The Boy Who Waited 5
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Sì,
è un ritardo mostruoso.
E sì, non ho scusanti. La verità è che
ho avuto davvero un mese molto impegnato, tra le varie feste, gli
amici, ferragosto, il ricominciare a studiare.
Questo capitolo l'avevo già scritto da un po' -saranno un
tre settimane ormai, forse anche di più- ma... ha una
continuazione. All'inizio pensavo che avrei impiegato poche righe per
scrivere l'ultima parte ma ieri, che l'ho ultimata, mi sono resa conto
di sbagliarmi. E' venuta piuttosto corposa e dunque ho deciso di
pubblicarla come capitolo a sé stante, come epilogo.
Questo, tuttavia, resta il più emozionante, diremmo, commovente. O
almeno, se ci sono riuscita.
Alla fine, forse, non sarete solo in lacrime, ma avrete anche un
sorriso. Chi lo sa.
Detto questo... boh davvero non so cos'altro aggiungere. Forse che mi
dispiace? In quel caso sì. Parecchio. Poi leggere questo
capitolo con la seconda colonna sonora che vi ho messo... BEH, buona
fortuna.
Vi servirà.
Soundtracks
che ho
ascoltato scrivendo il capitolo: Questo è
stato il capitolo più difficile da scrivere, come
già anticipato. So much pain ç_ç
La colonna sonora che ho utilizzato all'inizio non posso postarvela,
purtroppo, dal momento che ascoltavo in loop il primo minuto e mezzo
della suddetta, e non avrebbe senso chiedervi di dover stoppare il
video e rimetterlo da capo ogni volta -poiché da un punto in
poi, diventa veloce e quasi allegra e stonerebbe del tutto con il theme
di questo capitolo. Dunque, dopo attenti e lunghi esperimenti (?) ho
trovato una degna sostituta.
Mi spiace di non poter essere rimasta fedele fino all'ultimo, ma
purtroppo ogni tanto la necessità chiama e si deve fare
qualche cambiamento ^^" se siete curiosi, mandatemi un messaggio
personale e vi scriverò la soundtrack originale che avevo
ascoltato (o per lo meno quel minuto e mezzo) e rileggete il capitolo
con quella, perchè ci sta da Dio xD
Anyway (entrambe da sentire a ripetizione ahah):
1. (all'inizio, poi ad un
tratto vi metterò la seconda, con
la solita scritta "qui") https://www.youtube.com/watch?v=h3lWwMHFhnA
The Boy who Waited
Too
late
Quando Castiel tornò
sulla Terra per la sesta volta, rischiò di scontrarsi con
una donna.
Acquistò l'equilibrio in tempo, mentre la ragazza vestita di
azzurro lo superava di gran carriera, spingendo un carrello di
asciugamani.
Per fortuna andava troppo di fretta per prestare attenzione a
quell'uomo in trench apparso dal nulla, così non gli
gettò nemmeno un'occhiata e Cas sospirò di
sollievo, maledicendo mentalmente il suo radar angelico che l'aveva
catapultato nel bel mezzo di un lungo corridoio luminoso. Le pareti
erano bianche e asettiche e vi era ovunque odore di disinfettante:
Castiel si grattò la nuca confuso, chiedendosi
perché non fosse capitato nuovamente nel giardino di Sam.
Era consapevole del desiderio di Dean di non vederlo mai
più. Gli aveva scorticato il cuore, o almeno il dolore era
lo stesso.
Solo che, nel momento in cui Gadreel gli aveva annunciato l'imminente
distruzione del portale, nel guardare per l'ultima volta la terra
attraverso di esso, Castiel non aveva resistito.
Aveva corso come un pazzo fino ad esso, urlando a Gadreel di fermarsi
subito, che si era dimenticato qualcosa dall'altra parte.
Gadreel era rimasto interdetto, così come tutta la schiera
di angeli presente all'operazione, ma poi gli aveva concesso un'ultima
opportunità. Cas poteva recuperare quello che doveva dalla
terra, e poi avrebbero distrutto il portale.
