Alec comincia a lavorare allo Store a
luglio. Fuori il cielo
è terso e lui rimpiange le giornate passate ad oziare sulle
panchine del parco
assieme a Richard e Lance, ma ha bisogno di soldi per
l’affitto e non vuole che
i suoi si immischino: al secondo anno di università sarebbe
piuttosto patetico.
L’unica soluzione, quindi,
è un lavoro. E l’unico lavoro
disponibile è il commesso.
Amèlie si assicura di
passare ogni giorno, giusto per ridere
della sua terribile maglietta beige con su il logo del negozio. Ogni
tanto si
domanda quando sua sorella finirà i soldi per comprare tutti
quei pacchetti di
cicche.
Comunque, un giorno, Alec si
vendicherà.
Lance e Richard vengono a prenderlo
alla fine dei turni,
trascinandolo in una marea di locali che non è sicuro di
voler frequentare e
facendogli così consumare metà del suo stipendio.
Per pagare l’affitto, gli
tocca fare il doppio turno e, anche di questo, un giorno Alec si
vendicherà.
Luglio passa veloce e sfocia in
agosto. Il sole batte forte
ed Alec si ritiene improvvisamente fortunato per i doppi turni che gli
garantiscono aria condizionata a volontà. Nonostante questo,
muore d’invidia
ogni volta che Lance o Richard fanno cenno alle loro ragazze, non tanto
per le
ragazze in sé quanto per la possibilità di fare
quello che vogliono: Alec ha giorni
liberi, ovvio, e li passa al parchetto con lo skate, ma sono comunque
limitati.
Il negozio è piccolo, solo
qualche reparto e un angolo frigo
dietro al bancone, dove Alec tende a sedersi quando il proprietario non
guarda
– e non guarda mai perché è troppo
occupato a dormire nel magazzino al fresco per
fare a caso a lui o a Rosalie, l’altra impiegata con cui
condivide il turno. Di
conseguenza, quando è in cassa, Alec non ha
molto altro da fare se non osservare curiosamente i clienti che gli
sfilano
davanti o quelli che entrano.
Quando il negozio è vuoto,
studia per l’università. Più
spesso chiacchiera con Rosalie, ma ogni tanto studia anche.
Oggi però Rosalie non
c’è e lui ha il libro di filosofia
aperto davanti, quando il campanello della porta lo costringe ad alzare
lo
sguardo per salutare i clienti.
Sono due ragazzi. Uno ha i capelli
biondi tutti spettinati e
gli occhi chiari che fanno a pugni con le guance rosse e spellate dal
sole;
l’altro, leggermente più basso di lui, ha i
capelli castani raccolti in un
ridicolo codino all’insù e la pelle abbronzata.
Entrambi hanno le canotte macchiate
di sudore e i bermuda
rossi di un’associazione sportiva che Alec non conosce.
Entrambi sospirano di
sollievo all’aria condizionata del negozio.
- ciao – sorride il ragazzo
con il codino e Alec nota di
sfuggita gli occhi grigi, troppo preso ad osservare quello biondo.
– possiamo
avere 4 bottiglie d’acqua? –
- frizzante o naturale? –
chiede Alec, chinandosi ad aprire
il frigo e sospirando contento all’aria ghiacciata che lo
investe quando fa
scivolare lo sportello.
- naturale, grazie –
risponde sempre il castano, spostando
il peso da un piede all’altro. Alec appoggia le quattro
bottiglie sul bancone.
– fanno quattro euro – informa, pigiando non troppo
delicatamente i tasti sul
registratore di cassa: se lo scassa è la volta buona che
quel vecchiaccio del
proprietario si decide a cambiarlo.
- Liam? – fa il ragazzo
castano, guardando l’altro con un
sopracciglio alzato. Alec fa in tempo a notare lo sguardo sognante che
gli sta
rivolgendo, prima che si riscuota.
- oh, si, uh, scusa. Mi sono
distratto. I soldi ce li ho io,
eh? – balbetta, abbozzando un sorriso di scuse. Alec fa finta
di niente e
trattiene un sorriso, mentre Liam guarda nel portafoglio e cerca la
moneta
giusta.
Si è rassegnato a
consegnare la banconota da cinque quando
il campanello suona di nuovo.
- chrichrii, mi prendi un ghiacciolo?
–
A saltare addosso al ragazzo con il
codino è una ragazza
minuta, coperta di lentiggini e crema solare, con i capelli neri
ordinatamente
sistemati in un caschetto. Indosso, ha una canottiera con su scritto
“GO CHRIS!
♥”
in pennarello indelebile nero.
-a che gusto lo vuoi,
Lène? – risponde lui, girando il viso
a darle un bacio veloce.
- limone – risponde la
ragazza, le braccia strette attorno
alla vita del ragazzo e il mento appoggiato sulla sua spalla. Flesha
Alec con
un sorriso lampo e lui dice: - allora sono cinque – prima di
riaprire il frigo.
Liam mette la banconota sul tavolo, tamburellando nervosamente le dita
sul
legno.
Alec porge il ghiacciolo alla ragazza
e poi dà qualche pugno
d’incoraggiamento alla cassa per far uscire lo scontrino.
- ma cosa c’è,
una manifestazione sportiva o roba simile? –
domanda, quando finalmente la macchina decide di funzionare,
chiaramente alludendo
al loro abbigliamento sportivo.
- uh, è un torneo di
basket – spiega Liam, sorridendo con
aria timida. – nel campetto qui vicino. –
- a che ora finite? – gli
domanda interessato, mentre Chris
raccoglie tutte le bottigliette e la sua ragazza scarta il ghiacciolo.
- stasera intorno alle 22, quando
c’è la premiazione –
Alec annuisce pensieroso, consegnando
finalmente lo
scontrino, leggermente sbavato d’inchiostro: - io finisco tra
un’ora, magari
vengo a vedervi –
- grande!
- commenta
Chris.
Liam arrossisce come un pomodoro.
Alec sorride.
Il posto è molto
più affollato di quanto Alec si aspettasse,
deve ammetterlo. Ma almeno non gli fanno pagare l’ingresso e
c’è posto a sedere
sugli spalti.
Richard è dietro di lui,
un braccio attorno alla vita di
Ibiza e l’aria annoiata, mentre Lance sembra solo
più incazzato del solito: lui
è Meredith hanno rotto per la terza volta, questa settimana.
Alec li trova
buffi, ma sa che farlo presente a Lance potrebbe fargli guadagnare un
occhio
nero e non ci tiene davvero.
- non ho capito perché non
possiamo andare al Capitol
– brontola Lance, seguendolo
mentre sale gli spalti come se stesse andando dal dentista.
- ci andate tutte le sere!
– protesta Ibiza, cui Richard
offre una mano per aiutarla a salire.
- appunto – rincara Alec,
sorridendo all’amico e
sistemandosi su un gradino. – e poi sembrava carino. Un modo
diverso di passare
la serata –
- mi stai dicendo che dobbiamo
seriamente rimanere qui fino
alle dieci?! – sbotta Lance, incrociando le braccia al petto.
– sono solo le
sette e mezza! Lo sai cosa vuol dire questo?
-
- che se non hai voglia di stare qui
puoi anche alzare il
culo – replica Richard, sedendosi accanto a lui e avvolgendo
le spalle di Ibiza
con un braccio.
- ma se nemmeno tu nei hai voglia!
Sei qui solo per Ibiza –
protesta contrariato l’altro, mentre Alec si china verso il
campo di gioco,
tentando di vedere se tra i giocatori in gara ci sono i ragazzi di
prima.
- è colpa mia se Dith ti
ha lasciato di nuovo? – sta
rispondendo intanto Richard, facendo ridacchiare la propria ragazza.
Alec fa un
sorriso divertito. Non vede da nessuna parte né i due
ragazzi né la ragazza,
quindi presume che abbiano già finito di giocare o che
stiano aspettando il
proprio turno.
Si appoggia contro la gradinata
dietro, smuovendo un po’ la
propria canotta nera dei Guns & Roses per farsi aria, dato il
sole ancora
caldo nonostante l’ora. Manda un messaggio ad
Amèlie, mentre Lance e Richard
continuano a bisticciare e Ibiza tenta poco convinta di farli smettere.
La partita in corso finisce dopo un
quarto d’ora, senza che
nessuno di loro vi abbia prestato la minima attenzione. Alec inizia a
credere
che non fosse effettivamente l’idea più brillante
del secolo e Lance ha il muso
più lungo che gli abbia mai visto.
- io vado a prendere da mangiare, vi
porto qualcosa? –
chiede, quando il presentatore, nascosto da qualche parte in mezzo alla
folla,
annuncia una pausa di mezz’ora circa e invita il pubblico a
servirsi al buffet
allestito sul retro del campo.
Una volta deciso il menu della loro
serata – a base di
quante più patatine e hot dog Alec riesca a recuperare
– lui e Lance scendono
dagli spalti, lasciando che Richard e Ibiza pomicino in pace per un
po’. Al
buffet, la gente che c’era sugli spalti sembra essersi
raddoppiata e Lance se
la svigna con un : - devo andare in bagno ciao – lasciando
Alec a fare il
lavoro sporco.
