Riflessioni di un Giudice Infernale
Riflessioni di un Giudice Infernale
A Francine, per avermi fatto amare Saint Seiya e i suoi Cavalieri.
Ευχαριστώ
πολύ.
Rhadamanthys atterrò di
fronte al palazzo della Giudecca con una grazia che non ci si sarebbe
aspettata da un uomo della sua stazza; le ali della sua Surplice si
ripiegarono sulla sua schiena senza fare rumore.
Il Giudice degli Inferi
sollevò lo sguardo color ambra sul portone del palazzo del
Divino Hades, chiedendosi per l’ennesima volta nel suo breve
viaggio dalla Prima Prigione che cosa fosse passato per la testa della
Somma Pandora quando aveva mandato quegli Specter per richiamarlo alla
Giudecca.
L’unica spiegazione era che il Divino Hades…
Percepì i Cosmi oscuri del
Grifone e di Garuda raggiungerlo, precedendo di pochi istanti i loro
proprietari. Gli altri due Giudici gli si posarono accanto e si
voltarono a guardarlo.
“Tu hai idea del
perché siamo stati convocati?” Gli chiese Minos,
osservandolo da sotto l’orlo del suo elmo, che gli calava sugli
occhi.
“I messaggeri della Somma
Pandora non me l’hanno detto ed è chiaro che non
l’hanno fatto neanche con voi.” Replicò la Viverna,
muovendosi senza indugi verso la porta intarsiata a bassorilievi.
Sperava che qualunque cosa avesse
causato quell’improvvisa riunione, potesse giustificare
l’essere richiamato dal campo di battaglia.
La scena che gli si parò
davanti gli causò un immediato fremito d’irritazione, che
seppe nascondere solo grazie al suo invidiabile autocontrollo: la Somma
Pandora era in piedi, il tridente simbolo del suo potere sulle Armate
di Hades stretto nella mano, accanto ad un baule aperto; accanto a lei,
inginocchiato, stava Orphée della Lira, il Santo d’Argento
che era sceso agli Inferi anni prima per non lasciare la sua fidanzata.
A Rhadamanthys non era mai andato a genio quel servo di Athena che si aggirava, vivo, nel loro territorio e così vicino al suo Signore.
“Cosa diamine ci fa qui?” Si ritrovò a pensare, mentre Aiacos e Minos chiedevano lumi a Pandora sul motivo della loro convocazione.
“Non è accaduto nulla
di grave” Rispose la giovane, sorridendo. “Ho solo pensato
che oggi avrebbe fatto piacere anche a voi ascoltare le note melodiose
dello strumento di Orphée, insieme al Divino Ade.”
Il Giudice sbatté gli occhi, chiedendosi per un lungo istante se avesse udito bene.
“Ci ha fatti richiamare con tanta urgenza per un concerto?”
Non riuscì a trattenersi.
“Non capisco, Somma Pandora. Perché dovremmo stare qui ad
ascoltare musica mentre ci sono dei Cavalieri di Athena che hanno invaso
il regno del Divino Hades?”
Si era forse dimenticata che la Guerra Sacra era in corso?!
“Frena la lingua,
Rhadamanthys! Il Divino Hades non sa nulla di ciò che sta
succedendo e voi non farete nulla per metterlo in allarme… non
c’è alcun motivo per preoccuparlo!” Sibilò
Pandora, puntandogli contro uno sguardo furente e violaceo.
“Starai qui e ascolterai musica.” Gli ordinò.
La Viverna serrò la mascella
ma abbassò lo sguardo. La Somma Pandora era al di sopra di lui
nella gerarchia degli Inferi, quindi le doveva obbedienza.
Ma questo non gli impediva di nutrire seri dubbi riguardo alle sue decisioni strategiche.
Si sedette su uno degli scranni
portati appositamente nella sala del trono e, nel chinarsi,
avvertì l’infossamento sul petto della sua corazza
raschiargli la pelle. Una fitta di rabbia gli fece stringere i denti,
mentre Orphée si posizionava per suonare.
Quando le prime note cominciarono a
riempire l’aria della stanza, Rhadamanthys decise che tanto
valeva utilizzare quel tempo per riflettere. Aveva parecchie cose a cui
pensare e la musica non gli era mai interessata.
