I believe in Oliver Queen
I believe in Oliver Queen
Di Felicity Smoak si potevano dire molte cose - che fosse strana, verbosa e a volte inopportuna -, ma non che fosse una credulona.
Quando Oliver Queen,
l'affascinante e ricco figliol prodigo tornato da una vacanza di cinque
anni su un'isola sperduta nell'Oceano Pacifico, si era presentato alla
sua scrivania nella magnificenza del suo sorriso perfetto, Felicity non
si era fatta abbindolare dal suo bel faccino quando le aveva allungato
un laptop bucato come una fetta di Emmenthal con la scusa del "ci ho
rovesciato del latte". A meno che quel latte non avesse impugnato una
pistola, non bisognava possedere il QI di Felicity per capire che
Oliver Queen stava mentendo. Non si era offesa, dando al Signor Queen
il beneficio del dubbio, poiché lui non la conosceva e non
poteva sapere che dietro quegli occhiali da nerd si nascondeva un
cervello che, oltre a pensare a computer e connessioni internet, era
patito per le serie televisive poliziesche. Non ci avrebbe messo molto
tempo, quindi, a capire cosa il giovane rampollo stesse tramando.
Felicity non aveva abboccato
nemmeno alle successive scuse, fingendo di credere a tutto ciò
che Oliver le propinava, quando in realtà stava iniziando ad
avere alcuni dubbi riguardo la legalità delle attività
cui il Signor Queen si dilettava quando i riflettori dei telegiornali
non erano puntati su di lui. Attività che ben presto
scoprì essere il vestirsi di un cappuccio verde, l'imbracciare
arco e frecce e lo sventare attacchi criminali in giro per la
città. A quello Felicity credette, perché le sembrava una
spiegazione logica - anche se non sicura per l'incolumità - per
tutte le volte che Oliver era sceso al reparto IT con qualche strana
richiesta per tenerla occupata.
Dopo aver conosciuto il
segreto di Oliver, Felicity aveva creduto che non si sarebbe
innamorata. Lo sperava con tutta se stessa, prima di tutto
perché sarebbe stato troppo ovvio - un multimiliardario con dei
bicipiti da fare invidia ai migliori body builder, che di notte salvava
il mondo con un arco e un cappuccio? Era impossibile non cadere preda
del suo fascino -, ma soprattutto perché - Felicity lo sapeva -
non sarebbe mai stata ricambiata. Cosa poteva trovarci di affascinante
in lei un esemplare maschio del genere umano? I suoi occhiali
rettangolari, la sua coda di cavallo e la sua parlantina erano un
deterrente naturale. Ma soprattutto, Oliver avrebbe potuto avere
qualunque ragazza. Sarah spaccava culi e di certo sapeva il fatto suo,
Laurel era forte e indipendente e soprattutto la sua ex ragazza.
Felicity non avrebbe mai avuto speranze.
Di Felicity Smoak si poteva
dire tutto, ma non che fosse una credulona. O, meglio, non lo era stata
fino alla notte in cui un esercito di soldati pompati di mirakuru non
aveva invaso Starling City e dalle labbra di Oliver Queen erano uscite
le due parole che lei aveva sentito esplodere dentro il suo stomaco
ogni giorno da quando aveva capito di essere innamorata. Ma la sorpresa
era durata solo un secondo, prima che Oliver le mettesse in mano una
siringa di antidoto, rendendo vane quelle due parole e tutta la
felicità di Felicity Smoak.
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Di Oliver Queen si potevano
dire molte cose, ma non che fosse un imbroglione. Almeno se non si
teneva conto di quando era partito sulla Queen Gambit portandosi dietro
la sorella della sua fidanzata, ma quello era accaduto prima. Ora era
un uomo onesto, che rifilava scuse assurde alla ragazza strana del
reparto IT, mentiva sulla sua permanenza sull'isola e teneva tutti
all'oscuro della propria identità segreta di vendicatore.
Nah, Oliver Queen non era un imbroglione.
O almeno lui stesso non si era
mai considerato tale. Aveva preso la scusa di "dover tenere all'oscuro
le persone della propria identità" e ci aveva circondato le
proprie bugie come una bolla, senza rendersi conto che il mentire lo
stava portando sempre più alla deriva. Riteneva che le bugie
fossero necessarie e non si era mai sentito in colpa.
