Patrick parcheggiò la sua Citroën azzurra davanti
alla scuola elementare di Dorothy e scese guardandosi intorno con aria
curiosa prima di avvicinarsi all'ingresso: il portone era aperto e gli
bastò spingerlo appena per ritrovarsi in un atrio quadrato
decorato da molti cartelloni colorati pieni di disegni e scritte
infantili. Il linoleum attutiva il rumore dei suoi passi e mentre si
avviava verso il corridoio Patrick si guardava attorno incuriosito: era
sempre affascinato dai luoghi dove i bambini "normali" trascorrevano la
loro infanzia.
- Mi scusi, lei sarebbe? - La voce di una inserviente corpulenta
interuppe il filo dei suoi pensieri.
- Patrick Jane, CBI. Cerco la signora Scheer. - Rispose l'uomo,
mostrando il tesserino senza scomporsi.
- Nessun esterno può entrare durante l'orario delle lezioni.
- Sbottò la donna, incrociando le braccia sul petto per
sembrare più temibile.
- Si tratta di un'indagine di polizia e ho urgentemente bisogno di
parlarle: potrebbero esserci degli innocenti in pericolo. -
La donna lo guardò di sbieco, poi gli fece cenno di seguirla.
- Per di qua. La classe della signora Scheer è quella in
fondo al corridoio. Ma sta ancora facendo lezione. -
Lungo il corridoio si sentivano il vociare dei bambini e i richiami
delle insegnanti, musica di flauti stonati e il rumore di passi, di
sedie e banchi trascinati. La classe della signora Scheer aveva un
enorme cartellone con un albero dalla chioma rossa appeso alla porta e
dall'interno venivano i suoni di bambini che ridevano e parlavano.
L'inserviente fece fermare Patrick appena al di là del
raggio di visuale della porta ed entrò nell'aula per parlare
con la maestra.
Il consulente, però, non riuscì a trattenersi e
fece un passo avanti, sbucando con la testa al di là
dell'uscio e attirando l'attenzione di una bambina bionda in prima fila.
- Ciao. Io sono Patrick. - Disse.
La bambina sollevò le sopracciglia con aria incredula e poi
tornò a colorare il suo disegno.
Patrick fece per entrare nell'aula ma una donna alta ed elegante sulla
cinquantina lo fermò prima che potesse continuare col suo
piano, afferrandolo per un braccio.
- Agente Jane, possiamo parlare fuori. - Disse.
- Non sono un'agente. E parliamo dove preferisce, basta che mi lascia
andare. - Rispose Patrick divincolandosi.
L'inserviente rimase nell'aula a tenere a bada i bambini mentre la
signora Scheer e Patrick parlavano nel corridoio.
- A cosa devo questa visita? - Disse la donna.
- Si tratta di Dorothy McDale. - Disse Patrick.
Immediatamente l'espressione della donna divenne preoccupata.
- Dorothy? Stamattina era assente… le è forse
successo qualcosa? -
- Lei è stata l'ultima persona a vederla, ieri pomeriggio. -
- Sì, ha fatto le ultime ore di lezione con me, ma
è uscita con suo padre mezz'ora prima del suono dell'ultima
campanella e non l'ho più vista. -
- Suo padre è in prigione, signora Scheer. Sono certo che
lei ne era al corrente. -
- In… in prigione. Ma certo. Pensavo che avesse…
che avesse scontato la pena… - La voce della maestra si
affievoliva sempre di più mentre capiva di aver fatto un
grosso sbaglio. - Ma dovevo immaginare che la signorina Lisbon me
l'avrebbe detto, se fosse stato così. Dio, come sono stata
sciocca. -
Sentendosi improvvisamente mancare le forze, la signora Scheer si
appoggiò all'albero appeso alla porta alle sue spalle.
- È molto importante che lei mi dica tutto quello che
ricorda dell'uomo che è venuto a prendere Dorothy. -
- Io… io non ricordo molto. -
- La prego. - Ribadì Patrick, prendendole una mano tra le
sue. - Ci vorranno solo cinque minuti e per Dorothy potrebbe fare
davvero la differenza. -
La donna sospirò e posò gli occhi su Patrick, poi
iniziò a parlare lentamente, guardando il linoleum sotto le
sue scarpe.
- La lezione era finita e stavamo riordinando l'aula, c'era molta
confusione. Hanno bussato alla porta, sono andata ad aprire e c'era un
uomo sulla trentina, alto e con le spalle larghe, con indosso una
camicia chiara e una giacca nera di pelle. Mi ha detto di essere il
padre di Dorothy e che se ne sarebbe occupato lui quel pomeriggio. Io
ho chiamato Dorothy, lei si è avvicinata, lui l'ha presa in
braccio, mi ha stretto la mano augurandomi buon pomeriggo ed
è uscito. -
Patrick rimase immobile, scrutando il volto della donna per un attimo.
- Non ricorda altro di lui? -
- No, ma… ma l'avevo già visto. All'ora di
pranzo. - Disse la signora Scheer, illuminandosi - Non so
perchè io non ci abbia pensato prima ma sì:
all'intervallo era fermo dietro la cancellata del cortile della scuola
e guardava i bambini giocare in compagnia di un'altra persona.
