Esperimento K6-12.

di BlackPaperMoon
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Lo senti, questo rumore?
E' la follia che si muove. E' un suono che assomiglia allo strisciare inerme di membra stanche, oppresse, a cui presto verrà strappata via la vita dalla carne. La follia non ha un'anima, si nutre solo di paura. E la paura? Cos'è la paura? Assurdo che tra tutti i difetti che un prototipo potesse avere, io li possedessi tutti. Mero scherzo del destino, aspro, acerbo. Solamente la mia mente superiore vede lucidamente. Vorrei che gli impulsi meccanici del mio cervello riuscissero ad arrivare ai miei arti. Non sono che un misero rifiuto fetente, Medusa-sama ha fallito in tutti i fronti con me. E pensare che avevo il semplice compito di testare quell'onda di follia, talmente minuscola che tutta la Shibusen riderebbe di lei. Mi ruppi in mille pezzi, di fronte allo sguardo deluso della mia creatrice. Qualcosa mi striscia sulle dita, pare lo zampettare di tanti piccoli insetti. Un invasione di insetti. Ma le mie membra sono staccate dal mio corpo, e io non sento le sensazioni che mi pervadono. Non sento niente. I sapori, gli odori, i sentimenti. Nulla. La follia non ha bisogno dei sensi. Mentre questa pioggia di fango bagna la mia cute, attendo di arrugginirmi come tutti gli alti rottami qui vicini a me. Non mi accorgo che la follia sta operando, che la pazzia mi sta facendo rinascere, che le mie membra ora sono nuovamente vicine. Il mio corpo al completo. D'improvviso, un fulmine solca il cielo e mi colpisce in pieno, all'istante. Luce abbagliante invade gli occhi spenti di chi non ha visto altro che tenebre, facendoli lacrimare prematuramente. Quando quest'estenuante strazio cessa, quando ancora ribollo di carica elettrostatica, sono ancora a terra. Un dolore lacerante mi pervade la carne, che scopro logorata in tante piccole ustioni poco dopo. Avverto la pelle bruciare. Sollevo il braccio destro, quello sinistro, poi mi desto, reggendomi sulle gambe. Posso muovermi, il mio corpo risponde perfettamente. Nel mio freddo petto ancora un cuore non batte, dunque cosa alimenta il mio giovane corpo? D'improvviso, il segno sulla mano rende i pensieri più lucidi: io sono follia. E nel mio corpo scorre solo essa, unicamente lei mi tiene in vita. La follia ha scelto me. Sono stato riportato al mondo e donato di nuova vita per uno scopo ben preciso. Nella mia offuscata mente, appare un'unica immagine chiara. Lei, l'angelo, la purezza, la castità. Ogni sentimento immacolato vige in lei, splende in lei. E' così affascinante in tutti i suoi aspetti, che provo l'insano desiderio di sporcarla con la mia follia, come si contagia una malattia, come l'inchiostro scuro sporca un foglio completamente bianco. Un sorrisetto sghembo, agghiacciante, mi solca le labbra mentre la pallida luna ghigna sopra la mia testa e mi sporca il capo col sangue delle sue fauci. Alzo le mani al cielo, con aria solenne, in nome della mia sanità mentale meravigliosamente instabile. D'ora in poi vivrò unicamente per Lei.

Lei, la droga più potente di tutta. Mai le mie pupille hanno veduto il suo viso angelico e pallido, ma la sogno ogni notte. Era così ingenua e innocente che il desiderio di strapparle un urlo dalla gola s'amplifica maggiormente in me, giorno per giorno, corrodendomi. Non è amore, no. Ciò che provo non è uno sciocco sentimento umano. Il mio battito cardiaco non s'accelera nel pensare alla sua persona, anche perché io un cuore non lo possiedo. La mia è un'ossessione, pura, morbosa e genuina. Necessito di trovarla e osservarne ogni singolo dettaglio, come l'artista che studia il paesaggio prima di fare il dipinto. Lei è la mia musa, e io, pittore delle tenebre, non devo riprodurla. Devo prendere spunto da lei, dalla sua perfezione. Devo fare le sue astuzie mie, devo farla mia. Lei è come un muro invalicabile, una continua sfida contro il mio stesso essere, qualunque cosa io sia. Ci rimettessi le mie membra tirate al lucido, la troverò. E in un batter di ciglio tenterò di sporcarla con la mia insanità, cibandomi delle sue più recondite paure.





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