Ma mentire a Felicity - in
quel modo poi! - lo fece vergognare di se stesso. Vide i suoi occhi
rimanere gli stessi, ma qualcosa dentro di lei cambiò. Vide
incredulità - perché Oliver sapeva che lei non voleva
crederci - e forse un pizzico di felicità, che vennero spazzati
via quando le mise in mano la siringa di antidoto. "Hai capito?" le
disse, e gli si spezzò il cuore al pensiero che lei avrebbe
capito la cosa sbagliata. Non avrebbe capito che le aveva mentito non
quando aveva detto di amarla, ma quando le aveva messo quell'aggeggio
in mano, frantumando le sue speranze.
La bugia che Oliver Queen
rimpiangeva con tutto se stesso era l'aver fatto credere alla donna che
amava di non provare nulla per lei.
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Di Oliver Queen e Felicity
Smoak si potevano dire molte cose e la più vera di tutte era che
in quel momento - uno di fronte all'altra, rigidi come dei ragazzini
delle medie imbarazzati - avrebbero voluto che il pavimento si aprisse
e li inghiottisse. Anche se forse il desiderio di Felicity di buttare
le braccia al collo di Oliver e di baciarlo era forse un po' più
pressante.
Lei non sapeva se guardarlo
negli occhi, ancora imbarazzata dall'aver socchiuso la finestra del suo
cuore tanto da mostrare ad Oliver uno spiraglio dei suoi sentimenti per
lui, soltanto perché poco dopo quella stessa finestra venisse
frantumata in mille pezzi.
Lui non sapeva quali parole
usare, consapevole del fatto che qualsiasi cosa avrebbe detto, Felicity
non ci avrebbe creduto come aveva fatto l'altra volta. Dopo la prima
scottatura, sarebbe stato difficile per lei fidarsi ancora delle sue
parole.
Ma di parole Oliver ne aveva da dire, e molte.
Cominciando con ti amo.
Ma si morse la lingua, sapendo
che non poteva buttarsi in quel modo. Se gliel'avesse detto - di nuovo
- Felicity non ci avrebbe creduto. Magari avrebbe sorriso per essere
gentile, perché lei era fatta così, ma i suoi occhi
sarebbero stati vuoti. Oliver non voleva vedere degli occhi
inespressivi dietro quegli occhiali che lui conosceva molto bene.
Così prese coraggio e
fece l'unica cosa che gli risultava solo seconda in classifica come
difficoltà dopo lo sconfiggere Slade Wilson.
Chiedere un appuntamento.
«Felicity,» disse
senza esitazione, scandendo le sillabe. Negli anni Oliver aveva preso
quel nome, modellandolo, impastandolo, masticandolo in cento modi
diversi e si sorprese di essere riuscito a trovare un'intonazione
ancora diversa per dirlo. Inspirò a fondo, trattenendo per un
secondo l'aria nei polmoni. «Vorresti uscire a cena con
me?» buttò fuori d'un fiato.
Lei rimase a fissarlo per
qualche momento, analizzando il suo volto con la stessa attenzione con
cui avrebbe decriptato un file scaricato illegalmente dal server della
polizia. Ma diamine se il volto di Oliver Queen non era più
difficile da decifrare. Vedeva il suo sguardo da cucciolo bastonato e
il suo mezzo sorriso pieno di speranze. Non sapeva in cosa Oliver
stesse sperando, se solo avere l'occasione di parlarle o qualcosa di
più, ma Felicity decise di buttarsi e che, se avrebbe sofferto
dall'accettare quell'appuntamento, si sarebbe presa a calci più
tardi.
Quando Felicity annuì una risposta, Oliver fu felice di vedere la luce nel suo sguardo e un sorriso sulle sue labbra.
Dopotutto, Felicity ancora credeva in lui.
Nota dell'autrice che invade un altro fandom
Salve
a tutti! Sono approdata da poco in questo fandom e dopo essermi
guardata in scivolata entrambe le stagioni di Arrow, mi sono sentita
subito pronta per scriverci su qualcosa. Olicity, ovviamente (che poi
stavo pensando che come nome per lo ship Fever sarebbe più
azzeccato ma ora sto divagando). Dunque! Okay, questa shot non ha molto
senso, ma l'ho scritta dopo aver visto il trailer della terza stagione
(spoiler alert!) e mi sono quasi squagliata sul pavimento per la
contentezza, ma solo dopo aver saltellato per la stanza emettendo
gridolini vita dura quella della fangirl!
Essendo la mia prima storia in questo fandom, mi farebbe molto piacere
sapere cosa ne pensate! Quindi lasciatemi una recensione, mandatemi una
lettera, lanciatemi un piccione viaggiatore, quello che volete!
A presto! :)
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