Mezz'ore

di Fed
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Mezz’ore

 

 

 

 

 

Wilson cammina nei i corridoi dell’ospedale universitario Princeton-Plainsboro, la cartella blu di un paziente nella mano destra ed un gran fardello sulle spalle.

James Wilson cammina e sorride, saluta e sorride, scambia qualche parola con le infermiere e sorride.

Sono terribili, le infermiere. Loro ridono. Ridono davvero.

Questo James non lo sopporta.

 

Quando cammina per i corridoi, Wilson sa di dover sorridere.

Non che sia stufo di farlo – ormai ci si è abituato – ma a forza di far credere a tutti di essere una brava persona, un uomo soddisfatto e cordiale con qualche piccolo, piccolissimo scheletro nell’armadio (i matrimoni contano solo come teschi, no?) non sa più trovare il modo per essere lasciato in pace. Di tanto in tanto. Per qualche minuto.

James si sente solo.

Sorride ad una delle infermiere sghignazzanti, lei lo saluta con forza, buttando tutto il corpo in avanti mentre dice un “Buongiorno!” troppo esaltato ed arrossisce appena. Wilson si ferma. La sua maschera gli mette i freni ogni volta che cammina.

 

“Buongiorno a lei, signorina Price, ha tagliato i capelli?” Non aveva deciso di rispondere solo ‘A lei’? “Sta bene.”

“Oh, dottor Wilson! Lei è l’unico uomo su questa Terra ad avere abbastanza tatto per accorgersi del nuovo taglio di una donna!”

 

Jimmy si ferma, si ferma mezz’ora.

È sempre così, la maschera deve stufarsi di giocare con le sue reazioni e le sue risposte, prima che lui possa dire di avere un paziente da visitare tra pochi minuti. Insomma, prima che possa mentire in modo diverso da quanto non stia già facendo.

Sì, di solito è sempre mezz’ora.

 

 

 

 

Wilson cammina tra i corridoi dell’ospedale universitario Princeton-Plainsboro, in realtà sta cercando di correre senza darlo a vedere. Se qualcuno lo ferma ora, è pronto ad urlare.

 

“Il tuo paziente sta per morire?”

James rallenta, aspetta che lui lo raggiunga, si adegua al suo passo. Non urla, comunque.

“Sì, è terminale.” Dice agitando la cartella del signor Brown come se fosse una fotografia dell’uomo.

“E morirà nei prossimi trenta minuti?”

 

Wilson sospira, in realtà sta sorridendo sotto i baffi.

 

“Cosa ti serve, House?”

“Mi offri un caffè?”

“Devi parlarmi di un caso?”

“No. Ho i biglietti per i Monster Truck.”

“Di nuovo?”

“Era per vedere se mi dai buca anche stavolta. Il fatto che tu non venga a vedere i Monster Truck per due volte di seguito mi dimostrerebbe che sei gay.”

 

Wilson si ferma.

Non cammina più in quei corridoi troppo infestati di gente pronta a fermarlo e a costringerlo ad essere gentile nei loro confronti. Quando c’è House non si avvicina mai nessuno.

 

“Dove vuoi arrivare, stavolta?”

 

Greg solleva le sopracciglia, in realtà sta sorridendo sotto i baffi.

Solo con lui James Wilson può permettersi di non fingere cordialità, ma cinismo. È il suo modo di riconoscerlo come l’unica persona con cui sta bene in quella mezz’ora di conversazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fatemi sapere che ne pensate, oppure se volete che io sparisca subito dal fandom di House MD (non cercate di uccidermi, però, per favore. Scrivere è più forte di me, date la colpa a chi mi ha messo al mondo :D).





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