Ma Cas non aveva alcuna intenzione di tornare indietro. Non importava
che Dean non l'avesse voluto, lui avrebbe continuato a proteggere il
suo cacciatore, perché questa era la sua prima missione e
lui era un uomo d'onore.
O forse...
Forse questa era solo la scusa che si era costruito. In
realtà non riusciva a immaginare la sua vita senza quel
burbero Winchester, senza il suo odore di birra e di pelle, senza
quelle lentiggini, senza quella voce che lo chiamava, senza quel
sorriso e quegli occhi verdi.
Cas si diede una nuova occhiata attorno, scorgendo altre persone
vestite di azzurro correre da un lato all'altro del corridoio: tutti
sembravano aver perso l'autobus o avere dimenticato qualcosa nel forno.
Guardavano dritti davanti a sé e camminavano spediti, chi
con flaconi in mano, chi con blocchi di appunti, chi mentre si metteva
dei guanti in lattice.
Dove diamine era finito?
Eppure, il radar angelico non sbagliava mai, Dean doveva trovarsi da
qualche parte lì vicino: così Cas girò
l'angolo di quel corridoio dalle mattonelle bianche, coi passi che
rimbombavano tra le pareti, e si interruppe presso una lampada a neon
che non riusciva a rimanere accesa e continuava a tremolare.
Cas si fermò giusto sotto di essa, con la luce che si
proiettava a intervalli sul suo trench, il naso in aria e le
sopracciglia corrugate.
Che ci fosse qualche demone nei paraggi?
Eppure, se così fosse stato, l'avrebbe quanto meno
percepito. O ne avrebbe sentito il comune odore di zolfo.
Luce.
Click.
Buio.
Click.
Luce.
Click.
«Mi scusi?»
Castiel era così concentrato sulla lampada che
sussultò, voltandosi di scatto.
La persona che gli aveva rivolto la parola era una donna esile, con la
faccia tonda e i capelli rossi legati in una coda di cavallo.
«Mi scusi» ripeté con un sorriso
cordiale «Sta cercando qualcuno?»
«Io...» balbettò Cas indicando
distrattamente la lampada «Stavo solo...»
Il sorriso della donna rimase immutato sebbene la sua espressione si
modificò in perplessa.
«Sì» capitolò alla fine
Castiel, lasciando andare le braccia lungo i fianchi.
«Conosce per caso un uomo di nome Dean Winchester?»
Il volto della donna parve cristallizzarsi, e il suo sorriso si
smorzò un po'.
«Oh... Dean.»
Cas avvertì un bruciore logorante allo stomaco.
Perché quel tono?
Si avvicinò alla donna con urgenza.
«Sta bene? Sa dirmi dove abita?»
La donna, inibita da quella vaga minacciosità,
indietreggiò e scosse la testa.
«Mi scusi, signore, non ne sono a conoscenza.»
Cas sospirò, affranto, abbassando le spalle.
Aveva fatto tutta quella strada per nulla. Forse
l'instabilità del portale si era trasferita pure sul suo
mojo angelico, e i suoi poteri non funzionavano più come
prima.
«Allora...» continuò, funereo, facendo
per voltarsi «Grazie lo stesso...»
«Aspetti un momento!»
Cas si fermò, sentendola farsi più vicina con dei
passetti veloci.
Si voltò a guardarla, in attesa, e quella si
cacciò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non so dove abita ma... se vuole vederlo, lo trova nella
stanza 215.»
Cas si raddrizzò sulla schiena, attento.
«La accompagno» gli venne in aiuto la donna con i
capelli rossi. Cas lesse sulla targhetta: Jane.
Annuì incapace di formulare un pensiero coerente, e
seguì docile la donna attraverso i corridoi luminosi.
Stava per incontrare
Dean.
Ma perché quel luogo sembrava un ospedale?
Cosa... cosa ci faceva Dean lì?
Cas si costrinse a deglutire mentre la donna lo accompagnava
all'interno di un ascensore e premeva il numero per salire di piano.
Quando le porte si serrarono, Cas si appoggiò con la schiena
sulla parete dietro di sé e non si accorse nemmeno di aver
chiuso gli occhi, se non quando li riaprì al richiamo della
donna.
