FOREVER…
Il Capitano Jack Harkness
si trovava nel suo ufficio a leggere e sistemare alcune
carte,
accomodato nella sedia di fronte alla scrivania, quando Ianto Jones
aprì
lentamente la porta, senza quasi farsi sentire.
Ma Jack lo udì benissimo e subito si voltò verso
di lui, un sopracciglio
sollevato.
Erano rimasti solo loro due alla base, benché fosse ancora
piuttosto presto,
rispetto ai normali orari lavorativi del Torchwood Team. Ma quel giorno
la
Fessura, per la prima volta dopo parecchi giorni, aveva deciso di
comportarsi
bene e nessun alieno aveva fatto irruzione nella piccola
città di Cardiff.
Così Jack aveva congedato tutti dicendo loro di tornare a
casa per la cena e
svagarsi un po’.
Perciò ora rimaneva soltanto Ianto che, mezzo fuori mezzo
dentro il suo
ufficio, lo guardava con una strana espressione.
Il Capitano aveva una mezza idea di quello che sarebbe avvenuto ora,
ovvero
quello che avveniva sempre quando loro due si ritrovavano soli alla
base, così
si limitava a guardare il giovane gallese con un malcelato sorriso
sardonico,
aspettando che fosse Ianto a fare il primo passo.
“Jack…”, iniziò il ragazzo,
il tono di voce basso ed esitante. “Ti spiace se
torno a casa? Sono piuttosto stanco”.
Jack lasciò cadere il foglio di carta che stava reggendo
sulla scrivania e il
suo sorrisetto si spense in un broncio un po’ deluso che
però cercò di
nascondere.
No, non era quella la conclusione di giornata che lui si era aspettato.
Si girò completamente verso Ianto e disse:
“D’accordo. Non c’è problema.
Ci
vediamo domani?”
“Certo. Grazie, Signore”.
Ianto si voltò sui tacchi e si allontano con passo
strascicato, senza voltarsi
indietro.
Jack restò a guardarlo, fortemente tentato
dall’impulso di correre da lui e
baciarlo lì dove stava.
Ma si trattenne. Ianto gli sembrava veramente stanco. Forse era meglio
così.
Rimasto solo, il Capitano tornò alla scrivania, ma la sua
concentrazione si era
ormai completamente allontanata dai documenti sparsi davanti a lui.
Incrociò le mani sotto il mento e fissò gli occhi
chiari in un punto invisibile
sul muro di fronte. Ianto lo stava evitando: non gli parlava
più, a meno che
non fosse strettamente necessario, non veniva più nel suo
ufficio di nascosto e
se per caso si trovavano da soli nella stessa stanza, trovava sempre
una scusa
per defilarsi. Persino il caffè che gli preparava sembrava
meno buono rispetto
a prima. Un paio di volte gli aveva chiesto persino se voleva venire a
caccia
di Weevil con lui, ma aveva sempre declinato l’offerta. E tutto questo da quando
Jack era tornato da
quel suo viaggio con il Dottore, portandosi dietro John Hart e tutto
quello che
era successo. Ma da
allora era passato
più di un mese. Non erano più neanche usciti per
quell’appuntamento, non ne
avevano nemmeno più parlato.
Jack non lo poteva biasimare, certo, se n’era andato via
così, senza dire
niente e dopo essere tornato non aveva neanche dato una spiegazione. Solo che non si era
aspettato quel
comportamento da parte del giovane che con lui era sempre stato
paziente e non
aveva mai chiesto niente, limitandosi a fare quello che gli veniva
chiesto di
fare. Forse lo
stava sottovalutando.
Però gli mancava, gli mancava in modi che il Capitano non
avrebbe mai
immaginato. Gli era mancato anche quando stava viaggiando col Dottore,
si era
ritrovato a pensare a lui sempre, tutti i giorni. E ora averlo
lì davanti
costantemente sapendo di non poterlo toccare e vederlo deluso era
persino
peggio. Era da
tanto che non sentiva una
sensazione di questo tipo e
la cosa lo
faceva uscire fuori di testa. Doveva
fare qualcosa per la sua sanità mentale.
E anche quella fisica.
Non appena fu rientrato a casa, Ianto
si tolse velocemente
il completo elegante, per indossare i pantaloni di una tuta e una
semplice maglietta
bianca. Poi si buttò sul divano scompostamente.
Avrebbe dovuto farsi la doccia ma proprio non ne aveva
voglia.