Riesce a recuperare un po’
di roba, tenendola in un
equilibrio precario ed è così concentrato a non
far cadere nulla che va a
sbattere contro qualcuno.
- ehi, allora sei venuto sul serio
– commenta una voce
sorpresa, fermando Alec a metà delle sue scuse e facendogli
alzare lo sguardo.
Liam è davanti a lui, una maglietta nuova addosso e una
delle sue porzioni di
patatine in mano. Si sta mordendo il labbro con fare nervoso e Alec
sorride in
automatico, perché è adorabile. –
è un modo diverso di passare la serata –
spiega.
- stai facendo la spesa? –
chiede poi il biondo, sorridendo
divertito alla quantità di cibo che Alec sta tenendo in
equilibrio.
Alec ride: - sono qui con degli
amici, ma uno è scomparso in
bagno e gli altri due sono rimasti a pomiciare sugli spalti –
Liam sussulta alla parola, come se
fosse davvero
imbarazzante, e Alec non può davvero fare a meno di
ridacchiare sotto i
baffi.
Poi qualcuno chiama Liam tra la folla
e il presentatore
informa tutti della fine della pausa.
- io devo andare, adesso tocca a noi
– si scusa il biondo. –
grazie per essere venuto, comunque –
Alec lo guarda correre via tra la
folla che pian piano si
disperde e per un attimo rimane fermo a fissare il vuoto. Poi Lance
riappare al
suo fianco e lo spintona, incitandolo a tornare sugli spalti e rubando
qualche
manciata di patatine per poi ficcarsele direttamente in bocca.
- non aiutarmi eh! –
Passa una settimana, Rosalie torna al
lavoro e il libro di
filosofia giace abbandonato sotto il bancone. Il negozio è
poco popolato, il
padrone dorme nel retro e Alec e Rosalie passano il pomeriggio a fare
aereoplanini
con la carta degli scontrini.
Alcuni, ad amor del vero, non sono
nemmeno degni di essere
chiamati aeroplani. Rosalie li definisce “pezzi di arte
moderna”. Alec
preferisce il termine “carta straccia”.
Ne passa un’altra e Alec
è in ferie. Dorme tutte le mattine
fino a tardi e va ogni pomeriggio al parchetto con lo skate. Lance e
Richard
passano più tempo nel suo appartamento che a casa loro,
quindi non c’è da
sorprendersi se è tutto sempre in disordine.
Nel weekend, Amèlie
pretende di essere portata al mare e
tenta spudoratamente di rimorchiare tutti i ragazzi che può
pur essendo in sua
presenza. Alec non sa bene se ritenersi offeso, ma decide di lasciarla
fare e
di godersi il sole finchè può.
Inizia settembre e il negozio diventa
improvvisamente
affollato: il reparto cartoleria viene assaltato da ragazzi di
qualsiasi età e
il magazzino è così pieno di penne e quaderni che
anche il proprietario
preferisce non dormirci dentro.
Sfilano tutti alla cassa, i cestini
pieni di set scolastici,
rallentando la spesa quotidiana dei clienti abituali.
È durante uno di questi
giorni che Liam gli appare davanti,
qualche quaderno e un pacco di penne nere in mano. Non fa fatica a
riconoscerlo, è difficile che Alec dimentichi un ragazzo
così carino, ma si
sorprende quando l’altro lo saluta.
- ciao – sorride, senza
guardarlo negli occhi ed è davvero
uno spreco, perché ha gli occhi di un azzurro bellissimo.
- ehi – replica Alec,
passando i quaderni in cassa.
- l’ultima volta non ci
siamo presentati – dice il biondo
tutto d’un fiato, sorprendendolo. Alec gli lancia di sfuggita
un’occhiata,
mentre la cassa elabora lentamente il costo del prodotto, ma
l’altro è troppo
preso a guardare il bancone per notarla. – io sono Liam.
–
- Alexander – si presenta a
sua volta, passando le penne in
cassa. – ma chiamami Alec –
Liam sembra sul punto di aggiungere
qualcosa, finalmente
guardandolo negli occhi, quando la cassa decide di spegnersi con un
sonoro Beeeep .
- oh, fantastico – mormora
Alec, scontento, scuotendo un po’
la cassa. – scusami un attimo – dice, rivolgendosi
all’altro, prima di
afferrare il microfono e: - Rosie, la Carcassa è morta sul
serio. Che faccio? –
Rosalie appare di corsa dal reparto
cartoleria, un pacco di
raccoglitori ancora di sistemare in mano.
- finalmente! – commenta
estasiata, quando decide che è la
Carcassa è deceduta una volta per tutte, la lunga coda di
cavallo rossa che
ondeggia ad ogni suo movimento. – spero tu abbia una
calcolatrice e un block
notes, perché mi sa che per oggi dovremo fare a mano
–
Alec grugnisce contrariato, frugando
sotto il bancone alla
ricerca dei post-it, mentre Rosalie tira fuori da uno dei cassetti il
registro
dei costi.
- avviso io il capo, quando arriva
– cinguetta lei, tornando
a sistemare quaderni e penne, mentre Alec è costretto ad
informare la gentile
clientela della situazione, guadagnandosi sospiri esasperati.
- ehi, mica è colpa mia!
– protesta nel microfono, anche se
effettivamente tutti i pugni che ha dato alla cassa negli ultimi due
mesi non
devono averle giovato. –
scusa –
aggiunge poi rivolto a Liam, con un sorriso dispiaciuto.
- figurati – risponde lui,
lo sguardo nuovamente basso e le
dita che tamburellano sul legno del bancone. Qualsiasi cosa volesse
dire prima,
è scivolata via e Alec ne è decisamente deluso.
Mentre fa scorrere il dito sul
registro alla ricerca dei
prezzi delle penne, soppesa l’espressione imbarazzata del
biondo e decide che è
ufficialmente troppo tempo che non conosce qualcuno di nuovo, se non si
contano
le ragazze nei locali in cui Richard e Lance lo trascinano. Lancia uno
sguardo
all’orologio: 17:30.
- ehi senti – esclama,
mentre fa il totale con la
calcolatrice del cellulare. – io tra mezz’ora
finisco. Se non hai niente da
fare, possiamo andare a bere un caffè. –
Liam lo guarda boccheggiando, mentre
tenta di nascondere il
sorriso imbarazzato dietro al portafoglio consumato. Alec segna il
calcolo su un
post-it. – c..certo – balbetta l’altro,
rossissimo. – io, umh, ti aspetto qui
fuori? –
- yup – annuisce Alec
allegro, contando il resto e
consegnandoglielo con un sorriso.
- allora a più tardi
– saluta il biondo, schizzando via con
le orecchie rossissime. Alec ride piano, scostandosi i capelli dagli
occhi e
ignorando lo sguardo speranzoso che la ragazza davanti a lui gli
rivolge.
Mezz’ora più
tardi, Alec si sta cambiando la maglietta
mentre Lance protesta al telefono.
-avevi detto che venivi con noi!
–
- per l’amor del cielo,
Lance, vengo con voi tutte le sante
sere, è così brutto che io voglia conoscere
qualcun altro? –
- ma stasera andiamo all’Arena!
Sai quante ragazze puoi conoscere lì? – reincarna
l’altro e Alec può
praticamente sentire Meredith che si lamenta.
- non ho bisogno di una ragazza,
Lance – sospira esasperato
Alec, cercando di piegare la maglietta del negozio in un modo decente
prima di
riporla nel proprio armadietto. Rosalie, dietro di lui, ridacchia.
-
un ragazzo, allora?
Ci sono anche quelli, sai? –
- non è questo il
punto! – protesta Alec, salutando Rosalie
con un cenno e uscendo dal retro. Liam è
all’entrata, il sacchetto dei quaderni
in mano, mentre sposta nervosamente il peso da un piede
all’altro. Alec si fa
notare, facendogli cenno di raggiungerlo, mentre tenta di concludere la
conversazione con l’amico.
- e allora chi viene con me a
mangiare il cinese prima di
andare all’Arena?
– piagnucola
l’altro.
- senti Lance, stasera no. Tanto ci
vediamo domani comunque,
no? Salutami gli altri – dice tutto di un fiato, appendendo
prima che l’altro
possa replicare. Poi sorride a Liam, che lo guarda come se non sapesse
bene che
cosa ci fa lì.
- se avevi impegni io.. –
comincia, indeciso, ma Alec lo
blocca.
- ehi, ti ho chiesto io di uscire no?
E poi se la caveranno
tranquillamente anche senza di me –
Liam si limita ad annuire, mordendosi
il labbro pensieroso.
Alec scopre ben presto che far ridere
Liam è più facile di
quel credeva. Dopo un attimo di imbarazzo iniziale, seduti
l’uno di fronte
all’altro al tavolino del caffè in cui fa
colazione quando va all’università,
la parlantina di Alec ha preso il sopravvento e ha rotto il ghiaccio.
