Babysitter
D'Eccellenza
Erano
le dieci di sera, quando suonò il campanello di casa
Kaulitz.
Tom
Kaulitz, il chitarrista più svogliato della terra, sedeva
comodamente
spaparanzato sul divano.
Teneva
le gambe abbarbicate sul tavolino di vetro preferito di Bill. Tanto
Bill era in
bagno e non si sarebbe accorto di nulla. Come gli facevano male i piedi
dopo
quella giornataccia!
Alla
tv stavano trasmettendo la sua serie tv preferita e non c’era
suono, persona o
microbo che potesse farlo alzare da lì e fargli perdere la
puntata.
Per
cui, quando sentì il campanello suonare, alzò il
volume della tv e fece finta
di non aver sentito alcun ché.
“Ehi
Tom, chi è alla porta?” urlò il
fratello da una stanza dell’appartamento.
“Rispondi
tu, io sono occupato” gli strillò di rimando.
Due
secondi dopo Bill sfrecciò dietro il divano con la cintura
dei pantaloni ancora
in mano. “Tom, ero in bagno, caspita, potevi aprire tu, no?
Occupato, si come
no”
Tom
non gli diede bado. In fondo c’era una scena clou in quel
momento. Il detective
stava per rivelare chi era l’assassino…
Bill
allacciò alla belle meglio i pantaloni e spalancò
la porta. Inizialmente non
vide nessuno davanti a sé. Allungò il collo per
vedere se qualcuno stava per
caso scendendo le scale, magari stufo di aspettare che qualcuno gli
aprisse.
Quando
stava per chiudere, però, una vocina inconfondibile di un
bambino attirò la sua
attenzione. Abbassò lo sguardo e vide che sul tappeto di
casa sua c’era un
marmocchio di appena 5 anni con il pigiamino di Cars attorno.
“La
mia mamma mi ha detto di restare da voi, finché non
torna” disse prima di
sgusciare dentro casa, passando tra Bill e lo stipite della porta.
Gli
occhi di Bill diventarono due palle giganti. Ci si poteva anche giocare
a ping
pong vista la dimensione. “Ehi aspetta un momento!”
gli gridò dietro Bill, ma
il bambino stava già snocciolando una lista di possibili
giochi da fare.
“Possiamo
giocare a cow boy o a guardie e ladri, oppure ai Pokemon”
“Un
attimo, stellina” Bill si inginocchiò davanti al
bambino e lo prese per le
spalle. “Primo vorrei sapere come ti chiami e secondo chi
è la tua mamma”
Il
bambino gonfiò le guancie in modo alquanto bizzarro e poi
stizzito rispose: “Io
mi chiamo Thomas e la mia mamma è Karen, siamo vicini di
casa da taaaanto
tempo, possibile che tu non lo sappia, rimbambito?”
Bill
era sempre più perplesso. E anche un po’
arrabbiato. Come si permetteva di
chiamarlo rimbambito?
“Ok,
facciamo un bel gioco ok? Tu ti nascondi e io conto!”
“Facciamo
giocare anche il babbuino, per favore per favore per favore?”
il bambino
cominciò a saltare istericamente come una molla.
Bill
cominciava ad essere seriamente confuso. “E chi è
il babbuino?”
Il
bambinetto indicò Tom, mostrando una sfilza di dentini da
latte e una
tenerissima fossetta.
Bill
scoppiò a ridere e acconsentì. Così
Thomas corse davanti al televisore e spense
la tv.
L’urlo
disumano di Tom si propagò per tutto
l’appartamento e si riverberò giù dalle
tromba delle scale fin nei sotterranei.
“Maledetto
pidocchio immondo, vieni qui e te la faccio pagare!”
“Prima
devi trovarmi! Io mi nascondo e tu conti. Se mi trovi hai
vinto!”
“Ah
e pensi di dettare legge in casa mia marmocchietto insignificante. Ti
farò
pentire di essere nato”
Il
bambino saltellò via con un sorriso gigantesco.
“Ma
dico, l’hai visto? Mi ha riso in faccia!!”
“Tomi,
vieni qui e smettila di lamentarti, dobbiamo trovare sua mamma e
mandarlo via
da qui. Io non so badare ad un bambino?”
“Perché
io si? Chi è la mamma?”