Così prese a fare zapping, guardando la tv con occhi
appannati. Si fermò su un
canale che stava trasmettendo un film in bianco e nero e tenne il
volume al
minimo. Aveva la testa piena di pensieri che non riusciva a togliersi e
tutti
quanti riguardavano Jack.
Erano giorni che si trastullava su di lui. Si sentiva ferito e
abbandonato e la
cosa che peggiorava ancora di più era la sua parte razionale
che gli diceva che
si stava comportando come uno stupido adolescente sfigato che si era
innamorato
della ragazza più popolare della scuola .
Be’, non c’erano dubbi sul fatto che Jack, se
avesse frequentato un liceo sulla
Terra in questo secolo , sarebbe stato il ragazzo più
popolare della scuola.
Decisamente.
Inoltre, questa parte razionale gli diceva anche che non aveva motivo
di
prendersela così con Jack. In fondo, il Capitano non gli
doveva niente, non
erano fidanzati e lui poteva fare della sua vita quello che voleva e
frequentarsi con chi voleva. E lo stesso poteva fare Ianto. Perciò non
c’era un motivo concreto per cui
sentirsi in collera con Jack. Non c’era davvero. Però, non
poteva farne a meno. Jack,
in fondo, di qualcosa era colpevole.
Ogni volta che si ritrovavano da soli nella stessa stanza, aveva
un’irrefrenabile desiderio di saltargli addosso. E anche Jack. La tensione sessuale tra
loro due era
lampante come la spia della benzina che lampeggia sul cruscotto
dell’auto. Però
resistevano, tutti e due. Jack
non aveva
osato avvicinarglisi più del dovuto, non lo aveva toccato in
nessun posto che
non fosse lecito dal buon costume e Ianto non poteva che essergliene
grato. Significava
che ancora lo rispettava. Non che
Jack gli avesse mai mancato di rispetto, chiarò,
però… però tutta quella storia
che era nata tra loro due, quell’essere compagni di letto e
quelle occhiatine e
battutine sempre a sfondo sessuale che si lanciavano
sempre lo avevano stufato. No, non
esattamente stufato. Non gli bastavano più. Lui voleva di
più, un di più che
Jack non sarebbe mai riuscito a dargli.
Era questo il motivo principale per il quale lo evitava. Jack era il
fuoco e
Ianto aveva paura di rimanere scottato.
Sperava solo di riuscire nel suo intento. Fortunatamente era dotato di
pazienza
e volontà d’animo ed era sicuro che un giorno
sarebbe arrivato a vedere Jack
solo come il suo capo al lavoro e nulla di più.
Il campanello della porta
trillò sonoramente, riportando
Ianto alla realtà. Chi poteva essere a quell’ora?
Si alzò dal divano sbuffando e si trascinò
pigramente alla porta. Non controllò
neanche attraverso lo spioncino, ma spalancò subito
l’uscio e strabuzzò gli
occhi nel trovarsi davanti Jack in tutto il suo splendore. Si era pure
cambiato
i vestiti e profumava davvero davvero di buono. Ma Ianto sapeva che
quello non
era l’odore del suo dopobarba.
“Ciao”, salutò il gallese, ma quel
saluto suonava più come un perché
diavolo sei qua?
“Non voglio più rimandare il nostro
appuntamento”, sbottò il Capitano con una
certa urgenza nella voce.
Ianto alzò gli occhi al cielo. “Jack, non ho
voglia di uscire. Ti ho detto che
sono stanco”.
Jack allora gli sorrise sornione. “Chi ha detto che dobbiamo
uscire?” E gli
mise davanti una bottiglia di vino ancora sigillata e una busta bianca
con
dentro probabilmente la spesa che aveva appena fatto.
Ianto rimase a guardarlo in silenzio, senza sapere come comportarsi. Se lo avesse fatto
entrare, avrebbe buttato
nel cesso il suo buon proposito di evitare Jack.
“Non lo so, Jack. Devo ancora farmi la doccia
e…”.
“Tu vai a farti la doccia e io cucino. Scommetto che hai
fame”.
“Perché? Tu sai cucinare?”
“Resteresti sorpreso di quante cose so fare”. E gli
mostrò quel sorrisetto
sghembo che mostrava una parte della sua dentatura perfetta,
avvicinandosi un
po’ di più alla soglia.
Ianto, quasi involontariamente, si scostò per farlo passare. Subito dopo si maledisse.
