La sposa di Lammermoor

di MaryMelody98
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Timor che diviene verità


Era appena arrivata l’alba nelle belle valli verdi della Scozia, i raggi del sole incominciavano ad illuminare le grigie ed antiche pietre dei nobili e altisonanti castelli, quello di Ashton non faceva eccezione. La costruzione si ergeva ai piedi di un vasto lago che si estendeva per gran parte della proprietà della famiglia, e faceva da specchio alla costruzione ormai in decadenza; tuttavia a rendere più interessante il grigiore dell’abitazione vi era un giardino abbandonato e non più curato dalla generazione Ashton presente, dove grandi alberi coprivano con le loro grandi fronde la superficie spettrale e affascinante di quell’angolo di mistero e i suoi segreti. La nostra storia prenderà posto in ognuno di questi lati duri e magnifici dell’antica residenza scozzese: amore, passione, drammaticità, calcolo e pazzia vivranno in queste mura nelle righe scritte da qui in seguito,per raccontare la breve vicenda di un ardore soffocato e mai sbocciato.

 
1700, Castello degli Ashton

 
Nel severo cortile del castello i soldati del padrone, Lord Enrico Ashton, e il padrone stesso erano rientrati dalla solita perlustrazione delle terre che si era trasformata in una classica battuta di caccia privata. Non era stata una battuta di caccia normale, come quelle che era solito fare con i suoi amici e confidenti verso ore più tarde del pomeriggio: quell’occasione era diventata una valvola di sfogo per i pensieri tormentosi che opprimevano ogni secondo della sua quotidianità. La famiglia Ashton stava per estinguersi fra le ricchezze di tutta la Scozia, quello che tutti consideravano una volta un astro nascente e che mai sarebbe caduto, stava da lì a poco per precipitare e senza arresto. La superbia di Enrico e i suoi vizi di uomo avevano portato alla decadenza la famiglia, se poteva mai essere considerata una famiglia: lui e la sua giovane sorella Lucia; aveva invano cercato di rimediare al danno, ma non ci era riuscito ed ora l’unica soluzione possibile per salvarsi dal precipizio era il matrimonio, non il suo ma di Lucia. Era sceso da cavallo e man mano senza farsi scorgere si era allontanato da tutti quanti per pensare al da farsi, tutto era perfetto tranne il fatto che Lucia si rifiutava di sposare qualunque uomo.

“Cosa ti turba, amico mio?” chiese dietro di lui Normanno, suo armigero e confidente fidato, che lo aveva seguito e scrutato negli ultimi giorni con preoccupazione.

“Oh, Normanno! La stella della nostra casata va sempre più ad oscurarsi… Ed Edgardo, quel demonio erge la sua fronte alla fortuna più grande… Neanche Lucia acconsente ad aiutarmi, ritira la sua mano di sorella dinanzi alle mie difficoltà!” esclamò con rassegnazione.

Edgardo, il nome del suo nemico da secoli, giovane rampollo della famiglia Ravenswood, a cui la fortuna voltava il suo favore mentre lui. Il solo pronunciare quel nome tanto odiato, ravvivava la sua furia sia nel corpo che nell’anima: “lui destinato alla grandezza ed io alla morte del mio nome” pensava.

“Ma signore come può l’amore entrare nel cuore di una fanciulla la quale tutti i giorni compiange la madre morta sulla tomba?” sbottò una terza voce consunta dal tempo e dallo studio della vita.

Ai due uomini si era unito il vecchio Raimondo Bidebent, precettore di Lucia, che non aveva potuto far a meno di sentire la conversazione mentre era immerso nella giornaliera osservazione mattutina delle rare piante vicino al cortile dove avveniva la conversazione.

“Raimondo, cosa fate qui? Se non sbaglio ascoltare le conversazioni altrui non è simbolo di buona educazione come mi avete insegnato voi. Perché siete sveglio a quest’ora della mattina?”domandò rabbioso Enrico.

“Il mio signore deve scusarmi, ed ha più che ragione.  Stavo esaminando i bei fiori che crescono sul sentiero che porta al cortile, e per sbaglio ho ascoltato ciò che stavate dicendo con il vostro armigero. Non ho saputo frenare la mia lingua al vostro pensiero, scusatemi.”disse il precettore.

Scuse accettate vecchio” rispose Normanno, tale era l’amicizia con il suo padrone”Anche perché sono tutte menzogne quel che dici!”

“Che intendi Normanno?” domandò il Lord con preoccupazione.

“Intendo, Enrico, che la tua Lucia non brucia di dolore, ma di amore!” sbottò l’armigero.

“Ma cosa dici? Non è possibile!”

“Oh, certo che è possibile. L’ho vista con i miei stessi occhi per giorni e giorni. Percorreva la piccola strada vicina al giardino abbandonato con la sua fedele Alisa, ed ecco che un uomo coperto da un mantello corse verso di loro e prese la tua dolce sorella per la vita facendola volteggiare in un abbraccio e lo baciò!”

“E chi è costui? Lo sai?” esclamò Enrico con impazienza.

“Beh, per scoprirlo sono stato ad aspettare nascosto dai cespugli per altri due giorni, loro come di consueto non mancarono all’appuntamento all’alba su quella stessa strada e il misterioso uomo non si faceva scorgere per via del cappuccio del mantello sul capo… Ma ecco che prima di andarsene il secondo giorno, Lucia glielo toglie e vedo il suo volto… “

“E lo hai visto quel bastardo?” ringhiò a quell’attesa.

“Ho solo un sospetto… non ne sono sicuro”

“Chi è?” urlò “ Dimmelo!”stava per scaraventarlo per terra, ma Normanno parlò prima che lo fece.

Il tuo nemico… il tuo peggior nemico” sputò in un sospiro di liberazione

“Edgardo!” gridò con odio e spavento allo stesso tempo.

Con un cenno del capo l’amico marchiò di verità il sospetto più temibile, non poteva crederlo sul serio. Un’Ashton con un Ravenswood, neanche l’Inferno poteva accoppiare due amanti più sbagliati e rendere un crimine più odioso al mondo di tutto ciò.

“No! No! È troppo crudele e doloroso questo sospetto! La mia pelle diventa d’oca al solo pensarci e i capelli diventano bianchi come i tuoi, mio vecchio precettore! Mi sento gelare il cuore e tremare per una sorte tanto crudele! Non può essere mia sorella colei che si macchia di tale scempio in questo modo! La ucciderò, la ucciderò, ed anche se la colpisse un fulmine a svelarsi rea del suo amore dettato dal Diavolo, la sua sorte sarà ben più terribile con me!”.

Gridando, smaniando come un pazzo in collera rientrò nel suo castello pieno di furia più di quanta un uomo potesse contenere nel suo cuore. Si sentivano strepiti ed urla dalle finestre dei suoi appartamenti, e tutti da giù il cortile osservavano i vetri opachi basiti e in silenzio.

Normanno e Bidebent erano rimasti soli e immobili  nello stesso luogo e nella stessa posizione, sembravano delle statue ricavate dalle pietre dell’imponente palazzo ma con una differenza sostanziale. Il vecchio guardava con occhi truci l’armigero, consapevole che dal allora in poi le cose nella residenza non sarebbero state più le stesse. La calma la tranquillità che erano regine nella casa sarebbero state distrutte da un sentimento molto più forte: l’odio che avrebbe contrastato il vero amore di due giovani.
 
 




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