Il vento soffiava con una forza inaudita facendo tremare
tutta la foresta. Gli alberi centenari si piegarono sotto la sua furia
distruttiva, e gli animali che abitavano la selva scura cercarono rifugio prima
della tempesta. Infatti il cielo terso del pomeriggio si oscurò di colpo
diventando plumbeo e carico di nuvole nere. Eppure una folla di uomini e donne
sembrava non temere l’imminente temporale e se ne stava immobile davanti ad una
specie di grande macigno appuntito. Un grido quasi più simile ad un ruggito che
ad un coro di voci umane si levò dalla folla quando un ombra comparve dal fitto
della foresta fino alla cima del macigno. Uno uomo dalla carnagione scura, quasi
bronzea con due cubetti di ghiaccio al posto degli occhi.
<< fratelli!! >> ruggì l’uomo portando le
braccia verso il gruppo d’uomini e donne sotto di lui.
<< I tempi sono maturi, il nostro clan non è mai
stato così numeroso e forte prima d’ora, nemmeno nella notte dei tempi in cui i
miei antenati hanno messo piede su questa terra disabitata >>
Persino il vento ululava fiero portandosi per la foresta
quelle parole.
<< Lo scontro è alle porte, e mentirei se dicessi
che sono addolorato… perché il mio spirito mi supplica di combattere per la mia
terra!! >>
<< Rafael !!!! >> lo chiamò la folla
facendolo sorridere. L’uomo porse i palmi verso i suoi fratelli intanto che il
vento arruffava i sui ricchi scuri. La camicia di seta color panna gli si aprì
sul petto per via di un colpo di vento impetuoso. Il suo fisico scolpito come
quello di una statua fece gemere qualche donna nella folla.
<< Fratelli !!! >> ruggì con tutto il fiato
che aveva in corpo.
<< Questa notte lasciamo in disparte l’uomo o la
donna, che sia il lupo a vincere!! >>
Grida e urla si spansero apparentemente confuse per tutta
la selva, ma per loro quei latrati terrificanti erano la miglior musica del
mondo. Uomini e donne si strapparono le vesti mentre la luna comparve maestosa
sopra i loro capi.
<< Rafael >> lo chiamò una voce sottile alle
sue spalle. Il moro si girò di scatto irritato per l’interruzione.
<< Cosa vuoi adesso? >> ruggì il capo branco
facendo rabbrividire il giovane dietro di lui.
<< Tua moglie, mi dispiace tanto
>>
Lo sguardo freddo dell’uomo si accese, i suoi occhi
arsero fino a bruciarsi del tutto e a diventare neri come la notte. Mentre il
clan si muoveva a velocità sorprendente per la foresta un grido disperato si
levò dalla radura prima della battaglia che decise le loro sorti.
<< Svegliati siamo arrivati >> mormorò una
voce alle sue spalle. I suoi occhi erano ancora accecati dal chiarore del
mattino per rendersi conto dove fosse di preciso. Si sporse appena sulla destra
per vedere fuori dal finestrino e capì.
<< Muoviti Victor! >> lo chiamò bruscamente
la medesima voce che l’aveva svegliato. Il ragazzo con il viso ancora contorto
dell’irritazione si sollevò con non curanza dallo scomodo sedile dell’aereo e si
spostò nello stretto corridoio. Arraffò il suo bagaglio a mano e senza togliersi
gli auricolari dalle orecchie seguì la luce che illuminava il veicolo fino alla
porta d’uscita.
L’hostess lo salutò con un sorriso, ma lui era troppo
infuriato per risponderle con altrettanta cortesia quindi limitò il suo
ringraziamento a un rapido e quasi impercettibile movimento del capo. Il suo
tutore, un uomo sulla quarantina con i capelli quasi del tutto inesistenti
continuava a sbraitare qualcosa, ma a lui non importava più di nulla ormai. Cira
un mese fa gli era arrivata la splendida notizia dal suo adorato
padre.
" O il militare o una scuola di prestigio a nord,
lontano, forse non molto distante dall’ Alaska " aveva sentenziato il generale
maggiore senza nemmeno chiedere con gentilezza. Aveva provato in tutti modi a
convincere la madre, almeno con lei si poteva parlare. " Fa come dice tuo padre
Vik, è per il tuo bene! " aveva detto senza nemmeno rivolgergli lo sguardo: lei,
sempre troppo impegnata a rilasciare interviste alla stampa. Un’attrice di
fiction, ecco cos’era sua madre, nulla di più. A Victor era rimasta solo la
possibilità di scegliere l’opzione meno terribile. La prestigiosissima " High
Emerald School ", continuava a rileggere senza sosta sul volantino che ancora
stringeva nel pugno destro. Era la scelta meno turbolenta, pensò, visto che per
quanto riguardava la massa fisica non era poi quello che si diceva un campione.
