisa sembrava nervoso, o forse imbarazzato «Yamazaki-san
chiedeva del perché condividiamo un appartamento e-».
«E cosa ci
sia effettivamente fra di voi. La mia è una rivista di sport e moda, ma molti
fan ci hanno chiesto questo genere di informazioni», concluse Sousuke, sperando
che almeno Rei gli desse qualcosa.
Quello
invece si irrigidì immediatamente, indispettito dalla domanda che violava
qualsiasi tipo di privacy: Nagisa sapeva bene quanto quell'argomento potesse
dargli fastidio e s'ingegnò per trovare una qualche scusa che spostasse
l'attenzione su altro, togliendo il compagno dall'imbarazzo di dover
rispondere.
«Non credo
siano cose che ti riguardano o che c'entrino con il tuo pezzo. Ti suggerisco di
rimanere nell'ambito di moda sportiva», rispose invece Rei in modo tagliente e
sulla difensiva. Il giornalista non ebbe tempo di replicare, perché Rin si fece
avanti esitante.
«Yamazaki-san?
Sousuke Yamazaki?», chiese con stupore, dando a vedere di non aver ascoltato
probabilmente nessuna delle cose dette in quell'ultima conversazione.
Anche
Sousuke si voltò verso di lui con una certa sorpresa, riconoscendo il timbro di
voce nonostante fossero passati molti anni. Si ritrovò davanti gli occhi grandi
di Rin e prima ancora di poter realizzare di aver ragione, due braccia lo
strinsero petto contro petto.
«Sou-chan», sussurrò il modello, a voce bassa così che solo
loro due sentirono, e solo allora anche Sousuke ricambiò quella stretta. Era
anni che non rivedeva il suo migliore amico.
«Ah, ti
sto bagnando tutto, scusami!», si staccò quello, quando ebbe ricordato di
essere appena uscito dall'acqua. Poi rise, di quella bella risata allegra e
contagiosa che aveva da quando era piccolo, quella che aveva fatto sì che
Sousuke si avvicinasse, che cominciasse a parlare con lui e alla fine legassero
tanto.
«Nessun
problema», sorrise di rimando perché non aveva scampo «Piuttosto, si può sapere
che fine avevi fatto? Hai cambiato liceo e poi sei sparito nel nulla!»,
L'intero contesto era completamente sparito: improvvisamente Yamazaki aveva
dimenticato l'articolo, la piscina, i monosillabi di Nanase e le parole affilate
di Rei. Rin aveva divorato ogni cosa, proprio come uno squalo.
«Sono
stato in Australia», continuò il modello, senza perdere il sorriso.
«E in
Australia non hanno inventato i cellulari?». Sousuke si stava rendendo conto di
quanto l'assenza di Rin lo avesse ferito solo in quel momento, quando avendolo
di fronte poteva liberamente gridargli la sua totale mancanza di cura e
rispetto nei confronti del suo migliore amico.
«...Sarebbe
stato talmente imbarazzante», si difese Rin, ancora una volta a disagio.
«Vi
conoscete?», intervenne allora Nagisa, finalmente staccandosi dal blocco di
disegni, attirato da quella situazione.
«Da
sempre», s'entusiasmò Rin «Ma al terzo anno di superiori mi sono trasferito e
ci siamo persi di vista». Oh, da quando faceva così male la cosa?
La
testolina di Nagisa fece capolino: lo stilista aveva ora assunto un'aria
improvvisamente – e pericolosamente – interessata. Rei lo notò quasi subito, ma
non riuscì a impedire che il malefico piano del compagno venisse messo in atto.
«Ehi,
ragazzi, che ne dite di spezzare? Facciamo una pausa gelato! Offre Rei!»
L'occhiata
che Rei gli indirizzò voleva essere terrificante, ma finì più con l'essere un
misto tra affetto ed esasperazione.
