Come
un romanzo
«Professoressa,
io ho finito.»
«Bene
Chiara, torna pure al tuo posto.» rispose la donna sorridendo
soddisfatta in direzione della ragazza.
Tornata
al suo banco, Chiara tirò fuori un romanzo dal suo zaino e
iniziò a
leggere.
Venti
minuti dopo il suono della campanella avvisò gli alunni
della fine
delle lezioni ma lei era giunta ad una scena così
emozionante che
non se ne accorse nemmeno.
«Terra
chiama Chiara.» l'apostrofò Marco, suo compagno di
classe e rompiscatole personale.
«Cosa?»
chiese la ragazza, riscossasi dalla lettura.
«Hey,
bella addormentata (bé, bella, si fa per dire). Guarda che
è
suonata la campanella.»
Dopo
avergli lanciato un'occhiata assassina, Chiara infilò
velocemente il
libro nello zaino e si catapultò fuori.
Salita
sullo scuolabus, si accasciò su uno dei sedili, sospirando e
ripetendo a se stessa che ormai avrebbe dovuto sopportarlo solo per
altri sei mesi, il prossimo anno sarebbe andata alle scuole superiori
e non avrebbe più dovuto avere a che fare con lui.
Mentre
Chiara era persa nei suoi pensieri, Marco, con un sorriso sghembo sul
volto inforcava il motorino e prendeva la strada verso casa.
Il
nuovo giorno costrinse gli studenti ad abbandonare i letti per andare
a scuola.
Di
malumore Chiara salì le scale dell'edificio in direzione
della sua
classe. Certamente Marco non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione
per lanciarle qualche odiosa battutina prendendo spunto dal libro che
stava leggendo.
Mordendosi
le labbra per non piangere, Chiara ripensò a quanto era
stata felice
fino allo scorso anno; Daniela, la sua migliore amica, aveva un
carattere forte e l'aveva sempre aiutata ma adesso si era dovuta
trasferire e così lei si ritrovava completamente sola.
Facendosi
coraggio, entrò in classe e sedette al suo posto.
Grazie
al compito di matematica, le prime ore trascorsero senza intoppi e,
quando arrivò la ricreazione, Chiara uscì dalla
classe, al riparo
da battute e risatine.
Mentre
se ne stava in un angolo del cortile a divorare il suo cornetto, si
ritrovò a pensare che sarebbe stato bello se avesse potuto
essere
come una delle protagoniste dei suoi romanzi: forti, sicure di se e
amate da un bel ragazzo.
Purtroppo
la pausa fu piuttosto breve e Chiara si vide costretta a tornare in
aula.
Arrivata
al suo banco vide un piccolo pacchetto.
Stupita,
si guardò intorno ma nessuno le disse nulla.
Anche
se dubbiosa, prese il regalo e lesse il biglietto.
“Sei
Chiara come un'alba, sei fresca come l'aria...”
Non
era originale ma almeno era carino, pensò.
«La
nostra Chiara ha uno spasimante!» annunciò Marco,
attirando
l'attenzione di tutti su di lei e facendola arrossire.
«Qualcuno
ha il gusto per l'orrido...» sibilò Marina, la
vamp della classe,
muovendo i lunghi capelli rossi.
«Simpatico,
siamo sicuri che non sia un tuo scherzo?» ribatté
Chiara, rivolta
al ragazzo e ignorando palesemente la compagna.
«Non
sprecherei mai tempo e denaro per te.» rispose Marco, gelido.
Ferita,
Chiara gli volse le spalle e spacchettò il regalo. Appena
l'ebbe
fatto, una catenina con una piccola rosa le cadde in grembo. La
fissò
stupita, chiedendosi chi poteva avergliela mandata.
Durante
il resto delle lezioni le risultò impossibile rimanere
attenta. I
professori se ne accorsero ma era sempre stata una brava studentessa
e per un giorno decisero di sorvolare.