«Si sente bene?»
«Sì» rispose Cas schiarendosi la gola.
Ma non era un bravo attore, e la donna non parve convinta.
«Sa» interloquì lei, giocherellando col
bordo della sua casacca azzurra «Sono felice che Dean abbia
delle visite.»
Cas batté le palpebre.
Aveva paura anche a chiedere.
«Di solito è un uomo molto... solo. Nessuno lo
viene a trovare da tempo, sa. Prima veniva sempre suo fratello, un
certo...»
«Sam» completò Cas commosso, e la donna
balbettò, presa alla sprovvista.
Richiuse la bocca. «Sì, Sam. Ecco come si
chiamava. Adorava suo fratello...» continuò poi
Jane, come persa nei ricordi. «Gli portava sempre delle
crostate, o delle riviste, o altri regali. Ma Dean... oh.»
«Cosa?» Cas sentiva l'ansia divorarlo.
«Lui... è come se non ci fosse. Non
davvero» la donna poi parve finalmente notarlo.
«Lei è un suo parente?»
«Un... amico» rispose invece Cas, sebbene
ricordasse più di ogni altra la frase di Dean "noi siamo una famiglia".
«Oh, è bello che Dean abbia degli amici»
Jane sorrise nuovamente, ma Cas non riuscì ad imitarla
questa volta.
«E se non sono indiscreta... da quanto tempo non lo va a
trovare? Non l'ho mai visto da queste parti...»
«Un... un po'» Cas non riconobbe più la
sua voce. Aveva la gola secca, ed era come se qualcun altro parlasse al
posto suo «Credo.»
La donna stava per ribattere ma a liberarlo dall'impiccio ci
pensò l'ascensore che arrivò a destinazione,
trillando e riaprendo la porta scorrevole.
La luce delle lampade al neon li bagnò e la donna lo
condusse all'esterno, in un nuovo corridoio.
«Eccoci qua. Mi segua.»
La donna proseguì a sinistra e Castiel la seguì.
Si fermò solo al termine del corridoio, dove il muro si
apriva in un'ampia finestra che dava all'esterno.
Cas lasciò vagare lo sguardo fuori per un po', poi
però si accorse che la donna si era interrotta proprio
davanti ad una porta, bianca come tutto il resto, e con una scritta in
ottone.
215.
Dean,
pensò Cas col cuore in gola.
La porta era socchiusa, e dalla sua postazione Cas poteva vedere la
testata di un letto -bianca anche questa-, un armadio con sopra un
televisore, e dietro due grandi finestre dalle tende verdi.
Non si accorse nemmeno di aver stretto le mani a pugno.
Ma non riusciva a muoversi. Le gambe erano intorpidite, e i piedi
incollati al terreno.
Aveva paura, un cieco terrore, di varcare quella soglia.
Di vedere cosa ne era rimasto dell'uomo che si era da pochissimo
accorto di amare.
E soprattutto, temeva la sua reazione.
«Vuole che la accompagni?» chiese piano Jane,
sfiorandogli il braccio.
Cas si riscosse dal suo torpore, e rivolse un veloce sguardo alla donna.
«No... no, vado da solo.»
Prese una grande boccata di ossigeno -sebbene gli angeli non ne
avessero bisogno- poiché ne sentiva la necessità
al momento.
«Solo un'altra cosa» Jane avanzò di
nuovo e Cas si bloccò.
La donna si morse il labbro, senza guardarlo, lo sguardo diretto
all'interno della stanza.
«Voglio essere sincera con lei, signore... forse non vede
Dean da molto, ma lui... ecco...»
«Cosa?» la incitò Castiel con voce secca.
Jane sospirò, poi finalmente puntò i suoi occhi
su di lui.
«Non è messo molto bene. Non riconosce
più nessuno da tempo, non risponde agli stimoli. Le sue
condizioni peggiorano di giorno in giorno e... io non credo... che gli
resti molto, capisce?»
«Okay» Cas sentì dire al suo corpo, la
voce particolarmente acuta.
