An
hope(ful) li(f)e
E
meno male che mi sono svegliata prima proprio per questo motivo!
Mi ritrovai a pensare questo mentre, braccia puntate sui fianchi,
battevo con impazienza il piede sulle tavole di legno del pavimento.
Ero piantata davanti al mio gigantesco armadio da qualcosa tipo due ore
e mezza, ma non vedevo vie d’uscite da quella terribile
situazione.
Era il mio primo giorno alla London High School, uno degli istituti
più chic di tutta l’Inghilterra, e doveva essere
tutto assolutamente
perfetto: mi ero appena trasferita a Londra e sapevo che
sarei stata al centro dell’attenzione, con l’anno
scolastico iniziato già da due mesi.
La London High School era un istituto terribilmente selettivo:
accettava solamente studenti brillanti o ricchi abbastanza da potersi
permettere di comprare l’iscrizione, ed era richiesto un
abbigliamento fashion ed alla moda, come del resto in tutte le scuole.
Neanche a dirlo, mio padre aveva dovuto sborsare una bella cifra per
permettermi di frequentare la London High School, data la mia assoluta
mancanza di cervello: so a stento riconoscere le lettere
dell’alfabeto, tanto che sto facendo scrivere questa storia a
Cheryl, l’unica ragazza della nostra classe in grado di
leggere e scrivere, che per questo viene emarginata e derisa.
Tornando a quel fatidico giorno, ero ancora immobile davanti al mio
armadio, disperata: erano le cinque del mattino, mi erano rimaste
appena tre ore per prepararmi, dovevo indossare una mise assolutamente
strabiliante..
In quel momento, un’illuminazione.
“Hope, tesoro, mi spieghi che stai facendo sveglia a
quest’ora?” cinguettò mia madre,
entrando in camera mia con gli occhi gonfi dal sonno ed accendendo la
luce.
Per la cronaca, Hope è il mio nome. Ovviamente, essendo nata
in un paesino sperduto tra le montagne del Molise, non è il
mio vero nome. Il mio vero nome è Zara Chastity Miracle
Destiny Rain Selena Holly Lin, abbreviato in Hope. E’ stata
mia madre a scegliere i miei nomi e devo ammettere che, per i suoi
standard, sono tutti abbastanza sobri e discreti. Basti vedere
com’era conciata quella mattina, con la sottoveste
leopardata, le ciabattine da notte tacco 10 e due centimetri di
fondotinta arancione in faccia.
“Oh, mammina! La mia vita è un inferno, non ho
idea di cosa indossare domani a scuola” piagnucolai.
“Luce dei miei occhi, giusto ieri ti ho dato la mia carta di
credito per andare a fare shopping, non hai trovato nulla che ti
piacesse?”
“Oh, sì, ma il problema non è quello..
Mi sono di nuovo dimenticata come si apre
l’armadio!”
“Povera cucciola, posso capirti! A quest’ora della
notte, è difficile pensare con lucidia.. lucicid..
Lucidazione? Vabbé, insomma, è difficile pensare.
Torno a dormire, tu pensa a prepararti”
Dopo essere finalmente riuscita ad aprire l’armadio, afferrai
il discreto abitino di paillettes con maxi scollatura e lo indossai:
forse era un po’ troppo corto, se mi chinavo anche solo
leggermente mi si vedevano persino le tonsille, perfetto per il primo
giorno di scuola.
Dopo essermi truccata come un’aspirante prostituta, passai al
pettinare i miei lunghi capelli biondo ramato, la parte di me che
più mi piaceva. Erano lunghi quasi fino alle ginocchia,
tanto che, quando andavo in bagno, non avevo nemmeno bisogno della
carta igienica: usavo direttamente i capelli.
“Hope, sei pronta?”
Mia madre, appoggiata allo stipite della porta, mi guardava commossa.
“Tesoro mio, sembri proprio una squallida battona: sono
così fiera di te” commentò, piangendo
di gioia.
“Grazie, mammina! Adesso devo proprio andare, Galaxy mi
starà già aspettando”
Mi fiondai giù per le diciotto rampe di scale
(sì, viviamo in un grattacielo, e sì, abbiamo un
ascensore, ma usare le scale fa bene alla linea), fermandomi solo per
salutare Pinkie Princess, la mia gattina (ha un piano tutto per
sé): Galaxy era già sotto casa mia, espressione
scocciata e consuete galassie stampate ovunque, dal mini abito alle
unghie dei piedi.
Se posso dirlo, Galaxy è proprio una bimbaminkia: ha questa
passione assolutamente mainstream e poco originale per le galassie. In
realtà si chiama Samantha, ma all’età
di quindici anni, da Starbucks, ha legalmente cambiato il suo nome.
Io e lei eravamo migliori amiche da cinque giorni e, nonostante i tanti
litigi che avevamo avuto, il nostro era un rapporto bellissimo e
speciale.
“Allora Hope, sei pronta per il tuo primo giorno di
scuola?” mi chiese, mentre attraversavamo a piedi la strada
ed entravamo nel grande cortile della London High School.
