Figlia dell'aria, sorella del vento di Dango_mimesis (/viewuser.php?uid=47110)
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Premessa (che
credo sarà lunga).
Comincio subito
dicendo che questa fic potrà disturbare molti, in quanto:
-inserisce non uno, ma
ben (conta…) 9 personaggi attivi, e 7 (mi pare) personaggi
comparsa; alcuni di questi ultimi non intervengono per nulla, altri in
minima parte;
-li inserisce in una
storia ben costruita qual è “Naruto”, e
chi non
ama gli stravolgimenti di trama non amerà questa storia;
-inoltre, il racconto
unisce personaggi inventati con altri già esistenti in
pairings che a molti faranno storcere il naso. I personaggi
più toccati da questo, anticipo già che saranno
Itachi, Gaara, Deidara.
-perciò,
chi si sentisse particolarmente disgustato nel vedere i propri adorati
pg congiungersi con gente a loro sconosciuta, può anche non
leggere.
Se invece la cosa non
vi tocca, saltate la premessa e leggete pure^^
Detto questo, non
vorrei vedere recensioni che hanno come unico messaggio (e ho detto unico,
non è che non potete dirlo) “non sopporto chi
mette personaggi nuovi” oppure
“Gaara/Itachi/Deidara/altro è solo mio”
o ancora “questa fic non mi piace perché la storia
sembra perfino un’altra, da quanti pg nuovi ci
sono” o affini che al momento non mi vengono in mente.
Io vi ho avvisati: se
non vi piace, non leggete. Sono ben accette le critiche relative a come
tratto la storia, o critiche grammaticali, lessicali, strutturali,
magari se approfondisco male qualcosa, o troppo un’altra. I
personaggi non sono miei, ma appartengono a Masashi Kishimoto. I
personaggi che mi appartengono sono Momoka ©, Kaito
©, Aoba ©, Ren ©, e tutto il clan Naoki
© (wow ho un intero clan XD)
*
Passando oltre: questa
fic è dedicata ad areon, una paziente nee-chan che mi
sostiene/sopporta nei miei deliri e nei miei momenti di
demenzialità acuta.
Grazie nee, ti lovvo
un sacco ^^/ (e ti dedico TUTTA la fic, poi non venirmi a dire che non
ti voglio bene u.u)
*
Altro
appunto IMPORTANTE: gli spoiler sono per me un gran
problema. Soprattutto riguardo ad Itachi Uchiha, e a tutto
ciò che si cela dietro alla sua strage. So molte cose, che
se rivelassi adesso sarebbero spoiler, ma non ne so abbastanza da avere
un quadro completo e chiaro della situazione. Quindi, chiunque sia
abbastanza informato da spiegarmi la sua storia una volta per tutte,
è pregato di scrivermelo in recensione, così
magari lo/la contatto su Messenger. Vi prego, ho bisogno di quelle
informazioni, o ad un certo punto della storia, mi ritroverò
costretta a sospenderla di colpo. Q____Q peffavoreee…
*
Ho
finito di scassare, si comincia.
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Momoka era seduta
sulla poltrona di paglia intrecciata, guardando amorevolmente fuori
della finestra, verso il giardino. I suoi occhi erano posati su una
bimba di un paio d'anni circa, infagottata in un kimono color crema a
motivi floreali rosa pallido, che la faceva assomigliare ad una bambola
di porcellana da collezione, come quelle che si trovavano sulla mensola
in cucina. I lunghi capelli castani erano trattenuti in una morbida
treccia, che le ricadeva lungo la schiena, ondeggiando ogni volta che
la fanciulla si sporgeva a cogliere un fiore.
Sorridendo calma, la
donna si beò dell’ilarità della figlia,
che scoppiava ogniqualvolta i suoi occhi di bambina, pieni di vita e
curiosità, incontravano un insetto o un vegetale che non
aveva mai visto prima.
Come se
d’improvviso la scena fosse cambiata, un velo di tristezza
oscurò il volto di Momoka, che si alzò con grazia
dalla sedia, lasciando ricadere sulle spalle i lunghi crini
d’ossidiana.