Avvertì gli occhi bruciare e così distolse lo
sguardo, per non farsi vedere dalla donna.
«Mi dispiace molto» Jane gli accarezzò
il braccio, in gesto di conforto.
«Perché Sam... voglio dire, suo fratello... non
è tornato a trovarlo?»
«Credo che abbiano litigato» rispose Jane,
meditabonda. «Sam voleva che suo fratello combattesse la
malattia, ma Dean... è come se si fosse lasciato andare.
Povero, povero piccolo.» (qui)
Cas finalmente avanzò, perché non voleva
più sentire altro, e varcò la soglia.
Vi era un letto al centro della stanza: su di esso era adagiato un uomo
molto anziano, con una coperta azzurra sul corpo stanco.
Cas non riuscì a vederlo bene. Il corpo era rialzato da
alcuni cuscini, e la testa rivolta verso la finestra.
Vi erano rimasti radi capelli bianchi, il cranio era ricoperto di
chiazze, le braccia pallide, magre e lentigginose erano abbandonate sul
materasso. Da uno dei polsi partivano dei fili collegati ad una flebo.
Cas non riusciva a respirare. O parlare. O pensare.
La vista si fece appannata.
«Sempre a guardare quella finestra...» Jane gli si
affiancò, lo sguardo perso su Dean. «Sai, da
quando è qui non fa altro che guardare quella finestra...
come se stesse aspettando qualcuno.»
Questo fu troppo.
Dean aveva continuato ad aspettarlo, dopo tutti questi anni...
Cas sentì qualcosa di caldo scivolargli giù dalle
palpebre: non riusciva a deglutire, a respirare, e la vista era
offuscata dalle lacrime.
Jane lo notò e subito gli fu vicina, sorreggendolo.
«Oh, mi dispiace così tanto, mi dispiace. La
accompagno fuori?»
«No» biascicò Cas con la voce spezzata,
mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime.
«Davvero, se vuole...»
«S-sto bene» Cas tirò su col naso, e
scosse la testa per tranquillizzare la donna. «Sto
bene»
E poi qualcosa cambiò.
L'uomo sul letto si mosse.
Si girò, li guardò.
Per un momento parve non riuscire nemmeno a vederli, poi
però rantolò qualcosa.
Aveva una maschera sul volto, un respiratore.
Tentava di toglierselo con la mano debolissima, che cincischiava con i
fili.
Jane corse subito verso di lui e lo aiutò con l'operazione,
togliendogli il respiratore e asciugandogli il sudore sulla fronte.
«Eih Dean» gli sorrise, affettuosa «Hai
una visita.»
Poi si girò e fece cenno a Cas di avanzare.
«Forse è meglio se...»
replicò Cas, preoccupato dalla possibile reazione di Dean
«Se va-»
«Cas...»
Quella voce...
Cas trasalì, e Jane stessa gli rivolse un'occhiata
sconvolta. Poi tornò su Dean «Lo
riconosci?» fece, incredula.
Cas avanzò lentamente, e quando Jane si fece da parte, lo
vide.
Dean era lì.
Il volto una ragnatela di rughe e lentiggini, gli occhi
infossati, scoloriti, le labbra secche e spaccate, ma
l'espressione... era sempre la stessa.
Fu un colpo al cuore.
Cas non fu in grado di fare altro se non continuare a guardarlo.
Jane aveva detto che Dean non riconosceva più nessuno da
anni, che peggiorava di giorno in giorno, che aveva una malattia per
cui aveva rinunciato a curarsi.
E dall'aspetto, Dean doveva essere vecchissimo.
Quanti anni erano passati?
Cas non voleva scoprirlo.
Vedere Dean lì, così fragile, così
indifeso, lo uccideva.
Dean aprì di nuovo la bocca, e alzò un braccio
tremante: tutte le dita si chiusero, tranne l'indice.
«Cas...» rantolò di nuovo, senza fiato.
Cas quasi soffocò col suo stesso respiro.
«Ciao Dean» lo salutò, scosso.
Jane guardò prima l'uno, poi l'altro, sempre più
stupita, poi si raddrizzò in piedi e sorrise a Dean,
accarezzandogli la fronte.
