Daddy

di Jane McCandless
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In quel preciso istante non riflettevo affatto sui fari luminosi, sulla passione per il lavoro di mio padre, a come fosse stata inventata la luce artificiale o quanto le lampadine a neon fossero economiche e durature, no.
Ascoltavo la sua voce e assaporavo quei minuti, pensando a quanto fossi fortunata e sbadata o, chiamando le cose con il loro vero nome, irriconoscente per aver avuto un papà così, una genitore che molti adolescenti della mia età invidierebbero.
Amo mio padre, amo i suoi discorsi filosofici un po' all'antica, ed ho già riflettuto riguardo le fantastiche persone che il cielo mi ha donato.
Ho sopportato con nervosismo i suoi momenti no, in cui speravo che l'indomani arrivasse presto per non sopportar più le sue lune storte e le sue parole odiose. Ma sapete, quando un'amica ti tradisce un piatto si rompe ed è difficile - o quasi impossibile - farlo tornare splendente come prima. Quando invece un papà ti delude e ti presenta su un piatto d'oro i suoi crudi difetti, il muro non si costruisce. Parlando per me: non riesco a sbarrare la strada o fare l'indifferente, perché gli voglio un bene dell'anima e non riesco a mandare tutto all'aria. 
Era una serata strana, sembrava Natale sebbene fosse inizio agosto, forse per la musica calma in sottofondo, forse perché spenti i fari del camioncino la strada si presentava nuda, illuminata semplicemente da quella nuova striscia di spensieratezza. 
Sono quelle giornate in cui capisci che il tempo a disposizione, in fin dei conti, è simile ad un orologio, e quando la batteria si scarica è finita. Non c'è nessun replay, scuse o saluti.




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