«Che idea meravigliosa,
Hazuki-kun!» esclamò la loro manager, Gou, con voce
pimpante e allegra: chiuse il suo laptop e si fece avanti per la prima volta,
salutando il nuovo ospite con casualità, come se non fosse stata lì con loro
tutto il tempo – in quel momento, scoprirono che anche Gou
e Sousuke erano conoscenti, nonostante quest'ultimo avesse intrattenuto un
rapporto più stretto con il fratello Rin.
Nagisa
mise in borsa il blocco da disegno senza troppi rimpianti o eccessivo fastidio:
trovava la situazione sinceramente intrigante, e non gli sarebbe affatto
spiaciuto vedere Rin riavvicinarsi con un vecchio amico – o, chissà, forse
qualcosa di più?
«Eccoci,
questa è la gelateria migliore» disse Rei, indicando un edificio sulla destra.
Nagisa al solo vederla emise uno squittio compiaciuto, pregustando già il suo
gelato.
«Yamazaki-san,
conosci molto bene Rin? Dev'essere così buffo ritrovare un vecchio amico
d'infanzia!» cinguettò casualmente Nagisa, cercano di dissimulare il suo reale
interesse – era sempre stato curioso di natura, soprattutto quando si trattava
di scoprire qualche particolare divertente nella vita dei suoi amici.
«Non
saprei, sono passati molti anni... ma ricordo distintamente che facevamo parte
dello stesso club di nuoto, non è vero, Rin-chan?»
«Infatti»
confermò Rin, pensieroso «Abbiamo partecipato a diverse competizioni insieme.
Forse abbiamo anche vinto un premio o due»
«Rin, sei
così modesto» rise l'altro, mentre si avviava al bancone per scegliere il
proprio gelato; nel frattempo, Rei aveva già provveduto a ritirare il proprio e
quello di Nagisa mentre l'altro si era distratto tra le varie chiacchiere di
Rin e Sousuke e i ricordi d'infanzia – porse al più piccolo il suo solito cono
alla fragola, il suo gelato preferito, e fu ripagato da un bacio sulla guancia.
«Che dire,
è stato un viaggio nel passato alquanto interessante» osservò pacatamente Rin
«Ma... dov'è Makoto?»
Makoto si
dirigeva verso la piscina bilanciando il borsone sulle spalle, il cono gelato
che teneva nella mano sinistra e il cono vuoto nella mano destra, incerto se
lasciare la borsa insieme all'attrezzatura o portarlo fino a bordo piscina;
alla fine decise che non c'era nulla di fragile o deperibile, perciò qualche
schizzo d'acqua non sarebbe stato un problema. Posò la borsa a bordo piscina e,
sfilate le scarpe, immerse i piedi e i polpacci nell'acqua, divise il gelato
tra i due coni e ne porse uno ad Haruka, ancora immerso nell'acqua fino al
petto – il modello si era poggiato sul bordo della piscina con le braccia
incrociate e teneva fisso su di lui il suo solito sguardo penetrante.
«È alla nocciola»,
gli disse, pur sapendo che di certo non era al gusto che Nanase stava pensando
– e gli sorrise, semplicemente perché con lui sorridere era fin troppo facile.
Haru ponderò per qualche istante se uscire dall'acqua o
afferrare il gelato da lì, poi semplicemente fece leva sulle braccia per
avvicinarsi a Makoto e lasciargli un veloce bacio sulle labbra, prima di
prendere il gelato e tornare giù. Con tutta la semplicità del mondo cominciò a
mangiarlo, stando attento a non farlo cadere nella piscina sterile.
Makoto
rimase freddato da quel gesto tanto improvviso e spontaneo, così poco
prevedibile anche per chi, come lui, aveva imparato a conoscere ogni pensiero e
spiegare ogni azione di Nanase. Lo guardò mentre come se nulla fosse finiva
velocemente il cono e tutto quello che aveva da pensare era che – anche in un
breve contatto come quello che c'era appena stato tra loro – Haruka sapeva di
tutto quello che lui aveva sempre immaginato: acqua di piscina e libertà.