Scopre che Liam non gioca affatto a
basket, ma che ha
partecipato al torneo per far numero nella squadra di Chris. Alec lo
immaginava, data la partita cui ha assistito, ma non commenta.
Scopre che tra qualche giorno
inizierà l’ultimo anno di
liceo e che non sa ancora cosa fare nella propria vita.
A sua volta, Alec gli racconta
dell’università, dei corsi di
filosofia e storia, delle serate nei locali con Lance e Richard e di
Amèlie.
Nel giro di due ore, Alec
può dire di avere una relativa
conoscenza riguardo a Liam e quasi non si rende conto del tempo che
passa
finchè il suo cellulare non squilla.
- pronto? –
risponde,
interrompendo la conversazione con Liam.
- Alec, hai
intenzione di venire
a cena da noi stasera? – chiede Amèlie
dall’altro capo del telefono, mentre
loro madre strilla qualcosa in sottofondo.
- io.. uh,
Amèlie, che ne so –
- avevi detto che
venivi –
precisa lei, con il tono da saputella. Loro padre risponde in modo
animato allo
strillo della donna.
- ma
com’è che non mi ricordo mai
quello che dico, mh? – borbotta scontento, giocando con il
cucchiaino.
- perché
parli troppo. – replica
Amèlie con nonchalance. – allora, vieni o no?
–
Lancia uno sguardo a
Liam, che ha
gli occhi abbassati verso la propria tazza vuota.
Alec sospira: - ok,
porto a casa
un amico e arrivo. –
Liam lo guarda curiosamente.
- non c’è
bisogno che mi accompagni – gli dice, ma Alec
scrolla le spalle e sorride.
- figurati se ti lascio andare in
giro da solo al buio –
replica, rifiutandosi anche di far pagare all’altro il conto.
Quella sera, a tavola con i suoi
genitori, mentre Amèlie lo
punzecchia con una forchetta, Alec non riesce a fare altro che pensare
agli
occhi di Liam.
Cominciano ad incontrarsi sempre
più spesso. Nello Store, va
bene, ma alcune volte escono
anche assieme, quando Liam non ha troppi compiti o altri impegni. Alec,
già
iperattivo di suo, diventa ancora più agitato del solito, ma
stranamente
silenzioso. Liam
gli piace, è completamente
diverso da qualsiasi persona lui abbia mai incontrato, ed è
buffo perché
pensava di aver inquadrato il mondo, ma con Liam certe regole non
funzionano.
Chiaramente, tenere nascosta una cosa
simile ad Amèlie
diventa impensabile.
- con chi ti stia vedendo?
– gli domanda con casualità una
sera, mentre sono nel suo appartamento. Ogni tanto lei si presenta
semplicemente lì, due cartoni di pizza in mano e un nuovo
fidanzato di cui
parlar male. Di solito passano la serata a giocare alla play, oppure a
guardare
qualche film in DVD, fino a che non crollano entrambi addormentati sul
divano.
- come? Perché dovrei
vedermi con qualcuno? Io non vedo
nessuno, sai? Che cosa te lo fa pensare? – sputa fuori tutto
d’un fiato,
masticando rumorosamente la propria fetta di pizza e rifiutandosi di
staccare
lo sguardo dallo schermo TV e le dita dal joystick.
Amèlie rotea gli occhi al
cielo, pigiando tasti a caso sul
joystick senza far veramente caso a quello che sta facendo.
- per piacere, Alec, non tentare di
mentirmi: ti conosco
meglio delle mie tasche – replica, e Alec deglutisce
rumorosamente la sua
pizza.
- non ti sto mentendo, Ammie, sono
sincerissimo croce sul
cuore. D’altronde, se anche mi stessi vedendo con qualcuno,
cosa che non
faccio, non sarebbe esattamente vedersi,
perché può anche darsi che non sia successo
niente –
Amèlie sbuffa esasperata.
Aspetta che Alec continui, ma
quando vede che il fratello continua a far finta di nulla, blocca il
gioco.
- Alexander Hill, sputa il rospo
immediatamente– gli ordina,
serissima, costringendolo a guardarla negli occhi. E, capite, Alec non
può
rimanere in silenzio. Non è fisicamente in grado,
è già tanto che non abbia già
spiattellato tutto prima e l’unico motivo per cui non
è successo è che ci stava
pensando troppo intensamente.
- io, umh. Non è che
esattamente ci vediamo – dice,
guardando il joystick nelle proprie mani. – è tipo
uno che ho conosciuto allo Store, ma
non è che ci vediamo.
È più un “ci vediamo non troppo
casualmente alla cassa ogni giorno alle 5:30 e se capita andiamo a bere
un
caffè”. –
- oh, dio, Alec, pensavo che almeno a
te non mancassero le
palle di chiedere alla gente di uscire – ribatte lei, con
faccia disgustata,
come se l’intero genere maschile e la mancanza di palle le
facessero venire i
brividi.
- io ce le ho, le palle! –
protesta animatamente Alec, quasi
offeso dall’accusa. – è che.. non so,
Amèlie, tu non l’hai visto. Certe volte
sembra così fragile. Non
lo so, sul
serio. Lo sai come sono fatto, e se poi gli sembrassi troppo irruente?
O se gli
dessi fastidio? No, sul serio. –
Amèlie soppesa la sua
risposta, bevendo un sorso di coca.
- ti sei reso conto di non aver mai
fatto queste scene per
nessun altro? Forse dovresti semplicemente provarci e vedere come va:
non è
quello che fai sempre? – gli domanda infine, dopo una lunga
riflessione,
giocando con i propri capelli raccolti in una treccia.
- eh? Si che c’ho pensato,
sarò anche maschio ma non sono stupido.
Ma il punto non è cosa voglio
io, non lo capisci? Fare come con tutti gli altri.. non può
funzionare. –
Amèlie sorride ampiamente,
lancia il joystick oltre il
divano e abbraccia il fratello, saltandogli praticamente in braccio e rovesciando la sua birra
sul pavimento.
- aaaah, fratellone, ad averne
trovati, di ragazzi come te –
Inizia ottobre e, con esso,
l’università. Il mondo di Alec
si rimpicciolisce a studio e lavoro, qualche serata con Lance e
Richard, e un
sacco di bollette da pagare. Anche Liam appare meno spesso e se Alec
pensa a
tutto il tempo che ha sprecato a pensare, gli sale la rabbia:
decisamente, non
è da lui, che di solito fa e poi pensa.
È che Liam sembra davvero
fragile. Alec ha l’istinto
automatico di protendersi verso di lui e proteggerlo da qualsiasi cosa
possa
intaccare il suo sorriso. Quando parla del suo mondo, della sua
famiglia o dei
suoi amici, gli occhi gli brillano come stelle. Alec pensa che sia un
po’
ingenuo, forse troppo ottimista, e si chiede se anche lui sia mai stato
così
innocente: non si ricorda più cosa vuol dire cercare solo il
buono nelle
persone. Ma è questo che lo attira. È la completa
diversità, l’opposto punto di
vista. Lo affascina completamente come Liam riesca a trovare qualcosa
di cui
sorridere sinceramente anche in un dettaglio che Alec avrebbe ignorato.
Vuole
vedere le cose come le vede l’altro, vuole far parte del
motivo per cui i suoi
occhi brillano.
Così quando Liam appare un
mercoledì pomeriggio alla cassa,
Alec nemmeno lo saluta: - esci con me – dice tutto
d’un fiato, godendosi
l’espressione totalmente persa dell’altro.
- io.. oggi in realtà non
posso – si scusa, mesto, rosso
come un pomodoro. Alec prende un respiro profondo e, Cristo, non
dovrebbe
essere così in ansia, decisamente no.
- no, non oggi. Intendevo esci con me. Tipo appuntamento, una roba
così. Se vuoi. Per piacere
–
Liam lo guarda a bocca aperta, le
orecchie rossissime,
mentre serra le mani attorno alla propria sciarpa.
- io.. umh. Ok? – dice,
come se pensasse che sia uno
scherzo. Alec lo acceca con un sorriso e: - sabato. Qua fuori alle tre
–
- va.. va bene – balbetta
il biondo, correndo via con le
proprie cose. E Alec spera di non averlo sconvolto o robe
così, perché questa
volta farà attenzione e proverà a non fare mosse
sbagliate, ma Liam deve dargli
la possibilità di provarci sul serio.
Lo sguardo ammiccante della signora
che sta adesso davanti a
lui, è più che eloquente e, per la prima volta in
tanto tempo, Alec si ritrova
ad arrossire.
- mamma, sabato esco con una persona
–
- era ora, tesoro. Mi chiedevo quando
ti saresti stancato di
fare il quinto incomodo –
Alec evita di menzionare il fatto che
anche Lance è single
per la metà del tempo.
- mamma, è un ragazzo
–
C’è un attimo di
silenzio, terribile e lunghissimo, in cui
Alec ringrazia di essere già autosufficiente e di non
dipendere dai suoi
genitori economicamente.