Aveva una carnagione chiara, ma non troppo, una nella media diceva. I capelli
castani tenuti corti e con un ciuffo della mezza frangia ribelle sulla fronte,
come molti nella sua vecchia città. Già, oltre tutto aveva dovuto dire addio
alla sua casa, alle sue amicizie e a Emily, la sua ragazza. Aveva lottato quasi
tre anni solo per entrare nelle sue grazie ed ora che finalmente era diventata
sua aveva dovuto dirle addio e rinunciare ai suoi sogni per quel puntino grigio
circondato del verde. Era a dir poco infuriato e non riusciva minimamente a
calmarsi: odiava questa nuova scuola, odiava suo padre ma soprattutto odiava
Green Valley, la sua nuova casa.
<< Victor! >> urlò scocciato Fred, il suo
tutore.
<< Vik… >> mormorò lui per l’ennesima volta.
Odiava anche il suo nome, un nome antico come i dinosauri. Ancora si chiedeva
perché i suoi non gli avessero dato un nome stupido e banale come si fa di
solito.
Il sole era sorto da poche ore visto che le nuvole
avevano ancora un colore che tendeva al rosa chiaro. Il paesaggio in compenso
era del tutto banale: ogni cosa su cui i suoi occhi color nocciola si
soffermavano era rivestito di verde. Lui, che non era mai andato in campeggio
perché odiava il bosco ora si era ritrovato prigioniero in un posto ricoperto di
natura. Per la prima volta da quando aveva saputo la notizia si sentiva
veramente in trappola. Il suo istinto continuava a dirgli di scappare,
fregarsene di quel tizio tutto muscoli che lo teneva d’occhio giorno e notte e
fuggire lontano; anche a nuoto! Tutto gli sembrava meglio di questo, persino
essere divorato da uno squalo. Mise con forza il piede giù dalla scala e lo posò
sull’erba ancora bagnata. Quasi scivolò da solo ed imprecando mentalmente alzò
ancora di più la musica già forte nei suoi orecchi. Fred era quasi irritato
quanto lui quando insieme salirono sulla BMW scura lasciata a posta per loro
all’uscita dell’aeroporto. Lancio letteralmente tutte le sue valige nel
portabagagli e con altrettanta furia salì in macchina e si mise a
guidare.
<< Vuoi abbassare quella roba Victor?? >>
ordinò prima di accendere la radio. Il ragazzo sbuffò adirato, ma si tolse lo
stesso le cuffie.
<< Che c’è Freddy, vuoi fare conversazione?
>> lo stuzzicò il giovane ribelle.
<< E falla finita una buona volta, lo vuoi capire
che fare le bizze non ti porterà magicamente a casa? >>
<< tentar non nuoce sai? >>
<< Ma a me da sui nervi il tuo continuo silenzio
>>
<< benvenuto nel club >> lo apostrofò Victor
con quel poco di sarcasmo che gli era rimasto.
<< davvero molto spiritoso ragazzo >> esclamò
il tutore cercando di far sintonizzare il satellitare.
<< nemmeno questo coso sembra funzionare in questo
dannatissimo posto!! >>
Il ragazzo è li-li per aprire la portiera e gettarsi
sulla strada, meglio la morte che le continue lamentele di Fred. Voltò il capo
verso il finestrino e si disgustò osservando il paesaggio sempre
uguale.
<< Tieni la cartina, renditi utile! >> ordinò
burbero il guidatore lanciandogli addosso quella che doveva essere una carta
geografica della zona.
<< Credo sia più semplice trovare la città perduta
di Atlantide >> mormorava fra se e se cercando di orientarsi in quella che
sembrava più una mappa dei pirati che una cartina.
<< Alla prossima a destra credo.. >>
sentenziò Victor poco convinto.
<< Allora a sinistra >> ribatté l’uomo seduto
al suo fianco.