Alla
fine delle lezioni, uscendo dall'aula, Chiara aveva uno strano
sorriso sulle labbra e il pensiero che il giorno dopo ci sarebbe
stata scuola la rendeva stranamente euforica.
Lei
che aveva un ammiratore segreto, le sembrava impossibile.
«Marco,
hai nascosto tu il mio cd di Vasco?» chiese una furia dai
selvaggi
ricci neri, spalancando la porta della camera del ragazzo.
Notando
che il fratello aveva le cuffie in testa, gli si avvicinò di
soppiatto e gliele strappò dalle orecchie.
«Ti
ho chiesto» urlò ma le note di Albachiara che
provenivano dalle
cuffie le troncarono la frase sulle labbra. «E bravo
Marcolino, si è
dato alla buona musica. Che si sia innamorato!?»
ipotizzò,
ridacchiando.
Il
ragazzo non riuscì ad impedirsi di arrossire. A scuola
faceva lo
spavaldo ma sua sorella Donatella era l'unica che riusciva a metterlo
a disagio.
Lui
innamorato, di Chiara poi, assurdo, si disse.
«Va
bene, ti lascio il cd ma poi rimettilo al suo posto.» disse
la
ragazza, facendogli l'occhiolino e uscendo dalla stanza prima che lui
avesse tempo di ribattere qualcosa.
Il
sabato mattina Chiara si ritrovò a sentirsi triste, il
giorno dopo
non ci sarebbe stata scuola e quindi nessun messaggio dell'ammiratore
segreto.
Anche
stavolta la ricreazione portò l'atteso regalo. Stavolta era
una
scatola di Baci Perugina e dentro un'altra frase della canzone.
Un
sorriso rischiarò il suo volto, ignara che qualcuno la stava
osservando.
Frase
dopo frase, biglietto dopo biglietto arrivò il penultimo
giorno di
scuola prima delle vacanze di Natale.
Appena
giunta in classe, Chiara trovò un biglietto a forma di
fiocco di
neve.
“Durante
la festa di Natale affacciati alla porta della palestra che
dà sul
cortile ed io mi rivelerò.”
Chiara
sentì il cuore batterle all'impazzata, finalmente avrebbe
scoperto
chi era il suo ammiratore.
Il
giorno della festa natalizia Chiara si preparò con cura.
Contrariamente al suo solito, mise un grazioso abito a sottoveste e
al collo il pendente che le aveva regalato il misterioso ammiratore.
Arrivata
alla festa, si aggirò per la palestra osservando gli altri
ballare.
Si sentiva agitata ed emozionata.
Dopo
un paio di canzoni si decise a fare ciò che c'era scritto
sul
biglietto.
Rimase
alcuni secondi immobili e, mentre Albachiara risuonava nella
palestra, sentì qualcuno poggiarle una mano sulla spalla.
«Ti
piace studiare, non te ne devi vergognare.» le
canticchiò una voce
all'orecchio.
Quando
si girò, si ritrovò davanti il volto sorridente
di Marco.
«TU?»
chiese, con voce accusatoria.
«Si,
dai balliamo.»
«Lasciami
in pace!» esclamò.
«Sono
io quello che aspettavi, altrimenti come avrei saputo qual'era la
canzone dei biglietti e quale verso mancava?» le chiese.
«Dai,
balla con me.»
Pur
se titubante, la dolcezza nella voce di Marco la indusse a seguirlo a
centro della pista.
Arrossendo
leggermente, intrecciò le mani dietro al suo collo e si
lasciò
guidare della musica.
Contrariamente
a quanto aveva pensato, Marco trovò piuttosto piacevole
stare lì
abbracciato a Chiara. Appena ebbe alzato gli occhi, però,
vide
Marina sollevare un bicchiere nella sua direzione con sguardo
cospiratorio.
Rabbuiandosi,
Marco avvicinò la bocca all'orecchio della sua compagna di
ballo.
«Questa
notte sembra uscita da un romanzo.» le sussurrò.
