Il
tango del sole a scacchi
PROLOGo
- Hermione
aveva ascoltato le loro storie in silenzio, raggomitolata nell'angolo
più scuro della cella, il mento poggiato sulle ginocchia,
strette al
petto.
- In
un certo senso erano state una benedizione. All'inizio aveva creduto
di impazzire: le gocce d'acqua che battevano sulla dura pietra, i
sospiri dei
Dissennatori e lo zampettare incessante dei topi la
tenevano sveglia di notte. Poi la sensazione, opprimente e
imperturbabile, di essere stata privata di tutta la
felicità, la
tormentava da quando aveva messo piede nella prigione.
- Il
terzo giorno pensava già al suicidio.
- Devi
aspettare il processo,
si continuava a ripertsi, ma quel giorno pareva non arrivare
più.
“Difesa personale” avrebbero provato a definirlo,
addirittura
“omicidio involontario”, ma un Avada Kedavra non
viene scagliato
per caso. Era tutto destinato a finire con un bacio,
quello
del Dissennatore.
- Le
chiamavano “le sei mogli assassine di Azkaban”. Le
conosceva di
fama, conosceva anche le loro storie, eppure le aveva ascoltate lo
stesso come se fosse stata la prima volta. Avevano sussurrato le loro
vicende attraverso le grate delle loro celle, bisbigli che,
scivolando sulla pietra come un rigagnolo d'acqua, avevano raggiunto
le sue orecchie.
- «
Se lo sono meritato » ripetevano. « Se li avessi
visti, se li
avessi sentiti, scommetto avresti fatto la stessa cosa. Ci hanno
usato, hanno abusato di noi. È stato un omicidio, non un
crimine. »
- Ma
se non è stato un crimine, aveva
pensato Hermione, allora
perché siete qui?
- C
a t's corner: Betato da Bertu
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