“Sto morendo di paura. Sarò al centro
dell’attenzione, tutti mi guarderanno e mi giudicheranno! Ho
anche messo le mie mutande portafortuna, quindi speriamo che non me la
faccia addosso”
Galaxy alzò gli occhi al cielo e accelerò il
passo, per risparmiarsi altri dettagli.
Vi state chiedendo quali siano le mie mutande portafortuna, immagino.
No? Beh, in ogni caso, è arrivato il momento di condividere
con voi la mia unica ragione di vita, il
mio più grande amore:quello nei confronti di
cinque splendidi ragazzi, che con le loro voci e la loro passione hanno
conquistato il mio cuore, che mi hanno aiutata a superare tanti momenti
difficili grazie alla loro musica.
Sto parlando, ovviamente, dei Two Derection.
“Sì, ma si può sapere chi cazzo
sono?” sbottò per l’ennesima volta
Galaxy, mentre attaccavo a cantare una delle loro cinque canzoni.
“Non li conosci, sono una boy band della mia zona”
In quel momento, un coro di urla assordanti ruppe il silenzio: mi
voltai, incuriosita, e mi trovai ad osservare un gruppo di ragazzi,
appoggiati con aria spavalda al cancello dell’istituto.
Restai completamente senza fiato: erano bellissimi, non riuscivo a
distogliere lo sguardo da quei volti sensazionali, dai fisici perfetti
che si potevano immaginare sotto gli abiti scuri ed eleganti, dalla
loro aria annoiata e arrogante.
Uno di loro, profondi occhi color nocciola ed un ciuffo ribelle di
capelli castano scuro, fumava pigramente una sigaretta, mentre
ascoltava il racconto del ricciolino dagli occhi verdi che gli stava
accanto.
Gli altri tre ragazzi, cellulare alla mano, si stavano scattando un
selfie.
Le ragazze che stavano urlando finalmente si zittirono (a quanto pare,
una di loro era svenuta, battendo la testa ed entrando in coma, ma
chissenefrega); mi girai verso Galaxy, che stava aggiornando il suo
stato su Facebook.
“Ehi, Gal, chi è quel ragazzo che sta fumando,
quello vicino al cancello?”
“Cristo santo, Hope, com’è possibile che
non sai chi sia? Quello è Zayn Malik, persino mia nonna sa
chi sia. Li vedi quei quattro coglioni intorno a lui? Ecco, insieme
sono i One Direction. E insieme arrivano anche a metà
cervello di un essere umano normale”
“Credo di essermi innamorata” sussurrai, fissando
incantata i bei tratti del ragazzo moro.
“Vabbé, come dici tu”
commentò Galaxy, sistemandosi i capelli e mettendosi in posa
per un selfie.
Ripescai il mio cellulare dalla borsa e cercai “One
Direction” su Wikipedia: sullo schermo, comparvero i volti
dei cinque ragazzi che ora si stavano avviando verso
l’entrata dell’edificio scolastico.
Il ricciolino che stava parlando con Zayn era Harry Styles, mentre gli
altri tre si chiamavano Liam Payne, Niall Horan e Louis Tomlinson:
erano di una bellezza straordinaria, ma nessuno di loro poteva
competere con il mio Zayn.
Galaxy, dopo aver pubblicato una decina di selfie su Instagram, mi
afferrò per un braccio e mi trascinò dentro la
scuola, raccontandomi ciò che sapeva riguardo i One
Direction.
“Beh, insomma, sono abbastanza famosi, ma qui dentro ci
abbiamo fatto l’abitudine. Diciamo che sono un po’
più che abbastanza famosi, del tipo che se mettono piede
fuori dal cortile, un esercito di ragazzine urlanti li travolge
all’istante. Cioè, non mi fa impazzire la loro
musica, penso che siano cinque idioti, ma il biondino non è
male, quello irlandese, non che mi piaccia, ma…”
Dieci minuti dopo, stava ancora blaterando su questo Niall Horan,
interrompendosi ogni tanto per assicurarmi che non le piaceva affatto.
“Visto che tu sei nuova” concluse
“potresti provare a fingerti una loro fan –Cristo
non pretendo che tu lo diventi davvero, fanno schifo– e
provare ad attaccare bottone con Zayn”
In
quel momento, la porta si spalancò di colpo e tutti
ammutolirono: una canzone si diffuse a tutto volume dagli altoparlanti
alle pareti (“Maybe
it's the way she walked, straight into my heart
and stole it”), un ragazzo corse ad
accendere un ventilatore e lo puntò verso
l’ingresso, dal quale stavano entrando, a ritmo di musica, i
One Direction.
“Ehmm..
e voi non eravate quelli abituati a loro..?” domandai a
Galaxy, che stava controllando il suo blog su Tumblr.
“Mica mi followi su Tumblr? Ah, dimenticavo che sto parlando
con una ritardata che non conosce nemmeno i One Direction.
Dicevi?”
I cinque ragazzi si andarono a sedere in ultima fila, cominciando
tranquillamente a rifarsi il trucco e a sistemarsi le acconciature,
nonostante la lezione fosse già iniziata: erano dei veri
ribelli, e la cosa mi attirava parecchio, dato che ero sempre stata la
classica “brava
ragazza”.
Era arrivato il momento di dimostrare che non era così.
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