Si voltò, e quando passò accanto a Cas gli
sussurrò «Te lo lascio, trattamelo bene,
okay?»
Cas provò a replicare ma poi la sua attenzione fu catturata
nuovamente da Dean, che tentava di parlare.
Cas lo raggiunse in fretta, sporgendosi verso il suo letto e
afferrandogli la mano tra le sue.
Le dita di Dean erano ghiacciate.
«Eih» gli sorrise, accarezzandogli la mano con un
pollice, e guardandolo negli occhi.
Dean sembrava faticare pure a respirare o metterlo a fuoco, e non
rispondeva alla stretta.
«Sei... sei davvero... tu?» ansimò Dean,
con voce roca.
Cas non si curò nemmeno di interrompere le lacrime, che
continuavano a scendere e offuscargli la vista.
Era felice di aver rivisto Dean, ma in quello stato...
«Mi dispiace...» si ritrovò a
singhiozzare, stringendogli spasmodicamente la mano, e abbassando la
testa scosso dal pianto.
«Mi dispiace così tanto, Dean, io...
io...»
E poi qualcosa gli sfiorò i capelli.
Cas rialzò il volto rigato dalle lacrime, gli occhi gonfi
dal pianto, e la mano rugosa di Dean scivolò sul suo zigomo.
«Sono... felice.»
«Dean...?»
«Sei...» Dean provò a sorridere,
nonostante il respiro corto e la fatica. «Sei
tornato.»
Non sembrava poter credere ai propri occhi.
Cas tirò su col naso.
«Certo che sono tornato. Sarei sempre tornato da te,
Dean.»
Dean sorrise, e Cas credette di non aver mai visto niente di
più bello.
«Non sei arrabbiato con me?» si stupì
Cas, reclinando un po' il capo.
«No...» sussurrò Dean.
«Ma credevo che... insomma, l'ultima volta mi hai urlato di
andarmene.»
Dean prese due ampi respiri prima di rispondere.
«Quando ti chiedevo... di restare... tu andavi via»
fece una pausa «Ho sperato che m-magari... mandandoti via...
saresti rimasto.»
Il senso di colpa trafisse Cas come una coltellata.
Abbassò lo sguardo, incapace di replicare.
E cosa avrebbe potuto dire, anche quando?
Era colpa sua... era tutta colpa sua.
«Non importa...»
Cas fece per alzarsi. «Sono stato un... Dean, forse
è meglio se vad-...»
«No...» ansimò Dean, e sembrò
preso dal panico. Rispose alla stretta prima che Cas potesse sfilare la
mano, e si agitò.
«No... non andare... no...»
Il respiro si fece più affannoso.
«Eih eih eih, okay...» si affrettò a
rimediare Cas, riabbassandosi verso di lui, spaventato «Okay,
okay, resto, adesso calmati...»
Ma Dean non lo ascoltò.
Non lo faceva mai.
Il respiro era sempre più accelerato. Arcuava la schiena e
il collo, in cerca d'aria, ma non sembrava riuscire a respirare.
«Dean...? DEAN!»
«Oh mio dio!» urlò Jane accorrendo nella
stanza e premendo il pulsante per chiamare il medico. «PRESTO
CI SERVE AIUTO NELLA STANZA 215!»
«Dean, no!» Cas cercò di afferrargli la
guancia ma Dean continuava ad agitarsi, incapace di respirare bene.
«Nonononono» Cas era in preda al panico.
«Aiuto... aiutatelo... faccia qualcosa!»
urlò a Jane che riprese il respiratore.
Dean si ribellò e sfuggì dalla mascherina,
urlando:
«No... Cas... Cas!»
«Sono qui!» gli rispose Cas, terrorizzato, facendo
pressione sulla sua mano mentre Jane preparava le siringhe con le
medicine.
Nel frattempo arrivarono altri infermieri e il medico, entrando nella
stanza con un gran trambusto.
Dean continuava a rantolare affannosamente e ad agitarsi in cerca
d'aria.