<< perché? >>
<< Perché la stai tenendo al contrario Victor
>>
Maledetta Green Valley, e maledetta cartina. Riusciva
sempre a fare la figura dell’imbecille con Fred. Stava sul serio ripensando alla
possibilità di fare il militare, quando dal finestrino alla sua destra si
materializzò quella che doveva essere la sua nuova scuola.
<< però… >> fu l’unica parola di Fred quando
anche il suo sguardo si posò sull’immenso castello ad est. Era veramente una
cosa enorme, e tutto quasi in perfetto stato, calcolando che doveva avere più di
mille anni. Aveva letto su internet che era uno dei castelli più grandi rimasti
accessibili in tutto il globo: una vera e propria meraviglia di monumento
storico. Eppure nessuno lo conosceva, era rimasto nascosto fino ad oggi agli
occhi del mondo, in silenzio; aspettando di essere ammirato come si doveva.
Benché la struttura avesse la sua età, ogni cosa aveva sicuramente subito delle
restaurazioni. I suoi occhi notarono due o tre parti del castello che avevano un
colore più chiaro delle altre; per non parlare dei campi sportivi e della
piscina coperta posizionati ad ovest del luogo. L’unica parte che non lo
convinceva molto era l’ala a nord-est. Quella parte di castello era quasi stata
interamente inghiottita dal bosco scuro che faceva da contorno spettrale alla
scuola. La struttura era sicuramente la più antica ma anche la più resistente a
parere suo: visto che non era stata minimamente ritoccata. Un brivido glaciale
gli percorse la schiena quando per un secondo gli sembrò di notare una alone
scuro sopra il confine della selva. Si stropicciò gli occhi chiari e scrutò di
nuovo la foresta dal finestrino: ma dove prima sembrava essersi posata un’ombra
ora risplendeva la luce del sole del mattino.
<< siamo arrivati, scendi ora >> lo
incoraggiò Fred prima di scendere dalla macchina. Era ormai quasi estate eppure
lui indossava un maglione invernale. Il caldo estivo che conosceva, in questa
landa desolata di terra non esisteva: solo il freddo pungente dei ghiacci
regnava come sovrano incontrastato sulla vallata. Si strinse il bagaglio a mano
al petto e con il suo solito passo placido si avvicinò al portone d’entrata. Una
vistosissima volta ad arco con degli stemmi argentei come decorazione. Una sola
scritta risaltava brillante sulla cima dell’arco. L’ " Emerald " doveva essere
una scuola davvero costosa visto che la scritta d’entrata era decorata appunto
con degli smeraldi. Seguì il suo tutore fino a quella che doveva essere la
segreteria principale della scuola. Una donna ormai over cinquanta con il viso
allampanato e i capelli di un orrendo color prugna stava scarabocchiando su di
un quaderno rilegato. Alzò di scatto lo sguardo, quando sentì le braccia
muscolose di Fred posarsi sul bancone davanti a lei. S’irrigidì di scatto e
modulo la sua voce al ruolo che ricopriva.
<< Buongiorno, come posso esserle utile?
>>
<< Sono, o meglio il signor Thompson è qui come
nuovo studente >>
La donna rivolse un’occhiata sfuggente a Victor per poi
riportare le sue attenzioni sull’omone muscoloso che le stava di
fronte.
<< Certo, il signor Thompson, il nuovo arrivato, il
figlio del Generale Maggiore Thompson non è vero? >>
<< In persona >> borbottò ironicamente il
ragazzo facendo roteare gli occhi. La segretaria lo fulminò con i suoi occhietti
scuri e poi sorridendo ringraziò Fred per averlo accompagnato e lo rassicurò che
da li in poi lo avrebbe accompagnato lei di persona. Aveva già capito che quella
donnetta lo aveva preso di mira e sperava con tutto il cuore che il suo tutore
rifiutasse quella cortesia e decidesse di accompagnarlo lui. Malgrado le sue
preghiere mentali ciò non accadde e si ritrovo solo con tre valige in mano più
quello zaino mezzo logoro, che era il suo bagaglio a mano, in un ascensore
secolare con quella donna là.
<< La tua stanza è la 410, quarto piano in fondo a
destra non puoi sbagliare disse mettendogli una chiave direttamente in tasca.
Victor si sentì spingere dalle braccia ossute della segretaria fuori
dell’ascensore e la vide sogghignare mentre pigiava il bottone per la discesa e
scompariva dietro le porte di metallo. Lasciò cadere a terra tutto e diede un
poderoso ed iracondo calcio contro lo sportello dell’ascensore sibilando non so
quale insulto. Sbuffò e pestò i piedi, ma poi raccolse i suoi bagagli e li
trascinò fino alla sua camera.