Si diresse verso il
bagno, rinfrescandosi il viso con dell’acqua, e lasciando che
le stille lucide rigassero il viso regolare.
Si fissò
nello specchio: cosa vedeva in sé?
Una donna.
Una donna che il suo
clan avrebbe considerato perfetta, una degna rappresentante: pelle
nivea, diafana, quasi spettrale, soprattutto perché
accostata a due occhi neri come la china, e a lisci capelli corvini che
incorniciavano il viso, facendo spiccare in modo quasi fastidioso la
carnagione eburnea.
Il contrasto era
ovattato, e in una certa maniera, quasi valorizzato dalla buona dose di
grazia e raffinatezza proprie della giovane.
Con un aspetto del
genere, poteva camminare a testa alta tra le fila della sua stirpe.
Si, Momoka Uchiha era
a dir poco perfetta.
Almeno prima di
infangare il buon nome di quella cerchia di ninja.
Prima di sporcarne la
purezza del sangue, unendosi in matrimonio con un uomo appartenente ad
una famiglia diversa, estranea, aliena. Non abitava neppure a Konoha,
era di un altro villaggio, un altro mondo, e lei, la sacrilega, lei, la
ribelle, la deviata, aveva osato commettere una simile
empietà!
Come aveva potuto?
Come?
E, cosa ancor
più sconvolgente, aveva messo al mondo un figlio. Aveva
sparso il peccato anche nella sua discendenza. Quella bambina, quel
frutto di un’unione proibita che ora giocava spensieratamente
in giardino era stata condannata ancor prima della sua nascita.
La donna
piantò lo sguardo rabbioso sulla propria immagine riflessa,
volendo prendere a pugni quel vetro, quasi come se facendolo avesse
potuto annullare la punizione che l’allontanava dalla sua
stessa famiglia. No, ormai la sua famiglia non erano più gli
Uchiha. La sua famiglia erano suo marito e la sua bimba. E basta.
-tesoro?-
Momoka
sobbalzò. Persa nei suoi pensieri, non si era accorta della
persona affacciatasi alla porta, che ora aspettava una risposta,
dondolandosi sui piedi.
-oh,
Kaito…-constatò. –non ti avevo sentito
arrivare…-
-l’ho
notato!- rimbeccò allegramente, slanciandosi in avanti per
abbracciare la moglie. –allora, come sta la luce dei miei
occhi?-
-è sempre
la solita scansafatiche che passa più tempo a rimirare la
sua bambina che a fare i lavori di casa… niente di nuovo,
insomma…- brontolò.
-beh?-
-oh, lo sai benissimo
cos’ho! Ormai Ren ha due anni e mezzo, perché non
posso riprendere con le missioni?-
-perché la
cosa più importante è badare a lei e seguirla in
tutto e per tutto! Lo vedi che nemmeno io sto via per più di
un giorno o due!! Però…- si rabbuiò.
-cosa succede?-
-il raikage ha fatto
pressione perché mi vuole per una missione…-
-dura tanto?-
-non lo so…
so solo che si partirebbe domani, e che è pericolosa,
perché l’obiettivo è di catturare, vivo
o morto non importa, un mukenin del villaggio delle cascate che stando
a notizie più che attendibili, si aggira nei dintorni del
Villaggio…-
-Kaito…-
-lo so, lo so Momoka,
però… è pericoloso questo tizio, se
arrivasse fino a qui, metterebbe in pericolo te e Ren, e
poi…-
-ma perché
tu?-
-perché…
il raikage ha detto che devono esserci tutti i migliori jonin, e
io… non posso dirgli di no, Momo!!-
Momoka non rispose, ma
si limitò a mordersi un labbro, mentre si torturava la fede
che portava sul medio della mano destra. Lo faceva sempre, quando era
confusa o stressata.
-tu…tu vuoi
andare?-
-si.-
-Kaito, potresti
morire!-
-se non andiamo tutti,
morirete anche tu e Ren!- baciò Momoka accarezzandole il
viso, che si rigava di lacrime amare, consapevole che la scelta
più logica era una decisione che le avrebbe straziato il
cuore. Perché sapeva che qualcosa sarebbe andato storto. Se
lo immaginava.
