La macchina sfrecciava lungo la superstrada che collegava Sacramento al
carcere dove era detenuto McDale. Il silenzio aleggiava nella macchina,
ma non era la semplice mancanza di parole: Patrick e Teresa erano
entrambi immersi nei loro pensieri.
- C'è una cosa che non capisco. - Esordì Teresa
ad un certo punto. - Qual è il legame tra Frank McDale e
John il Rosso? -
Un istante di silenzio seguì le sue parole, poi Patrick
parlò in un sussurro.
- Dorothy. -
- Scusa? -
- L'unica cosa che li lega è Dorothy: Frank
perchè rivuole sua figlia e John perchè l'ha
presa. -
- Sì, ma perchè John avrebbe dovuto prendere una
bambina? Non ha fatto niente di male! Avrebbe dovuto prendere me al suo
posto! -
Teresa si voltò verso Patrick e lui non le rispose,
guardandola in silenzio.
- Scusami. - Disse, consapevole di cosa le stava dicendo il suo
consulente con gli occhi.
Teresa era consapevole che John il Rosso era un grande conoscitore
dell'animo umano: sapeva bene che colpire una persona vicina al proprio
nemico era molto peggio che colpire lui direttamente; la dimostrazione
dell'efficacia quel ragionamento era lì, seduta accanto a
lei, con occhi tristi che non riuscivano mai a sorridere davvero.
- Ma se fosse tutto un depistaggio? - Propose Teresa. - Se Frank McDale
avesse rapito Dorothy e avesse inscenato il rapimento da parte di John
il Rosso solo per spaventarmi e farmi passare la voglia di cercarla?
Forse lanciarci così a capofitto in un caso su John era il
suo piano fin dall'inizio… -
- E come avrebbe fatto ad arrivare a casa tua e a lasciare il disegno
con lo smile sul tuo letto? No, Frank McDale sarà anche
determinato, ma troppo sciocco e disorganizzato per fare una cosa del
genere. E poi, per quello che ne sappiamo noi, non si è mai
mosso dal carcere. Senza contare che se voglio fuggire con la bambina
di un agente di polizia l'ultima cosa che farei è fingermi
un serial killer ricercato dall'FBI: avrei troppi occhi addosso, mi
starebbe dietro troppa gente. Sono certo che ci sia davvero John il
Rosso dietro tutto questo: solo lui poteva aver interesse nel dirci di
avere con sè Dorothy, perchè pensava che
dicendocelo ci avrebbe fatto paura e che ci avrebbe tenuto in pugno. -
Sorrise appena, prima di aggiungere. - Ma non ha saputo prevedere la
reazione che avresti avuto. Hai stupito perfino me! -
Teresa colse lo scintillio negli occhi del suo consulente e fu
costretta ad abbassare lo sguardo, sorridendo imbarazzata al pensiero
di come Patrick aveva reagito alla sua presa di posizione contro il
serial killer.
L'automobile rallentò nel parcheggio del carcere e Teresa
spense il motore. Patrick aveva già aperto la portiera ed
era uscito, coprendo a grandi passi la distanza che lo separava
dall'ingresso. Mentre scalpitava sulla porta, Teresa capì il
perchè della sua irrequietezza.
- John è troppo furbo per essersi lasciato dietro delle
tracce, Patrick. - Gli disse con dolcezza. - Non sperarci troppo. -
- Non sto sperando. Sto facendo il mio lavoro: scoprire il colpevole,
arrestarlo e restituire una bambina alla sua famiglia. -
Teresa lo guardò seria.
- Non sperarci troppo comunque. -
Il portone di metallo si aprì e i due agenti entrarono nel
cortile. Nonostante fosse pomeriggio inoltrato il sole splendeva
impietoso in un cielo di un turchese intenso, riflettendosi sulle
finestre sigillate e sulle spesse porte di acciaio della prigione. Un
secondino accaldato li raggiunse e chiese loro di cosa avessero
bisogno: a Teresa bastò mostrare il tesserino del CBI per
essere portata dal direttore del carcere senza altre domande.
Il direttore era un omino basso e con il cranio lucido di nome August
Max. Indossava un paio di pantaloni di velluto a coste tenuti su da un
paio di logore bretelle e una camicia a righine.
- Buongiorno, agente Lisbon. A cosa devo? -
- Siamo qui per chiederle informazioni su uno dei vostri detenuti. -
- Ma certo. Di chi si tratta? - Disse August, aprendo il grosso faldone
che conteneva i fascicoli delle persone presenti in carcere.
- Frank McDale. -
Il direttore si prese qualche minuto per sfogliare i suoi documenti.
- Ah, sì, certo. Quarantotto anni, vedovo, una figlia di sei
anni. Era nella cella 61/b assieme a Roger Hoover. -
- Era detenuto? Non è più qui? -
- No, ha avuto un permesso di quattro giorni, è uscito due
giorni fa. Ha l'obbligo di firma ogni giorno alle 10 e alle 18 al
commissariato centrale di Sacramento ed è piantonato da due
agenti all'ingresso del condominio. -
Teresa si voltò verso Patrick, lanciandogli un'occhiata
sgomenta. Patrick sembrava ancora più confuso e scioccato di
lei da quella notizia.
- McDale ha ucciso due persone, ha venduto sua figlia e adesso esce in
permesso? - Domandò Teresa al direttore.
