Hiki(1 cap).
Per
quanto tempo
dovrò stare qui? Tanto. Il più possibile. Per
sempre, se
ci riesco. Non voglio uscire, non voglio camminare in mezzo alla gente,
non voglio respirare lo smog che pervade l'aria, non voglio stringere
la mano a qualcuno.
Non voglio fare niente.
Probabilmente qualsiasi psichiatra mi direbbe che
soffro di depressione, ma non è così. Io sono
felicissimo,
che cosa credete? Ho preso una decisione, ho scelto di vivere in questo
modo e adesso non tornerò più indietro. In questo
paese
si parla sempre di disoccupazione, di crisi, di fallimento, di giovani
che non riescono a trovare un lavoro fisso o che abbandonano gli studi.
Io probabilmente sono tra questi. Perché?
Perché sono un hikikomori.
È ormai da un anno che non metto piede fuori casa e penso di
conoscere la mia stanza meglio di ogni altra cosa. Passo ore ed ore
sdraiato nel letto a guardare le crepe nel muro, ad osservare il
soffitto come se, all'improvviso, fosse diventata la cosa
più
interessante del mondo oppure a dormire. Già, dormo spesso
negli
ultimi tempi, anche se non ho particolarmente sonno. È
proprio
vero che oziare è stancante. Dormo per alienarmi ancora di
più dal mondo, per non rendermi conto dello stile di vita
che
sto conducendo. Uno stile di vita sbagliato, secondo molte
persone.
"Toc-toc".
Bussano alla mia porta. Chiusa a chiave, ovviamente. Non permetterei
mai e poi mai che una persona entri qui dentro: violerebbe il mio
isolamento, il mio sistema, il mio mondo. Certo, qualcuno ha provato ad
intervenire, volevano tirarmi fuori. Ma non ci sono riusciti e io sono
ancora qui, rinchiuso in questa stanza che rappresenta il mio piccolo
ecosistema.
"Toc-toc. Toc-toc".
Questo è il segnale. È ora di pranzo.
Oramai mia madre si è abituata a lasciarmi il cibo fuori
dalla
porta. Un vassoio con un piatto di pasta, un panino, una mela e una
bottiglia d'acqua. Purtroppo questo sistema presenta un grande
svantaggio; i miei genitori non si sono ancora arresi alla prospettiva
di avere un figlio hikikomori e, ogni volta che apro anche solo
minimamente la porta per un qualsiasi motivo, cercano sempre di trovare
una scusa per farmi uscire.
Dio, per favore, fa che almeno oggi mi
lascino in pace.
Bene, il mio pranzo è lì. Ora apro la porta, lo
prendo e...
"Matteo, hai visto che sole che c'è oggi? È
proprio una
splendida giornata, ideale per una passeggiata. Potremmo andare al
parco, che ne dici?".
Prendo il vassoio e chiudo nuovamente la porta a chiave.
Una passeggiata? Andare al parco?
Ma non se ne parla nemmeno! Il parco è pieno di gente e la
sola
idea che il mio braccio possa sfiorare casualmente quello di un'altra
persona mi fa venire la nausea. No, io non esco.
Dopo un anno di isolamento mi sono abituato ad essere un hikikomori.
Non posso dire che è uno stile di vita interessante
perché non lo è. Però mi piace, mi fa
sentire
protetto. Ecco, forse è per questo che sono un hikikomori.
Stare
chiuso in una stanza, da solo, in compagnia dei miei pensieri, senza
nessuno che mi guardi... tutto questo mi fa sentire protetto. Questa
stanza è l'unico posto dove sono a mio agio.
Insomma, non è vero che non ho le palle per aprire quella
porta
e affrontare il mondo esterno. Semplicemente non trovo che sia una
mossa saggia. No, no, no. Non è affatto una mossa saggia.
La verità? La verità è che io non so
più
che cosa fare. Forse dovrei uscire... no, questo mai. Non riuscirei a
parlare, sarei solo un pesce fuor d'acqua. Ma allora che cosa devo fare?
Che cosa devo fare?
Ho sonno. Voglio dormire.
"Toc-toc".
Bussano alla porta.
Bussano alla porta?
Calma, niente panico. Non possono essere i miei genitori, non
è
ora di cena. E poi loro bussano in un modo diverso, più
deciso.
Ma allora... chi è?
"Matteo?". È una voce femminile, non l'ho mai sentita prima
d'ora. Non mi piace, non mi piace per niente.
Qualcuno vuole me.
Qualcuno è venuto a spezzare la mia rassicurante routine.
Qualcuno che, ne sono certo, vuole tirarmi fuori da qui. Di nuovo.
Note:
Hikikomori(letteralmente
"Stare in disparte, isolarsi") è un termine giapponese con
cui
vengono indicate quelle persone, generalmente dai 15 ai 30 anni, che
decidono di ritirarsi completamente dalla vita sociale, troncando ogni
rapporto con il mondo esterno e vivendo in una condizione di
autoreclusione all'interno della loro abitazione. Gli hikikomori
abbandonano la scuola e il lavoro diventando così schiavi di
una
routine sedentaria, mantenendo contatti con il mondo esterno unicamente
grazie ad internet. Tuttavia l'hikikomori non deve essere confuso con
la dipendenza da internet, dato che sono due cose totalmente differenti.
In Giappone questo fenomeno è molto diffuso (si parla di
circa
un milione di giapponesi hikikomori anche se stime più
recenti
parlano di un range compreso tra 100.000 e 320.000 individui) e si sta
diffondendo anche in altri paesi tra cui Stati Uniti, Francia, Spagna,
Regno Unito e Italia, dove sono sempre di più i casi
segnalati.
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