Questo capitolo
è dedicato a Daenerys. Quando lo leggerai, capirai il
perchè.
Quando Teresa aprì la porta del suo ufficio,
trovò Patrick immobile sul divano, con lo sguardo fisso nel
vuoto e una tazza di tè ferma tra le mani. Doveva essere
fermo lì da molto tempo, perchè il tè
aveva l'aria di essere freddo.
Rimase ferma sulla soglia a guardarlo e dopo qualche secondo il
consulente si accorse di lei, salutandola con uno sguardo intenso e
silenzioso.
- Non ce la facevo più a rimanere a casa. - Disse Teresa,
entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
Si voltò per guardare Patrick, ma il suo consulente non
sembrava più perso nei suoi pensieri: la guardava come per
cercare la risposta ad una domanda che non aveva il coraggio di fare ad
alta voce.
Teresa ricambiò per un momento il suo sguardo ma poi
distolse gli occhi, imbarazzata. Guardò per un istante gli
agenti andare e venire al di là delle veneziane, intenti ai
loro soliti compiti, poi si voltò verso Patrick, fissandolo
con intensità.
- Dobbiamo salvarla. - Disse in un sussurro. - Dobbiamo impedire a quel
bastardo di metterle le mani addosso. Non deve farle del male: lei non
c'entra. Non c'entra niente con il CBI, con me, con te o con la nostra
crociata contro di lui. - Si fermò per un istante, con gli
occhi verdi che scintillavano di determinazione. Quando
continuò la sua voce era più alta e
più ferma:
- Non voglio che le faccia del male e non voglio che nessun altro si
senta come mi sento io adesso, come si sono sentite le famiglie di
tutte le altre persone che ha preso... come ti senti tu ogni giorno
della tua vita. Dobbiamo fermarlo. Dobbiamo farlo per salvare Dorothy,
ma anche per dare pace a tutte quelli che ha ucciso e per dare
giustizia alle loro famiglie… non mi importa cosa dice la
legge, quali sarebbero le procedure o i protocolli: dobbiamo prenderlo,
costi quel che costi. E ho capito la cosa giusta da fare in questo caso
è smettere di autocommiserarsi e iniziare a combattere. -
Si fermò un istante, guardando Patrick con uno sguardo che
diceva molto più di quanto lei non fosse in grado di dire a
parole: fino a quel momento non si era resa conto di quanto coraggio ci
volesse per reagire a una situazione come quella. E lei aveva ancora
una speranza di riabbracciare Dorothy.
Fece un passo verso di lui e gli sfilò il tè
dalle mani, facendo tintinnare tazza e piattino mentre li appoggiava
sul tavolinetto.
- Perciò adesso ti alzi da quel divano e andiamo a
riprenderci la nostra bambina. -
Nell'istante che seguì Patrick si alzò e
colmò la distanza che li divideva. Le prese il viso tra le
mani e le posò un bacio sulle labbra. Poi, senza allontanare
le mani dalle sue guance la guardò intensamente negli occhi.
- Vado a prendere Juliet. - Disse.
Uscì dall'ufficio lasciandosi alle spalle una Teresa
confusa, emozionata e senza parole.
Non era ancora riuscita a riprendersi del tutto quando la porta si
aprì bruscamente e la figura alta ed elegante di Ray Haffner
fece il suo ingresso nell'ufficio.
- Buongiorno, Teresa. Speravo proprio tu fossi arrivata, i ragazzi mi
hanno detto che non ti avevano ancora vista. - Disse con un gran
sorriso.
Teresa lo guardò per un istante sbattendo le ciglia, ancora
troppo scossa da quello che era successo per capire chi fosse o cosa
volesse l'agente sulla porta.
- Ti senti bene? - Domandò ridacchiando Ray, vedendola
così confusa.
