Eccomi con una nuova one-shot
ambientata dopo la prima storia di In Bulma's Mind (La prima
volta), che ho deciso di racchiudere in una Serie. La
scelta è stata duplice sia per chi, per l'appunto, narra le
vicende, sia perché non mi andava di alzare il reating di
questa raccolta a rosso. Lasciando quindi a Bulma la parte "erotica",
genere che ammetto adoro particolarmente scrivere, lascio a Vegeta la
parte più casta della situazione restando quindi col
"bollino" giallo, nella speranza che queste mie piccole one shot vi
possano piacere. Alla prossima dunque, buona lettura!
In Vegeta’s
Mind
Dolce Tentazione
La carne è debole.
Strana, sacrosanta verità.
Nemmeno il mio orgoglio può opporsi così tanto a
questa voglia malsana di un corpo femminile addosso per sfogare certi
bisogni viscerali.
E io ci ho provato!
Cazzo, se ci ho provato!
Ho resistito per quanti… tre, quattro anni senza fare
sesso?! Di cui due a stretto contatto con quel concentrato di ormoni
azzurri che mi ha ospitato qui sulla Terra. Dovrei essere fiero del mio
controllo, del mio orgoglio, perché resistere alle forme
invitanti di quella donna è una cosa pressoché
impossibile, ma io ci sono riuscito per mesi e mesi a tenere a bada la
voglia di saltarle addosso… O almeno avrei potuto esserlo,
fiero della mia resistenza, fino a ieri sera… [***vedi FF In
Bulma’s Mind]
Resisti per anni e poi… out! Fuori controllo. Partito.
Inarrestabile. Incontenibile. E dannatamente voglioso di averla tutta
per me per una sola notte.
Mi è bastato soltanto sentire nell’aria il suo
profumo e il mio organismo è completamente andato in tilt!
Diciamocela tutta però: era da un po’ di mesi
-precisamente da quando il mollusco non girava più per casa,
per grazia divina- che la Donna mi girava sempre intorno tutta
truccata, profumata e vestita con degli abitini che definire
“corti” è un eufemismo! Quindi, dopo
tutto, non è colpa mia se ho ceduto alla terrestre. Se lei
non ci avesse messo del suo, probabilmente io sarei ancora nella mia
fottuta astinenza.
E qui mi chiedo, da solo, come un’ebete: «E te ne
vanteresti pure?!».
Ebbene si.
Tutta colpa del mio guarda spalle, Nappa.
È stato lui che mi ha cresciuto e mi è sempre
stato accanto da quando avevo cinque anni, e posso dire con tutta
onestà che non è stato prettamente un buon
esempio di vita. Perché?
Il concetto è molto facile e può essere riassunto
in due parole: maniaco sessuale.
Un perverso, fottuto maiale, ecco che cos’era quel colosso!
Non che nella cultura della mia razza non fosse concesso farsi una sana
scopata violenta… che ci volete fare, i saiyan sono
guerrieri abituati al dolore e al sangue e, per un certo verso, questo
diviene molto eccitante in certi casi: un amplesso saiyan
può comunemente essere definito una vera e propria lotta fra
il maschio e la femmina, fatto di morsi, graffi, schiaffi…
insomma, tutto era concesso nella mia cultura.
Era anche vero che i saiyan si erano -quasi- estinti, per questo Nappa
aveva dovuto adattarsi e, con la vita da mercenari spaziali che
facevamo, per ogni pianeta cercava sempre qualcuna -o
qualcosa…- che assomigliasse anche solo vagamente ad una
femmina saiyan o, quantomeno, ad una femmina scopabile. E
così Nappa, nei momenti di relax post-conquista, laddove
solo pochi erano i superstiti del pianeta di turno raso quasi
completamente al suolo, si andava sempre a cercare questa
“compagnia”, lasciandomi solo o con Radish.