- Sa, agente Lisbon, io di detenuti ne ho visti tanti… ma
nessuno è stato trasformato dalla detenzione quanto Frank
McDale. Quando è arrivato era un uomo distrutto, disperato e
arrabbiato col mondo. Risse, tentativi di evasione, minacce…
comportamenti inaccettabili sotto ogni aspetto: la cella di isolamento
era diventata la sua cella abituale. - Disse il direttore, sedendosi
più comodo sulla sua sedia e guardando Teresa con
serietà. - Ma poi, lentamente, ha iniziato a ravvedersi. Si
è calmato, ha iniziato ad essere conciliante, a
ragionare… a diventare perfino una guida per i detenuti
più chiassosi e rissosi. Riusciva ad aver ragione anche
delle persone peggiori e aveva iniziato a intrattenere fitte
corrispondenze con molte persone al di fuori del carcere. Quattro
giorni fa abbiamo avuto la richiesta di permesso per una testimonianza
e l'abbiamo accolta, non c'era motivo di negarla. Se lo vedesse,
agente, concorderebbe con me sul suo cambiamento. -
- Di che testimonianza si trattava? - domandò Teresa.
- Aveva un incontro con alcuni studenti a proposito delle
possibilità di ravvedersi dopo il carcere. Un incontro
importante e istruttivo, era importante che i ragazzi potessero avere
una prova concreta della possibilità di un uomo di rifarsi
una vita. -
- L'uomo che avete lasciato in libertà è
pericoloso. Incontro o no, l'avete messo in condizioni di fare ancora
del male. - Disse Teresa, gelida.
- Lei è credente, agente Lisbon? - Domandò il
direttore. - Forse non ci viene insegnato che con il pentimento e la
conversione non possiamo trasformarci da peccatori a persone in cerca
di luce e portatrici di luce? -
A quelle parole Patrick smise di gironzolare per la stanza guardando i
quadri e si avvicinò al tavolo.
- Come ha detto, scusi? -
- Ho detto che con il pentimento e la conversione… -
- Ha detto "portatrici di luce", vero? -
- Sì, è quello che ho detto, signor Jane. Come
mai tutto questo interesse? -
- Niente, niente. Lisbon, vieni, andiamo. - Disse Patrick
all'improvviso, affrettandosi verso la porta e spalancandola sotto gli
occhi esterrefatti dell'agente e del direttore del carcere.
- Jane. -
- Abbiamo finito, qui. Andiamo. Abbiamo molte cose da fare. -
- Jane, ti ho già spiegato che… -
- Mi puoi sgridare anche in macchina. Forza. - Disse precedendola nel
corridoio.
Senza capire perchè lo stesse assecondando per l'ennesima
volta, Teresa si alzò.
- Grazie per il suo aiuto. - disse, stringendo la mano al direttore -
Ci è stato molto utile. -
- È sempre un piacere aiutare dei colleghi. - Fu la
risposta. - Se avete bisogno, sapete dove trovarmi. -
Scesero precipitosamente le scale e mentre Teresa faticava a tenere il
passo di marcia del suo consulente, Patrick non sembrava intenzionato a
rallentare. Quando arrivarono alla macchina, però, Teresa si
mise tra lui e la portiera.
- Non ci muoviamo da qui se non mi dici cosa sta succedendo. -
- Non c'è tempo. Dobbiamo tornare a Sacramento e trovare
McDale. -
- Jane, esigo una risposta. Adesso. -
Patrick sospirò.
- Quell'allusione alla luce. - Spiegò. - Il direttore del
carcere è un membro della Visualize. E dalle sue parole
credo che anche Frank McDale lo sia, adesso. E dobbiamo tornare
indietro perchè, se è come penso, il direttore
starà già chiamando il suo contatto a Sacramento
in modo da far sapere a McDale che siamo sulle sue tracce.
Così potrà scappare, facendo sparire qualunque
pista. -
Teresa rimase un istante immobile a immagazzinare quelle informazioni,
poi si riscosse e si affrettò dal lato del guidatore,
mettendo in moto in fretta e sgommando mentre ripartiva alla volta di
Sacramento.
Avevano fatto non più di due chilometri verso la base quando
il telefono nella tasca di Teresa iniziò a suonare.
- Lisbon. - Rispose Teresa, sperando che fosse una telefonata breve.
- Capo, la polizia di Sacramento ha mandato un fax. - La voce
di Grace dall'altra parte era turbata, scioccata e incredula insieme. -
È stato trovato un cadavere alla periferia della
città. -
- Dì loro che abbiamo già un caso e
che… -
- Capo. - La interruppe Grace, con voce grave. - È Frank
McDale. È il padre di Dorothy. -
Teresa si voltò verso Patrick, guardandolo sgomenta.
Lo
so che i capitoli sono molto corti, ma è la
suspance a obbligarmi a dividerli!
Comunque ho deciso che aggiornerò un paio di volte alla
settimana, in modo da non trascinare troppo a lungo questa storia...
Nel frattempo vi comunico che ho scoperto chi è John Il
Rosso... e devo dire che la mia versione della storia mi piace molto ma
molto di
più.
Presto inizierò gli episodi del post Red-John, che spero non
mi deluderanno (anche se ho ricevuto spoiler molto Jisboniosi ^^)
L'università sta per ricominciare, il mio oratorio
è in fermento per la festa annuale e mi sto appassionando a
Bones e Chicago Fire:
il tempo per The Mentalist si riduce a vista d'occhio!
Grazie a chiunque si sia fermato a leggere... e soprattutto a chi
lascia un commento!
Naturalmente sono curiosa di sentire le vostre teorie a proposito di
entrambi i casi! ;)
Il prossimo aggiornamento sarà il 17
settembre...
e andremo sulla scena del crimine di McDale.
Flora
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