-ti amo.-
mormorò quando si sciolsero.
-anch’io ti
amo. È per questo che devo andare.-
Lei sospirò
affranta.
-d’accordo.-
con un assenso che le seccò la gola e le inumidì
nuovamente gli occhi, la donna permise al marito di partire senza
andare contro il suo volere.
Kaito Naoki
morì due giorni dopo.
Il suo nome fu
ricordato tra quelli dei migliori ninja che il villaggio della Nuvola
abbia mai avuto, ma non tra quelli dei più grandi shinobi
del clan Naoki. Dopotutto, lui ne aveva infangato il nome.
Al suo funerale furono
presenti tutti i rappresentanti dei clan della nuvola, tutti gli amici
più cari, la moglie, la figlia. Nessuno dei Naoki,
però. Solo la madre, stremata dal dolore quanto la nuora e
la nipotina, era riuscita ad essere presente, fuggendo di nascosto
dall’imponente dimora della sua famiglia. Momoka intravide il
viso di Aoba Naoki trasfigurato dalla sofferenza della perdita del
proprio figlio minore, dopo quella del figlio maggiore, mentre cercava di celarlo a sguardi indiscreti da
un pesante drappo nero.
-signora…
Aoba-sama…-
La donna
sussultò, sentendosi chiamare in causa, ma si
tranquillizzò alla vista della giovane, con Ren a mano.
-Momoka…
Momoka… - singhiozzò forte, sorreggendosi alla
nuora. Lei, di tutto il clan, era l’unica ad aver anteposto
la felicità di Kaito all’impeccabile reputazione
dei Naoki. Era l’unica che aveva davvero voluto bene
all’Uchiha, l’unica che Ren avesse mai chiamato
“baa-san” senza ricevere in cambio sguardi di
rimprovero, disgusto o disprezzo.
La bambina ancora non
comprendeva. Non poteva farlo. Così, si chiedeva triste
perché il suo papà si ostinasse a non tornare
dalla missione, o perché la sua mamma piangesse ogni giorno,
o ancora, perché la mamma stesse facendo le valige. Un
secondo, valige?
-mamma?-
-dimmi,
amore…-
-cosa fai?-
-preparo i
bagagli… su, portami il tuo borsone, quello viola, che ci
mettiamo i vestiti…-
-ma, kaa-san,
perché…?-
-Ren…-
sospirò, come se dire quelle parole le procurasse un dolore
immenso. –ce ne andiamo.-
Gli occhi viola della
bimba si spalancarono.
-c-che cosa?
Ma… perché?? Io non voglio andarmene! Mamma!-
-non abbiamo
più nulla da fare qui.-
-ma dove andiamo?
Ma… e papà? Non aspettiamo papà? La
missione…-
-Ren, ora ascoltami
bene. Il tuo papà… il tuo papà non
tornerà più.-
Ren, che aveva aperto
la bocca per replicare intestardita come tipicamente fanno i bambini
piccoli, la richiuse di scatto; nel giro di una manciata di secondi,
realizzò ciò che Momoka aveva appena detto, e
scoppiò in un pianto dirotto. La donna la seguì a
ruota, abbracciando quel corpicino che sentiva più fragile
che mai, per darle sostegno, e allo stesso tempo per aggrapparsi a
tutto ciò che restava del suo amore, quello scricciolo di
appena due anni e cinque mesi.
Era una scelta dura,
soprattutto per la figlia.
Nonostante
l’ostilità del clan Naoki, la Nuvola era pur
sempre il suo villaggio natale, e la terra dei propri padri
è qualcosa che si imprime nel cuore fin dalla più
tenera età.
Ma ormai, non
c’era più niente per loro lì.
La mattina seguente,
le due erano già in partenza. Un semplice biglietto di
ringraziamento, colmo d’affetto e riconoscenza, era stato
lasciato sul tavolo del soggiorno, con sopra il nome di Aoba Naoki.
Per il resto, non
avevano da spartire nulla con nessuno.