Chiara
lo guardò perplessa. Quando però vide il sorriso
di scherno sul
viso di lui un lampo di comprensione si fece strada nella sua mente.
Quella
frase era la battuta finale del romanzo che lei stava leggendo. Anche
la protagonista del libro veniva corteggiata con il testo di una
canzone. Era stato tutto uno scherzo. Solo una stupida come lei
avrebbe potuto illudersi e cadere in trappola.
Marco
si preparò a sentire i suoi piaghistei ma ciò a
cui non era
preparato era lo sguardo ferito e deluso che lei gli rivolse prima di
fuggire dalla palestra.
Colpito,
si slanciò per seguirla ma una mano gli ghermì il
braccio.
«Ora
che ti sei divertito fai divertire me. Voglio ballare.»
ordinò
Marina, strusciandosi su di lui.
Dopo
aver lanciato un ultimo sguardo alla porta da cui era uscita Chiara,
tornò a concentrarsi sulla festa senza peraltro riuscire a
scacciare
i sensi di colpa dal suo animo.
Per
tutto il tempo della festa Marco tentò di avvistare Chiara
ma senza
successo.
Appena
l'ultima canzone finì, il ragazzo si precipitò a
recuperare il suo
motorino. Marina gli era rimasta appiccicata per tutta la festa e
l'ultima cosa che voleva era essere costretto ad accompagnarla a
casa.
Uscito
da scuola vide due ragazzi che ronzavano intorno al suo mezzo. Senza
pensarci due volte si lanciò contro di loro.
La
superiorità numerica però era evidente. Mentre
uno lo tratteneva
per le braccia l'altro gli sferrava un gancio allo stomaco. In quel
momento però una pigna colpì l'aggressore in
piena testa,
stordendolo.
Vedendone
altre volare nella loro direzione, i due si dettero alla fuga.
Guardandosi
intorno Marco vide Chiara seminascosta da un pino nel giardino della
scuola.
«Sei
stata tu?» chiese, perplesso. «Perché mi
hai aiutato, dopo quello
che ti ho fatto?»
«Sei
un deficiente ma non per questo voglio vederti morto.»
spiegò,
passandogli accanto e avviandosi verso casa.
«Ti
do un passaggio.» propose.
«No,
grazie, per oggi hai già fatto abbastanza.»
«Quei
tipi potrebbero essere ancora nei paraggi, non vorrei che se la
prendessero con te.» spiegò.
«Ho
la gonna.» gli fece notare lei.
«Sali
davanti.» risolse lui.
«Non
so guidare il motorino.» replicò.
«Guiderò
io da dietro, sei così minuta che non avrò
problemi.» rispose
ancora lui, ripensando a quando l'aveva stretta a se.
«E
sia.» cedette, alla fine. «Ma se ti multano paghi
tu.»
Sistematasi
sul motorino i due partirono.
Chiara
si sentiva un po' a disagio, era arrabbiata con lui eppure non
riusciva a dimenticare il brivido provato nel ballare abbracciata a
lui. Marco, dal canto suo, non riusciva ad ignorare il profumo dei
suoi capelli che gli solleticava il naso né la deliziosa
sensazione
della sua schiena premuta contro il suo petto.
Appena
giunti davanti casa Chiara smontò dal motorino ma Marco la
trattenette.
«Aspetta!»
«Grazie
del passaggio. Ciao.» disse lei, scostante.
«Mi
dispiace! È iniziato tutto come uno scherzo ma poi era
diventato
piacevole vederti sorridere mentre leggevi i miei biglietti ed oggi
avevo deciso di non dirti nulla ma poi c'era Marina che ci fissava e
così...»
«Che
c'entra Marina?»
«Mi
ha consigliato lei.» ammise Marco.
Facendosi
forza, il ragazzo le raccontò di come l'altra ragazza gli
avesse
consigliato di cominciare con un regalo che la colpisse ma di come
fosse stato lui a scegliere la collana e di come avessero deciso
quella che sarebbe stata la scena finale dello scherzo.
