Il
ragazzo che giocava a calcio.
Era
una notte senza stelle, quella.
La
luna faceva capolino nel cielo, diventando l’unica
fonte di luce in quel paese avvolto dall’oscurità.
-Ci
mancano solo i lupi mannari.- si disse un ragazzo
dai capelli grigiastri, lo sguardo triste rivolto verso la luna piena,
mentre
le dita battevano sul parapetto al ritmo della musica che stava
ascoltando.
Quella
sera faceva freddo, una brezza pungente soffiava
da nord portando con sé i primi fiocchi di neve, che entro
pochi giorni avrebbe
ricoperto di bianco le strade dell’Hokkaido.
Indossò
il pigiama, togliendosi la sciarpa dal collo e
posandola sul cuscino accanto al suo.
Era
geloso di quell’oggetto. In qualche modo gli dava
protezione, proprio come un orsacchiotto per un neonato.
Dopo
tutto era l’unica cosa rimasta di suo fratello, un
pezzo di lui.
Shirou
si infilò nelle coperte, portando al petto la
sciarpa e annusandola.
Egli
fissava la porta della sua stanza, era fermo,
immobile.
Ripensava
alla sua ultima conversazione avuta con
Atsuya, a ciò che avrebbe voluto dirgli.
Era
successo tutto così in fretta, un momento prima era
con il salmonato e un momento dopo…
Ci
mise molto tempo a metabolizzare tutto quello che
successe in quel giorno dopo la partita, però sapeva per
certo che la sua vita
era cambiata, provando un odio contrastato per il suo gemello.
Scosse
la testa.
Voleva
dimenticare quell’episodio, ma purtroppo faceva
parte di sé e di quello che era diventato.
Socchiuse
gli occhi, mollando il pezzo di stoffa bianco
accanto a sé.
Se
c’era una cosa che il numero 9 amava di quel paese
dimenticato da Dio, era proprio il silenzio che regnava per le strade,
lasciando spazio solo al gorgogliare del ruscello.
Una
cosa era certa: In quel borgo si poteva dormire
beati.
Per
il resto lo odiava.
Odiava
le persone di quel luogo.
Odiava
tutti i posti che gli ricordavano il fratello.
Odiava
sé stesso.
Perché
bhè, in fondo era la copia, solo più spenta di
Atsuya.
Si
guardava allo specchio e vedeva il riflesso del gemello.
Era
come un insetto confinato in un barattolo,
all’interno della sua coscienza.
Sentì
un rumore sinistro risuonare nel giardino fino a
raggiungere i corridoi vuoti della casa.
Inizialmente
il grigio afferrò la sciarpa e la strinse
ancora di più a sé per la paura.
Era
solo in casa, i suoi nonni erano partiti e i vicini
anche.
Il
suono di una pallonata contro il muro fece capolino
nella camera, accompagnato da una voce che gli ricordava vagamente
qualcuno.
Scese
gli scalini, due alla volta, fino ad arrivare
sulla soglia del giardino.
Il
vento intorno a lui si alzò in raffiche, soffiava
violento, smuovendo le chiome degli alberi che circondavano il prato,
come se
la natura sentisse il tormento che provava l’albino in quel
momento.
Era
quasi riuscito a calmarsi, quando una voce
assurdamente familiare gli parlò dall’ombra
– Shirou?
Girò
su se stesso. Lui era vicino al ripostiglio, i
capelli in controluce formavano un alone luminoso intorno al suo bel
viso. Gli
occhi chiari orlati di lunghe ciglia lo guardavano curioso.
Il
corpo di Atsuya sembrava piccolo in mezzo a quella
specie di boschetto che i suoi nonni possedevano
A
quella visione gli venne la pelle d’oca, mentre le
mani iniziarono a tremare… ma non per il freddo.
Spalancò
gli occhi, incredulo, dirigendosi verso il
fratello, o meglio: verso il fantasma del fratello.
-Sono
felice di vederti, Atsuya.- sembrava impossibile,
ma era così.
In
effetti il salmonato gli aveva rovinato la vita e
provava una puntina di odio nei suoi confronti. Eppure era
lì, con un sorriso
che gli colorava il viso.
Atsuya
non batté ciglio, era così distante.
-Anche
per me, Shirou. E’ passato troppo tempo.-
Il
suo nome suonava strano pronunciato da un Atsuya
adolescente con la voce più roca.