Però Jack aveva
ragione: aveva molta fame, solo che si sentiva talmente stanco che non
aveva
nemmeno avuto la forza di mettere qualcosa nel microonde.
Jack, senza troppe cerimonie, si diresse in cucina e Ianto lo
seguì a testa
bassa.
“Posso lasciarti da solo o mi bruci tutta la casa?”
“Non ti preoccupare: se dovesse succedere, verrò a
salvarti”.
Ianto non sapeva se sentirsi rincuorato oppure no. Tuttavia lo
lasciò al suo
lavoro, mentre lui si diresse in bagno.
Si spoglio, lasciando cadere i vestiti a terra ed entrò
nella doccia. L’acqua
gli piovve addosso facendolo sentire immediatamente più
rilassato. Si aspettava
che Jack entrasse da un momento all’altro, ma non
arrivò nessuno. Una parte di
lui se ne dispiaceva.
Quando uscì dal bagno, le sue narici vennero subito punte da
un buon odore di
cibo proveniente dalla cucina. Possibile
che Jack gli stesse veramente preparando la cena?
Da quando aveva suonato alla sua porta, tutta quella situazione gli era
sembrata paradossale.
Ianto entrò cautamente in cucina, come se temesse di
risvegliare un drago, e
allo stesso modo si sedette a tavola, dove due piatti e due bicchieri
colmi di
vino rosso stavano già in bella mostra. Jack era ancora
impegnato ai fornelli,
così il ragazzo si bevve un sorso di vino, constatando che
era ottimo.
“Ti piace la cucina italiana?” chiese il Capitano,
facendo saltare la pasta in
una padella.
“Non mi dispiace”, rispose Ianto, rimanendo sul
vago.
Era un po’ confuso. Sorpreso e confuso. Voleva capire che
cosa fosse saltato in
testa a Jack per fare un’improvvisata del genere, ma non
voleva chiederlo.
Perciò rimase a guardargli la schiena, sorseggiando il suo
vino.
La cena finalmente fu pronta e Jack la servì sul tavolo.
Erano spaghetti alla
carbonara e, dopo solo la prima forchettata, Ianto dovette ammettere
che erano
ottimi.
Ok, Jack sapeva cucinare. Sì, bene. E allora?
Mangiarono in silenzio per un po’, tesi ed imbarazzati. Ianto
non sapeva che
discorso incominciare, o meglio, lo sapeva ma non gli sembrava il caso
di
parlarne adesso.
Jack, invece… Jack avrebbe avuto mille cose da dire, ma non
sapeva da dove
iniziare. Né come iniziare.
“Pensi che domani avremo molto da fare?” chiese
allora il ragazzo, buttando lì
la prima cosa che gli veniva in mente.
“Non lo so. Dipende dalla Fessura. E dagli alieni”.
“Già”.
Ma che sciocchezze! Ci bastava solo che tirasse fuori qualcosa sul
tempo e
avrebbe potuto vincere la medaglia del conversatore peggiore della
storia.
“Ti piace?” chiese Jack e nel suo sguardo sembrava
esserci una certa luce
speranzosa. Sembrava essere anche piuttosto teso, si muoveva con
cautela e il
fatto che non stesse parlando come suo solito e nemmeno flirtando era
piuttosto
preoccupante.
Jack era cambiato, lo si poteva vedere. Ma anche Ianto era cambiato e
le cose
tra loro due non potevano più funzionare così.
Ianto era ormai a metà della sua cena, quando finalmente
sbottò. Era ormai
inutile tergiversare. “Perché stai facendo tutto
questo?”
“Questo cosa?”
“La cena, il vino…”.
“Te l’ho detto, non mi va più di
rimandare quell’appuntamento. Anche se vorrei
ancora portarti fuori come si deve… cinema,
ristorante… Sempre se tu ci stai”.
“Non è questo il punto?”
“E allora qual è il punto?”
Quando Jack alzò lo sguardo su Ianto, trovò
questi che lo guardava con
un’espressione incredibilmente
glaciale
e seria, come non lo aveva mai visto.
Ianto dal canto suo cercava di studiare Jack, ma come al solito non
riusciva a
capire niente. Era sempre un mistero per lui quell’uomo.
“Il punto è che non capisco perché ci
tieni, all’appuntamento, intendo”.
“Perché questa situazione non può
continuare così”.
“Quale situazione?”
“Quella tra noi due”.