Quando il medico arrivò, provò ad allontanare
Castiel per occuparsi di Dean, ma il cacciatore si agitò
ancora di più e strinse spasmodicamente la manica del trench
di Cas.
«No... no...» Dean sembrava completamente perso. Vi
era solo terrore in fondo alle sue pupille. Sembrava un bambino sul
punto di piangere.
Era uno spettacolo pietoso, Cas si sentiva peggio di lui a vederlo
così.
«No...!» piagnucolava Dean divincolandosi dalla
presa dei medici, senza mollare la mano di Cas «No! Ti
prego... non lasciarmi Cas... non lasciarmi più...»
«Okay» rispose Cas, mantenendo la stretta.
«Sono qui... non ti lascio. Non ti lascio Dean, te lo
prometto.»
Dean parve essersi calmato un po', ma continuava a rantolare, e il
battito cardiaco era aumentato eccessivamente. L'elettrocardiogramma
sembrava impazzito, il medico ordinò qualcosa ma Cas non lo
sentì.
«Senta, deve lasciare la stanza.»
«No, non posso!»
«Dobbiamo intervenire subito...»
«Non posso lasciarlo!» Cas era sconcertato
dall'incompetenza di quel medico.
«Lei non capisce...»
«No, lei
non capisce! Non posso lasciarlo! Morirebbe... io...»
Ma poi due infermieri lo afferrarono dalle spalle di peso, e lo
tirarono via.
Perse la presa sulla mano di Dean.
Cas urlò e cercò di svincolarsi dalla stretta dei
due infermieri, mentre il medico e gli altri stavano attorno a Dean, e
quello continuava a gridare, e ansimare, e ancora a gridare.
«No... No...» gemeva Dean, tra un rantolo e l'altro
«Cas...»
«DEAN!» urlò in risposta Cas, ma la
presa degli infermieri restava solida.
«LASCIATEMI STARE!»
Qualcuno zittì Dean rimettendogli il respiratore, ma
l'elettrocardiogramma continuava a trillare impazzito.
Cas desiderò con tutto se stesso utilizzare il suo potere
angelico per scaraventare in aria tutti quegli stupidi umani e andare
dall'unico di cui gli importava qualcosa al momento, ma non poteva...
non davanti a tutti...
«DEVO ANDARE DA LUI!»
«Signore si calmi...»
«NO, VOI NON CAPITE, LUI HA BISOGNO DI ME!»
«Se non si calma saremo costretti a chiamare la
sicurezza» intervenne il secondo infermiere.
«COSI' LO STATE UCCIDENDO! LO STATE UCCIDENDO!»
«Signore, lei..»
Cas però era più forte di loro.
Al diavolo l'etichetta, al diavolo la legge degli angeli.
Incanalò tra le dita la sua grazia angelica e un'onda d'urto
scagliò i due infermieri contro i rispettivi muri.
I due persero solo l'equilibrio, il tempo per Cas di raggiungere di
nuovo Dean, farsi largo a spallate tra il medico e gli altri
infermieri, e afferrargli di nuovo la mano.
Nel momento in cui riebbero il contatto, Dean parve smettere di lottare.
Girò piano il volto e Cas gli sorrise.
«Dean! Ehi, ehi Dean, non ti lascio, okay? Resto con te. Non
me ne andrò via questa volta. Sono qui.»
I medici nemmeno si ribellarono alla sua presenza. Continuarono a
somministrargli medicinali con la siringa, a provare ad aumentare il
flusso del respiratore.
Ma gli occhi di Dean erano puntati su Cas, e non lo mollavano.
Lo sguardo si fece più dolce... quel solito sguardo dolce
che Dean rivolgeva solo a lui, e che a Cas era mancato come le sue ali.
«Sono qui» continuò Cas, quasi come un
mantra «Sono qui, Dean, non ti lascerò. Non questa
volta. Io mantengo le promesse...»
Dean continuò a guardarlo, e parve piano piano svuotarsi.
Sorrise dietro la mascherina e sussurrò semplicemente:
«Lo so.»
Quella fu l'ultima volta che Cas lo vide sorridere.