Il
vento ululò intorno a loro, foglie impazzite si
alzarono in turbini impetuosi, ma era come se il tempo si fosse fermato.
-Vorrei
che fosse andata diversamente.- disse il numero
9, sapendo che non poteva mai esserlo.
Il
suo sguardo era duro, inflessibile.
Probabilmente
reputava Shirou colpevole della sua morte?
Era lì per punire i suoi peccati o cosa?
-Non
poteva andare diversamente.- mormorò con il suo
solito ghigno stampato in faccia.
Le
parole non erano altro che una conferma, una
pugnalata dritta al cuore.
Lui
se ne era andato, lasciando solo il fratello, con
il peso della sua morte sulle spalle.
Perché
io? Perché proprio io sono sopravvissuto?
Questa
era la domanda che ogni santo giorno, davanti
allo specchio Shirou si ripeteva.
-Mi
dispiace.-
-Mi
dispiace, Shirou. Di averti lasciato solo.-
Il
più grande dei Fubuki, calciò nuovamente la palla
contro il muro, mentre la pioggia iniziò a ticchettare
sull’erba coperta dal
bianco della neve.
Tra
le gocce, l’immagine del salmonato
iniziò ad affievolirsi iniziando dalle gambe.
Il
grigio tese una mano, invano, per toccarlo un’ultima
volta, per sentire il suo calore un’ultima volta.
Sbatté
le palpebre ed ogni cosa era sparita insieme ai
suoi ricordi.
Avrebbe
pensato che fosse stato tutto un bellissimo
sogno.
Tic
Tic Tic
La
pioggia batteva su Shirou, bagnandolo dalla testa
fino ai piedi, ma il giovane non accennava a muoversi.
Era
immobile, attonito sotto quella cascata piacevole
di acqua.
Ancora
quella stupida pioggerella, malinconia, portò
via gli unici pensieri felici che l’albino teneva con
sé.
Un
rombo, un tuono gli fece vibrare il petto,
ripercuotendosi fino ai suoi occhi, ormai lucidi.
Le
gocce si posarono sulle sue guance, mescolandosi
alle lacrime bollenti che solcavano il viso pallido di Fubuki. Come
fuoco. Come
acqua.
Sorrise
verso il cielo nuvoloso, sentendo ancora il
rimbombare delle pallonate che si infrangevano sulla parete.
-Sarà
solo la pioggia accumulata nelle tubature che
scende.- si disse Shirou riferendosi a quel rumore, poi
cominciò ad
incamminarsi verso la porta, con quel sorriso ancora stampato sulla
faccia.
-Ciao
Atsuya.-
Angolo
del DisaggioH:
Le
me: UEEE.
Sì
ho pubblicato
sta schifezza, linciatemi pure.
Atsuya:
Si
possiamo farlo! Sì!
Le
me: Ma, io
scher-
Nagumo:
Daje
Atsuya! Prendi dei coltelli in cucina, io prendo una mannaia e_e
Le
me: No cos-
Shirou:
*vestito
da super eroe* Sono venuto a salvare la signora autrice! *posa eroica*
Le
me: Ma-
Shirou:
Lei ha
ancora tutta una vita davanti e deve continuare a torturare le persone
di
questo fandom con le sue FanFiction.
Le
me: Ah.
Afuro:
Però se
vedranno me a fine capitolo, rimarranno sempre delle persone felici. u.u
Le
me:
Ovviamente. *rivolgendosi ai lettori* Allora, la prossima storia che
pubblicherò sarà una HeraxAfuro e penso
seriamente di eliminare “The London
Dungeon” dato che non ha fatto molto successo, ma ho deciso
di darle un’altra
possibilità con il capitolo che pubblicherò a
breve.
Afuro:
Aspetta,
ho sentito che scriverai una storia su di me. *occhi a cuoricino*
Nagumo
e Suzuno:
tanto ti rovinerà, fidati.
Afuro:
*occhi a
cuoricino*
Le
me: Ehm,
Afuro, dovresti concludere l’angolo del disaggioH eh eh
^^”
Afuro:
*occhi a
cuoricino*
Le
me: Mh, va
bhè. Speriamo che la storia vi sia piaciuta (ndvoi: Buuuu) e
speriamo di
ricevere dei vostri pareri :)
Alla
prossima
storia!
Afuro:
*occhi a
cuoricino*
Midorikawa:
wow,
in questo angolo non è morto ness-
Le
me: *gli
lancia un coltello*
|