Boris.
In una umida notte di Novembre del 1807,
nelle retrovie di un piccolo sobborgo fuori Francoforte, una giovane
coppia
camminava circospetta e guardinga verso casa. I vicoli che percorrevano
erano
oscuri e angusti, fatti di pietre disposte ordinatamente
l’una sull’altra a
formare le pareti degli edifici che circondavano la strada, sui cui
piccole
goccioline di acqua risiedevano nelle scanalature dei massi imperfetti,
scivolando di tanto in tanto verso i ciottoli che formavano la strada.
Il
silenzio, in quella lugubre notte senza stelle, faceva da padrone in
quelle ore
buie, rotte soltanto –all’improvviso- dal rumore di
tacchi da donna che
senza una cadenza precisa fendevano
l’aria sbattendo contro il terreno.
La donna dai capelli biondi e mossi come
le onde del mare , continuava a guardarsi attorno con aria preoccupata,
nonostante il marito l’ammonisse per il suo continuo
distrarsi, che la
rallentava nel percorso che li separava da casa. Camminavano veloci,
loro, come
se stessero rincasando da una serata a teatro; ma ben altro destino
apparteneva
alla coppia…
«Ma insomma Marion, smettila di voltarti
e datti una mossa. Non vorrai farci prendere vero? Lo sai che fine
hanno fatto i
Keller!» l’ammonì per
l’ennesima volta il marito, svoltando nel vicolo.
«Scusami Albert…» riuscì solo
a
sussurrare, ma ciò che non poteva sapere quella giovane
donna -giovane da tempo
immemore ormai-, era che la sua immortale vita ora stava per volgere al
termine.
Anche un vampiro può morire.
Un immortale di questa specie andava
annientato e fatto a pezzi, dopo esser stato immobilizzato con un
paletto di
legno nel petto, e bruciato, affinché non restasse nulla da
cui rigenerarsi.
Gli Tzimisce questo lo sapevano bene.
Dall’alto della loro più mostruosa
malattia, avevano imparato a sfruttarla come potere, facendo della
Vicissitudine il loro cavallo di battaglia. Per questo erano temuti e
rispettati, guadagnandosi posti di merito all’interno del
Sabbat sin dagli
albori, insieme ai Lasombra; molti pensavano -erroneamente- che fossero
questi
ultimi a gestire gli affari della Setta e al Clan Tzimisce andava
benissimo
così, libero di agire nell’ombra, muovendo a
proprio piacimento l’intera
milizia del Sabbat, la Mano Nera, di cui molti vampiri -molti Diavoli- ne facevano parte.
Ed ecco perché Boris Dietrich si stava
crogiolando dall’alto di quell’edificio in pietra
antica, godendo nel percepire
la paura di quell’insulsa coppietta di vampiri. Sentiva sotto
il suo naso
l’odore del Terrore, mescolato al dolce profumo di Sangue.
Era infatti usanza della Setta bere il
sangue fra vampiri; spesso, nei rituali e nelle riunioni, i fratelli
mescolavano il loro sangue e ne bevevano ognuno un sorso, inebriandosi,
dissetandosi e godendo perfino di quell’atto considerato
immorale dalla
Camarilla, per incrementare la propria forza, per ampliare i loro
poteri con
legame fra “fratelli”
chiamato Vaulderie
-seppur fratelli invero non sono
e né si considerano se
non con
sarcasmo-.
La Camarilla... ecco spiegata la loro
presenza in quella fredda notte.
Boris era il più feroce Paladino della
Mano Nera presente nella sottosezione austro-tedesca, nonostante fosse
vampiro
soltanto da pochi secoli, e da sempre aveva mostrato la freddezza e la
crudeltà
richiesta nei difficoltosi test per entrare a far parte
dell’élite di guerrieri
del Sabbat.
Lo Tzimisce fece un cenno del capo agli
altri due agenti, dando via così al massacro che di
lì a poco avrebbero
compiuto.
Mister e Miss Duval erano due membri
della Camarilla, presenti a Francoforte per motivi top-secret;
provenienti
dalla Francia si erano trasferiti in Germania per mimetizzarsi con gli
umani ed
i vampiri tedeschi, compiendo così un’opera di
reclutamento membri per la loro
Setta anche in terra nemica.
Poveri
stolti se pensavano di passarla
liscia… pensò
il moro vampiro dagli occhi di ghiaccio, balzando direttamente davanti
a loro
con l’agilità immortale di cui disponeva. Tre
piani di edificio scesi in pochi
secondi e senza rompersi nemmeno un osso, bazzecole,
dopotutto…
«Buh!» esordì prima di scoppiare in una
fragorosa e crudele risata, che fece bloccare i due coniugi. Essi
subito si
voltarono per scappare, ma altri due vampiri, elegantemente vestiti di
nero,
con mantelli e cilindri sul capo, bloccarono prontamente loro ogni via
di
scampo.
Gli occhi dei due vampiri francesi, rossi
come il sangue, mostrarono subito le pupille ridotte, segno immancabile
della
paura che in quel momento aveva irrigidito i due coniugi
«Che cosa volete, Signori? Non stiamo
facendo nulla di male… io e mia moglie stavamo solamente
rincasando.» con una
strana calma ritrovata, Albert cercò di chetare gli animi
alzando i palmi delle
mani, provando a passare per un normale vampiro qualunque.