“E cosa c’è che non va tra noi
due?”
“Oh andiamo, Ianto!” Jack lasciò la
forchetta nel piatto e si accasciò contro
lo schienale della sedia. Era un classico, fare finta di non capire.
Banale, ma
efficacie. Solo che Jack non era uno che demordeva.
Ianto si passò la lingua sulle labbra e abbassò
lo sguardo.
“Mi stai evitando”, concluse il Capitano.
“Felice che tu te ne sia accorto”. Il tono di Ianto
era estremamente duro e un
po’ cinico.
“E sei arrabbiato con me. Per quale motivo?”
“Te ne sei andato”.
“Ti ho chiesto scusa”.
“Sì, ma non hai dato una spiegazione”.
“L’ho detto, ero col Dottore”.
“Dottore. E poi?”
Forse l’appuntamento non aveva preso la piega che avrebbe
voluto Jack, ma Ianto
era stanco di quello che voleva Jack. Lui voleva delle spiegazioni e le
avrebbe
avute.
“E’ complicato”.
“E’ complicato per te o per me?”
Jack spostò lo sguardo da un’altra parte, indeciso
su che cosa dire. Sembrava essere
irremovibile quella sera, il suo gallese, qualsiasi cosa gli dicesse
non gli
andava bene. Questa volta non sarebbero bastati un paio di baci e delle
parole
rassicuranti.
“Perché fai domande di cui non vuoi sapere la
risposta?”
ianto alzò gli occhi al cielo e sospirò
frustrato. “Ecco, è sempre così con
te!” esclamò allora, allontanandosi con la sedia.
“Pensi sempre di sapere
tutto, persino che cosa pensano o vogliano gli altri. Ti credi
superiore a
tutti e pensi che tutti cadano ai tuoi piedi quando sorridi in quel
modo
civettuolo o sbatti le ciglia. Te ne va e poi ritorni a tuo piacimento
e sei
convinto che a nessuno importerà perché tu sei il
grande Jack Harkness che non
può morire mai. E io sono stanco di tutto questo. Stanco di
accontentarti senza
fare domande, stanco di sopportare i tuoi malumori e sono stanco di
essere la
tua bambola del sesso”. Si alzò da tavola e,
lanciando un’ultima occhiata di
sbieco a Jack, sparì in salotto dove uscì fuori
sul terrazzo.
Appoggiò i gomiti sul bordo del bancone e rimase a guardare
la luna. Lo aveva
ferito? Forse sì, ma non gliene importava. Ben gli stava,
era ora che qualcuno
gliene dicesse quattro.
Aveva ancora tutta l’adrenalina in corpo e lo faceva stare
incredibilmente
bene, anzi, voleva dirgliene ancora.
Ma dopo nemmeno cinque minuti, cominciò a pentirsene. Forse
era stato un po’
duro.
Jack non lo aveva raggiunto e Ianto ebbe paura di esserci andato
giù pensate.
Forse se n’era andato, ma non aveva sentito alcun rumore. Non
aveva il coraggio
di andare di là e affrontarlo di nuovo oppure scoprire che
se n’era andato
senza che avessero concluso il discorso.
Certo che anche lui però se n’era scappato via
come un coglione.
Improvvisamente sentì la porta dietro di lui aprirsi e
capì che Jack non se
n’era affatto andato. Ma Ianto non si girò
né diede segno di averlo
sentito.
Sentì il Capitano avvicinarsi a lui cautamente e poi in tono
molto dolce,
nonostante quello che gli aveva praticamente urlato prima, gli
sussurrò: “Tu
non sei affatto la mia bambola del sesso. Non lo sei mai
stato”.
“Ah no?”
Jack si accostò a Ianto e voltò il capo nella sua
direzione, scorgendo il suo
profilo illuminato debolmente dalla luna.
“Allora cosa sarei per te?”
Il Capitano prese un grande respiro. “Sei importante per me,
Ianto”. Era di
questo che aveva bisogno? Conforto? Sentirsi importante per qualcuno?
No, ne
dubitava… non era solo questo. “ Hai ragione sulle
cose che hai detto. Sono
vanitoso, egocentrico, a volte egoista,
ma non è vero che non mi importa di nessuno.
E tu sei molto importante per me”.
Finalmente Ianto puntò i suoi occhi azzurri in quelli di
Jack, ma questa volta
non erano più duri e freddi come prima. Erano…
sofferenti. “Però non hai alcun
problema ad andartene e mollare tutto”.