Dopo una settimana di
viaggio, che si svolse senza guai, imprevisti o affini, Momoka Uchiha e
la figlia giunsero a varcare le porte di Konohagure, il prestigioso
Villaggio della Foglia, che vantava ninja di straordinario livello,
conosciuti in tutti i Paesi.
-mamma, allora,
è qui che sei nata tu?-
-si, Ren.- rispose
Momo, con il cuore traboccante d’emozione. Dopo dieci anni,
non era cambiato nulla. Almeno così sembrava a prima vista:
sempre le solite case scassate, sempre il chiosco del Ramen Ichiraku,
al solito posto… quando lo vide, l’Uchiha
abbozzò un sorriso compiaciuto e nostalgico.
Decise che il suo
primo pranzo dopo tutto quel tempo, l’avrebbe consumato
proprio lì, in memoria degli anni andati, quando era una
ragazzina scapestrata sempre a combinare casini con i compagni di
squadra… fortuna che l’hokage era un tipo
comprensivo…
-vieni, Ren, di qua.
Chissà se è ancora in piedi…-
-cosa è in
piedi, kaa-san?-
-seguimi e
vedrai…-
La donna
svoltò per viuzze strette e secondarie, seguendo un istinto
e una memoria che, si accorse con piacere, erano ancora vivi in lei.
-mamma… sei
sicura di dove stiamo andando?-
-ahahah…
certo che si!!-
Dopo
l’ultima curva a sinistra, Momoka si bloccò, tanto
che la figlia quasi le si spalmò sulla schiena. Eccola. Non
ci credeva: era lì. Era…
-…una casa?-
-no, non una
casa… quella è Casa.-
-casa?-
-abiteremo
lì. Sai, son dieci anni che non ci vengo, pensavo che
l’avessero buttata giù… ma mi sono
scordata che a Konoha vanno matti per i ruderi… ah, quale
atroce dimenticanza, come ho potuto osare tanto?- rise di gusto.
Ren continuava a non
capire. Ma d’altronde, era così
piccola… non poteva neppure immaginare tutti i ricordi a cui
sua madre era così legata, né la
felicità e il senso di completezza che aveva provato
sentendosi in terra natia.
In silenzio, lasciando
Momoka ai suoi pensieri, la seguì in casa, che scoprirono
essere… pulita? Ma come poteva essere? Chi andava a fare le
pulizie in un luogo abbandonato? Boh… comunque fosse, non se
ne curarono, e iniziarono a sistemare i bagagli. Non avevano mai
posseduto granché, e non erano mai state amanti delle
suppellettili. Solo qualche foto sulle mensole, bastava a farle
contente. Infatti, la prima cosa a cui fu trovata
un’ubicazione sicura, fu un quadretto in cui tre figure
spiccavano davanti ad un giardino di ortensie: la loro foto di
famiglia.
Appena ebbe un
po’ più di tranquillità, la giovane
Uchiha si soffermò ad osservarla.
Ren era un perfetto
miscuglio tra lei e Kaito: gli occhi viola, erano del padre,
però a differenza di quelli tipici dei Naoki, che erano
caratterizzati da un taglio piuttosto sottile e allungato, erano grandi
e pieni come quelli di Momo. I capelli lisci, erano castani, scuri ma
non neri, dato che la chioma di Kaito era di un pallido lilla, che
aveva come “schiarito” il corvino della madre. La
pelle, infine, era pallida più che mai, tanto che a volte
pareva quasi d’avorio: questo era l’unico punto in
comune di entrambe le stirpi, che vantavano una rigorosissima
epidermide diafana (che, detto tra noi, al sole dell’estate
non durava più di dieci minuti e si scottava in un lampo).
-la mia dolce
Ren… chissà se ho preso la decisione giusta a
portarti qui…d’altronde, un covo di serpi vale
l’altro, ma c’è da dire che qui mi sento
terribilmente più sicura… ah, non mi fido
più delle mie scelte…-
-mamma!- accorse la
diretta interessata –che fai, parli da sola?-
-eh? Ma no, tesoro,
tranquilla, non sto impazzendo, pensavo a voce alta, tutto
qui… vieni qua a farti abbracciare…-
Stretta addosso alla
madre, in quel momento Ren guardò fuori della finestra,
mentre un uccellino si posava su un ramo… e pensò
che forse, quella Konoha, non doveva essere tanto male.
