Soderkommandos capitolo1
SONDERKOMMANDOS
CAPITOLO 1 “UN APRILE ORMAI LONTANO”
L’aria che si respira qui ,nella baracca 19, è un aria viziata e che dà l’idea di sonno.
Anche se si chiama Baracca 19 è una delle due baracche del
campo. Una volta ce n’erano 20 ma poi dopo il calo di arruolati
si decise di restringere il campo e 18 baracche furono tolte.
Oggi è domenica e si può dormire fino a
“tardi”, dato che quei fetenti anche se sono stupidi
fanatici, rispettano almeno questo giorno. Il giorno in cui Dio
riposò dopo aver creato l’umanità e
l’universo.
E mentre gli altri camerati dormono io penso a come sono finito in questo buco.
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-Sveglia ,coglioni!-
Il sergente Rheiten ci dà così la sveglia della domenica
(quella degli altri giorni ,invece è a base di offese pesanti
contro di noi e bestemmie).
Infilo di fretta gli stivali e mi metto la giubba mimetica
rigorosamente pulita, perché la domenica bisogna rispettare le
tradizioni, dice il sergente, che nonostante odi qualsiasi cosa
inerente alla religione, è molto attaccato alle sue abitudini
d’infanzia.
Ormai sono pronto e tirato a lucido, mi alzo ed esco dalla baracca
lasciandomi alle spalle i miei compagni che come al solito sono in
ritardo.
La prima cosa che noto è un certo fermento nel campo: gli
addetti alla logistica continuano a fare avanti e indietro dal
magazzino al camion dei rifornimenti. Ma non ci faccio troppo caso e
respiro l’aria fresca del mattino, perché per tutto il
resto della giornata, e per questo intendo dopo mezzogiorno, so che
respirerò altra aria viziata, come quella che si respira il
mattino nelle camerate.
La domenica pomeriggio niente libere uscite, come in tutto il resto
dell’ esercito, ma si passa il pomeriggio a ripulire il campo e i
cessi dei superiori.
Di assumere personale per le pulizie non se ne parla: bisogna ridurre i costi!
Così ci ripete sempre quel coglione del colonnello quando ci passa in rassegna e ci fa il discorso domenicale.
Assorto nei miei pensieri come sono non mi accorgo che il sergente ha
iniziato a far suonare il trombettiere per l’adunata.
Quando vede che non sto seguendo i miei compagni nel giro in formazione
attorno al campo, di soppiatto mi viene alle spalle e inizia con le
solite stronzate.
-Oggi ti vedo demotivato, soldato lavacessi!
Bè, vuol dire che oggi ci sarà più lavoro per te e
meno per qualcun altro. E sai chi è quel qualcun altro? Te lo
dico io chi è: Bill.
Sì, proprio quello che ti ha fatto finire nei casini davanti al colonnello.
Tu pensi che io sia un sadico vero? Perché premiare quel finocchio con un cervello, che chiamarlo
cervello non si può perché è solo un ammasso di
merda, invece di Jonathan che ha la schiena spezzata dopo
l’ultima marcia?.........-
Il sergente continua, ma io non lo ascolto e alla fine quando mi chiede
se è tutto chiaro mi limito a rispondere il classico
Signorsì.
Anche se si è accorto che non lo ascolto non lo dà a vedere. Io ,secondo lui, sono un caso perso.
Il giro del campo è finito e il colonnello esce dal suo edificio
quadrato tutto rattoppato, che anche se è un cesso, in confronto
alle nostre baracche è una reggia.
Ci accatastiamo nella tenda al margine nord del campo dove tiene il suo
discorso domenicale e dà le direttive generali per la settimana.
Questa volta sono seduto in parte a Gary “prigione” ,
così soprannominato perché è quello che nel campo
era stato più volte nella “prigione di disciplina”
l’anno scorso, e Bill detto “finocchio”,
così soprannominato per le sue particolari tendenze e che io
odio per la figuraccia che mi ha fatto fare davanti al colonnello.
Il colonnello inizia a parlare e nella sua voce colgo un accento di eccitazione
-Riposo soldati!!
Oggi è un giorno speciale: certo, voi direte che tutte le
domeniche sono speciali, perché noi allentiamo la presa per
quanto riguarda la disciplina: ma oggi lo è di più!-
Si interruppe.
Il sergente è stupito: ovviamente lui pensa che la domenica sia
riposo la mattina e pulizia il pomeriggio. In 10 anni della sua
carriera immagino che non avesse mai sentito niente di simile dal
colonnello.
Mentre tutte i miei compagni guardano il colonnello con occhi stupiti
io abbasso la testa ,chiudo gli occhi e mi rifugio nel mio angolo di
intimità che si trova nel mio cervello.
Ho intuito cosa sta per dirci.
Ho pensato a quelle casse che poco prima ho visto caricare sui camion,
e al 99% penso di avere azzeccato quello che il colonnello sta per
dirci. E mi preoccupo molto.
L’aria di settembre inizia a spirare fredda e avverto un oscuro
presagio. Di morte. Di morte perché solo adesso ricordo il logo
visto di sfuggita sulle casse e capisco che tipo di arma è
contenuta.
L’arma che per tutti significa paura allo stato puro.
L’arma che anche il SonderKommandos più duro teme.
L’arma che è peggiore di cento bombe atomiche.
L’arma che nessuno di noi ha maneggiato.
Non è un arma che si usa al poligono di tiro.
Non è un M16 e nemmeno uno di quei nuovi terribili fucili d’assalto OICW.
Quell’arma diventa concepibile alla mente umana solo se sai che
esiste .Se nessuno ti dicesse che esiste tu non andresti a pensarlo
neanche lontanamente. Cioè uno se la può immaginare ma
per immaginare che esista deve essere proprio un pazzoide.
Ma ormai non guardo più il colonnello e penso a
quell’ aprile lontano (meglio dire per me lontano: erano passati
solo sei mesi, ma a me sembravano un eternità) in cui commessi
la più folle di tutte le cose folli commesse nella mia vita:
arruolarsi negli S.K. corps.
Penso che adesso sono un SonderKommandos.
Penso che il colonnello sia un bastardo sadico perché sulla sua
bocca scorgo il sorriso, anche se ci deve dare una brutta notizia e il
giorno speciale che intende lui non è il giorno speciale che
intendono i 40 uomini che lo ascoltano.
E soprattutto penso all’ uomo che mi ha convinto all’arruolamento e al modo in cui mi ha convinto.
In poche parole penso al passato.
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