Questo succedeva fino a quando ebbi compiuto il mio sedicesimo anno di
età: solo allora ero diventato abbastanza grande per andare
con lui e per imparare il “mestiere”,
purtroppo…
Diciamoci la verità, io sono un Principe! Mai e poi mai
avrei mescolato il mio essere con qualcosa di inferiore, e a dirla
tutta mi faceva persino senso vedere quelle cose, anzi no! Mi faceva
proprio schifo la sola idea di copulare con qualcuna che non fosse una
saiyan.
Quella volta Nappa stava cozzando con un essere verdognolo, pieno di
aculei, mentre io non mi chiesi nemmeno dove lo stesse
“infilando” prima di vomitare direttamente tutto il
contenuto del mio stomaco.
Schifato, ecco quello che ero… ma con il passare del tempo
mi convinsi ad accettare una sola condizione: umanoidi.
Purtroppo il mio corpo che cresceva, aveva certi bisogni e alcune
necessità che erano difficili da tenere a bada
perché quella voglia faceva quasi male. O forse,
più semplicemente, non ero ancora preparato ad affrontare
quel tipo di problema; fatto sta che decisi che mi sarei
“fatto” solamente femmine dalle fattezze simili e
tipicamente “umane”… e
l’azzurra di umano ha ogni cosa tranne la coda.
Comunque sia, riuscii ad adattarmi lo stesso in passato: per chi ha
girato in lungo e in largo lo spazio, non era difficile seguire questo
piccolo compromesso riguardo le Umanoidi e fu così che, tre
o forse quattro anni dopo che Nappa aveva deciso di istruirmi, feci del
sesso.
Quando persi la mia verginità, mentre finalmente cedetti a
quei bassi istinti del cavolo, pensai che non era quello che mi ero da
sempre aspettato: insomma, niente di trascendentale per intenderci.
Non che non mi sia piaciuto, ma mi aspettavo forse di più o
forse qualcosa di diverso. Era piacevole ed appagava il corpo, ma i
sensi restavano sempre all’erta e non mi permettevano mai di
distrarmi da ciò che mi circondava.
Ed eccomi là, in giro per lo spazio a conquistare pianeti
per una lucertola albina, a scoparmi di tanto in tanto qualche povera
malcapitata che, una volta terminato il suo compito, finiva sempre
polverizzata. Mai nessuna era rimasta in vita: non avrei mai permesso
che il mio onore si macchiasse ancor di più,
perché si, non ero molto entusiasta di quello che facevo, ma
nemmeno potevo vivere senza o sarei impazzito.
E adesso?
Adesso arriva quella terrestre che non posso uccidere, quella stessa
che mi ha ospitato a casa sua, con la sua famiglia di svitati ed i suoi
amici odiosi, curandomi quando ero ferito, dandomi cibo e vestiti
puliti ogni giorno e costruendomi persino aggeggi per il mio
allenamento, in cambio solo del mio disprezzo e del mio disgusto, fatto
di risposte cattive e minacce alla sua persona, anche se sapevo bene
che lei era “intoccabile”, essendo amica di
Kakaroth.
Poi però era stata lei ad avvicinarsi a me,
tutt’altro che spaventata dalle mie minacce di morte, dai
miei scatti violenti, dalla mia lingua tagliente… lei si era
fatta notare, piano piano, giorno dopo giorno, dal mio cervello che
faceva di tutto per tenerla fuori dal corso dei miei pensieri. Ed il
problema era –ed è- che lei, al mio cervello,
piace e non poco: è caparbia, testarda, intelligente -anche
se spacca le palle all’ennesima potenza- e, cosa
più importante e strana al tempo stesso, io piaccio a lei.
Lo so, lo sento, lo vedo…
Il mio essere suscita in lei ciò che poche volte ho visto in
una femmina, poiché solitamente leggevo solo terrore e paura
sui loro volti, non attrazione. Eppure l’azzurra terrestre
mostra una luce nei suoi occhi blu che non avevo mai visto e so per
certo di piacerle: proprio per questo motivo ieri mi sono deciso ad
agire, in preda alla voglia di sesso che combatto da anni e lei era
perfetta per soddisfare questi miei bisogni fisici e mentali.
