Treasure,
please, don’t do it again
Will
aveva passato un’intera settimana cercando
qualcosa che potesse andare bene per Eve. Aveva scartato i gioielli,
sicuro che
una figlia di Ares avrebbe probabilmente potuto usarli solo come
cariche per la
balestra o magari la mazzafionda, stessa cosa per vestiti o qualcosa di
trendy
e alla moda. Aveva pensato poi alle armi, ma Austin gli aveva fatto
notare che
fosse un regalo un tantino troppo inquietante da fare alla propria
ragazza. E poi,
sinceramente, Eve era capace di terrorizzarlo con una semplice
occhiata,
fornirgli anche i mezzi per farlo fuori era un po’ troppo
masochista persino
per uno come lui.
Ma
quella mattina, aprendo gli occhi e fissando una
delle gigantesche riproduzioni dorate di Apollo che adornava il pensile
di
fronte al suo letto, ebbe l’ispirazione.
Suo
padre era il Dio delle arti e della musica,
quindi perché non sfruttare la cosa a proprio vantaggio?
Restava
solo da decidere che tipo di componimento regalarle.
Una poesia? No, meglio di no, visto che solo il giorno prima alcuni dei
suoi
fratelli avevano scagliato una maledizione che aveva costretto i figli
di Ares
a parlare in rima per tutto il giorno. Ricordarle la scena non sarebbe
stata
certo un’idea saggia.
Una
canzone? E dove accidenti lo trovava il tempo di
comporre una melodia e un intero testo?
Ci
voleva qualcosa di elegante, breve e d’impatto.
L’ispirazione
lo folgorò: un Haiku.
Prese
carta e penna, mettendosi all’opera.
Un’ora
più tardi, quando Austin era tornato alla
Casa sette alla ricerca del suo migliore amico, lo aveva trovato con la
testa
china su un foglio, intento a giocherellare distrattamente con la
penna, e con
i piedi coperti da una miriade di pallette di carta.
-
Ehm, Will? –
-
Che c’è? – bofonchiò, alzando
appena lo sguardo
dal foglio desolatamente bianco.
-
Si può sapere perché la nostra Casa è
invasa dalla
carta? –
-
Sto scrivendo. – rispose, come se quello spiegasse
tutto.
Bè,
non era così.
-
Questo lo vedo, ma di solito la carta si usa per scrivere,
non per buttarla a terra. –
-
Lo so, anche io, grazie tante per l’informazione.
Sto provando a scrivere un Haiku per Eve, ma non mi viene in mente
niente. –
Si
passò una mano tra i capelli, sospirando
sconsolato.
-
Potresti provare semplicemente a scrivere ciò che
provi, senza bisogno di figure retoriche o chissà
cos’altro. – suggerì Austin.
Sì,
perché scervellarsi con tutte quelle
sottigliezze artistiche che non servivano altro che a rendere criptica
la
realtà? Lui sapeva cosa provava per Eve, doveva solo
scriverlo in tre righe.
-
Tu sei un genio. – decretò, trovando
improvvisamente le parole e scrivendo l’Haiku con la sua
calligrafia elegante.
-
Ora che hai constatato l’ovvio, fratello, perché
non
ti decidi a uscire di qui e mi fai pulire prima
dell’ispezione? –
Recuperò
il foglio di pergamena, attorcigliandolo e
legandolo con un nastro dello stesso incredibile verde giada degli
occhi di
Eve.
Puntò
in direzione dell’Arena, sicuro che l’avrebbe
trovata lì.
Era
intenta ad assestare fendenti precisi a un
manichino. Quando lo vide con la coda dell’occhio,
rinfoderò la spada e lo
raggiunse.
Le
onde ramate erano scompigliate e gli occhi verdi scintillavano,
accesi dal furore dello scontro. Era assolutamente stupenda.
Lo
salutò con un bacio a fior di labbra che fece
emettere un suono disgustato da Sherman, poco distante. Lo ignorarono.
-
Non ti ho visto a colazione. –
-
Ero impegnato, stavo preparando una cosa per te. –
ammise.