- oh, beh, tesoro. Immagino che non
cambi molto, eh? –
Alec ogni tanto si chiede che
cos’abbia fatto, di buono, per
meritarsi una madre così.
Sabato pomeriggio Alec arriva davanti
al negozio alle due.
Sa di essere in anticipo di un’ora, ma questo non gli
impedisce di arrovellarsi
il cervello con i mille motivi per cui Liam potrebbe declinare
l’offerta.
Decide infine di sedersi per terra davanti alla vetrina, mentre
messaggia con
Lance, che sembra piuttosto divertito dalla situazione. Nel giro di
un’ora è
riuscito a rendere Alec ancora più paranoico di quello che
già era.
Quando Liam appare, lievemente in
anticipo, Alec si sente la
persona più sollevata del mondo e abbandona istantaneamente
il cellulare nella
tasca, decidendo di non rispondere mai più a Lance.
- ehi! – lo saluta,
tentando di non sorridere da un orecchio
all’altro con poco successo.
- ciao –
sorride timido
Liam, le guance imporporate e le orecchie nascoste da un berretto nero.
– come va?
–
- bene. Tu?
– risponde,
senza saper bene cos’altro fare.
- tutto a posto
–
Per un attimo si
guardano e
basta ed è estremamente imbarazzante e buffo, ma Alec lo
trova anche
inebriante.
- spero ti piacciano
i pesci
– dice, molto stupidamente, e Liam lo guarda allarmato: -
come? –
- stiamo andando
all’acquario – precisa allora, ridacchiando. Poi
gli porge la mano con un
sorriso e Liam la afferra, imbarazzatissimo.
Camminano in relativo
silenzio, perché Alec sta fischiettando contento, ma non si
lasciano mai la
mano. All’entrata, Alec si rifiuta di lasciare che
l’altro paghi il biglietto.
- ti ho chiesto io di
uscire, giusto? Quindi pago io, altrimenti che razza di primo
appuntamento
sarebbe? - fa,
divertito dall’espressione
contrariata del biondo.
- va bene, ma tu non
ti
lasci mai offrire niente! – protesta, mentre Alec lo trascina
dentro e recupera
una cartina del posto.
- vorrà
dire che sarai
costretto ad uscire un’altra volta con me – dice il
più grande, ammiccando e
spegnendo così la conversazione. – preferisci
vedere prima il rettilario o lo
teniamo per ultimo? –
Finisce che il
rettilario lo
evitano perché, come scopre con estremo divertimento Alec,
Liam ha il terrore
dei serpenti. Scelgono quindi un percorso da seguire e cominciano a
vagare mano
nella mano tra le vasche di vetro altissime e i diversi ambienti
proposti.
Si fermano a leggere
le
didascalie, indicando i pesci come bambini e correndo da una parte
all’altra. Alec
ha portato la macchina fotografica e sembra non riuscire a non fare
foto:
qualsiasi cosa attiri la sua attenzione finisce al centro
dell’obbiettivo. Di
conseguenza, Liam è presente in metà delle foto.
- ehi, Liam!
– strilla Alec ad
un certo punto, mentre l’altro è a guardare
curiosamente un banco di pesci
argentanti e guizzanti. Liam si gira, un sorriso enorme sulla faccia, e
Alec si
sistema di fianco ad un pesce giallo e grande, con la bocca aperta in
una “O”
perenne, tentando di imitarne l’espressione:
– guarda, sono un pesce! –
Liam lo guarda
allibito per
qualche secondo, prima di scoppiare a ridere come un pazzo,
appoggiandosi al
leggio della didascalia per non cadere a terra. Alec sente la
soddisfazione
montargli nel petto, così si sporge in avanti a dare un
leggero bacio a Liam
prima di trascinarlo via verso la sala tropicale, dove ci sono alberi
esotici e
liane appese al soffitto.
Fa un caldo
soffocante, e
Liam è costretto a togliersi il maglione. Alec chiede ad una
coppia di anziani
di far loro una foto con uno dei pappagalli, che ripetono molto
rumorosamente
le parolacce che Alec insegna loro. Dopo qualche altra sala e un ponte
sospeso
sopra una finta giungla, finiscono in Antartide assieme ai pinguini.
Liam è
costretto a rinfilarsi il maglione e a farsi fare una foto con loro
perché, “dio Liam, siete
adorabili uguale!”
L’ultima
cosa che fanno, è
passare nella galleria trasparente. Alec, un braccio attorno alle
spalle di
Liam, lancia di sfuggita occhiate colpevoli all’altro che,
naso all’insù e mano
nella tasca dei suoi jeans, guarda incantato le creature che nuotano
sopra di
loro.
- oh, oh, guarda, un
delfino! – esclama entusiasta, additandolo mentre nuota sopra
di loro.
Al negozio, Alec
insiste
per comprare a Liam
un peluche a forma
di tartaruga. Sono costretti anche a comprare un ombrello rosso con
sopra delle
piccole orche felici, perché fuori ha cominciato a diluviare
e la pensilina del
bus più vicina non è affatto vicina.
- grazie –
dice Liam, mentre
stanno camminando verso casa sua, la mano aggrappata al braccio di
Alec. – mi
sono divertito davvero molto. –
Alec sta per
rispondere, un
sorriso idiota stampato in faccia, quando una macchina passa sopra una
pozzanghera e li inzacchera da testa a piedi.
- ma che diav..!
– comincia
il più grande, fradicio e indispettito. Poi si volta verso
Liam, tutto bagnato
e arruffato, così simile ad un pulcino
e
Alec non può davvero trattenersi. Si china a baciarlo, ma
questa volta non si
ritrae e lascia che Liam si abitui al contatto e schiuda le labbra.
Alec crede di non
aver mai
baciato nessuno con così tanta foga, ed è
così stupido, perché sono inzuppati
fino all’osso e infreddoliti, fermi immobili in mezzo al
marciapiede sotto un
ombrello rosso con su delle piccole orche felici, ma è
assolutamente
fantastico.
- spero che questo
voglia
dire che domenica prossima uscirai di nuovo con me – commenta
Alec, dandogli un
leggero bacio sulla guancia quando si staccano. Liam boccheggia,
tentando di
riprendere fiato, ma sorride in un modo adorabile quando dice: -
però questa
volta decido io –
- ma sei sicuro?
– gli
domanda Liam al telefono, tentennante. Alec ha ormai capito che
è inutile
tentare di studiare quando c’è Liam nella sua
testa.
- di che? –
replica curioso,
mentre scarabocchia svogliatamente sul proprio quaderno.
- di voler uscire con
me –
Alec sospira e alza
gli
occhi al cielo esasperato.
- te
l’avrei chiesto,
altrimenti? – domanda, retorico, sorridendo intenerito
all’insicurezza
dell’altro. Può quasi vederlo mentre si mordicchia
nervosamente il labbro
inferiore.
- è che
non capisco cosa ci
trovi in me – sussurra infine il biondo. Alec non ha nemmeno
bisogno di
pensare.
- tutto –
- andiamo a Luna Park
–
annuncia con aria solenne Liam, le mani affondate nelle tasche della
giacca
grigia a taglio inglese. Alec gli sorride contento, passandogli un
braccio
attorno alle spalle mentre camminano.
Il luna Park
è una macchia
lampeggiante di luce colorata nel grigiore della città. Alec
non protesta
quando l’altro paga anche il suo biglietto e parte dritto
verso il tunnel
dell’amore.
- e..ehi! non
facciamo le
altre giostre? – chiede imbarazzatissimo Liam, quando Alec lo
spinge a sedere
su uno stucchevole cigno rosa.
- dopo –
risponde Alec con
un sorriso ammiccante, sedendosi accanto a lui e passandogli di nuovo
un
braccio attorno alle spalle. Liam si muove a disagio sul seggiolino,
lanciandogli occhiate imbarazzate, mentre il cigno comincia a muoversi,
entrando nel tunnel.
La musica
è sdolcinata, lo
scenario terribilmente rosa, e i piccoli cupido piazzati ovunque
leggermente
inquietanti, ma ad Alec interessa poco. L’unica cosa di cui
gli importa è Liam
e il modo in cui si aggrappa alle sue spalle quando lo bacia, gli occhi
chiusi
e l’aria concentrata.
Alec lo preme contro
il
bordo del seggiolino, stringendogli le braccia in vita e passando a
mordicchiargli gentilmente il collo, scostando la giacca. Liam ansima e
geme
piano nel suo orecchio, stringendogli ancora più forte le
spalle e passandogli
una mano tra capelli.
- ehi –
sussurra Alec contro
il suo collo, alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi. –
se vuoi che mi
fermi dimmelo, ok? –
Liam lo fissa, come
incantato, e si limita ad annuire senza fiato, non aggiungendo niente.
Alec
sorride e lo ricompensa leccandogli piano le labbra, prima di tornare a
lasciargli baci umidi sul collo.
Quando il giro
finisce, Liam
ha l’espressione stravolta e un vistoso succhiotto sul collo,
mentre Alec ha i
capelli ancora più arruffati del solito, ma questo non gli
impedisce di
afferrare il polso di Liam e trascinarlo verso una nuova giostra.