Quella Guerra Sacra non stava andando come aveva immaginato quando aveva percepito il richiamo del Divino Hades.
A cominciare dal fatto che il
Grande Sacerdote fosse arrivato negli Inferi a pochi giorni di distanza
dall’apparizione sulla Terra del Cosmo di Athena. E cinque
Cavalieri d’Oro l’avevano raggiunto, tutti insieme, appena un anno prima. Poi Poseidone si era risvegliato, nell’epoca sbagliata, per intervento di un mortale.
In tutte le precedenti Guerre
Sacre, la Glaucopide si era presentata sul campo di battaglia con
l’armata dei Cavalieri se non al completo, perlomeno composta da
numeri consistenti; i Cavalieri d’Oro erano sempre stati
avversari degni di questo nome e il Divino Hades li aveva spesso guidati
personalmente negli attacchi.
Questa volta, invece, la Somma
Pandora aveva preso fin da subito il comando dell’esercito degli
Inferi e, quando il sigillo si era definitivamente spezzato, aveva
fatto in modo che venissero riportati in vita i Cavalieri d’Oro
defunti, con l’offerta della vita eterna in cambio della testa di
Athena.
Mandare contro il nemico degli
ex-membri del suo esercito non gli era sembrata una buona idea quando
l’aveva sentita la prima volta e la sensazione era peggiorata man
mano che la missione procedeva.
Il suo istinto gli aveva dato
ragione quando le sue spie non erano più tornate indietro e, al
contrario, due dei sei Cavalieri defunti erano ritornati quasi senza un
graffio e avevano cominciato a pretendere di parlare con Hades.
Rispedirli nelle loro dimore infernali era stato un gesto persino piacevole.
Gli altri quattro erano scomparsi
allo scadere delle dodici ore e al Castello di Pandora si erano
presentati i tre Santi d’Oro superstiti… Era stata una
battaglia a dir poco deludente. La barriera li aveva indeboliti, ma era stato fin troppo facile prenderli per il collo come galline e gettarli nel Cocito.
Se avesse dovuto riconoscere loro
un pregio, avrebbe indicato la cocciutaggine. Dopo aver subito colpi
che erano riusciti persino a crepare le loro leggendarie Armature,
avevano continuato ad alzarsi, ostinati, a bruciare quel poco di Cosmo
che potevano usare.
A quanto pareva, avevano insegnato
quella particolare abilità ai ragazzini con le armature di
Bronzo, giovani, incoscienti e talmente pieni di grilli per la testa da
pensare di poter sconfiggere il Dio degli Inferi.
Eppure…
…Qualcosa non quadrava. Possibile che la reincarnazione di Athena di quell’epoca fosse stata così stolta
da non rimpolpare le fila del suo esercito in previsione della Guerra,
affidandosi solo ai Santi d’Oro (neanche tutti) e a quattro
Cavalieri della casta più bassa? Dov’erano finite le
abilità tattiche della Dea della guerra?
Le possibilità erano due: o Athena era impazzita…
…o i guerrieri che avevano invaso gli Inferi non avevano ancora svelato la loro vera potenza.
Il combattimento con i ragazzini di
Bronzo al Castello di Pandora gli faceva propendere per la seconda
ipotesi. Avevano subito due volte il Castigo Infernale e si erano risollevati, malconci e feriti, ma con ancora Cosmo da bruciare. Quel dannato Pegasus era persino riuscito a scheggiargli la Surplice!
E poi c’era Kanon dei Gemelli.
Una mina vagante, scaltro come una
volpe e che non rispondeva ad alcun ordine se non a quelli della sua
Dea e della sua coscienza. Era riuscito a prendere per i fondelli
Poseidone per anni, aveva fatto quasi impazzire Lune per poi ucciderlo
con un semplice schiocco di dita…
Ed era riuscito a colpirlo, ad immobilizzarlo, con quel suo dannato Genro Mao Ken…
pronto ad usarlo come bomba contro Hades. Era completamente diverso dagli
altri e questo lo rendeva infinitamente più pericoloso. Anche
per questo Rhadamanthys non sopportava di stare lì seduto a
perdere tempo invece che là fuori, a cercare di eliminarlo.
