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La Fine
di un' Epoca
AClaudia.
Sarebbe finito tutto.
La sua morte avrebbe portato alla fine di un'
era.
Un' era di eroi e uomini che con il loro
coraggio e le loro gesta avevano cambiato il mondo.
Suo padre aveva per primo unificato le terre
di Britannia e sotto la sua bandiera le genti anglofone si erano riunite per
combatte l’invasore normanno.
Uther Pendragon, il figlio del drago.
Così era chiamato suo padre.
E ora, lui, grande re delle genti di Britannia,
Artù, si accingeva a raggiungerlo nei grandi campi che si estendono oltre la
morte.
Con le ultime forze che gli rimanevano posò
lo sguardo stanco sulla vallata verde, ora coperta di cadaveri dell’esercito
suo e di suo figlio.
Il cervo giovane aveva ucciso il cervo anziano
e nel farlo era morto anche lui.
Morgana avrebbe riso.
Gli avrebbe preso gentilmente la mano e se la
sarebbe portata al volto, baciandola.
In quella valle un tempo risuonava il canto
del vento e le onde lambivano dolcemente le sponde del lago.
Un tempo in quei luoghi aveva trovato la sua
felicità.
Aveva cavalcato a fianco dei suoi cavalieri,
Lancillotto, Galvano, Galahad, Gareth, Cai, Parsifal.
Aveva amato Ginevra e ancora prima aveva amato
Morgana.
E ora quel passato sbiadiva, lentamente ma
inesorabilmente andava scomparendo, come un disegno sulla sabbia che l’acqua
del fiume porta via con sé.
Era il suo destino.
Come in passato aveva guidato alla vittoria le
genti della Britannia, portando anni di prosperità e pace, così ora si
accingeva a lasciare quel mondo terreno per entrare tra le schiere immortali
degli eroi.
Una mano, piccola e candida, gli accarezzò la
fronte e una voce, conosciuta e amata, gli sussurrò gentilmente.
-E’ ora di andare fratello mio, là sulle
sponde del lago ci attende la barca che ci porterà insieme verso casa.
L’ultimo viaggio ci attende, torna ad Avalon con me.-
Girò la testa, lentamente, non senza fatica,
fino a incastrare lo sguardo con quello pieno d’amore della donna che per lui
era stata ogni cosa: madre, sorella, amante.
Colei che da bambini, quando la regina Igraine
era troppo impegnata a pensare al marito, si era presa cura di lui, istruendolo,
amandolo, avendo cura di lui come un figlio, la bambina che gli cantava le
antiche nenie delle fate prima di dormire, che gli stringeva la mano durante la
notte per evitare che avesse paura.
La sorella che gli aveva insegnato il
significato della parola crescere, che lo aveva accompagnato per tutta la vita e
aveva contribuito a farlo diventare il re che era stato.
La donna che aveva amato, che aveva fatto di
lui un uomo, che lo aveva amato senza riserve, dando alla luce suo figlio.
Quello stesso figlio che ora giaceva riverso a
pochi metri da lui.
Sangue del suo sangue.
Carne della sua carne.
Ma un giorno, non troppo lontano si sarebbero
reincontrati oltre la morte.
Là dove la guerra non è che un ricordo
lontano e dove la musica è melodia avrebbero finalmente potuto costruire quel
rapporto che non erano riusciti a far fiorire.
Sarebbe potuto diventare il padre che non era
riuscito a essere.
-Morgana-
Fu poco più di un sussurro.
Un nome pronunciato come fosse una preghiera.
-Sono qui Artù, amore mio, fratello mio.-
-E’ la fine Morgana. Ogni cosa, Gwydion,
Camelot, tutto è perduto-
-No amor mio. E’ un inizio.-
Con l’amore che solo una donna sa mostrare,
sfilò dolcemente la spada dalle mani di Artù.
Quella stessa spada che un giorno di tanto
tempo prima, un uomo di nome Merlino, che era stato il più grande mago di tutta
la Gran Bretagna, aveva donato a un giovane re il giorno della sua
incoronazione.
Sulla lama brillavano ancora le rune che
avrebbero dovuto proteggere chi la portava, logorate dal vento e dall’uso
avevano perso ogni traccia dell’antico potere.