“Non è così, Ianto. Mi dispiace se
l’ho fatto, davvero. Mi dispiace se ti ho
ferito, non avrei mai voluto farlo. È solo che…
non ci ho pensato. Ho agito
d’istinto, come faccio sempre. Il Dottore era lì e
io avevo bisogno di lui.
Dovevo parlargli, chiedergli che cosa non andava in me e se potesse
aggiustarmi”.
“Questo… questo lo capisco, Jack”.
Il giovane abbassò lo sguardo, il labbro inferiore stretto
tra i denti. Jack
era così sincero in quel momento, come mai lo era stato. E
si sentiva in colpa
per avergli detto quelle cose. In fondo per lui non doveva essere
semplice,
vivere in quel modo, non poter morire mai… e si difendeva
nell’unico modo che
gli era possibile.
“E allora perché ce l’hai
così tanto con me?”
Ianto sollevò di nuovo gli occhi sul Capitano. La sua
espressione gli fece
tenerezza, sembrava un cucciolo bastonato.
“Perché…”. Il gallese
scrollò le spalle senza sapere come dirgli quello che
voleva dirgli. “Perché non mi hai lasciato alcuna
scelta, alcuna via di fuga.
Mi hai preso e basta e io non ho avuto modo di scappare, di sottrarmi a
te”.
Erano occhi negli occhi adesso, come incatenati. “E
ora… ora mi sono scottato
ed è una bruciatura che non guarirà mai. Ma tutto
questo, tra noi, non potrà
mai funzionare, non come vorrei io. E questo mi fa impazzire, mi fa
soffrire”.
Aveva preso leggermente ad urlare e aveva paura che la signora che
abitava
nell’appartamento vicino al suo lo potesse sentire. Ma che
gli importava? Stava
facendo una vera e propria confessione all’uomo del quale si
era innamorato e
davvero, davvero tutto il resto non importava. Importava solo Jack in
quel
momento, fermo lì in piedi davanti a lui.
Jack… Jack che in quel momento stava scuotendo la testa, la
bocca distorta in
un broncio misto tra delusione e rabbia.
“Stare con me ti fa soffrire? Bene, allora
smetterò di comportarmi da egoista e
ti lascerò andare. Non ho mai voluto farti questo, Ianto. Mi
dispiace. La
finiamo qui…”. Il Capitano si voltò per
andare via, ma Ianto lo trattenne per
un braccio e lo riportò indietro. Non poteva lasciarlo
andare via così.
Immaginava che la soluzione migliore per entrambi sarebbe stata quella
di
terminare ogni rapporto, ma non voleva chiudere in quel modo. In
realtà non
voleva chiudere proprio, ma era la cosa più giusta da fare.
“Aspetta, Jack. Non intendevo questo. Cioè,
sì, lo intendevo, ma… non ho mai
detto che non mi piacesse. E poi… non è solo
colpa tua. Mi sono lasciato
incastrare da solo. È che quello che provo per te, quello
che tu mi dai è… è
pazzesco e mi piace, mi piace tanto. Anche se a volte mi
spaventa”, sospirò, il
cuore che andava a mille. Neanche Lisa lo aveva mai fatto sentire
così. Ma ora,
l’unica cosa che sentiva era paura, paura di aver rovinato
tutto e di aver
chiesto troppo a Jack.
Il Capitano si avvicinò a Ianto e gli mise le mani sui
fianchi, attirandolo a
sé. “Vorrei davvero darti tutto ciò che
meriti, ma non ho molto da offrirti”.
“Jack, tu non mi devi offrire proprio niente! E’
solo che sono stanco di fare
con te solo del sesso casuale o di accompagnarti a caccia di Weevil
dividendo
un cheesburger. Non posso più continuare così.
Quindi, o la finiamo qui,
oppure…”.
“Voglio stare insieme a te. Voglio che siamo una coppia o
come tu preferisci
chiamarlo”.
Ianto strabuzzò gli occhi e inarcò le
sopracciglia. Poi il suo viso si addolcì
e le sue labbra si piegarono in un sorriso intenerito. Davvero gli
stava
offrendo quella possibilità, la possibilità che
aveva desiderato da non si
ricordava nemmeno quanto tempo? Forse o forse no. Jack agiva sempre
d’impulso,
dopotutto.
