Scars
Jim
Moriarty si rotolò un paio di volte sul letto, da un lato
all’altro, con fare annoiato, avvolgendosi sempre
più nelle lenzuola.
“Torna
dentro, Tigre.”
Borbottò
rivolto all’uomo in boxer sul balcone, sbuffò e
tornò a rotolarsi ancora tra le lenzuola calde.
Sebastian
sollevò appena la mezza sigaretta che aveva in mano, niente
e nessuno, nemmeno il suo capo, gli avrebbe impedito di finirla.
“Potevi
aspettare domani per quella.”
Si
lamentò con tono infantile ma il cecchino scosse
vigorosamente, forse troppo, la testa, aveva bisogno di fumare qualcosa
e avevano messo ben in chiaro che non doveva farlo in casa; il fumo si
attacca ai mobili.
L’aria
non era così fredda come ci si aspetterebbe in una notte, o
mattina presto, di aprile, sentì Jim sbuffare, stavolta
più sonoramente, e sorrise, non l’avrebbe mai
ammesso davanti a lui ma si divertiva ad indispettirlo a volte.
Senza mai
esagerare o tirare eccessivamente la corda, sapeva di cosa Jim era
capace, e lo sapeva sulla sua pelle.
Finì,
con lentezza calcolata, la sigaretta e la spense nel posacenere che
ormai era parte integrante di quel balcone, poi tornò nella
stanza.
Jim
alzò lo sguardo e si districò dalle coperte
aspettando che Sebastian prendesse il suo posto sul letto prima di
accomodarsi, senza troppe cerimonie, sopra di lui.
Non
parlò, iniziò a far scorrere il dito sopra alcune
cicatrici che aveva visto ormai innumerevoli volte, cicatrici che, a
volte, nei momenti peggiori, gli aveva procurato proprio lui.
E se ne vantava
anche, questa era la verità, si vantava del potere che aveva
su quel cecchino, il potere che aveva sull’uomo che amava.
“Questa...”
Mormorò
seguendo col dito, in quella che poteva sembrare una carezza, una
cicatrice che gli segnava il collo, come se avessero cercato di
staccargli la testa dal corpo.
“Come
è successo?”
La
curiosità con cui caricava il suo tono a quelle domande
serviva solo a coprire quell’irrazionale senso di paura che
lo prendeva quando pensava a cosa doveva aver sopportato.
Sebastian non
rispose subito, lasciò che Jim continuasse a passarvi sopra
col dito, gli faceva quasi il solletico, ma quando il capo decise di
fissarlo dritto negli occhi finchè non avesse risposto
allora decise di cedere; non che non volesse dargli risposta, voleva
solo vedere per quanto Jim avrebbe aspettato prima di spazientirsi.
“Credevo
ancora in quello per cui combattevo, sai... La patria, la
libertà e cose simili che ti dicono quando entri
nell’esercito.”
Abbozzò
in sorriso mentre Jim incrociava le braccia sul suo petto e si muoveva
leggermente cercando una posizione soddisfacente senza smettere di
guardarlo.
“Ero
giovane, inesperto e, a quanto pare, anche una preda facile.”
A quell’inesperto Jim si
lasciò sfuggire una risata, non era decisamente una parola
che, ora come ora, collegava a Sebastian, e ancora meno a lui come ad
un soldato.
“Venni
catturato, insultato, legato, torturato.”
Il Consulting
Criminal si morse il labbro, non sopportava che qualcuno potesse fare
qualcosa di simile a Sebastian, al suo
uomo, poco importava se era nel presente o nel passato,
prima ancora di conoscerlo, solo lui poteva fargli del male, lui e
nessun altro.
“Li
uccisi, dopo mezza giornata, una volta trovato il modo di liberare le
mani.”
Continuò
passandogli piano una mano tra i capelli corti, come se volesse
rassicurarlo.
“Non
avevo notato che la corda aveva degli uncini che si erano infilati
nella carne. Il risultato lo vedi.”
Concluse, con
fare quasi sbrigativo, prendendosi in un certo senso la colpa di quella
cicatrice.
Jim gli
sbuffò sul viso, quasi offeso.
“Mi
aspettavo una qualche storia emozionante. Un gran combattimento da cui
tu sei uscito vincitore o...”
Borbottò
qualcosa che il cecchino non comprese e, lentamente, rotolò
giù, tornando disteso sul letto.
Sebastian sorrise
voltandosi su un lato a guardarlo.
“Oh...
Ok, magari di quegli uncini me ne ero accorto da prima, ma sarebbe
stato imbarazzante, e umiliante, dirti che sono tornato alla base con
questa corda uncinata attorno al collo come un collare di dubbio gusto
e aver passato la notte a farmela togliere.”
Ammise
sprofondando poi nel cuscino con le mani a coprirgli il volto,
sentì Jim trattenere una risata mentre cercava di immaginare
la scena, con un Sebastian molto più giovane che si
presentava dal medico con un collare.
“La
prossima volta voglio sentire qualcosa di emozionante, raccontami di
uno scontro.”
Dichiarò
deciso spostandogli le mani e chinandosi a baciargli il collo prima di
appoggiarsi sul suo petto e addormentarsi.
Sebastian
sospirò accarezzandogli i capelli, non avrebbe dormito, non
ci riusciva mai con Jim così.
“Ma non
sono le storie che ti piacciono, gli scontri in cui rimango
ferito.”
Sussurrò,
preferiva mettersi in imbarazzo e umiliarsi con quegli aneddoti
piuttosto che veder Jim trattenere il respiro durante uno di quei
racconti.
Angolino
dell'Autrice:
sarà una raccolta, ho deciso, aggiornata quando
l'ispirazione verrà a bussare.
Ci saranno magari
riferimenti ad altre mie Fanfic o ad altri capitoli, vedremo, in ogni
caso tutto girerà attorno al Re e alla sua Tigre.
Quanto a questo
capitolo invece... ero partita con l'idea di qualcosa di effettivamente
serio, magari qualcosa che ricordasse al nostro Sebby un brutto momento
ma che lo raccontasse per soddisfare Jim, invece... è stato
imbarazzante, povero tigrotto.
Alla prossima ;)
Bye Bye~
Aki
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