Nel corso del
pomeriggio,
tra una giostra spericolata e l’altra, trovano il tempo di
pomiciare più di una
volta: sulla ruota panoramica, dietro il banchetto dei dolciumi, al
buio del
tunnel del faraone e infine di nuovo nel tunnel dell’amore
– anche se lì la
situazione è più fatta di risolini che altro,
perché Alec ha la maglietta
fradicia dopo essersi rovesciato addosso il sacchetto del pesce rosso e
Liam ha
un palloncino legato al polso che s’incastra ovunque.
Escono dal parco
giochi dopo
il tramonto, Alec ancora umido ma estremamente contento. Liam affonda
il naso
nel proprio zucchero filato, mentre Alec smangiucchia una mela
caramellata con
poca voglia, camminando mano nella mano verso casa del più
piccolo.
Si fermano al
cancello e
Alec può distinguere la figura del fratellino di Liam,
Timothy, aggrappato alla
finestra ad osservarli con curiosità.
- senti, la settimana
prossima io e gli altri andiamo ad una festa di Halloween al District 13– comincia Liam,
strizzandogli gentilmente la mano. – mi chiedevo se ti andava
di venire. Puoi
invitare i tuoi amici, se vuoi, ma devi dirmelo prima di
venerdì, perché Gabriel
deve inserirvi in lista. –
- volentieri
– sorride Alec,
portandosi un po’ più vicino all’altro.
– è a tema? –
Liam annuisce piano,
poi si
sporge a lasciargli un leggero bacio sulle labbra.
- allora ci sentiamo
– lo
saluta, sgusciando dentro e salutandolo con la mano una volta raggiunta
la
porta.
- ci sentiamo
– risponde
Alec, al vuoto, prima di incamminarsi velocemente verso casa.
- mh-hm. No, no,
Meredith lo
lascia una volta alla settimana, ma verranno comunque entrambi non ti
preoccupare, sì. Ah, puoi aggiungere un’altra
persona alla lista? La ragazza
che fa il mio stesso turno allo store non
ha niente da fare e le ho chiesto di venire. Ahha, si grazie. No, non
ho ancora
deciso. Tu invece? –
Alec sta tentando di
equilibrare telefono e joystick, mentre mastica un pezzo di pizza e
Amèlie
lancia urli di battaglia. Sullo schermo, i loro due personaggi di Soul Calibur V se le danno di santa
ragione.
- dai cazzo, Ammie,
non fare
la scimmia – le strilla, facendo ridere Liam
dall’altro capo del telefono.
- tu non vuoi che io
venga
con voi – si lamenta lei, pigiando i tasti del joystick come
una forsennata.
- ma ce li hai, i
tuoi cazzo
di amici, vai con loro da qualche altra parte! – replica
Alec, tentando di
disarmare il suo personaggio. Per un attimo rimane in silenzio,
ascoltando la
risposta di Liam alla sua precedente domanda, poi annuisce, rischiando
di far
cadere il cellulare dalla spalla.
- fico! Io forse ho
tipo uno
smoking da qualche parte. Lo pasticcio di rosso e faccio il vampiro
– ancora un
attimo di silenzio e poi una risata.
Amèlie
vince il
combattimento e si lancia con un urlo belluino sul divano, i capelli
scurissimi
che le danzano attorno. Alec la guarda esasperato.
- scusami, Lilli, ti
richiamo più tardi, adesso devo uccidere mia sorella
–
Aspetta di sentire la
risata
dell’altro, prima di attaccare e, con un salto degno di un
gatto, afferrare
Amèlie, cominciando una lotta a base di solletico.
Quando Alec arriva al
District 13, la sera di Halloween
con un
Lance estremamente fastidioso e vestito da lupo mannaro al seguito,
trova Liam
all’ingresso, accanto ad un ragazzino dai capelli neri e un
ridicolo costume da
Batman addosso.
- ehi! – lo
saluta,
illuminandosi, e qualcosa nel petto di Alec fa le fusa.
- yo –
replica, sorridendo e
chinandosi a dargli un bacio veloce. Lance si schiarisce la gola,
infastidito.
– lui è Lance. Lance, lui è Liam
– spiega, con un sospiro. Lance grugnisce un
“ciao” scontento, che Liam ricambia con un sorriso
stranito.
- non è
sempre così, Dith
l’ha lasciato giusto un paio d’ore fa –
sussurra Alec nell’orecchio del biondo,
rassicurandolo. Lui ride, presentandogli poi il piccoletto, Gabriel.
Liam è
vestito da Peter Pan.
Alec la trova una cosa adorabile, ma ancora più adorabile
è Liam nella sua
maglietta verde con i calzoni coordinati e le scarpe in tela. Saltella
agitato
da un piede all’altro, mentre aspettano che Richard, Ibiza e Meredith facciano la
loro apparizione.
- dio, Alec, quando
hai
detto che avresti usato il mercurocromo per macchiarti la camicia di
rosso non
pensavo avresti usato l’intera boccetta! – lo
prende in giro Richard, vestito
da pirata con tanto di pappagallo finto sulla spalla, i capelli biondi
raccolti
in un codino, facendo ridere Ibiza, con la mano stretta nella sua,
vestita
strega. Dith, nelle vesti di catwoman, lancia occhiate piene di rabbia
a Lance
da dietro la spalla di Ibiza, occhiate che lui ricambia. Sanno tutti
che entro
mezz’ora saranno a fare sesso nei bagni.
Alec guarda Richard
indispettito, tirandogli una spallata: - Amèlie me
l’ha fatto rovesciare tutto!
– replica, osservando il disastro rosso sulla sua camicia.
Gabriel fa entrare
gli
altri, mentre Alec si ferma fuori ad aspettare che arrivi anche
Rosalie, le
dita intrecciate a quelle di Liam. Gabriel fa in tempo ad uscire di
nuovo e a
chiacchierare con loro altri dieci minuti, prima che lei appaia,
avvolta in un vestito
di tulle rosa con un’accetta in mano. Sul volto ha disegnati
dei bulloni.
- bambola assassina?
– ride
Alec, osservando divertito il colore del vestito che fa a pugni con i
capelli
rossi di lei, raccolti in uno chignon.
- non avevo altre
idee – si
giustifica lei, ridendo. Gabriel la guarda come se fosse dio sceso in
terra,
mentre entrano nel locale, ma lei si limita a presentarsi e ad
ignorarlo da
quel momento in poi.
Dentro fa caldissimo
e la
musica a palla colpisce dolorosamente i timpani di Alec.
- devo assolutamente
portati
da Chris e Mylène! – lo informa agitato Liam,
afferrandogli il polso e
trascinandolo tra la folla danzante, travestita nei modi più
assurdi, dalle
zucche giganti ai fantasmi.
Liam scivola tra la
gente,
tentando di non perdere mai la presa, fino a raggiungere il bancone.
Seduti su
due seggioline rotanti, intenti a pomiciare, ci sono i due ragazzi che
Alec
ricorda dal giorno della partita: lei è ha indosso un
vestito bianco tutto
strappato e sporco, con tanto di strappo macchiato di rosso
sull’addome, i
capelli un po’ più lunghi rispetto alla prima
volta che si sono visti tutti
scompigliati raccolti sotto un velo lacero; lui è vestito da
zombie, stile the walking dead, con
un trucco degno
del migliore make-up artist.
Liam aspetta
pazientemente
che si accorgano di lui, canticchiando la canzone lanciata dal DJ,
mentre Alec
ruba un listino dei drink, calcolando mentalmente quanti soldi gli
siano
rimasti da spendere dopo l’ultima bolletta e una rata
dell’università. Oh, dio,
quanto odia essere un adulto.
- ragazzi!
– li chiama Liam,
dopo un po’, quando vede che non sono intenzionati a
staccarsi. –ragazzi, vi
ricordate di Alec? –
Mylène
lancia loro
un’occhiata poco interessata. – certo. Come no.
Quando sarò un po’ meno ubriaca
ti farò il terzo grado. Adesso sparite che abbiamo da fare
–
Chris ride, perdendo
le
proprie dita tra gli infiniti merletti della gonna da sposa di lei,
mentre se
la tira contro.
- devo preoccuparmi?
–
domanda il più grande, estremamente divertito, quando Liam
lo porta in un
angolo, dove un divanetto libero di pelle rossa li aspetta.
- naah –
risponde Liam, lanciandosi
a sedere e trascinando Alec accanto a sé.
Alec vorrebbe poter
dire che
la festa era fantastica, ma la realtà è che non
lo sa. La realtà è che ha
passato la serata seduto sul divanetto, Liam in braccio e la lingua
nella sua
gola, per quanto poco romantico possa suonare. Tra un respiro e
l’altro si sono
raccontati i pensieri che vengono in mente solo quando si è
per metà ubriachi e
hanno riso di cose dimenticate un attimo dopo. Sotto certi versi, la
festa è stata
fantastica.
Mi
manchi gli
ha scritto
Liam.