“Non voglio costringerti a fare niente che non vuoi, non
voglio costringerti ad
essere ciò che non sei. Non ti sto dando un ultimatum,
solo… ho solo bisogno di
certezze nella mia vita, di qualcosa di… stabile”.
“Io voglio stare con te!” esalò Jack,
calcando bene sul voglio.
“Lo voglio davvero. Voglio che torniamo a casa insieme dal
lavoro la sera e che usciamo più spesso e che andiamo a
letto insieme e tutto
il resto. Tu mi fai sentire… mi fai sentire bene e non mi
sentivo così da tanto
tempo. Diamine, mi sei mancato da morire quando ero via e tu sei
l’unico motivo
per cui sono tornato. Sono restato davanti a una fioreria per venti
minuti
prima di decidermi se comprarti dei fiori o no quando stavo venendo da
te.
Ianto, vorrei davvero che tu lo capissi. Io… io
ti…”.
Jack si bloccò, il cuore che gli batteva a mille. Che cosa
diamine gli aveva
fatto Ianto? Aveva scongelato il suo cuore, letteralmente.
Ianto si avvicinò di più a lui e gli
circondò la vita con le braccia. “Proprio
non riesci a dirlo, eh?” gli soffiò a poca
distanza dalle labbra. “Ce l’hai
sulla punta della lingua ma non riesci a dirlo”.
“E’ che nel momento in cui lo dirò
diventerà definitivo”.
“E’ già definitivo”.
“Non è facile, per me. Ho paura, davvero tanta
paura”. Jack gli stava aprendo
il suo cuore e Ianto non poteva che sentirsene onorato. Ma allo stesso
tempo,
sapeva di avere il privilegio di possedere una cosa preziosa e fragile,
perché
il cuore di Jack era prezioso e fragile, e temeva di poter dire o fare
qualcosa
di sbagliato. “Io posso vivere per sempre mentre tutti quelli
a cui tengo
invece se ne vanno. E non faccio che ritrovarmi solo con tanti ricordi
e…
dolore. E anche tu un giorno te ne andrai. Vorrei poter invecchiare con
te e
morire con te, ma non posso. Tu puoi passare il resto della tua vita
con me, ma
io non posso passare il resto della mia, con te. E questo fa male.
Perciò,
scusami se a volte ti ho tenuto a distanza o ti ho
allontanato”.
Ianto circondò il collo di Jack con le braccia e
appoggiò la fronte su quella
dell’uomo. Sentiva le lacrime premergli sugli occhi.
“Vorrei poter fare
qualcosa per sistemare tutto questo. Lo vorrei tanto”. Poi
gli diede un bacio
dolce sulla bocca, senza esagerare, senza spingere troppo. Jack
socchiuse le
labbra e si lasciò travolgere.
“Ti amo, Ianto Jones”, sussurrò al
giovane quando si furono staccati. Aveva
ragione, era inutile cercare di non dirlo. Tanto ci era caduto dentro
con
entrambi i piedi. “E ti prometto che non me ne
andrò via mai più. Non senza di
te”. Poi
gli diede un altro bacio,
assaporando il sapore delle sue labbra. Non si erano mai baciati
così
dolcemente e così appassionatamente; sarebbe potuta cadere
una bomba oppure gli
alieni avrebbero potuto conquistare la Terra e a loro in quel momento
non
sarebbe importato niente. Non si curavano nemmeno della vecchia vicina
che li
stava spiando dal suo balcone.
“Ti dispiace se rientriamo? Ho un po’ di
freddo”, esalò Ianto, rabbrividendo.
Solo allora Jack constatò che era in maniche corte e il
clima di certo non era
favorevole per quel tipo di abbigliamento.
“Adesso rientriamo”. Ma non aveva ancora voglia di
rientrare. Attirò il ragazzo
ancora di più a sé stringendolo tra le proprie
braccia e si fiondò di nuovo
sulle sue labbra. Sembrava che volesse recuperare tutti i baci che
aveva perso
durante la sua assenza.
“Ahia!” esclamò Ianto a un tratto,
allontanandosi bruscamente.
“Che succede?”
“Niente!”
Il Capitano inclinò il capo da un lato guardando il ragazzo
con un’occhiata
torva, intuendo che gli stesse nascondendo qualcosa. Ianto
si portò una mano al fianco e non riuscì
a trattenere un gemito. Allora Jack gli sollevò velocemente
la maglietta senza
esitare o chiedere il permesso, scoprendo una grossa cicatrice
arrossata e
circondata da lividi violacei. “E’ successo durante
un combattimento alieno”,
spiegò il ragazzo, evitando di guardare Jack.