Dopo
averle confessato tutto si sentiva un verme ma si sentiva anche
più
leggero, lei l'avrebbe odiato lo stesso ma almeno era stato sincero.
«Capisco.
Ora devo andare.» disse Chiara, allontanandosi.
«Mi
è piaciuto davvero ballare con te, credimi!»
esclamò, sperando che
gli credesse.
«Va
bene, ho capito.» replicò lei aprendo il portone
ed entrando in
casa.
Le
vacanze di Natale trascorsero velocemente ma per nessuno dei due era
cambiato molto dal giorno della festa. Marco si sentiva in colpa per
quello che aveva fatto e Chiara si sentiva ferita e umiliata.
Il
giorno del rientro a scuola Marco arrivò in anticipo,
sperando di
riuscire a parlarle da sola; non aveva fatto i conti con le strategie
di Chiara che, appena arrivata a scuola, si era nascosta nei bagni
per uscire solo appena ebbe avvistato la professoressa.
Adducendo
la scusa di essere dovuta andare in bagno entrò in classe e
andò a
sedersi ma non poté fare a meno di sentire su di se gli
occhi
speranzosi di Marco e quelli gongolanti di Marina.
Per
tutta l'ora d'italiano Marco tentò di attirare l'attenzione
di
Chiara, venendo palesemente ignorato.
«Marco,
visto che hai tanta voglia di parlare con Chiara vieni a sederti al
primo banco.» tuonò improvvisamente la
professoressa, esasperata.
Marco
avrebbe voluto ribattere ma desistette, almeno sarebbe stato nel
banco vicino a lei.
Appena
si fu seduto, approfittò di un momento di distrazione della
professoressa per passarle un biglietto.
“E
certe volte fai pensieri strani, con una mano, una mano ti sfiori
in
realtà non so se tu li fai ma io li ho fatti e come su di
te, eri
molto carina con quel vestito
tu
sola dentro la stanza e tutto il mondo fuori.
Quello
che so, però è che non mi va di saperti sola,
isolata da tutti.”
Leggendolo,
Chiara spalancò gli occhi e arrossì ma non
poté non sentirsi
segretamente lusingata di essere nei suoi pensieri.
Quando
suonò la campanella della ricreazione Marco
afferrò Chiara per un
braccio, prima che lei potesse sfuggirli.
«Voglio
parlarti un attimo.» le disse.
«Va
bene.» concesse lei, sospirando.
Usciti
dalla classe, i due si diressero verso un punto cieco del corridoio
dove avrebbero potuto parlare tranquillamente.
«Cosa
vuoi?» gli chiese nervosamente.
«Ciò
che c'era scritto nel biglietto è vero. Ti ho pensato molto.
Mi sono
divertito a ballare con te, dammi una possibilità.»
«Così
potrai di nuovo prendermi in giro davanti a tutta la classe?»
gli
chiese. «Cosa hai architettato insieme alla tua
amichetta?»
«Con
Marina non ci parliamo più. Durante le vacanze ci siamo
incontrati,
lei voleva mettersi con me, io l'ho mandata al diavolo.»
Ripensando
alla mattinata si rese conto che, in effetti, la rossa vamp non aveva
passato il suo tempo sporta verso il banco di Marco in pose che
sfidavano le leggi di gravità, come faceva di solito.
Provò
una certa gioia al pensiero ma subito si diede della stupida.
«Per
quel che ne so potrebbe essere solo una strategia.»
ribatté Chiara
sulla difensiva.
«Ti
capisco se non vuoi credermi...però se mi dessi una
possibilità ti
dimostrerei che dico la verità.» la
pregò.
Chiara
lo guardò negli occhi, sembrava sincero eppure non riusciva
a
mettere a tacere il suo istinto di autoconservazione che l'avvisava
di non fidarsi.
Approfittando
di questo suo attimo di distrazione Marco si azzardò a
sfiorarle le
labbra con un bacio.
Per
la sorpresa Chiara scattò all'indietro, sbattendo la testa
sul muro
alle sue spalle.