La mascherina si appannò.
Un attimo dopo l'elettrocardiogramma ebbe un ultimo trillo, poi
calò il silenzio.
Non solo nel macchinario, ma in tutta la stanza.
Non vi era più battito.
Se mai Cas avesse avuto un cuore, in quel momento si spezzò.
Gli occhi di Dean lo guardarono un'ultima volta, prima di spegnersi per
sempre. La mano smise di stringere la sua.
Lo spettro dell'ultimo sorriso ancora sulle labbra.
«No... NO! DEAN!»
I medici si agitarono, urlarono ordini, ci furono movimenti frenetici
nella stanza, ma Cas non prestava attenzione.
Continuava a scuotere la mano di Dean, e la sua spalla. Per
risvegliarlo.
«No, Dean! DEAN!» fece querulo, quasi in singhiozzi
«Non ... non andare... non andare dove non posso
seguirti...»
Mai come in quel momento odiò la sua conoscenza delle
citazioni.
Qualcuno prese un defibrillatore. Gli chiesero di spostarsi ma Cas non
ne voleva sapere.
Non riusciva a reagire.
La mano di Dean non rispondeva più alla stretta. Cas non
capiva più nulla.
Era immobile, lì, con l'espressione stravolta e la bocca
dischiusa, gli occhi in fiamme, mentre il medico poggiava il
defibrillatore sul petto di Dean.
Una scarica.
Nulla.
Una seconda.
Nulla.
Le gambe di Cas iniziarono a tremare.
Una terza scarica.
Ancora nulla.
Una quarta scarica.
...
Nulla.
Jane gli strinse delicatamente il polso e lo tirò indietro.
«Non puoi fare più niente per lui...»
Cas non oppose resistenza: la mano gelida di Dean scivolò
dalla sua presa, e Cas non riuscì a capacitarsi che quella
sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe toccato.
Jane lo tirò ancora un po' e Cas la lasciò fare.
Gli occhi ancora puntati in quelli vitrei di Dean.
I medici smisero di mobilitarsi.
«Ora?» volle informarsi il Principale,
demoralizzato.
«17.24» rispose un'infermiera, consultando il suo
orologio da polso.
«Ora del decesso: 17.24» appuntò il
medico.
Decesso...
Le gambe di Cas cedettero.
Si ritrovò in ginocchio, e sarebbe caduto a terra se Jane
non l'avesse sorretto.
«Va tutto bene... tutto bene...» cercò
di consolarlo Jane, tenendogli le spalle.
Cas continuò a fissare Dean fin quando il volto lentigginoso
del suo bel cacciatore, il suo sorriso e i suoi occhi verdi non
scomparvero, ricoperti da un velo bianco.
Cas avrebbe voluto urlare a quei bastardi di non farlo, di lasciare che
Dean potesse ancora guardarlo, che lui
potesse ancora guardarlo.
Era troppo presto.
Dean non poteva andarsene, non...
Cas si afflosciò letteralmente su di lei,
singhiozzando senza freni, mentre Jane cercava di trattenerlo e di
rassicurarlo con parole dolci, accarezzandogli i capelli o le spalle.
«Va tutto bene... tutto bene.»
«E' colpa mia....» piangeva Cas battendo dei pugni
invisibili contro Jane «E' colpa mia... sono arrivato
tardi... troppo tardi.»
Poi le parole furono indistinguibili.
Jane continuò a cullarlo, e Cas smise di reagire.
Continuò a piangere per un tempo che gli parve infinito.
Pianse probabilmente tutte le lacrime che aveva in corpo.
Paradossale come la prima volta che aveva pronunciato il suo nome era
stato nella frase "Dean
Winchester è salvo".
E adesso...
Adesso non lo era... non lo era più.
Dean, il suo Dean, aveva smesso di aspettare.
To be
continued >> Part 6 (aka Fine)
~•~Angolo Autrice~•~
Molti di
voi avevano già predetto un finale del genere. A quelle
persone voglio
dire che mi dispiace, mi dispiace se avrebbero preferito qualcosa di
diverso, di migliore, di più felice, ma questa storia ha un
senso
particolare, ed è cruda e forse anche tragica, lo so, LO SO,
ma era
così che doveva andare.