“Intendi che te l’ha fatto l’alieno o che
ti sei infilzato da qualche parte
come uno spiedino?”
Ianto ridacchiò. “Me l’ha fatta
l’alieno ma non è niente di grave. Owen ha
già
controllato”.
“Però ti fa male”.
“Solo quando ci premo sopra. Ogni tanto la devo
pulire”.
“Quando te la sei fatta?”
“Una settimana prima che tu arrivassi”.
“E non mi hai detto niente?”
Il gallese gli lanciò un’occhiataccia e questi non
fece più domande. “Andiamo
dentro”.
Ianto era steso
sul divano, le
braccia poste sopra la testa e il petto scoperto. Jack gli stava
applicando
della pomata sulla ferita, facendolo ogni tanto rabbrividire per il
bruciore
anche se non si lamentava. Quando terminò, ripose via gli
strumenti e si sdraiò
accanto al ragazzo che gli poggiò la testa sulla spalla.
“Ianto?”
“Hmm?”
“Voglio che d’ora in poi mi dici tutto quello che
ti succede. Voglio sapere
tutto su di te”.
“La cosa è reciproca”.
Jack ammutolì e tra i due calò il silenzio,
questa volta un silenzio rilassato,
in cui si sarebbero crogiolati per sempre. Se solo avessero potuto
fermare il
tempo… il Capitano accarezzava con una mano molto
delicatamente il braccio di
Ianto e lo osservava di profilo. Poi lo prese per il polso e gli
piegò l’avambraccio,
osservando la piccola cicatrice bianca che gli deturpava la pelle.
“Come te la sei fatta?”
“E’ stato mio padre. Mi picchiava e picchiava mia
madre”.
Il Capitano lo strinse di più a sé, come se lo
volesse proteggere.
“Quella me l’ha fatta con un attizzatoio
rovente”.
“Mi dispiace”.
“E tu?” Ianto si voltò su un fianco per
poter guardare Jack in viso. “Com’era
la tua famiglia? Com’era tuo padre?”
Il Capitano sembrò esitare e Ianto temette che avrebbe di
nuovo trovato una
scappatoia o che avrebbe tergiversato per non dovergli dire niente.
invece, ciò
non successe e il ragazzo ne rimase piuttosto sorpreso. “Era
il miglior padre
del mondo, ma io l’ho deluso. Ho lasciato che prendessero mio
fratello e che lo
torturassero”. Una
lacrima gli scese
lungo la guancia e Ianto velocemente gliela asciugò col
pollice. Si fermò ad
accarezzargli la guancia e gli diede un bacio a cui Jack rispose molto
volentieri.
Era perfetto, tutto quello era perfetto.
Finalmente avevano avuto la loro occasione, la loro
possibilità. E non
importava quanto sarebbe durata, avrebbero cercato di vivere la loro
storia
appieno, in modo da non perdersi niente, in modo da non sprecare un
solo
attimo.
Ianto era rimasto scottato dal fuoco di Jack, ma si rendeva conto che
non
avrebbe voluto diversamente. E lo stesso valeva per Jack.
L’eternità era lunga
per starsene da soli.
MILLY’S
SPACE
Lo so che io
avrei altre fanfiction da aggiornare, ma ho letto una bellissima storia
in
inglese che mi ha ispirato questa oneshot e non ho potuto fare a meno
di
scriverla. Sì, lo so che sono caduta nel fluff
più fluffoso che ci sia, ma sono
un animo romantico io. E ancora non mi sono messa il cuore in pace per
la morte
di Ianto.
Comunque,
magari qualcuno di voi l’avrà notato, una frase
che dice Jack (“Tu puoi passare
il resto della tua vita con me ma io non posso passare il resto della
mia”) è
preso da Doctor Who ed è la frase che il Dottore dice a
Rose. Sigh.
Che altro
dirvi? Venitemi a trovare sulla mia pagina facebook https://www.facebook.com/MillysSpace?ref=bookmarks
E date
un’occhiata
alle altre storie che ho in cantiere. Vi linko anche la storia che mi
ha
ispirato così, se siete portati con l’inglese, ve
la potete leggere perché
merita https://www.fanfiction.net/s/10631748/1/Quixotic
E
niente…
bacioni a tutti,
M
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