Lo sguardo
è calamitato al
cellulare, il libro di letteratura abbandonato e uno stupido sorriso
che preme
per formarsi. Alec ha smesso di sorprendersi alla
spontaneità di certe cose che
Liam fa, ma questo non vuol dire che non senta il cuore lavorare il
doppio del
solito.
Guarda lo schermo, le
dita
bloccate sopra la tastiera touch mentre tenta di elaborare qualcosa di
poetico
che però non sia così confuso come i suoi
pensieri.
Alec frequenta
filosofia e
letteratura, ha la parlantina facile e la capacità di
arrampicarsi sugli
specchi, ma con Liam niente di tutto questo sembra essere mai
abbastanza.
Anche
tu scrive.
Vieni
da me a cena, sabato?
Picchietta
nervosamente le
dita sulla scrivania, mentre attende la risposta. Prova a leggiucchiare
filosofia, ma il primo esame deve darlo a gennaio e la sua voglia di
impegnarsi
è davvero sotto i tacchi: ci sono talmente tante cose cui
deve pensare,
talmente tante che potrebbe fare al posto che studiare qualche
vecchiaccio
scorbutico senza vita sociale.
È
già da un paio di giorni
che pensa a sabato. È un mese che lui e Liam escono assieme
e vuole fare
qualcosa di speciale, magari addirittura provare a cucinare senza far
esplodere
il fornelletto. E poi Liam non è mai entrato in casa sua ed
Alec si sente come
se fosse un obbligo, invitarlo, perché Liam fa parte della
sua vita anche di
più di questo stupido appartamento disordinato. Sicuramente,
occupa i suoi
pensieri molto più dell’appartamento.
La risposta ci mette
più
tempo del solito ad arrivare e Alec comincia ad agitarsi, pensando a
tutte le
cose sbagliate che può aver fatto nell’ultima
settimana e già tentando di
trovare un modo di farsi perdonare.
Ok.
A che ora?
La risposta
è priva
dell’entusiasmo solito e lo stomaco di Alec si attorciglia in
modo spiacevole.
Nonostante questo, tenta di scrivere una risposta che suoni normale.
Grande!
Ti passo a prendere allo store alle 7
La realtà,
scopre Alec, è
che Liam è nervoso. Quando si trovano allo store,
quel sabato pomeriggio, Liam ha gli occhi pieni di aspettativa e
irrequietezza.
Alec si rilassa istantaneamente, perché ha imparato a
leggere l’altro nel corso
di questo mese e sa che basterà non fare mosse azzardate che
lo mettano a
disagio perché la tensione si sciolga. Anche Alec sa che
andare a casa sua è
qualcosa di molto più intimo dei loro soliti appuntamenti.
- vorrei poter dire
di
essere un bravo cuoco ma temo ci toccherà ordinare cinese
– lo avvisa, sul
pianerottolo, mentre cerca le chiavi nelle tasche della giacca e Liam
ride,
agganciandosi al suo braccio.
- non mi piace, il
cinese –
lo informa, sorridendo un po’ più tranquillo di
prima. Alec alza gli occhi al
cielo.
- oddio, a quale
essere
umano non piace il cinese? –
commenta
stupito, armeggiando con le chiavi.
- a me –
ride Liam, e Alec
riesce finalmente ad aprire la porta. Con un mezzo inchino divertito
invita
Liam ad entrare, prima di seguirlo e chiudere la porta dietro di
sé.
- mettiti pure
comodo, tanto
ho capito che dovrò chiamare la pizzeria per la terza volta,
questa settimana –
Liam ride, mentre si
sistema
sul divano, guardando curiosamente l’appartamento. Non
è grande, né
spazioso: c’è
il salotto, con il divano
al centro e la TV davanti, mentre dietro c’è un
tavolo che sembra inutilizzato
e un piano cucina altrettanto polveroso. Dall’angolo cottura
parte un corridoio
stretto che probabilmente porta al bagno e alla stanza di Alec, ma Liam
può
tranquillamente affermare che l’altro vive sul divano senza
bisogno di indagare
troppo.
- ciao Charlie, sono
Alec.
Sì, lo so che è la terza volta. Oh, senti, non
rompere, oltretutto che ti faccio
lavorare eh, ho ospiti. Si. Naah, oggi prendo .. una quattro formaggi,
dai. Tu,
Liam, che vuoi? – strilla, da qualche parte dietro il biondo,
che si gira a
guardarlo un attimo prima di rispondere: - una margherita
andrà bene –
- e una margherita.
Si.
Grazie Charlie. Tra quanto? Mh-h. Ok. Ci sentiamo! –
- sei diventato amico
del
fattorino? – sorride Liam, divertito, mentre Alec si lascia
scivolare accanto a
lui.
- chi, Charlie?
È solo la
ragazza che prende gli ordini quando ho fame di solito. Il fattorino
cambia
tutte le volte, probabilmente alternano i turni. –
spiega,
allegro. – hai sete? Ho della coca in frigo,
credo. –
Aspettano le pizze
guardando
la TV, appoggiati l’uno all’altro sul divano mentre
David Letterman intervista
qualcuno che Alec pensa di non aver mai visto prima d’ora.
Per mangiare si
spostano sul
tavolo, giusto perché Alec ci tiene a mantenere un minimo di
decenza, ma subito
dopo tornano alla loro postazione sul divano.
- è buffo
– dice Liam, la
testa appoggiata contro la sua spalla. – si vede un sacco che
è il tuo
appartamento –
Alec distoglie lo
sguardo
dallo schermo, guardandosi intorno e: - davvero? – chiede,
sorridente. Liam
arrossisce fino alle punte delle orecchie.
- è
caotico, ma confortevole
allo stesso tempo. Ti somiglia –
Alec non sa bene se
sentirsi
offeso per essere appena stato paragonato ad un appartamento che gli
procura
più danni e fastidi che altro, ma decide di eclissare
l’argomento e di chinarsi
a baciare Liam, mentre in TV comincia un film che a nessuno dei due
interessa.
Il fatto è
che Alec sa di
essere una persona irruente. Sa che molto spesso spinge troppo gli
altri oltre
il limite. Il problema è che non riesce a trattenersi,
quindi non riesce proprio
ad evitare di portare le mani ai pantaloni di Liam e godersi il
versetto
stupito con cui l’altro risponde al gesto.
Si guardano negli
occhi per
qualche minuto, fermi, ed Alec fa fatica a seguire tutte le emozioni
che
passano nello sguardo di Liam.
- posso fermarmi qui,
se
vuoi – gli suggerisce, anche se un po’ ne
è deluso. Nonostante questo, per la
prima volta dopo tanto, non si interessa solo a quello che vuole lui.
Da quello
che ha capito Liam non ha tutta questa esperienza in campo di relazioni
amorose
e Alec non vuole assolutamente spaventarlo. Ci andrà piano,
anche se ci dovesse
impiegare anni, e si conquisterà la sua fiducia fino in
fondo perché Liam è
fragile e Alec non vuole in alcun modo danneggiarlo.
- io.. io ..
– balbetta Liam
incoerentemente, le guancie in fiamme. Prende un respiro profondo,
muovendo a
disagio le gambe. – io.. no. Non fermarti. Però..
non.. fino in fondo. –
Alec gli sorride
riconoscente, mordendogli gentilmente il naso.
- lo so –
dice. Poi si
toglie la maglietta e provvede a far sparire anche quella di Liam. Gli
sbottona
piano i pantaloni mentre gli dissemina una scia di baci adoranti sul
petto,
venendo ricompensato da una serie di gemiti mal trattenuti. Quando
arriva
all’ombelico, mentre gli tira giù piano i
pantaloni a metà coscia, si ferma a
fargli le pernacchie sulla pancia, facendolo scoppiare in una risatina
ansiosa
che però lo mette un po’ più a suo agio.
Quando sta per
tirargli giù
anche i boxer – della Marvel, adorabili – Alec si
chiede improvvisamente se non
rischierà di soffocarsi. Nel senso, non l’ha mai
fatto prima, e immagina ci sia
una prima volta per tutto, ma non vuole davvero fare la figura
dell’idiota.
Comunque, immagina
che ormai
non può tirarsi indietro.
Per essere la prima
volta,
Alec può dirsene relativamente soddisfatto, soprattutto se
si contano gli
ansiti così adorabili di Liam. È anche non
riuscito a non soffocarsi.
Liam ricambia
mettendogli le
mani nei pantaloni con fare impacciato e Alec sa che baciandolo lo
distrae, ma
non riesce proprio ad impedirselo: è estremamente contento e
leggero, e non
solo perché Liam sta ponendo rimedio ad un problema che
altrimenti avrebbe
dovuto risolvere da solo in bagno, ma anche perché lo sta
facendo senza che
Alec gli abbia chiesto nulla.
Più tardi,
incastrati l’uno
contro l’altro sul divano, Liam sembra ricordarsi
improvvisamente di qualcosa.
- ah! –
esclama, scostandosi
lievemente dal petto dell’altro. – ti ho preso una
cosa –
- eh? –
replica Alec, mentre
guarda l’altro che sia alza. – perché?