Pandora riteneva che Athena fosse
morta, quindi si trovasse da qualche parte laggiù negli Inferi.
Altro dettaglio decisamente fuori luogo. Troppo ingenuo gettarsi allo
sbaraglio in territorio nemico senza protezione, per di più in
uno stato per cui avrebbe dovuto seguire le regole del Divino Hades…
Solo in quel momento Rhadamanthys si rese conto che la musica si era fermata.
Avvertiva la presenza del suo Signore, al di là del tendaggio, ma i Cosmi di Minos, Aiacos e Pandora sembravano… assopiti.
“Com’è possibile che si siano addormentati?”
Si chiese la Viverna, percependo subito dopo il Cosmo di Orphée
farsi ostile, mentre il Santo d’Argento si alzava e sembrava
dirigersi…
…Verso il trono di Hades.
“Dove pensi di andare, strimpellatore da quattro soldi?!” Pensò, scattando in piedi e colpendolo alle spalle.
Il colpo lo fece barcollare e gli
bucò l’armatura. Il Cavaliere si girò e
Rhadamanthys vide stupore e paura nei suoi occhi azzurri.
Sogghignò, come un serpente che ha imprigionato la preda.
“Le mie orecchie non sono
tanto affinate da distinguere le sfumature della tua musica…
Comprese quelle ostili! Lo sapevo, che prima o poi la tua vera natura
si sarebbe manifestata; non ho mai creduto che ti fossi davvero convertito al Divino Hades!” Gli disse, tenendolo sotto tiro.
“Certo, devo ammettere che la
tua fama di superare persino i Cavalieri d’Oro è
ampiamente meritata… sei riuscito ad addormentare due Giudici
degli Inferi e la Somma Pandora. Solo io ho resistito al tuo potere. Ma
se questo è tutto ciò di cui sei capace… Non ti
basterà! Castigo-”
“Rhadamanthys!” La voce
del giovane Cavaliere di Pegasus rimbombò, mentre il ragazzo
appariva in un turbinio di petali dal baule. Il Giudice si
voltò, colto di sorpresa e non riuscì ad evitare il Pegasus Ryu Sei Ken rivolto contro di lui.
Il colpo gli fece sbalzare via l’elmo, mozzandogli una delle corna.
Il suo nemico, tallonato dal
Cavaliere di Andromeda, gridò ad Orphée di andare e
Rhadamanthys vide il Santo d’Argento correre verso il trono del
suo Dio, la lira stretta tra le mani.
“No! Fermo!” Ruggì, inseguendolo.
Arrivato a metà scalinata,
Orphée si fermò di colpo e Rhadamanthys si accorse che il
Divino Hades si era alzato in piedi, mostrandosi per la prima volta: lo
Specter ne riconobbe i lineamenti delicati e i capelli rossi, mentre i
tre Cavalieri sembravano decisamente confusi da quel volto.
La confusione, tuttavia,
durò poco, perché Orphée ripartì
all’attacco. La Viverna fece per colpirlo, intimandogli di nuovo
di fermarsi, ma ancora una volta il Santo di Pegasus lo distrasse con i
suoi colpi a ripetizione.
Fece appena in tempo a vedere i fili della lira di Orphée avvinghiare il suo Signore, prima che scomparisse nel nulla.
“No! Impossibile!”
Ansimò, in un attimo di panico, mentre i suoi nemici prima
esultavano, poi si domandavano come il corpo del Signore degli Inferi
potesse essere scomparso.
Approfittando
dell’esitazione, Rhadamanthys raggiunse il sacrilego musicista,
colpendolo di nuovo alla schiena con un ruggito di furia, per poi
agguantarlo per il collo e mettendoselo davanti.
“Chiunque di voi provi a
colpirmi finirà per colpire Orphée!” Disse in tono
minaccioso ai due Cavalieri di Bronzo.
“E tu” aggiunse, rivolgendosi alla sua preda, “risveglia immediatamente Pandora, Aiacos e Minos!”
Per tutta risposta, Orphée riprese a suonare, imprigionandolo con le corde del suo strumento.
“Seiya, colpisci
Rhadamanthys, non ti preoccupare per me! Non potrei comunque
sopravvivere con questa ferita!” Gridò, mentre la Viverna
riusciva a liberarsi.