Lo
capirete quando sarà finita.
Capirete
perchè ho scelto di intraprendere una determinata strada e
non un'altra.
Ma
se posso promettervi qualcosa -anche se temo odierete le promesse, dopo
questa storia xD- è che il prossimo, in un certo modo
parecchio
disturbato, sarà più positivo.
So che in molti mi avete pregato di non uccidere Dean, di far in modo
che si salvasse, che potessero stare insieme, ma se tutto fosse rosa e
fiori, quale sarebbe il PUNTO?
Quale sarebbe l'insegnamento che Cas impara a sue spese?
E' orribile quello che ho fatto. Lo so. Piangevo mentre scrivevo... il
pensare a Dean così solo, a guardare la finestra, ad
aspettare nonostante tutto.
Alla fine, non avrebbe voluto cacciare davvero Cas. Come dice lui
stesso "eih se ti chiedo di restare te ne vai, se magari ti chiedo di
andare resti" e cioè è tutto così
aojjcajsbc capite?
Tragic.
This is so tragic.
Oh, e altra cosa. Come ormai saprete, la mia storia è
disseminata di metafore. Quando Castiel si ferma a guardare la luce al
neon che non riesce a stare accesa... e beh è una metafora
della vita di Dean che si sta spegnendo. E alla fine, guarda caso,
viene interrotto proprio quando la lampadina si spegne per l'ultima
volta. Era un foreshadowing? Sì. Vi ho anticipato la morte
di Dean? Sì. Qualcuno l'aveva capito? No ahah
Poi... ho preferito non specificare la malattia di Dean. Non
perché sono pigra (o magari sì ma shhh) ma
semplicemente perché... non era importante. Non era quello
il punto, e sì che io sono una puntigliosa coi dettagli,
penso ormai l'avrete capito.
E' che è tutto un POV di Cas e, mettiamola così,
a lui non gliene può fregar di meno di quale malattia ha
Dean -a parte il fatto che è un angelo e non capisce le
malattie umane, quindi anche se glielo avessero spiegato probabilmente
non avrebbe capito lo stesso- perché l'unica cosa che gli
importa è rivederlo e non lasciarlo più, e magari
curarlo (nooo, non c'entra che sto ascoltando Fix You e sono una valle
di lacrime al momento, vero???)
Il succo di tutto?
Alla fine si sono riuniti. Anche se all'ultimo anche che, come direbbe
il sottotitolo della storia, troppo tardi, Dean e
Castiel si sono riuniti. Cas è stata l'ultima cosa che Dean
ha visto prima di morire. La sua mano e il suo calore l'unica cosa che
ha sentito. Insomma, nonostante sia orribile che sia morto, almeno
è morto nel modo migliore che potesse esserci.
Alla fine si sono ritrovati. E hanno "fatto pace" direbbe qualcuno. E'
sempre un lieto fine, no?
Un finale dolce-amaro (anche se più amaro che dolce, me ne
rendo conto), ma tanto c'è ancora il prossimo capitolo che
vi mettera' su, si spera, un po' di speranza.
Ah, poi volevo anche aggiungere che, nonostante tutto, con la sua
ultima frase, Dean dimostra ancora una volta di non aver mai smesso di
credere in Castiel e nella sua promessa.
How cute, isn't he?
Okay, piccole note prima di salutarvi.... se siete ancora vivi. Io non
credo di esserlo. Ho un vuoto dentro. But still...
1) la stanza
215 è un riferimento alla prima targa dell'Impala (2Y5)
2) Jane la
immaginavo un po' come Karen Gillian. Boh. Still "the boy who waited"
eh? Però lei è alta. Mmm
3) Tutta la
scena di "lo state uccidendo!" ai medici ... a parte ricordarmi ET (mi
è venuto in mente rileggendolo, non prima), ha ucciso ME.
Non so cos'altro dire.
SCUSATEMI.
DAL PROFONDO DEL CUORE, PERDONATEMI SE POTETE T___T
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