–
- perché
è un mese che
stiamo assieme, idiota –
replica
seccato il biondo, lanciandogli un occhiata mentre fruga nelle tasche
della
propria giacca. Alec, comunque, è decisamente più
interessato alla vista del
suo sedere.
- questo lo so, grazie – risponde imitando
l’altro. –
perché credi che ti abbia invitato a casa? –
Liam si gira a
guardarlo
curiosamente, un sorrisino stampato sulle labbra: - perché
volevi entrarmi nei
pantaloni in maniera privata? –
Alec ride, rotola
sulla
schiena e afferra al volo il pacchettino che Liam gli lancia.
- nah. La
realtà è che non
ho abbastanza soldi per comprarti niente e ho dovuto ripiegare su casa
mia per
non sembrare un completo zotico. –
Liam si lancia di
nuovo
sdraiato contro di lui, lasciandogli un bacio timido a lato della
bocca. – non
sembri un completo zotico – lo rassicura, sorridendo, mentre
si rannicchia
contro di lui e Alec gli passa un braccio attorno alle spalle.
– forza, aprilo
–
Alec lo scarta
velocemente,
trovandovi dentro un piccolo portachiavi di peluche a forma di
pesciolino.
- un pesce, sul
serio? –
ride Alec, stringendoselo contro e baciandolo. Liam sorride nel bacio:
- la
nostra relazione è segnata dai pesci, quindi ho pensato che
.. non lo so. Ti
somigliava? –
Alec ride ancora,
affondando
il naso nei suoi capelli e sorridendo come un idiota. Vorrebbe potersi
addormentare lì, fermo in quell’esatta posizione,
ma sa che tra un’ora dovrà
alzarsi e portare a casa Liam, quindi si limita a godersi
l’attimo. Il
telefono, da qualche parte, squilla, ma lui non risponde.
- si. No, no, Lance,
adesso
la pianti e mi ascolti. Lo so! Ho capito, ma non riesci a lasciar
correre? - blatera
Alec al telefono, le mani che
giocherellano con i capelli di Liam, mezzo addormentato contro di lui
sul
divano, quando Amèlie entra dalla porta rumorosamente, tre
sacchetti del
McDonalds in braccio. Liam ci mette un attimo a registrare la sua
presenza e
tenta di alzarsi dalla propria posizione, ma il braccio di Alec glielo
impedisce.
- ciao Ammie, lui
è Liam.
Liam, mia sorella. Un attimo che sono al telefono con Lance –
saluta,
sbrigativo, prima di tornare alla propria conversazione: - senti.
Dopodomani è
il suo compleanno. non ti sto chiedendo di organizzare tutto te, ok? Ci
pensiamo io e Richard, al locale, e Ibiza pensa agli invitati. Tu devi
solo
assicurarti che non le salti in testa di organizzare lei. –
Amèlie
appoggia la loro cena
sul tavolo e va a sedersi ai piedi del divano.
- che stanno facendo?
–
chiede in un sussurro a Liam che, ancora rosso e leggermente
imbarazzato,
scrolla le spalle: - organizzano il compleanno di Meredith, credo
–
- Lance, per
l’amor di Dio,
mi spieghi perché non puoi provare a fare la persona
normale? Fossi in Meredith
ti avrei già buttato giù da un ponte, cazzo!
–
Amèlie
ride, si fa la
treccia ai capelli e sorride a Liam, che sembra ancora decisamente non
a
proprio agio.
- non ti preoccupare,
non ti
mangio – gli dice, divertita, e lui arrossisce ancora di
più. – preferisco
l’hamburger. Spero ti piaccia quello al pollo,
perché Alec non mi ha detto
quale ti piace e non volevo rischiare –
- va bene quello – la
rassicura Liam, tentando un
sorriso.
-
chennesò, probabilmente
sta con te solo per il sesso arrabbiato, perché io non
riesco davvero a capire
cosa ci trovi! – continua Alec, infervorato, e
Amèlie ride rumorosamente,
mentre va ad accendere la playstation e recupera i joystick dal
cassetto. – sul
serio, Lance, ti costa tanto riuscire a non farti lasciare prima di
sabato? È
il suo compleanno, non vuoi renderla minimamente felice? –
La risposta
è accompagnata
da una serie di “mh-h” poco convinti.
Amèlie lancia i joystick sul divano, alla
ricerca di un gioco da poter fare in tre.
- va bene, piantala.
Tu fai
il tuo dovere e noi pensiamo al resto, ma adesso smettila che ho qui
mia
sorella e Liam e ho fame. – attimo di silenzio. –
ok, ciao –
Una volta appeso, il
telefono viene lanciato poco gentilmente oltre il divano.
- Cristo se
è insopportabile
– sospira Alec, lasciando a Liam lo spazio per tirarsi a
sedere ed imitandolo.
– vabbè. Che hai preso, Ammie? –
- il solito
– replica lei,
trotterellando fino al tavolo e frugando nei sacchetti. – vi
spostate qui o
mangiamo sul divano? –
- scherzi, vero?
– esclama
Alec, allibito, voltandosi a guardarla e sistemando Liam contro di
sé. – gli
hamburger si mangiano sul divano! –
Amèlie lo
guarda in silenzio
per qualche secondo, prima di roteare gli occhi al cielo: - a quanto
pare non
ti interessa di sembrare un selvaggio davanti al tuo ragazzo
–
- Amèlie,
mangiamo sul
divano tutte le sante volte anche noi, lo sai? – ribatte
Alec, con aria
saccente. Sì, in effetti, quando Liam viene da Alec mangiano
sul divano. Più
che altro perché sul tavolo ci fanno altre cose e Alec non
è sicuro di volerci
mangiare sopra.
- come vuoi, come
vuoi –
sospira lei, portando loro i rispettivi sacchetti con tanto di
coca-cola e
patatine incorporate.
Ci vuole poco
perché Liam si
rilassi contro la sua spalla e cominci a non fare più troppo
caso ad Amèlie – o
al fatto che è la sorella di Alec, cioè, un membro
della famiglia. È imbarazzante, sul serio,
cioè, e se non le piace?
Passano la serata a
giocare
a GTA, Liam seduto tra le gambe di Alec mentre cerca di capire come
muoversi, e
Alec e Amèlie che si danno la guerra a chi uccide
più gente. Poi Alec riporta a
casa Liam in moto e si ritrova ad avere un’imbarazzante
conversazione con suo
padre, cui riesce a sfuggire solo perché Timothy comincia a
piangere.
- è carino
– conferma Amèlie
quando rientra in casa. Alec la guarda sorridendo e sa di sembrare uno
scemo,
ma non ne può proprio fare a meno: Liam gli fa
quest’effetto.
- oh no –
dice, lanciandosi
sul divano accanto a lei. – è molto di
più –
- oh, dei,
è secoli che non
mangiavo cinese! – chioccia Alec tutto contento, arraffando
quanto più cibo
possibile. Ha invitato Richard e Ibiza a cena prima di andare al Capitol, dove hanno affittato una
saletta solo per il compleanno di Dith; e dato che Alec non si
è ancora preso
la briga di seguire quelle lezioni di cucina in DVD che sua madre gli
ha
regalato, ha detto loro di portare cinese. – a Liam non
piace, quindi non lo
ordino praticamente più. –
Gli altri due si
lanciano
uno sguardo stupito d’intesa, aspettando che
l’amico faccia un commento cattivo
o una frecciatina riguardo ai gusti pessimi del fidanzato, ma Alec si
limita a
riempirsi la bocca e a combattere con le bacchette.
- e non ti
dà fastidio? –
gli domanda Richard, cauto, osservando la reazione
dell’altro. Alec alza lo
sguardo dai propri spaghetti con un sopracciglio alzato.
- eh? No, dovrebbe?
– fa,
sputacchiando salsa sul tavolo.
- beh,
l’ultima volta, con..
com’è che si chiamava? Hope Anderson? –
Ibiza guarda Richard insicura, e lui le
conferma il nome. – ecco sì, lei. Quando ti aveva
fatto presente che non le
piacevano i tacos, ti sei lamentato all’infinito. E hai
comprato una marea di
tacos –
- certe volte penso
che tu
l’abbia lasciata per quello – ride Richard,
cercando tra i sacchetti il proprio
riso al curry.
Alec ci pensa un
po’ su,
masticando rumorosamente.
- è totalmente diverso – afferma,
con aria convinta. – e poi il cinese
posso sempre mangiarlo con voi, o quando Liam non viene a casa
–
Richard evita di
fargli
notare che avrebbe potuto applicare lo stesso metodo con Hope,
perché è
evidente che l’altro troverebbe un altro argomento con cui
ribattere.
Lancia uno sguardo
divertito
alla propria ragazza, che ricambia con altrettanto divertimento.
- ah,
l’amore – sospira nel
suo orecchio, i capelli dorati ordinatamente raccolti in uno chignon.
Richard
ride, prima di cominciare a mangiare.