<< l’ultima ruota del carro, davvero entusiasmante
>> disse sarcasticamente notando che la sua camera era effettivamente
distante da tutte le altre e si trovava proprio sopra l’ala a nord-est del
castello.
Gli ci volle qualche minuto per riuscire soltanto ad
aprire la porta della camera; solo dopo uno spintone e un altro insulto lanciato
verso il cielo riuscì finalmente ad entrare. La camera era più bella di come
avesse pensato, era divisa in quattro zone: una sala comune, due camere ed un
bagno molto ampio. Come da lui richiesto aveva avuto una camera singola dove
poter restare solo: in fondo a sinistra. Mise due dei suoi bagagli nell’armadio
di mogano che si trovava nell’angolo in basso a destra della sua stanza. Sulla
parte opposta c’era un’ampia finestra che guardava sul bosco, mentre il letto si
trovava sulla parte sinistra. Era molto grande, quasi a due piazze ed era
rivestito di una coperta di velluto rosso. Due comodini scuri gli facevano da
contorno: uno con sopra una lampada e l’altro libero. Di fianco all’armadio si
trovava una scrivania decorata con intagli molto particolari ed una poltrona
anch’essa rossa. Si sedette e scoppiò a ridere vedendo che al posto di un
barattolo pieno di penne a sfera, sul piano da scrivere c’èra solo un'unica e
rinseccolita piuma bianca affogata in un barattolino d’inchiostro
nero.
<< davvero molto divertente papà.. >> riuscì
a bofonchiare alzandosi dalla poltrona. Aprì la terza valigia sul letto e iniziò
a sistemare la sua biancheria in uno dei cassettoni dell’armadio. Svuotò tutto
con velocità e mise quello che aveva lasciato in un'unica valigia e la ripose
sotto il letto. Infine Victor prese lo zaino e si dedicò al suo svuotamento con
più calma e attenzione. Estrasse il suo lettore cd che fungeva anche da stereo,
la sua collezione di cdrom illegali scaricati da internet e li posizionò nel
primo cassetto del piccolo mobile alla sua destra. Riempì il secondo con un paio
dei suoi libri preferiti e con qualche penna trovata sparsa nello zaino. Il
terzo cassetto non riuscì ad aprirlo e quindi mise il resto della roba nel
mobiletto alla sua sinistra. Prese un beauty da sopra il letto e si diresse
verso il bagno, ossia alla stanza di fronte alla sua. A Victor sembrò quasi di
sentire un brusio provenire da tale stanza ma non gli diede importanza e
spalancò la porta. Una cascata d’acqua lo colpì in pieno bagnandolo da capo a
piedi. Fortunatamente riuscì a chiudere la bocca prima che venisse travolto da
quella che era una secchiata d’acqua sporca. Una risata grassa risuonò fra
quelle quattro mura ma si spense poco dopo.
<< Scusa!! >> esclamò un ragazzo mingherlino
avvicinandosi a lui.
<< mi dispiace veramente pensavo fosse un’altra
persona!! Tu devi essere Victor vero?? Piacere io sono Michael e scusa ancora
per la secchiata >>
disse impacciato il ragazzo davanti a lui portandosi una
mano fra i capelli rossi.
<< Vik >> riuscì solo a rispondere prima
guardarsi addosso.
<< sono il tuo compagno di stanza, mentre l’altro
si chiama Kevin >>
<< Quello a cui sarebbe dovuta toccare la
secchiata? >>
<< Esattamente >> rispose sorridendo
Michael.
<< Bel modo avete qui a Green Valley di salutare i
novizi.. >> si lamentò Vik sentendo l’acqua colare dai sui vestiti
zuppi.
<< Oh, e questo è nulla… >> replicò il
rossino porgendogli un asciugamano per pulirsi il viso.
<< Grazie, potrei farmi una doccia adesso??
>> chiese gentilmente senza esplicitare al nuovo e simpaticissimo compagno
di stanza il fatto che ora come ora lo volesse solo fuori dai piedi.
<< Ma certo!! >> affermò quello uscendo dal
bagno e chiudendo la porta alle sue spalle. Davvero un inizio fuori dal comune
si ripeteva Victor spogliandosi; e chissà quali altre sorpresa aveva per lui
Green Valley.