Anemoni

di Chiara Porcelluzzi
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Prologo

C’ero una volta io, che avevo paura che il mio essere me stessa potesse provocare danni irreparabili alle persone intorno a me. Io, Allegra, che di allegro avevo il sorriso e allo stesso tempo il timore di mostrarlo. Così diceva Chiara, la mia amica di sempre. Lo sottolineava spesso e mentre me lo diceva mi sorrideva a sua volta. Mi abbracciava e mi diceva di non smettere mai di ridere con le labbra e con gli occhi, perché non avrei fatto del male a nessuno. Mi diceva di non chiudere mai quei miei occhi e di cercare sempre quello di cui avevo bisogno. Il mio bisogno era sorridere senza paura. Bene, con convinzione, ad occhi aperti. Il mio bisogno era di non lasciarmi andare mai, nonostante tutto. Il mio bisogno era di mostrare il mio cuore nascosto infondo agli occhi. Aperti.

C’era una volta lui, che aveva sempre avuto un cuore, ma non lo sapeva. Non riuscivo a capire dove si trovasse, non era al suo posto, incastrato nel petto, ma nemmeno nei suoi occhi, spesso chiusi. Diceva a me e a Chiara che ciò che comunemente chiamiamo “cuore” in realtà è solamente “mente”. E secondo la sua mente non esiste nulla di più meccanico del cuore. Pulsa sempre. Pulsa solamente. Diceva che il suo bisogno era quello di trovare una ragione per sorridere, perché ad essere sempre triste ti escono le rughe. E mentre lo diceva rideva. Aveva il terrore di invecchiare e di perdere la felicità che tanto cercava ancor prima di trovarla.

Il nostro bisogno era cercare sempre posti nuovi dove frugare, rubare, senza perderci mai. Tra le onde, nei palazzi abbandonati, nelle nostre stesse tasche, nel mio cuore, nella sua mente.

Io e lui ci siamo regalati un sogno, ci siamo salvati la vita. Senza saperlo. Non abbiamo mai saputo di essere arrivati al punto più bello. Quel momento in cui ti mimetizzi ma vieni sempre trovato. Quel momento in cui inizi a sbocciare, ma il tuo periodo di fioritura è breve e tu sei delicato e fragile. Come un anemone. Allora ti aggrappi a quel tuo cuore o a quella tua mente e te lo dici, lo urli, lo gridi davvero: ce la puoi fare.





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