Quella spada, che in passato aveva fatto
strage di nemici ed era stata considerata l’arma leggendaria che avrebbe
guidato il cervo alla vittoria, ora giaceva insanguinata e silente, come priva
di vita.
Aveva fatto il suo tempo.
Ora come il suo portatore, Morgana, Avalon e
ogni cosa che aveva fatto parte dell’antico ordine, sarebbe tornata a fare
parte dei sogni, sarebbe divenuta anch’essa parte della leggenda senza fine
che portava il nome di Artù.
Morgana si alzò e si avvicinò al lago, quindi
sollevata Excalibur e fattala roteare per qualche secondo sopra la sua testa, la
gettò nell’acqua.
Alcuni dicono che la mano della Signora del
Lago uscì dalle acque per riprendersi ciò che un tempo le era appartenuto,
secondo altri invece la spada si inabissò lentamente per non comparire mai più.
Trasportato dalle braccia dei suoi cavalieri
superstiti, Artù fu adagiato nella piccola imbarcazione di legno di frassino,
sulla quale il conducente dell’isola aspettava che la Signora di Avalon
venisse ad aprire la via.
Morgana percorse la vallata con lo sguardo, un
velo di tristezza le coprì il volto.
L’epoca degli eroi e dei signori della magia
calava all’orizzonte.
Da est sorgeva il sole di una nuova epoca, un'
epoca che solo gli uomini avrebbero vissuto e che sarebbe stata ricordata come
storia, non più come leggenda.
Nel cuore delle persone non c’era più
spazio per l’antico popolo.
I Faerie si erano quasi tutti ritirati oltre
le spesse nebbie del loro mondo e gli gnomi, le fate e gli elfi avevano
abbandonato le terre abitate dagli umani.
Si chinò sul cadavere dell’uomo che un
tempo era stato suo figlio.
Con gentilezza materna riportò una mano al
viso, deponendovi sopra un bacio, quindi coprì il volto di Gwydion con un velo.
-Addio figlio mio. Non sono riuscita a essere
la madre di cui avevi bisogno, ti ho spinto verso la morte nonostante volessi
vederti vivere. La nostra epoca è tramontata oramai, il sole si accinge a
calare per l’ultima volta dietro alle montagne e la vita passata non è che un
ricordo lontano.-
Salì sulla barca, sedendosi accanto a
quell’uomo che tanto aveva amato.
Gli prese la mano stringendola come fosse
l’unica cosa che avrebbe potuto tenerla ancorata al terreno.
-Non piangere sorella mia, amore mio. Insieme
affronteremo l’ultimo viaggio e una volta ad Avalon, tu mi guarirai-
La sacerdotessa si asciugò le lacrime, che
silenziose e traditrici avevano iniziato a scivolarle lungo le guance candide.
-Sì, fratello mio, l’ultimo viaggio. Hai
paura?-
-No, se tu sarai con me non avrò nulla da
temere. Con la tua magia sfideremo qualsiasi ostacolo e guariremo qualsiasi
ferita, con la mia forza sopravvivremo a chiunque oserà ostacolarci.-
-Fratello mio, la nostra epoca è conclusa-
-E’ dunque davvero la fine?-
-No, è l’inizio di un nuovo mondo. Si è
appena concluso un ciclo-
sussurrò Morgana aprendo le spesse nebbie che
celavano l’isola di Avalon all’occhio umano.
-E ora sta per iniziarne uno nuovo. Il nostro
tempo è passato, amore mio, ora noi, insieme, entreremo nella leggenda. Saremo
ricordati per sempre.-
-Gli eroi di un' epoca tramontata.-
-Sì fratello mio. Il mondo ha bisogno di eroi.
E a dopo di noi verranno altri, che cavalcando su questa terra sconvolta dalle guerre e dal sangue versato, si fregeranno
del titolo di eroi.-
E con un gesto della sua mano, le nebbie si
richiusero alle sue spalle, celando l’isola di Avalon agli Dei e agli uomini.
E Lancillotto e Galvano, che dalla spiaggia
osservavano il lago, videro da lontano la sagoma nera di un' isola scomparire tra
le nebbie, inghiottendo con sé la piccola imbarcazione che portava a bordo la
sacerdotessa più famosa del regno e il loro Re.
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