Sorrise,
gli occhi appena un po' lucidi. C'era da dire qualcosa? Avrebbe dovuto
commentare quel gesto o chiederne spiegazione? Haruka non era il tipo, a lui
bastavano poche parole per rendere la situazione chiara e la maggior parte
delle volte pensava anziché esprimersi. Se aveva fatto quello che aveva fatto,
se lo aveva baciato era perché – anche in quell'occasione – le parole
non servivano a granché. E in fondo, che cosa c'era da dire che non fosse già
troppo evidente?
«Il
gelato», lo sentì dire e lo guardò senza capire. «Si sta sciogliendo». Allora
guardò il proprio cono e si accorse che parte era colato sulle mano,
sporcandolo.
Rise di
gusto, senza un motivo, forse perché alla fine non aveva neanche più voglia del
gelato, soprattutto se avrebbe tolto il sapore del bacio di Haruka dalle sue
labbra.
«Quindi
giornalismo?».
«Un misto
di moda e sport. Mi sembrava un ottimo compromesso al tempo».
«Ed ora?».
Sousuke
scrollò le spalle con una certa indifferenza mentre camminava al fianco di Rin
di nuovo verso la piscina al coperto. Diede ancora un morso al ghiacciolo che
aveva comprato ed evitò di guardare l’amico.
«Non so…
Ora cerco sempre qualcosa in più. Come se mi sfuggisse, ad una profondità
sempre maggiore e facessi fatica a raggiungerlo».
«Hai
smesso di nuotare?».
Sou rise – oh, Rin, ci sapeva davvero fare con lui.
«Lo faccio
solo di tanto in tanto, per togliermi cose dalla testa… non è più come quando c’eri
tu».
Il
silenzio si frappose tra i due finché il giornalista non s’accorse che l’altro
non lo stava più seguendo, ma s’era fermato. Fece lo stesso, voltandosi verso
di lui con stupore, pronto a chiedere perché si fosse fermato. Le parole gli
morirono in gola. Rin lo stava guardando, i suoi grandi occhi spalancati e il
viso bloccato in un espressione indecifrabile ma che gli chiuse lo stomaco.
«C-cosa?»,
soffiò, così piano che quasi non si udì.
«Mi
dispiace. Di non averti chiamato. Di esserci persi». La voce di Rin era
incrinata. Sousuke non avrebbe mai pensato che potesse suonare così.
«Avrei
potuto farlo anche io… non hai tutta la colpa». Perché si sentiva
improvvisamente così male? Perché Rin gli faceva quell’effetto – di nuovo?
L’altro si
mosse, lentamente, verso di lui e quando gli fu praticamente ad un soffio dal
viso lo strinse a sé. Oh, Sousuke aveva decisamente dimenticato gli abbracci di
Rin – il bene che gli facevano, nonostante lo stomaco si chiudesse ed perdesse
la terra sotto i piedi.
Eccolo, si disse, mentre chiudeva gli
occhi quel profondo che cercavo. Era più
vicino di quanto credessi, allora.
«Mi sei
mancato, Sou».
«Anche tu,
Rin».
Nagisa
sarebbe potuto tornare dalla gelateria alla palestra senza neanche guardare la
strada per quanto conosceva bene il percorso – e in effetti in quel momento
aveva tirato nuovamente fuori il blocco da disegno e stava scarabocchiando
senza guardare davanti a sé, preso da chissà quale nuova immagine di costumi.
«Quante
volte devo dirti che c’è tempo e luogo per disegnare e che la strada non è il luogo adatto?».
La voce di
Rei, l’ammonimento puntuale e prevedibile, colse il giovane stilista
stranamente di sorpresa: a differenza di quando disegnava realmente, stavolta
si era completamente estraniato dalla situazione, o avrebbe dovuto dar sfogo
alla domanda che aveva sulle labbra e che stava difficilmente trattenendo.
Rei lo
guardò mentre rimetteva via fogli e matita senza dire nulla e la cosa lo insospettì.
Nagisa protestava sempre, ribatteva e alla fine lo guardava con quegli occhi da
cucciolo appena un po’ lucidi che lo facevano puntualmente capitolare – alla fine
rimaneva col blocco da disegno in mano e lui gli faceva strada tra le macchine.
