Binari Paralleli

di Ita rb
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Note: Salve a tutti! Questa fan fiction era nata come una raccolta, a dirla tutta, ma non so proprio come gestirla a causa del punto di vista. Ammetto che in prima battuta avevo scritto un’AoKise in terza persona, ma poi, rileggendo quella flash, mi sono detta che forse non rappresentava al meglio l’idea di base che era nata con il titolo Binari Paralleli; allora, quasi per caso, due sere fa ho scritto questa flash – AoKuro – e l’ho trovata perfetta con la definizione iniziale. Forse, e dico forse, potrei scrivere qualcos’altro in futuro per rendere Binari Paralleli una raccolta, ma dovendo rimettere mano all’AoKise per cambiare il punto di vista e basarmi s’una prima persona non prometto nulla – non sono certa del risultato, ecco.
Dunque, al momento vi lascio qui e spero che possa piacervi!

 
Binari Paralleli
 
Esiste un posto, qui nel mondo, dove tutto scorre e allo stesso tempo sembra non passare mai.
Il momento oscilla appena su se stesso, indugia nella concezione che l’uomo gli ha affibbiato, dopodiché si ferma.
Siamo qui a fissare il nulla, con la brezza di fine estate che ci solletica la nuca, e allo stesso tempo pare inverno – sì, quel periodo in cui non fai che scaldarti le mani con il fiato, strofinandole fra loro e frizionandole contro la sciarpa di lana. Il sudore che t’imperla la fronte sembra fatto di stelle cadenti, polvere leggera o cristalli, semplice rugiada del mattino; allora so che non è passato neppure un minuto d’allora, che noi siamo sempre gli stessi e sempre qui.
Mentre l’altalena oscilla appena, vedo gli anni che passano e penso che non potranno andare avanti: è tutto così perfetto che vorrei restasse immutato – una fotografia, un frame, un piccolo pezzo d’eternità solo per noi, per te, per tutto quello che ti porti dietro.
Aggrotti appena le sopracciglia e ti senti osservato, così distolgo lo sguardo e lo spingo lontano, verso la volta celeste che, la notte, appare tanto piena e candida anche nel centro della città – perché non ci sono luci e il lampione è troppo distante. Sono poche, ma ci sono, e come loro ce ne saranno tante altre: non riesci a vederle, Tetsu?
«Grazie di tutto», mormora la tua voce con fare assorto, mentre ti crucci ancora sull’ennesimo fallimento – quella palla non vuole proprio saperne di entrate dieci volte su dieci, vero? «Ormai è diventata un’abitudine quella di chiederti aiuto per imparare a tirare.»
E se fosse un’abitudine, allora andrebbe anche bene, perché non c’è più luce nella notte e quei puntini sono distanti; allora so che nessuno ti troverebbe nell’ombra – sai nasconderti bene – perciò solo io saprò dove trovarti.
«Devi migliorare», soffio piano, soppesando le parole. «L’allenamento è importante.»
Parlo di cose ovvie e non rispondi, sorridi appena per farmi tornare indietro, per riavvolgere questo nastro e farmi ricordare dei giorni lontani, quelli in cui mi guardavi ancora come adesso guardi lui; eppure, adesso, il tempo non esiste.
«Detto da te, Aomine-kun, suona strano.»
Mai quanto suonerebbero strani i miei pensieri, forse.
«Lascia che suoni strano.»
E non capisci, ma è meglio così: almeno per oggi, almeno adesso, questa è la scia che dovrebbe essere seguita per farti andare avanti senza tornare indietro.




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