Capitolo I
Altra Realtà
-Non posso mettermi quella cosa … - gridò quasi
Paloma non appena vide uno strano abito pieno di pizzi e volant che la
cameriera le aveva disposto sul letto.
-Milady … La prego stasera c'è il ballo!-
gracchiò la donna anziana. -Non può fare una cosa
simile, non può non presenziare!-
Paloma fece una smorfia, da circa quattro ore si trovava bloccata in
una specie di incubo Austiano. In camicia da notte aveva perlustrato la
grande dimora e per un attimo le sembrava di essere rimasta nel
castello di famiglia nel Sud dell'Inghilterra che avevano venduto due
generazioni fa e che occasionalmente visitavano. Si chiese come fosse
possibile che i sogni, o meglio gli incubi, potessero essere
così vividi. Di genere i suoi sogni non erano chiari e
concisi come questo.
Un brivido di paura le attraversò la schiena quando si
domandò se non fosse un'allucinazione dovuta al coma. Fin da
piccola era solita cavalcare tutti i giorni e qualche incidente non
degno di nota era capitato ma spesso rimaneva sconvolta dai racconti di
altri cavalieri che le narravano di gravi cadute, schiene spezzate e
coma irreversibili.
Forse dopo il matrimonio di suo cugino, di cui non ricordava nulla, si
era decisa a visitare un maneggio per fare qualche chilometro e BAM! Si
era ritrovata stesa e in coma.
Così adesso era quasi del tutto convinta che fosse un lungo
e travagliato sogno e che la nuova realtà che stava vivendo
non era altro che una pallida rappresentazione della sua versione
inconscia del Regency.
Aprì le ante di un piccolo armadio e trovò un
vestito meno femminile. Una sorta di abito lungo a righine celesti e
bianche. Decisamente più sobrio di quello che la sua
disperata cameriera aveva provato.
-Metterò questo. Senza discussione.- disse tirandolo fuori e
facendolo svolazzare fino al letto in gesto di sfida.
Non sapeva perché ma l'idea di essere finita in un sogno del
genere, nel profondo passato dove l'aristocrazia a cui apparteneva
contava moltissimo, le sembrava divertente. Anche se da quando era
nata, la gente la guardava a metà fra l'ammirazione e
l'invidia, sapeva benissimo di non poter fare più nulla. Non
poteva amministrare città, villaggi o intere contee. Poteva
concorrere ai seggi tramite elezione ma non di certo pretendere di
sedersi alla camera dei Lords come facevano tranquillamente i suoi
antenati.
Scosse la testa, quasi ridacchiando. Sì, sarebbe stato
interessante.
-Non ho mai trovato signorile, l'arrivare in perfetto orario, Lady
Paloma.-
Paloma fissò sconcertata la donna che le stava di fronte, la
sua assistente. O meglio, signora Smith, così si era
presentata quando lei aveva inventato di essere caduta e di avere la
mente confusa.
-Oh, povera piccola!- esclamò lei andandole incontro e
toccandole il braccio. Paloma si scostò automaticamente, i
contatti fisici erano qualcosa che ripudiava quando non era necessari.
Osservò con attenzione la sua assistente, aveva sempre
l'aria allegra con gli occhi castani vispi ma sembrava più
grande di lei di almeno cinque anni. Anche se nella realtà
erano coetanee.
Aggrottò la fronte e si lasciò annodare l'assurdo
cappello dalla donna che la trattava come una bambina e si
lasciò condurre su una carrozza.
Non appena chiuso lo sportello, Paloma prese un lungo respiro. Almeno
quello le era famigliare, ogni tanto lei e il signor Biggs si mettevano
a restaurare carrozze da poi mettere nel mercato. Era abituata alla
generale scomodità e quasi senza accorgersene stava
canticchiando un motivo dei Arctic Monkeys.
-Lady Paloma … Ma cosa sta dicendo?-
-Cosa … Oh è una canzone.-
La signora Smith alzò un sopracciglio. -E' una canzone
spinta! Ma dove l'avete sentita?-
-Alla radio … - mormorò senza notare lo sguardo
confuso. -E comunque ce ne sono di più volgari, o sbaglio?-
-Certo … Ma cosa vi prende oggi? E' per la caduta? Volete
tornare indietro?-
Paloma per un attimo pensò che tornare a casa, qualunque
fosse, non era un'idea così stupida, almeno avrebbe potuto
canticchiare tranquillamente. Ma la carrozza era già entrata
nel parco della villa dove si teneva la festa, e ne rimase
affascinata.
-Oh, come si chiama questo posto?-
La signora Smith aggrottò la fronte. -Scusi Lady Paloma, io
credo che voi stiate molto male, quella è Netherfield, la
conoscete benissimo perché siete stata a cavalcare nei
dintorni per giorni.-
Paloma le venne quasi da ridere, quel sogno si stava trasformando in
qualcosa di divertente. -Beh, bella casa.- giudicò scendendo
dalla carrozza senza aspettare che il valletto le porgesse la mano.
Si guardò intorno, le scale erano lucide e ben distanziante
l'una dall'altra, tutte le finestre erano illuminate e brusii e risate
ne uscivano fuori.
Era così che le donne della famiglia Stuart, divenuta poi
Wagner, si sentivano quando andavano alle feste nell'Ottocento? Feste
in cui avrebbero incontrato il partito giusto per poi sposarsi e fare
una decina di bambini e morire di parto?