Umanoide e senza imperfezioni, se non l’assenza della coda e
–inoltre- è davvero un bell’esemplare di
Donna lo ammetto; formosa al punto giusto, ma senza essere troppo magra
e scarna.
Al ché mi sono detto, vedendola fuori sul balcone, con solo
la camicia da notte addosso, che non sarei riuscito a chiudere occhio
quella notte, finché non mi sarei svuotato
dall’astinenza: e lì presi la mia silenziosa
decisione.
Non avevo intenzione di chiederle nulla, tantomeno di violentarla
-evitando così di far arrabbiare la terza classe e gli altri
terrestri-. Se lo voleva davvero, così come i miei sensi
avevano captato, sarebbe stata lei stessa a concedersi a me,
lasciandomi il libero arbitrio sul suo corpo.
Così è stato, sorprendendomi persino della sua
disponibilità e della sua audacia, lasciandosi toccare dalle
mie mani in ogni modo possibile…
Dio se solo sapesse la verità su di me.
Se solo sapesse che grosso errore aveva fatto, facendosi notare da me.
Se solo si rendesse conto che era finita in pasto al lupo e dello
sbaglio che ha fatto ieri sera!
Perché? Perché ha dovuto essere così
disponibile, così… così dolce e
sensuale con me.
Perché non mi ha respinto?!
Sarebbe stato tutto più semplice.
Più facile.
Non l’avrei toccata se mi avesse negato il suo corpo.
Non avrei mai scatenato l’ira di Kakaroth per un futile
motivo come la violenza sessuale…
Ma lei, Bulma, si è lasciata andare a me, alla mia voglia
trattenuta solo dalla premura che riservavo per lei in quanto amica di
colui che qui chiamano Son Goku, unica e sola a cui avevo serbato
questo trattamento di favore.
Lei non era stata violata da me.
Lei non era stata uccisa dalle mie mani, dopo che l’avevano
esplorata ovunque, appagandosi di essa.
Lei era diversa.
Lei è diversa.
E questo mi spaventa.
Mi rimetto in piedi, dopo essere caduto a terra per
l’ennesima volta, abbattuto dai miei stessi attacchi. Sono
stanco, sfinito e pure affamato. Tuttavia l’idea di rientrare
in casa mi blocca.
Ho paura di vederla perché potrei ricadere nella tentazione.
Ma devo mangiare.
Devo affrontare il problema.
Devo fare fronte alla terrestre.
Solo questo devo fare e, con tutta la buona volontà del
mondo, mi riassetto e vado a farmi una doccia rigenerante prima di
scendere in cucina, laddove la stramba madre di lei è
già ai fornelli pronta a servirmi.
Faccio per sedermi al solito posto, pronto a gustarmi un lauto pasto
deciso ad ignorarla, ma basta uno scambio di sguardi con colei che sta
seduta a quel tavolo, per mandarmi in tilt.
Un solo contatto con quegli occhi blu come il mare… e io
vengo di nuovo imprigionato.
Perché deve farmi questo effetto?
Mi siedo di fronte a lei, che mi sorride dolcemente senza farsi notare
dai genitori e io già so che fra qualche ora sarò
di nuovo da lei, perché è una tentazione a cui
non posso più resistere. Un richiamo naturale e forte, che
se non avessi colmato sarebbe sfociato in masochismo.
Quindi… perché no?
E chi pensa questo è il mio orgoglio…
Mi ha dato tutto quello che mi serve per vivere bene -e anche di
più-, contando la gravity room e l’attrezzatura,
se lei mi offriva anche il suo corpo, il caldo piacere di un atto
fisico che va consumato in silenzio e con foga, che male
c’è nell’approfittarsene?!
Rispondo al sorriso di lei con un ghigno sghembo, una mezza via fra
furbizia e cattiveria tenendo gli occhi fissi su di lei, come se la
stessi mangiando.
Lei ha capito e sorride guardando di lato, probabilmente pregustandosi
ciò che sarebbe accaduto qualche ora più
tardi…
E per ora, va bene così.
Fine.
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