Era diventata una strana e bella abitudine.
«Okay, che
succede?», si decise a chiedere.
Nagisa lo
guardò per qualche istante, ancora indeciso su se parlare. Ma non si trattenne
troppo a lungo.
«Potremmo
dirlo».
Rei rimase
spiazzato da quell’affermazione, sperando di aver capito male, di averlo solo
immaginato, che non si stesse effettivamente riferendo a quello che pensava
lui. Andò in panico in pochi istanti, senza dire nulla, mentre la mente
viaggiava a 300 k/m. E Nagisa fu il freno a mano. Gli prese effettivamente la
mano, senza problemi, perché sapeva che Rei stava già mentalmente scappando da
quella cosa e non avrebbe voluto perderlo.
«Ti fai
troppi problemi, secondo me. Insomma, che cosa cambierebbe?», chiese con
vocetta allegra e senza lasciarlo andare.
«Immagino
che sarebbe più logico se a rivelarlo fosse una testata come quella di Yamazaki-san,
piuttosto che un giornale scandalistico. Una volta uscita la notizia, il peggio
sarà passato e il gossip non potrà fare molti danni».
Nagisa lo
guardò con aria così seria da far irrigidire ancora di più Rei. Era assurdo che
un visino tanto dolce potesse indurirsi fino a quel punto e lui non aveva mai
visto le fattezze del compagno tanto composte. Che aveva combinato? Partì di
nuovo con la testa, equazioni su equazioni in pochi istanti per comprendere
quale errore avesse commesso, quale x avesse ignorato e quale variabile
frainteso – il suo era stato un ragionamento abbastanza logico, no?
«Se non
vuoi che si sappia, va bene lo stesso, Rei-chan»,
sussurrò il più piccolo e smise di guardarlo, incupendosi. A Rei parve che
volesse quasi lasciar andare anche la sua mano, per questo la strinse con forza
prima che potesse scivolare via.
«Non è questo,
lo sai!», disse con decisione, preoccupato di averlo ferito – quell’argomento
era pericoloso, tagliente come cocci di vetro «Ho solo paura che… una volta
detto non possiamo rimangiarcelo-».
«Vuoi
rimangiartelo?», sussurrò Nagisa.
«Oh,
avanti, sai che cosa intendo! Il mondo della moda è… spietato. E se…».
Nagisa lo
guardò di nuovo e Rei temette di trovarci le sue peggiori paure in quegli occhi
profondi. Ma Nagisa sapeva sorprenderlo, anche dopo tutto quel tempo, anche
quando credeva di conoscerlo tanto bene. Perché stava sorridendo. E lo stava
guardando con quel luccichio negli occhi che lo aveva conquistato dal primo
momento, quello a cui Rei non si sarebbe mai abituato.
«Hai
paura», sorrise, inclinando un po’ il capo, quasi avesse effettivamente risolto
la sua equazione nel modo più semplice e lineare.
A Rei si
chiuse lo stomaco. Paura? Ovvio che
avesse paura.
«Tu no?».
Nagisa
annuì, serio.
«Certo che
sì. Ma penso che se sei con me, in fondo non c’è così tanto bisogno di avere
paura».
Rei si
morse un labbro per non farsi scappare parole di troppo, ma il modo in cui
continuò a stringere la mano di Nagisa valse più di mille parole.
___________________
D’accordo,
questa cosa è colpa mia solo in parte, dato che l’idea e metà della shot l’ha scritta la mia parabatai
Luna, dunque non picchiate solo me. Non
abbiamo idea di cosa sia né di dove sia uscita… sappiamo solo che i Stylist!Reigisa ci piacciono troppo e poi il resto dei
ruoli e delle dinamiche è venuto da sé ^^’
Insomma,
speriamo vi piaccia questo nostro “battesimo” nel fandom
di Free! Non potevamo trattenerci oltre dallo scrivere su di loro ♥
Alla
prossima!
(mi
trovate anche qui)
Alch&Luna