- Sì. Sì, certamente. Hai bisogno di me? -
- Mi chiedevo se ci fossero delle novità sul caso. -
L'ansia assalì Teresa come un'onda anomala: come faceva Ray
a sapere già dell'indagine?
- In-indagine? -
- La morte di Warren, Teresa. - Ray chinò un po' il capo per
poter avere gli occhi alla stessa altezza di quelli della collega. -
Sei sicura di sentirti bene? Ti vedo un po' distratta. -
- Sto benissimo. - Rispose Teresa, piccata. - E no, non ci sono
novità. Se ci fossero, te le avremmo comunicate. -
- D'accordo, d'accordo! Chiedevo solamente! Non è necessario
essere così scontrosi! - Esclamò Ray ridendo.
- L'indagine è sotto la nostra giurisdizione, comunque,
perciò non sono tenuta ad aggiornarti. -
- Ed è qui che ti sbagli. - Replicò Ray. - Sono
passato un attimo fa dal capo e gli ho chiesto di poter collaborare.
Conoscevo bene Doyle e conosco le procedure del CBI: il mio aiuto
potrebbe farvi comodo. -
L'idea di dover sopportare Ray Haffner per l'intera durata del caso
fece venire a Teresa l'improvvisa voglia di chiudere la questione nel
minore tempo possibile. Si sforzò di sorridere nel modo
più naturale che le riuscì e disse:
- Bene. In questo caso sono… sono contenta di averti a
bordo. Ci sarai d'aiuto. Se vieni di là, i ragazzi ti
aggiorneranno sul caso. -
- Con molto piacere. -
Mezz'ora più tardi la squadra stava riassumendo a Ray e
Teresa gli ultimi movimenti dei sospetti:
- La signora Stan è rimasta in casa tutto il giorno,
Mendelev è stato visto lavorare alla sua officina. - Disse
Grace. - Non hanno fatto niente di sospetto, nè telefonate
nè incontri fuori dal comune. -
- Io e Rigsby siamo andati a parlare con i vicini di casa di Doyle. -
Intervenne Kimball. - E ci hanno detto che non vedevano mai nessuno a
casa sua: usciva alla mattina presto e rientrava a metà
pomeriggio, sempre da solo. Conduceva una vita molto ritirata. -
- Nel pomeriggio andiamo a parlare con la vicina di casa che gli dava
una mano con le faccende domestiche. - Concluse Wayne. - Ma non
c'è molto su cui lavorare. -
In quel momento Teresa vide Patrick comparire in corridoio assieme a
una ragazza dai capelli neri e ondulati. Al consulente bastò
uno sguardo per dirle che l'avrebbe aspettata nel suo ufficio assieme
alla babysitter di Dorothy.
- Devo andare. - Disse Teresa alzandosi.
Il gesto improvviso fece voltare tutti verso di lei: nei loro sguardi
c'erano sopresa e perplessità e Teresa si ritrovò
costretta ad abbozzare una giustificazione.
- Devo sbrigare delle cose piuttosto urgenti. - Disse. Poi si rivolse a
Ray con il migliore dei suoi sorrisi. - E poi siete in ottime mani,
potete fare a meno di me per un'ora. -
- Sapete che vi dico? Teresa ha ragione. - Disse Ray. - Possiamo
sbrigarcela anche da soli: io vado a fare visita alla villa di Lisa
Stan, forse qualcuno dei suoi maggiordomi sa qualcosa. -
- È una buona idea. - Convenne Teresa. - VanPelt, va' con
lui: magari la singora Stan sarà più espansiva
con una donna. -
Soddisfatta per essersi liberata dalla situazione scomoda senza troppi
problemi Teresa si affrettò nel suo ufficio, entrando e
chiudendo le veneziane.
Juliet era seduta sul divano accanto a Patrick e pareva molto nervosa:
si guardava attorno con occhi saettanti pieni di ansia e non faceva
altro che arrotolarsi una ciocca di capelli attorno alle dita.