Il sorriso entusiasta fu sostituito immediatamente dalla cruda
verità. Non erano tempi buoni per le donne.
Salì le scale con decisione e s'inoltrò
nell'atrio senza aspettare la sua segretaria – chaperon.
Si tolse la mantella con stizza e lanciò quasi il cappellino
alla cameriera in attesa.
Avrebbe annunciato a quei bifolchi l'inizio delle mille rivoluzioni che
il loro secolo stavano per affrontare, tanto era un sogno, no?
-Bingley, chi è quella ragazza che è appena
entrata?-
Charles Bingley guardò il punto indicato dal cenno
dell'amico e si ritrovò a fissare nuovamente la ragazza che
negli ultimi giorni l'aveva ossessionato.
-E' Lady Paloma Stuart. Suo padre è il defunto Conte di
Richmond.-
Fitzwilliam Darcy aggrottò il viso, era insolito vedere in
campagna donne titolate e di alto lignaggio partecipare a un ballo
qualunque.
-L'ho vista cavalcare nei dintorni e pensavo che fosse educato mandarle
un invito. Vedo che ha accettato.- disse con un sorriso.
Entrambi osservarono la donna. Alta, solida e seria camminava a passo
di marcia e sembrava più interessata ad osservare le
decorazioni della sala che fissare le persone o gettarsi nelle
relazioni sociali.
-Vado ad accoglierla.- disse Bingley avanzando velocemente verso Lady
Paloma.
Darcy provò un moto d'invidia.
Lady Paloma sembrava a prima vista, la ragazza più
interessante del ballo.
I capelli castani erano acconciati in maniera sobria ed elegante e
qualche ciocca cadeva sulla nuca. Il suo viso era regolare e ben
definito e la sua figura particolarmente alta per un inglese. Doveva
avere per forza sangue straniero. Seguì Bingley, voleva
stringerle la mano e sentirla parlare, prima di formulare un giudizio
completo.
-E' un onore ricevervi qui, Lady Paloma. Siamo molto contenti di avervi
qui con voi.-
disse Bingley lasciandole la mano che aveva baciato con educazione.
-Volete inserirmi nel vostro carnet, per il primo ballo?-
Paloma lo fissò seria. -Carnet?- poi il suo viso
arrossì pesantemente. -Oh, vogliate scusarmi, ma ho fatto
una … Una brutta caduta ed è già un
miracolo che sia in piedi.-
Bingley la squadrò preoccupato. -Siete caduta! Volete per
caso sedervi? Se vi sentite male non obbligatevi a rimanere, ve ne
prego.-
Paloma rimase sconcertata da tanto ardore e preoccupazione. Che fossero
tutti così gli uomini dell'Ottocento? Bravi attori?
Rivolse uno sguardo interrogativo all'uomo accanto al biondo Bingley.
Scuro e silenzioso le rivolse un inchino e Bingley lo
presentò come signor Darcy.
Paloma riuscì a collegare i due nomi solo dopo aver lasciato
la mano a Darcy.
Darcy e Bingley.
Quel Darcy e quel Bingley inventati da quella pazza di Jane Austen!
Sarebbe scoppiata a ridere se non fosse che le sembrava tutto insensato.
-Piacere di conoscervi, signori. Ora … Torno dalla mia
chaperon e vi lascio alle vostre dame da ballo.- disse e si
dileguò con uno strano sorriso fra le labbra.
Se si fosse svegliata, Alice sarebbe morta d'invidia.
La signora Smith la controllava con circospezione e non sembrava per
nulla contenta della piega che gli eventi stavano prendendo. Prima di
tutto la sua protetta non sembrava per nulla una nobile, si comportava
come una timida donnina di campagna, standosene in un angolo ad
osservare la festa danzante e a tracannare bicchieri su bicchieri.
Quando aveva cercato di fermarla, l'aveva guardato con disprezzo e le
aveva detto che sangue tedesco e che ogni weekend era un OktoberFest.
Il che l'aveva lasciata perplessa a lungo.
Per non parlare di come i due signori degni di questo nome, Darcy e
Bingley, avevano cercato di conversare con lei più volte,
senza riuscirci.
-Ehi, voi!- gridò una donna sulla cinquantina. -Presentateci
alla figlia del Conte!- gracchiò rivolta a lei, si
trascinava dietro di lei ben tre ragazze in età da marito.
Avrebbe voluto rispondere di no ma Paloma le stava sorridendo.
-Bene, vi presento Lady Paloma, figlia del Conte di Richmond e della
Marchesa Olympia.- Lady Paloma si esibì in una specie di
inchino sbrigativo.
-Oh, chi l'avrebbe mai detto che ci saremmo trovati un giorno di fronte
a una vera Lady. Io sono la signora Bennett e queste sono alcune delle
mie figlie, Mary, Jane ed Elizabeth.- strillò la donna
indicandole.
La signora Smith guardò le figlie e cercò di
raggelarle con lo sguardo dato l'inchino non abbastanza profondo. Ma
Paloma sembrava a dir poco euforica.
Quasi le abbracciò e rimase a fissarle incantate, quando le
ragazze si accomodarono in fondo alla fila, le si avvicinò e
con voce roca le disse. -Però, sono finita nel bel mezzo di
un cazzo di libro!-
La signorina Smith svenne.
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