Guerra aperta

di ticci
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#3
Ribelli

There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through


L'uomo si sistemò la bandana, osservandosi in uno specchio improvvisato. Nonostante si fosse lavato nella tinozza della sua casa, erano ancora visibili tracce di sporco causategli dal lavoro. Si passò una mano sul mento, mentre dall'altra stanza sentiva i figli piccoli piangere perché avevano fame e lui e sua moglie non avevano niente da dargli.
Chiuse gli occhi, cercando di ignorare i loro lamenti, che ogni volta che gli laceravano il cuore. E, come sempre, dopo la tristezza, sopraggiungeva la rabbia. Rabbia per il dolore che non riusciva a scacciare, che ogni volta si presentava più devastante che mai. Rabbia per la consapevolezza che, nonostante gli sforzi che avrebbe fatto, sarebbe stato sempre e comunque un Sette. Rabbia nel constatare che quel destino sarebbe toccato anche ai suoi figli. Rabbia nel sapere che la maggior parte di loro si era rassegnato a quella condizione, senza fare niente per cambiarla.
Andò in cucina e diede ai suoi bambini la sua porzione della cena. Vedendo gli occhi riempirsi di gioia, anche solo per qualche secondo, gli fece prendere una decisione importante.
Avrebbe tenuto duro e combattuto. Nonostante questo faceva paura. Ma l'avrebbe fatto. Per loro.


Una donna arrancava verso casa con un grosso cesto pieno di vestiti da rammendare per il giorno seguente sulle spalle. Il giorno precedente aveva piovuto tantissimo, quindi sulla strada si era accumulata un sacco di fango che rendeva il percorso più difficoltoso. Inoltre non riusciva a vedere nulla perché i lampioni erano spenti, dato che il coprifuoco era passato da un pezzo. Emettendo un respiro stanco, continuò a camminare.
Mancano solo due isolati a casa.
Stava calcolando approssimativamente il tempo che occorreva per sistemare tutti quegli indumenti, quando inciampò e cadde in una pozzanghera. L'acqua filtrò dalla gonna, bagnandole le gambe. Il vestito si sporco di fango così come i vestiti su cui doveva lavorare. Imprecò ad alta voce e si mise a raccogliere tutte le sue cose, prima che la situazione potesse peggiorare ulteriormente. Nel procinto di alzarsi, si rese conto di far fatica. Cautamente, appoggiò un piede a terra, ma fu pervasa da una fitta di dolore. Gli occhi si riempirono di lacrime.
Come faccio ad andare al lavoro domani?
Spostandosi una ciocca ribella dalla faccia, vide che vicino a lei c'era un gruppo di persone che la guardava, senza far nulla per aiutarla.
Fu invasa da una collera terribile. Possibile che la sua vita deve essere ricca di tante piccole e costanti umiliazioni? Possibile che il massimo a cui può aspirare è sposare un uomo di una Casta più alta della sua? Possibile che l'unico momento della giornata in cui è in pace con se stessa è quando si corica la notte?
Dalla finestra di una casa vicino filtrò la voce del giornalista del notiziario. Si parlava della Selezione. Saltellando, si avvicinò alla finestra e vide che stavano trasmettendo il volto di una giovane con i capelli rossi. La cosa che colpì la donna non fu tanto la bellezza della ragazza, neanche il bellissimo abito che indossava, e neppure la bellissima acconciatura che metteva in risalto il viso. La cosa che le fece togliere il fiato fu vedere il luccichio che aveva negli occhi, che comunicava speranza. Speranza nel futuro. Speranza di avere una vita felice. Speranza di essere ricambiata dall'uomo che amava.
Anche lei voleva averla. Per se stessa e per i suoi fratelli.
Appoggiandosi al muro, iniziò la sua lenta marcia verso casa. A causa del buio, non vide un uomo con la bandana e si scontrarono. Lui la sorresse, la osservò per alcuni istanti e poi commentò: “È ora di combattere”. La donna non ebbe bisogno di altre parole. Era arrivato il momento. Per tutta l'Illéa. Per tutti le persone delle caste più basse. Per lei.




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