***
Erano passati un anno
e sei mesi da quando Ren e Momoka si erano trasferite alla Foglia. La
bambina non usciva molto di casa, perché non le piaceva la
confusione, anzi, era piuttosto amante della solitudine. Di questo la
giovane Uchiha a volte si preoccupava, ma poi ripensava al fatto che se
a sua figlia andava bene così, quando e se avesse voluto
cambiare lo avrebbe deciso lei. Dopotutto, voleva solo la sua
felicità.
-mamma…-
-si?-
-esco.-
-ah...- Momoka rimase
piacevolmente sorpresa. –e dove vai?-
-boh, non lo so, in
giro!-
-ok…
sta’ attenta agli estranei, e agli sconosciuti,
d’accordo?-
-si, certo…-
-senti, ti
accompagno…-
-mamma…
sono grande ormai!! Voglio andare a vedere se ci sono altri della mia
età!-
-g-grande? Ren, ti
rendi conto che hai quattro anni?-
-certo! Sono grande!!-
Ah. I bambini.
-non dare retta agli
estranei, e se qualcuno di sospetto ti si avvicina, sai cosa fare! Ti
ho insegnato le posizioni per quella tecnica…-
-certo!
Sarò bravissima!-
Si, speriamo. Ren, da
vera Naoki, aveva l’abilità innata di controllare
l’aria. Il suo chakra, esatta fotocopia di quello del padre,
aveva una particolare consistenza che appena emesso si impastava
automaticamente con l’aria circostante, permettendo
così allo shinobi che lo possedeva di controllarne la forma,
la velocità, la direzione. Ovviamente la ragazzina era
ancora alle prime armi, e tutto ciò che riusciva a fare era
vorticare chakra e aria in maniera scomposta e non sempre nel modo in
cui lei voleva, ma nell’ultimo anno e mezzo si era
concentrata su una tecnica particolare che permetteva di creare una
sorta di “pugno gassoso”. In sostanza, era una mini
onda d’urto creata a scopi difensivi.
Ora, Momoka sperava
vivamente che la figlioletta non se ne andasse in giro per strada a
picchiare la gente solo per verificare di essere capace ad eseguire
quel jutsu, ma infine optò per la fiducia.
-ok, allora ci vediamo
tra un’ora-
-cosa, solo una?-
-un’ora e
mezza.-
-ma mammaaaa!!!-
-non più di
un’ora e mezza.-
-uffa…
occheiii…-
Appena due secondi
dopo, Ren scattò come una cerbiatta fuori dalla casa. In
realtà un obiettivo ce l’aveva: il bosco. Konoha
era immersa nel verde più puro, e lei adorava
quell’ambiente, era il suo habitat naturale praticamente,
perciò quale miglior posto per rilassarsi?
Correva scatenata,
ansiosa e nello stesso tempo traboccante di gioia. Si, quella Foglia
decisamente le piaceva.
Il vento le correva
tra i capelli, andando a scompigliare l’immancabile treccia
morbida fermata da un nastro rosso ciliegia. La maglia azzurro pallido,
piuttosto larga per la sua esile corporatura, le sbatacchiava sui
fianchi, ma lei non ci badava minimamente. Una sola cosa le
interessava, e quella soltanto.
Superati i primi
alberi, trovò esattamente ciò che si aspettava:
una radura con un laghetto naturale. Doveva essercene per forza uno
prima o poi.
Si fermò di
botto e si sedette su una grossa roccia piatta, chiudendo gli occhi e
annusando l’aria: ok, promossa, assolutamente limpida e
profumata, umida, sapeva di alberi, di natura.
-tu sei quella nuova?
Ho sentito mia madre che ne parlava con mio padre, un giorno. Diceva
che anche se è un anno e mezzo che stai qua, quasi nessuno
ti ha vista perché te ne stai sempre nel tuo giardino,
è vero?-
Ren non aveva osato
voltarsi, ed era rimasta pietrificata ad ascoltare lo sconosciuto. Il
cuore le martellava così forte che pensava che sarebbe
scoppiato da un momento all’altro.