“Insolente ed illuso!”
Ruggì il Giudice, scagliando lontano la lira e colpendolo
ripetutamente sulla ferita aperta. “Se non risvegli la Somma
Pandora e gli altri Giudici non mi sei di alcuna utilità!”
Sibilò, mentre l’altro continuava ad esortare il ragazzino
affinché li colpisse.
E alla fine, il Pegasus Ryu Sei Ken
li travolse. Rhadamanthys mollò la presa su Orphée e fu
scagliato lontano, sentendo che i colpi del ragazzino avevano una forza
decisamente superiore rispetto a tutte le volte precedenti.
“Questo colpo non era mai stato così potente, prima!”
Pensò, confuso e furioso. Non riusciva a credere che il
Cavaliere di Bronzo fosse diventato così forte nel giro di poche
ore… Anche senza la barriera, non avrebbe dovuto avere
possibilità contro uno dei Giudici Infernali!
“Che cosa nascondono, questi dannati ragazzini?!” Si chiese, aspettando che lo shock che lo immobilizzava passasse.
Quando si rialzò, si accorse
che i due Cavalieri di Bronzo stavano versando lacrime sul cadavere di
Orphée, suonando terribilmente patetici. Non appena si furono
sollevati, si parò davanti a loro.
“Ancora tu, Rhadamanthys? Sei forse immortale?” Gli chiese il ragazzo dai capelli castani, visibilmente sorpreso.
La Viverna sogghignò
malevola. “Solo perché sei diventato un po’
più forte non significa che tu possa battermi.”
“La vostra ora è
giunta.” Aggiunse, mentre la sua voce assumeva un tono
minaccioso. “Scorterete Orphée nel suo ultimo, misero
viaggio!” Ruggì.
Stava per attaccarli, quando una voce melodiosa ma imperiosa lo interruppe di colpo.
“Basta così, Rhadamanthys!”
Si fermò, esterrefatto. “Questa voce…”
“Il combattimento finisce qui. Calmati ora.”
Era il Cavaliere di Andromeda, un
efebico fanciullo armato di catene, a parlare. Lo guardava con una tale
superiorità da dargli i brividi, la schiena dritta come un fuso.
“Non è
possibile…” Sussurrò. “Non solo ha gli stessi
tratti, ma anche la voce assomiglia tantissimo a quella del Divino Hades!”
“No. Sono
sciocchezze. Quello stupido marmocchio sta fingendo, è chiaro!
Prendersi gioco di me fingendosi il mio Signore, questa me la
paga!”
“Complimenti, la somiglianza
è incredibile e te la cavi davvero bene ad imitare la voce del
mio Signore e Padrone, ma non sarà sufficiente! Hai osato farti
beffe di Rhadamanthys e pagherai per questa tua insolenza!” Rise,
derisorio, prima di scattare e aggredirlo.
Nessuno poteva osare prenderlo per i fondelli, men che meno spacciandosi per il Divino Hades!
“Shun!” Sentì
gridare l’altro Cavaliere, ma non ci fece caso. Il ragazzo in
questione non si mosse di un centimetro. Si limitò a fissarlo
con uno sguardo di velata indifferenza.
“Continui a combattere nonostante l’abbia proibito, Rhadamanthys?” Disse, con voce incolore.
Rhadamanthys frenò il suo pugno, ancora una volta tremando al suono di quelle parole.
“Il suo
portamento è così regale… divino! Nessun mortale
potrebbe mai imitarlo! Possibile che questo ragazzo sia… Il mio
Signore?” Si chiese,
fermandosi di fronte al Cavaliere di Andromeda e scrutandone i
lineamenti, sperando di scorgere la risposta in quegli occhi
trasparenti, in quel volto pallido come marmo.
“Shun? Ma che ti
prende?” L’irritante Cavaliere di Pegasus si era
avvicinato, guardando con sincera confusione il suo compagno
d’armi. Rhadamanthys riusciva a percepire un’atavica paura
nel Cosmo del ragazzo, come se il suo istinto avesse compreso che
quello di fronte a lui non era più il suo amico, ma la mente non
fosse ancora in grado di accettarlo.