“La
vicina”
“Ok,
vado a suonarle al campanello mentre tu lo cerchi, perché se
lo trovo gli
stacco il collo e me lo arrostisco per domani a pranzo”
“Bill,
la vicina non c’è! Ommioddio, ma che stai
facendo?”
Bill
era immerso in una nuvola bianca, mentre reggeva una frusta elettrica e
un
cucchiaio nell’altra mano. La cucina era soqquadro: i
cassetti erano svuotati,
c’era cibo ovunque, il frigo era aperto, il lavandino era
colmo zeppo di piatti
e la piccola peste era sdraiata per terra che infilava le mani in una
terrina
di plastica e ne estraeva filamenti cremosi. Li portava alla bocca e si
leccava
per bene le dita.
“Ci
è venuta voglia di fare un dolce. Ho pensato che potevo
tenerlo a bada”
“Vedo
che non è servito a molto”
“Tom”
gridò il bambino correndogli incontro e posandogli le mani
tutte impiastricciate
sui jeans. “Giochiamo a guardie e ladri?”
Un
occhio di tom cominciò a chiudersi in modo meccanico, come
se avesse un tic. “Dobbiamo
farlo sparire o lo faccio fuori”
“Dai
gioca un po’ tu con lui mentre io sistemo la
cucina”
“Caccola di
scimmia, vieni qui o ti prendo e
ti butto nel sacchetto dell’umido, pieno”
Le
urla selvaggie di Tom riempivano l’aria, seguite da risate
isteriche, simile a
quelle di una iena.
“State
attenti o mi romperete il prezioso vaso cinese”
urlò Bill, in preda alla
disperazione più pura, quando sfiorarono il mobiletto che lo
sosteneva, sfregiando
come due auto da corsa impazzite.
Detto
fatto, Tom scivolò nel tentativo di afferrare il bambino per
il colletto del
pigiamino e andò a sbattere contro il mobiletto che reggeva
il prezioso vaso di
Bill, che ondeggiò pericolosamente e cadde a terra
rompendosi in mille pezzi,
emettendo un rumore sordo. Bill si precipitò a raccogliere i
cocci, ma ormai il
danno era fatto. Non gli restò che piangere come una
fontana.
Il
bambino di farsi prendere non ne voleva sapere, e ciò stava
portando Tom sull’orlo
della disperazione. Saltò sui letti, sul divano,
rovesciò stura lavandini,
lampade, boccette di profumo e sventolò all’aria
le cose più improbabili:
fruste elettriche da cucina, carta igienica, preservativi di Tom,
detersivi per
piatti, ciotole del cane e mutande di Bill.
“Chiamiamo
l’ospedale psichiatrico e diciamo che è
indemoniato, ah?” propose Tom,
fermandosi un attimo a riprendere fiato.
Bill
lo guardò sconcertato. “Ma no ci vuole solo
dolcezza, guarda me!”
“Thomas
caro, io e Tom siamo molto stanchi e vorremmo dormire, quindi ora ti
prepariamo
il divano e fai la nanna, ok?”
“Non
ci penso nemmeno morto, mammalucchi” gridò issando
la carta igienica all’aria
come se fosse una spada. E cominciò a saltare per la casa
facendola srotolare.
“Dolcezza,
eh?”
Bill
ne aveva fin sopra i capelli e lui più i capelli erano una
bella altezza. “Imbavagliamolo
e leghiamolo”
Tom
gli sporse il palmo della mano aperta e Bill battè la sua
mano sul fratello.
Due uomini, contro un bambino? Un gioco da ragazzi.
Qualcuno
suonò alla porta. Thomas tutto pimpante andò ad
aprire e appena vide che era la
sua mamma le saltò in braccio, euforico. “Mi sono
divertito un mondo! Posso
tornarci anche domani? Abbiamo fatto un sacco di giochi e i fratelli
Kaulitz
sono molto divertenti, si lasciano fare molte
cose…”
A
quelle parole Bill e Tom cominciarono a dimenarsi come foche spiaggiate
e produssero
mugognii tremendi. Cercarono l’un l’altro di
togliergli le corde che li
legavano o almeno di togliersi lo scotch per poter comunicare, ma fu
tutto
invano.
Quella
fu ricordata come la peggior serata da dimenticare, prima di rendersi
conto che
era solo la prima di una serie molto lunga…
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