«Ahia!»
ululò.
«Stai
bene?» chiese Marco, reprimendo l'istinto di ridere.
«Ridi,
ridi pure. Penso di essere l'unica ragazza al mondo che riceve il suo
primo bacio e subito dopo sbatte la testa al muro!»
ringhiò lei,
arrossendo nel rendersi conto di avergli svelato il suo segreto.
«Il
tuo primo bacio?» chiese Marco stupito.
«Va,
corri, vallo a raccontare alla tua amichetta!»
urlò Chiara,
cercando di scappare.
«Possibile
che tu non lo capisca? È te che voglio!»
gridò il ragazzo di
rimando, trattenendola. «Se ti fa sentire più
tranquilla terremo la
cosa nascosta, sarà il nostro segreto.»
«Chi
ti dice che io voglia stare con te.»
«Le
tue labbra. Non sei scappata mentre ti baciavo.»
«Mi
hai preso di sorpresa.»
«Allora
facciamo una prova. Ora ti bacio di nuovo e vediamo che
succede.»
«Provaci
e io ti mordo!» minacciò lei, in preda al
nervosismo.
«Correrò
il rischio.» rispose lui con un sorriso malandrino, quindi
tornò
all'attacco.
Marco
le si avvicinò pian piano, rimase alcuni secondi a pochi
millimetri
dalle sue labbra per darle il tempo di allontanarsi se avesse voluto
ma Chiara si rese conto che non poteva, che non voleva,
lasciò che
le loro labbra s'incontrassero e che le sue mani gli cingessero il
collo.
Quando
si staccarono erano entrambi accaldati e scombussolati.
«Allora
finché tu vorrai sarà un segreto,
promesso.» le sussurrò lui,
fronte contro fronte.
Da
allora cominciò un susseguirsi di giorni in cui i due
aspettavano la
ricreazione per godersi cinque minuti insieme. Chiara iniziò
a
chiamarli i suoi “cinque minuti di paradiso”.
Andavano
avanti così da quasi un mese quando, mentre erano nascosti
nel
solito angolo, quello del loro primo bacio, un colpetto di tosse
attirò la loro attenzione.
«Chissà
cosa direbbero i professori se sapessero che la loro migliore
studentessa passa la ricreazione a sbaciucchiarsi col teppista
ripetente delle classe.» sibilò malignamente
Marina, scrutandoli.
Marco
sentì Chiara irrigidirsi e rafforzò la stretta
della sua mano per
cercare di infonderle forza e sicurezza.
La
ragazza dal canto suo sentì il cuore fermarsi. Si disse che
era
stata una stupida ad illudersi e che adesso Marco si sarebbe unito a
Marina nel deriderla per la sua ingenuità. Quando,
però, lo sentì
stringerle più forte la mano alzò lo sguardo e
incontrò i suoi
occhi che la guardavano sinceri e sereni.
«Fossi
in te starei attenta alle arrabbiature. La gelosia fa venire le
rughe.» rispose Chiara serafica, stringendo a sua volta
più forte
la mano di Marco.
Sentendo
quelle parole, Marina digrignò i denti, arrabbiata. Volse lo
sguardo
su di lui, sperando nel suo appoggio ma quando vide il sorriso
derisorio sul suo volto comprese che la battaglia era persa e, con un
gesto stizzito, girò sui tacchi e andò via.
«Sei
stata grande.» le sussurrò stringendola a se.
Ridacchiando,
Chiara gli prese il viso tra le mani e, prendendo per la prima volta
l'iniziativa, lo baciò.
Era
felice. La sua vita non era un romanzo, Marco non era il perfetto
principe azzurro ma non importava.
Chi
poteva volere la perfezione quando poteva avere quella dolce
normalità?
Fine.
Angolo
dell'autrice: avevo voglia di una OS molto dolce, mi seccavo
a
cercarla e così me la sono scritta da me.
Spero
di non avervi fatto cariare i denti. ^__-
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