Eve
inarcò un sopracciglio, sorpresa. – Di che si
tratta? –
-
Preferirei dartelo da un’altra parte, magari dove
non ci sia un gruppo di figlio d’Ares desiderosi di farmi lo
scalpo. –
Rise,
ma non negò la veridicità delle sue parole. La
faida tra le due Case era costantemente accesa.
-
D’accordo. –
Will
la prese per mano, dirigendosi verso il lago.
Quello
era stato il luogo del loro primo bacio,
sembrava il posto giusto per darle il regalo.
Le
porse la pergamena, osservandola mentre la
srotolava e la leggeva con attenzione.
Dopo
un minuto abbondante, notando che non diceva
nulla, si lasciò prendere dal panico. Avrebbe ammazzato
Austin per avergli
suggerito di mettere semplicemente i suoi sentimenti, senza
abbellimenti o
quant’altro.
-
Non … non ti piace? – azzardò.
Eve
si mordicchiò il labbro inferiore, accigliata. –
Non è questo … magari sono io che non ne capisco
niente, ma il primo verso
degli Haiku non dovrebbe avere cinque sillabe? –
-
Sì, infatti sono cinque sillabe. –
-
No, sono sei. –
-
No, non è possibile, sono sicuramente cinque. –
insistè.
-
Tieni, lampadina, contali. – lo esortò,
porgendogli la pergamena.
Will
rilesse la frase, contando le sillabe sulla
punta delle dita. – Uno, due, tre, quattro, cinque e sei
… Sei?! –
Aveva
ragione e lui era un perfetto imbecille. Per
un volta che voleva fare qualcosa di dolce e romantico finiva con il
rovinare
tutto perché non si prendeva la briga di controllare.
Abbassò
lo sguardo, sentendo le guance che gli andavano
letteralmente a fuoco. – Un figlio di Apollo che non riesce
neanche a scrivere
un Haiku, sono un disastro. – decretò, sconsolato.
Eve
lo guardò intenerita, alzandosi in punta di
piedi per cingergli il collo con le braccia e baciarlo dolcemente.
-
Ehy, non fa niente, era un’idea carina. –
-
Lo pensi davvero? – domandò, scrutandola dubbioso.
-
Assolutamente. Ma se dici in giro che ho trovato
carino un Haiku ti uccido. –
Will
rise, cingendole i fianchi con le braccia e
stringendola ancora più a sé. Si baciarono
nuovamente, finchè Eve non si separò
lievemente.
-
Mi giuri una cosa? –
-
Cosa? –
-
Niente più Haiku. – disse, fissandolo a
metà tra
il serio e lo scherzoso.
-
Sì, questo credo di poterlo fare. Niente più
Haiku, lo giuro sullo Stige. – decretò, sancendo
la promessa con un nuovo
bacio.
*
Dall’alto
dell’Olimpo Artemide e Apollo avevano
assistito alla scena.
-
Bè, suppongo che non ci siano davvero più dubbi:
Will è proprio figlio tuo. – decretò la
dea della caccia.
-
Sì, ha decisamente buon gusto in fatto di ragazze,
proprio come me. – concordò.
-
Veramente non intendevo quello. –
Apollo
inarcò un sopracciglio, perplesso, ma subito
dopo parve trovare un’altra spiegazione alle parole della
sorella. – Ti riferisci
al fatto che è quasi
bello quanto me?
–
Artemide
alzò gli occhi al cielo. Che male aveva
fatto per avere un gemello così narcisista?
-
No. È tuo figlio perché con gli Haiku
è un
disastro. – spiegò.
L’espressione
perplessa tornò a capeggiare sul bel
volto del Dio. – Non vedo il nesso, i miei Haiku sono
meravigliosi. –
-
Sì, probabilmente lo sono per tutti quelli che non
hanno orecchie per sentirli. – borbottò la sorella.
-
Che vorresti insinuare? –
Si
passò una mano sulla fronte, sconfitta. – Niente,
lasciamo perdere, eh? –
[1.101
parole]
Spazio
autrice:
Vi
avevo promesso un’altra OS con il mio Will e io
mantengo sempre le promesse! Eccoci qui, spero che vi sia piaciuta e
che
vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
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