- Ciao, Juliet. - La salutò Teresa.
- Agente Lisbon. Sono... sono così confusa, cosa ci faccio
qui? Il suo collega mi ha fatto salire in macchina mentre tornavo a
casa da scuola e non mi ha spiegato niente. Si staranno preoccupando
tutti, le mie amiche penseranno che sono stata rapita! -
Guardò Teresa, poi Patrick, poi di nuovo Teresa. La sua voce
tremava appena quando chiese: - È successo…
È successo qualcosa a Dorothy? -
- È buffo che tu me lo chieda, visto che ieri pomeriggio sei
stata tu l'ultima a vederla. - Fu la risposta di Teresa.
- Io non vedo Dorothy da una settimana! - Esclamò Juliet.
- Da una settimana? Non sei andata a prenderla a scuola, ieri? Ti avevo
telefonato e mi avevi detto che te ne saresti occupata tu! -
- Sono andata a scuola. - Disse Juliet, stringendo nervosamente le mani
l'una nell'altra ma trovando il coraggio di guardare Teresa dritto
negli occhi - Ma Dorothy era già uscita. -
- Non avrebbero mai fatto uscire una bambina da sola. - Intervenne
Patrick.
- No, ovviamente no. Quando non l'ho vista uscire sono entrata, sono
arrivata fino alla classe e lì la maestra mi ha detto che
l'aveva consegnata al padre, mezz'ora prima della fine delle lezioni. -
Il gelo scese sulla stanza.
- Al padre? -
- Io lo so che lei non ha un compagno, agente Lisbon. - Disse Juliet. -
Cioè, io… magari mi sbaglio, è solo
che penso… pensavo che Dorothy non avesse un padre. -
Teresa e Patrick si scambiarono uno sguardo e Juliet si girò
verso Patrick alla ricerca di una risposta alla sua affermazione.
- Il padre di Dorothy è in prigione. - Rispose il consulente.
- O almeno è dove pensiamo che sia. - Intervenne Teresa. -
Quindi tu dici che Dorothy è con suo padre? -
- Così mi ha detto la signora Scheer. -
- Forse è il caso di controllare se McDale è
ancora dietro le sbarre. - Disse Patrick.
- Credo sia una buona idea. - Rispose Teresa.
- Io intanto riaccompagno Juliet a casa. Credo non le
dispiacerà un'altro giro sulla mia auto. -
Replicò Patrick con un sorrisetto, prendendo le chiavi
dell'auto dalla tasca della giacca e osservando gli occhi di Juliet
luccicare di entusiasmo.
La ragazza si alzò e fece per seguire Patrick fuori dalla
porta, ma proprio all'ultimo momento si girò e
tornò da Teresa. I suoi occhi scuri erano di nuovo colmi di
preoccupazione mentre parlava:
- La prego, agente Lisbon… mi avverta quando la trovate. -
- Te lo prometto. - Disse con un sorriso tirato.
- Grazie. - Disse Juliet con un sospiro. - Dorothy è una
bambina sveglia, comunque. Sono sicura che sta bene. -
Teresa ebbe un istante di esitazione, prima di rispondere con voce
incerta:
- Ma sì, certo. -
Rieccomi
a casa!
Ho passato un bellissimo mese di vacanza, tra montagna, campagna e
Sarajevo!
La vacanza con i miei amici dell'oratorio è stata tremila
volte più bella di come mi immaginavo
e consiglio a chiunque di andare in Bosnia, se può: mai un
viaggio è stato tanto sorprendente e intenso!
Tornando alla nostra storia, spero che abbiate trovato i personaggi
abbastanza IC...
spero che il gesto di Jane non vi abbia scioccate troppo, io ce lo
vedevo e alla fine l'ho scritto.
Grazie infinite per aver letto e seguito la storia fin qui
e grazie il doppio a chi lascia anche un commento! Grazie di cuore,
davvero!
Flora
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