-beh?-
…
-non mi rispondi? Ti
ho solo chiesto se sei tu quella che viene dalla nuvola…-
Il tono dello
sconosciuto si era addolcito. Ora il silenzio regnava sovrano; solo un
leggero alito di vento faceva ondeggiare i suoi lunghi capelli castani,
che le colpivano lievemente il viso.
Sempre senza
rispondere, Ren si voltò. Di fronte a lei si era immaginata
di trovare un ragazzo, un uomo. Il tono di voce era chiaro, ma pacato e
misurato come quello di un adulto. Invece…
Era un ragazzino.
Anzi, un bambino. Che
doveva avere la sua età.
Aveva lunghi capelli
neri, raccolti in una coda di cavallo sulla nuca, mentre due ciuffi
più corti gli incorniciavano il viso regolare. Gli occhi
erano bellissimi: grandi, con le ciglia lunghe, neri. Neri. Neri.
Profondi e neri. Più della notte, più del buio.
Neri. E belli. Anzi, meravigliosi. Ma la cosa che la colpì
di più era la pelle: era dello stesso colore della sua.
Anche
l’altro bambino era rimasto sorpreso da lei. Dal viola
intenso degli occhi, soprattutto. A Konoha nessuno aveva degli occhi
così. Pure la sua bocca era abbastanza particolare,
però. Si vedeva che era straniera, perché non
aveva mai visto una sola persona in quel villaggio con occhi di tal
genere, e anche la sua bocca… sembrava un bocciolo. Non era
grande, ma neanche piccola, e le labbra non erano sottili, ma neanche
troppo grosse… erano piene e di un rosa intenso.
Ren notò
subito la curiosità che quel ragazzino dai capelli neri le
aveva rivolto, e scacciando la sorpresa, si decise a parlare.
-però, tu
che mi chiedi chi sono, non ti sei presentato.-
L’altro
sussultò, ma rimase zitto.
-in ogni caso, si.
Sono io.-
Scese dal masso su cui
si era accoccolata in precedenza e si portò davanti
all’altro.
Era fiera e superba.
Non presuntuosa, solo, orgogliosa. In tutti i suoi quattro anni.
Squadrò il bambino, leggermente dal basso verso
l’alto, aspettando una risposta. Lui sembrò quasi
ghignare, ma non era perfidia quella che leggeva nei suoi occhi, quanto
più un’immensa, completa, soddisfazione.
Le porse la mano
destra, che lei afferrò e strinse convinta.
-molto piacere. Io
sono Ren Naoki.-
-il piacere
è mio. Itachi Uchiha.-
-una marmotta,
dunque?- azzardò.
-no, non una marmotta.
LA marmotta.-
Ridacchiarono.
-quanti anni hai? Io
quattro.-
-anch’io.-
Continuarono a
stringersi la mano per altri cinque, sei, forse dieci minuti.
____________________________________________________________________
Fine primo chap! \^_^/
allora, che ve ne pare? Per delucidazioni sui personaggi chiedete
pure… per avere un’ideuzza sul loro aspetto
fisico, ho messo il link per un disegno che ho fatto di loro, pure di
Ren da piccola.
(link: per Ren a 4
anni: Ren
per
Momoka Uchiha & Kaito Naoki: Momo/Kai)
Lasciate un commentino
se potete, mi fanno tanto felici ^^
Grazie a tutti quelli
che hanno letto, perché se hanno avuto la forza di arrivare
fino in fondo al cap, vuol dire che hanno del fegato XD. Per i
più precisini, ogni ripetizione nel testo è
voluta, come quella di famiglia nei pensieri di Momoka
all’inizio della fic ^^
Se trovate castronerie
grammaticali in genere, segnalate, mi fa sempre piacere
correggere…
Appunto per areon:
adesso non iniziare a chiedere di Ichi o Shu, perché mancano
ancora una valanga di capitoli, chiaro? Bacioni a everyone,
-Dango-
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