È strano, perchè la cancellata dà su
una via chiusa in cui non passa nessuno. -
- Saprebbe descriverlo? - Domandò Patrick, sentendo di
essere vicino a qualcosa di importante.
La signora Scheer però lo deluse, scuotendo la testa.
- No. Mi dispiace, ma non ricordo nulla del suo viso. L'ho visto per
troppo poco tempo. -
Patrick rimase in silenzio per un istante, poi strinse ancora la mano
della signora Scheer tra le proprie per farle un'ultima domanda:
- Dorothy voleva andare con suo padre? -
- Cosa, scusi? -
- Ha capito bene: Dorothy voleva andare con suo padre o è
stata portata via con la forza? -
- Non… non è stata costretta. Era in braccio a
suo padre quando mi ha stretto la mano. -
- Ne è certa? -
- Assolutamente. Non avrei mai fatto andare via Dorothy se non fossi
stata certa che sarebbe stata bene. -
- D'accordo. - Patrick lasciò andare la mano della maestra -
Grazie del suo aiuto. -
- Avrei voluto poter fare di più. -
- Ci è stata molto utile, signora Scheer, mi creda. - Disse
Patrick, allontanandosi.
- Signor Jane! - La voce dell'inserviente lo raggiunse quando era
già a metà corridoio. - Devo accompagnarla! -
- Conosco la strada! - Esclamò Patrick agitando una mano in
segno di saluto e continuando a camminare senza fermarsi.
Quando rientrò al CBI, fu fermato da Wayne:
- Dove sei stato? Lisbon è furibonda, non rispondevi al
cellulare! -
- Avevo delle cose da fare. -
- Ti conviene andare da lei. -
- Jane! - La voce di Teresa li interruppe e l'agente raggiunse Patrick
a grandi passi. - Dove diavolo ti sei cacciato? Sono due ore che ti
cerco! -
Wayne guardò rapidamente il suo capo e il suo collega, poi
se la svignò senza che nè l'uno nè
l'altra si rendessero conto della sua improvvisa assenza.
- Ho accompagnato Juliet a scuola e ho fatto una piccola deviazione
sulla via del ritorno. - Fu la giustificazione di Patrick, raccontata
con un sorriso leggero.
- Deviazione? -
Patrick le fece un cenno con la mano, come a dirle che non era
importante.
- Jane. Dove sei stato? -
- Da nessuna parte. -
- Che di solito vuol dire che sei stato in un posto in cui non ti avrei
dato il permesso di andare. -
- Invece di cercare sottintesi alle mie parole potresti dirmi se hai
scoperto qualcosa. -
- Non ho potuto: il caso Doyle ha la precedenza. - Rispose Teresa, ma
davanti all'occhiata allibita di Patrick aggiunse. - Ufficialmente,
almeno. Comunque stavo andando al carcere della contea. Vieni con me? -
- Come mai andate al carcere? - Domandò Ray, comparendo alle
spalle di Teresa.
- Indagini, ovviamente. - Disse Patrick.
- Non mi pare che nessuno dei sospettati sia in carcere. -
Replicò Ray, sollevando un sopracciglio.
- Nessuno dei vostri sospettati. Andiamo, Lisbon? - Rispose Patrick.
- Avete altri sospettati e non mi avete detto niente? - Ora Ray non era
più ammicante o stupito: sembrava solo molto irritato.
Teresa spostò rapidamente lo sguardo da lui a Patrick,
sperando di riuscire ad imbastire una bugia credibile.
- Non abbiamo ancora niente di serio, pensavo di battere questa pista e
poi metterti al corrente se si rivelava fondata. - Disse poi.
- Non state cercando di risolvermi il caso sotto il naso a mia
insaputa, vero? -
- Assolutamente no. - Fu la risposta di Teresa.
- Sai, non sarebbe la prima volta. - Sbottò lui, lanciando a
Patrick un'occhiata ostile.
- Non preoccuparti. Appena torneremo dal carcere ti faremo sapere
tutto. - Replicò Teresa con un mezzo sorriso.
- O forse no. - Sentenziò Patrick.
Teresa si voltò di scatto verso di lui e non ebbe bisogno di
parlare: i suoi occhi lo fulminarono in modo più eloquente
di qualunque rimprovero. Patrick alzò le mani in segno di
resa.
- Sei tu il capo. -
- Appunto, e si fa come dico io. -
Innanzitutto
voglio ringraziare ufficialmente Live
In Love e ILoveBooks
per la sua fedeltà nelle recensioni:
grazie, grazie di cuore!
Poi voglio ovviamente dedicare un grazie anche a tutti quelli che
leggono la storia in silenzio
e a chi si ferma ad aprirla anche solo per curiosità!
Portare avanti due indagini parallele, in questa storia, è
stato difficilissimo...
spero di riuscire a far incastrare tutti i pezzi a dovere in modo da
permettervi di risolvere il caso!
Flora
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