La festa è
un successo,
possono affermarlo tutti con soddisfazione, e Lance riesce addirittura
a non
farsi lasciare. Rischia di essere pestato, questo sì, ma
senza aver rotto. A
fine serata, comunque, tutto quello cui Alec riesce a pensare
è a quanto tempo
rimane al lunedì, quando potrà vedere Liam allo Store.
- credo che Gabriel
sia
cotto di Rosalie – gli confida Liam, lunedì,
sporgendosi verso di lui alla
cassa e guardando divertito in direzione del proprio amico, che sta
annoiando
la ragazza con chiacchiere infinite. Lei sembra alla disperata ricerca
di una
via d’uscita, ma il negozio è vuoto e il
proprietario è tornato a dormire nel
magazzino, fingendosi in attesa dei primi addobbi di Natale.
Alec ride,
pasticciando il
block notes.
- ho come
l’impressione che
lei non ne sia entusiasta. –
Liam sorride, come a
scusarsi: - lo so –
Gli addobbi di Natale
arrivano e con loro anche clienti alla ricerca di regali.
Un enorme albero
decorato
pieno di luci appare dietro al bancone, lasciando al cassiere giusto lo
spazio
per respirare.
- che diavolo
è?! – si
lamenta Alec, la maglietta beige che s’impiglia nei rami.
Helm, il ragazzone
che fa il turno alla mattina, sospira: - qualche idiota del turno
serale. –
Quando poi il
proprietario
arriva, infilandogli in testa un terribile berretto di Babbo Natale,
per Alec è
la fine.
- mi sento
ufficialmente offeso
– sostiene, quando Liam entra in negozio e, vedendolo,
scoppia a ridere.
- sembri un
imbronciato elfo
di Babbo Natale – gli dice il biondo, tra le risate.
– esprimi proprio gioia
natalizia. –
- al diavolo la gioia
natalizia – ringhia Alec, passando in cassa quello che Liam
gli porge.
Alec ha sempre
trovato il
Natale estremamente fastidioso. Non che non gli piaccia, per
carità: le ferie e
le feste sono la cosa che preferisce. Ma il lunghissimo giro di
parenti, che
inizia tutti gli anni l’antivigilia e finisce intorno ai
primi di gennaio, lo
sfianca come poche altre cose.
Tra zii, cugini
dimenticati
e vecchi parenti sconosciuti, la testa di Alec sembra esplodere. Se si
aggiunge
il fatto che non può vedere Liam e starsene con lui al
calduccio nel proprio
appartamento, la cosa rivela avere più lati negativi che
positivi.
È
rassegnato a dover
aspettare l’ultimo dell’anno per vedere il suo
biondo preferito, soprattutto
perché anche l’altro ha una famiglia e dei parenti
con cui trascorrere il
Natele, e quindi a dover sopportare le chiacchiere inutili di
Amèlie e di tutti
gli altri fino allo sfinimento, e a
ingozzarsi come un tacchino. Fortunatamente, nessuno gli
fa più regali
da un pezzo e si limitano tutti a passargli con aria complice una busta
con un
po’ di soldi, che non fanno mai male.
Sta giusto giocherellando con la
propria fetta di panettone,
ascoltando solo per metà suo cugino Louis che racconta ad
Amèlie di un certo
Harry che, da quello che ha capito, è il suo ragazzo. Alec
trova ironico che
gli unici due maschi giovani della famiglia siano entrambi gay, ma
preferisce
intavolare una conversazione con suo zio riguardo le ultime partite di
calcio
piuttosto che lanciarsi in quell’argomento spinoso,
soprattutto perché sa che
il padre di Louis, quello che diec’anni fa ha preso e se
n’è andato con una più
giovane ma ha comunque la faccia tosta di farsi sentire per giudicare i
propri
figli, non ama particolarmente la cosa.
E comunque, Alec non si definirebbe gay. Bisessuale, più che
altro. Infondo è stato anche con delle
ragazze, non può non contare!
Amèlie sta giusto parlando
di Liam a Louis, di quanto sia
carino e di come sia contenta che lui, Alec, si sia finalmente trovato
qualcuno
di così adorabile e che non c’è nulla
di male se sono entrambi ragazzi, anzi è
quasi meglio perché si hanno più interessi in
comune(cosa che Alec trova
estremamente falsa, perché non ha mai visto qualcuno dai
gusti più diversi dai
suoi di Liam, ma è troppo impegnato a protestare che
Amèlie dovrebbe smetterla
di parlare di un ragazzo che non è il suo,
per farlo notare), quando il cellulare gli vibra in tasca.
Sbircia incuriosito lo schermo,
lasciando Amèlie al suo
fiume di parole, interrotto solamente dai fiumi di parole con cui Louis
le
risponde – la parlantina è una caratteristica di
famiglia - , e sorride quando
vede un messaggio di Liam.
Che noiaL
Ahah, a chi
lo dici
Mi rifiuto
di giocare
a tombola
Alec picchietta le dita sul tavolo,
guarda sua madre intenta
a parlare con sua zia, le cuginette tutte prese dai loro giochi,
Amèlie e Louis
che ciaccolano come due vecchie comari e lo zio che, insieme al nonno e
a suo
padre, ha lo sguardo incollato allo schermo della TV. Alec decide
ufficialmente
che nessuno sentirà la sua mancanza.
Fuggiamo
Gli scrive, sentendo il sorriso
premere ai lati della bocca
e l’eccitazione battergli nel petto al ritmo del cuore,
mentre aspetta la
risposta.
Adesso?! Risponde Liam, e Alec
può vedere l’espressione
stupita ed esaltata che riserva alle sue idee.
Si. Tra
dieci minuti
in Piazza del Mercato. Ci stai?
La risposta ci mette un po’
ad arrivare, ma Alec ha già lo
sguardo calamitato alla porta e all’appendiabito, dove la sua
giacca penzola,
la tasca destra con dentro il regalo per Liam.
Ci sto.
Alec si alza di colpo dalla sedia,
calamitando l’attenzione
di tutti su di sé. Nel silenzio dei proprio parenti,
interrotto dalle
chiacchiere in TV, Alec sorride.
- io vado – annuncia.
- e dove, tesoro? – chiede
sua madre, mentre lui è già a
infilarsi la giacca.
- fuggo con Liam! Ancora buon Natale
a tutti! – strilla,
uscendo dalla porta. Prima di chiudersela alle spalle, Alec riesce a distinguere la risata di
Amèlie.
Fuori ha cominciato a nevicare. Non
è la neve dei film,
bianca e perfetta, ma Alec presume di potersi accontentare. Si tira su
il
cappuccio e corre in strada, schivando i pochi passanti e rischiando
più volte
di scivolare sul ghiaccio. Quando arriva, ansimante e sudato, Liam
è già lì,
seduto sul bordo del muretto.
- Alec! – saluta,
sventolando una mano inguantata. Alec gli
si fionda praticamente addosso, travolgendolo,
- ti amo – gli dice di
getto, perché
è quello che prova e pensa, e sia mai
che Alec tenga un proprio pensiero per sé, sentendolo
congelare tra le proprie
braccia. Comunque, fa troppo freddo perché Alec prenda in
opzione l’idea di
scostarsi.
- co..ssa? – balbetta
l’altro, e Alec ride del rossore che
vede apparire sulle orecchie del biondo e gli dispensa un bacio sulla
guancia.
- hai sentito perfettamente
– chioccia contento. Liam lo
guarda stralunato, ma basta qualche attimo perché un sorriso
gigantesco si
formi sulle labbra del biondo e nei suoi occhi.
- anch’io! –
strilla, la voce più acuta di un’ottava,
lanciandogli le braccia al collo e facendogli così perdere
completamente
l’equilibrio.
Scivolano su una lastra di ghiaccio,
finendo con il rotolare
in quella che dovrebbe essere neve ma che in realtà
è semplicemente acqua un
po’ più spessa del solito.
Si baciano e Alec pensa che non
gliene frega niente della
neve, dei parenti o del resto del mondo.
A cosa gli serve tutto quello, se ha
Liam?
Nda ●
È
talmente tanto tempo
che non scrivo un commento a fondo storia che non so più
nemmeno come iniziare.
Forse potrei
iniziare
ringraziandovi per essere arrivati fino in fondo a questa OS: significa
molto
per me e spero che vi sia piaciuta. In qualsiasi caso, vi invito a
lasciare un
commento anche solo per farmi presenti
degli errori.
Alec e Liam
sono personaggi
a cui sia io che Lily (Zucchero) siamo molto affezionate e questa
è forse la storia
meglio venuta di tutte (come sono modesta).
È
un po’ vecchiotta, l’ho
scritta da ormai quasi un anno e finalmente ci siamo decise a
pubblicarla, ma
credo che non smetterò mai di sorprendermi di averla finita
(ho la tendenza a non
finire mai nulla, purtroppo).
In qualsiasi
caso,
grazie per averla letta.
♥
Con amore,
Giuls
(Carote) ♥♥
Volete
sapere di più
sui nostri personaggi? Fate un salto sul nostro account! ♪
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