“Seiya di Pegasus, Santo di Athena?” Gli chiese l’altro, ancora con quella voce disinteressata.
In quel momento, i suoi capelli, da
verdi, divennero rosso scuro, come il più prezioso dei vini. Il
suo Cosmo si fece potente, troppo per qualunque mortale e Rhadamanthys
lo riconobbe.
Quello era il suo Signore, il Re degli Inferi, il Divino Hades.
“Chi si sarebbe mai aspettato che si reincarnasse in un Santo di Athena?” Pensò il Giudice, trovando tutto ciò piuttosto ironico.
Mentre il Cavaliere di Pegasus
balbettava frasi senza senso, cercando di convincersi che nulla fosse
cambiato, Rhadamanthys si ritrovò a pensare che il senso
dell’umorismo del suo Signore era decisamente contorto:
reincarnarsi tra le schiere del nemico, per di più in un membro
della casta inferiore… questa poi!
Quando Pegasus fece per appoggiare la mano sulla spalla del Divino Hades, il Dio si voltò a guardarlo.
“Non mi toccare. Non sono
colui di cui parli. Il corpo e le fattezze che vedi appartengono a
me.” Si voltò verso il Giudice. “Ora ne sei
convinto, Rhadamanthys?”
La Viverna annuì, obbediente. “Ne ho la certezza, Divino Hades.”
“Cosa?! Hades?!”
Esclamò il ragazzo, incredulo, prima di voltarsi verso il dio e
continuare a rivolgersi a lui come Shun.
Rhadamanthys decise che ne aveva
abbastanza. Quell’irritante marmocchio aveva già
importunato troppo a lungo il suo Signore.
“Sei troppo vicino al Re
degli Inferi” gli sibilò all’orecchio, mettendogli
una mano sulla testa e scagliandolo lontano con il Castigo Infernale. Il Santo di Bronzo gridò il nome di Shun mentre finiva sfracellato contro il soffitto.
Rhadamanthys si inginocchiò
di fronte ad Hades, mentre il Cosmo del suo Signore rompeva
l’incantesimo soporifero scagliato da Orphée, risvegliando
Pandora e gli altri due Giudici.
La confusione, lo sconcerto e i
gesti affrettati che seguirono tale risveglio non sembrarono turbare
minimamente la serenità di Hades, che si lasciò guidare con
delicatezza dalla Somma Pandora nelle sue stanze, mentre la donna
ordinava a Rhadamanthys di spedire i corpi dei due sacrileghi Cavalieri
nel Cocito, dove meritavano di stare.
La Viverna obbedì senza indugi, certo che finalmente, ora che il Divino Hades si era rivelato, la Guerra Sacra avrebbe preso la piega giusta, quella a loro favore.
Checché ne dicesse il suo
istinto, colmo di dubbi e le pessime sensazioni che lo attanagliavano
ogni volta che percepiva le crepe sulla sua Surplice, causate da un
ragazzino.
Nota dell'Autrice: Mi affaccio anch'io nel fandom Saint Seiya, dopo lungo rimuginare.
Non è forse la cosa più originale che abbia mai scritto,
ma al momento è l'unica con argomento i Cavalieri di cui vada
soddisfatta. Con il buon vecchio Rhada si sfonda una porta aperta!
Mi sono immaginata che durante il concerto di Orphée alla
Giudecca il nostro Giudice della Viverna non si sia solo annoiato a
morte, ma abbia avuto un po' di tempo per riflettere: principalmente,
su tutto ciò che stava andando storto nella Guerra Sacra.
Ho usato i nomi originali per i colpi, tranne che nel caso dell'attacco di Rhadamanthys, per una semplice questione estetica: Greatest Caution suona tutto tranne che minaccioso, secondo me.
Mi dicono dalla regia che tecnicamente il Genro Mao Ken
(Demone dell'Oscurità) Kanon non dovrebbe saperlo usare, in
quanto colpo esclusivo dei Grandi Sacerdoti. Ma tanto il Rhada certe
sottigliezze del Santuario non le sa, quindi che gli importa?
Spero sia di vostro gradimento e che vogliate lasciarmi la vostra opinione. I consigli sono ben accetti!
JudithlovesJane
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