«Avete sentito?» Boris alzò un
sopracciglio, osservando con scherno i suoi due compagni «Non
hanno fatto nulla
di male… li lasciamo andare?» continuò
con vocetta melliflua, fingendo
compassione e, per un attimo, nei due malcapitati comparve un briciolo
di
speranza.
«Ma sicuro! Noi lasciamo sempre andare i
membri segreti della Camarilla…»
proseguì l’altro Paladino, Franz.
«…all’inferno!»
finì la frase il terzo,
con un ghigno dipinto in volto che raggelò i due. Nemmeno
due secondi dopo
l’agente aveva già bloccato Albert per le spalle,
spezzandogli gli arti sotto
scrocchi sinistri. Aaron -così si chiamava-
modificò le proprie ossa, che con
fiotti di sangue uscirono dalla sua carne fredda per avvolgere il
malcapitato
vampiro in una forte gabbia senza via d’uscita, mentre Franz
-dopo avergli
letto la mente- usò il potere dell’Aspetto
Malleabile per assumere la forma di
un piccolo bambino biondo di circa otto anni.
«Papà…» disse con la stessa
voce
dell’infante, facendo urlare disperatamente la donna, che
subito partì
all’attacco, cercando con gli artigli di liberare il marito
dall’agente.
«Maledetti dannati!!!» gridò in lacrime,
mentre Boris si avvicinò lentamente, senza alcuna
fretta… la brancò malamente
per un braccio, facendola volare a terra qualche metro più
il là.
«Fossi in Voi, Miss, mi godrei la
scena…»
le suggerì con voce suadente e malvagia al tempo stesso. Un
gioco sadico il
suo, sempre e comunque. Aveva addestrato bene i due Paladini, che con
brutalità
stavano facendo a pezzi il vampiro bloccato grazie alle proprie ossa
mutate in
lame, tranciando carne e tessuti di Albert con strappi feroci sotto le
sembianze
del loro tenero figlioletto, come se fosse proprio il piccolo infante a
seviziarlo.
«Non
mi vuoi più bene, papà?»
chiese Franz con l’aspetto infantile e biondo, sembrava un
angelo quel bambino,
ma il ghigno che aveva dipinto in volto era malvagità pura.
Boris rise, mentre Marion scoppiò in lacrime,
coprendosi il volto per evitare quella raccapricciante scena crudele.
Albert
sgranò gli occhi, maledicendo i membri del Sabbat e le loro
atrocità immorali,
finendo immancabilmente dilaniato in tanti pezzi.
«La Sofferenza,
prima di tutto… non credete anche Voi?» lo
Tzimisce si accucciò su un ginocchio
accanto alla dama, invitandola con la mano a guardare la scena
straziante.
«S-siete dei mostri…»
singhiozzò Marion,
causando una contenuta e composta ilarità nel vampiro.
«Noi siamo i Diavoli
Marion. E tu sarai la prossima…» le disse con voce
bassa,
leggermente roca, così sensuale in quel momento da sembrare
totalmente fuori
luogo e altamente ambigua.
Il labbro della donna tremò visibilmente,
mentre fredde lacrime immortali solcarono le sue gote nivee e perfette,
come
porcellana. Probabilmente quando era stata trasformata non aveva
più che
vent’anni e Boris notò che era estremamente bella,
nel suo elegante abito da
sera, coperta da una pelliccia di volpe rossiccia, il cui pelo
incorniciava perfettamente
il suo viso ovale contornato da boccoli color grano. Si
leccò le labbra,
accarezzando con due dita quel viso così perfetto. Lei
sgranò gli occhi, mentre
il Panico Puro attraversava il suo corpo, facendola tremare
visibilmente.
«Tranquilla… non ho intenzione di
sporcarmi col tuo sudiciume» l’ammonì lo
Tzimisce, sputando quasi quelle parole
cariche di odio e risentimento.
«N-non uccidermi…» balbettò
con un filo
di voce mentre delle fiamme segnalarono al vampiro che il marito della
donna
era stato distrutto e che i due agenti stavano finendo i pezzi di quel
misero
verme.
Boris si alzò in piedi. Basta indugi.
«TI PREGO NON UCCIDERMI!» gridò la donna
con la voce della Disperazione, che
fece assottigliare lo sguardo del Demonio.
«Ma quanta insolenza… e quanta forza
d’animo!» rise, scuotendo il capo lentamente;
levandosi il cilindro si inchinò
teatralmente dinnanzi a lei «Che brava…»
la schernì.
La vampira puntò dritta i suoi occhi
rossi dentro quelli di lui, decisa a giocarsi la sua ultima chance
«Vuoi essere
come Loro? Come coloro che hanno
violentato e ucciso tua madre?» disse fredda. Aveva sondato
la mente del
vampiro coi poteri mentali ed egli era stato colto impreparato -per una
volta
nella sua vita-, distratto dalla sua flessuosa bellezza che gli aveva
fatto
abbassare la guardia per quanto… due secondi?
«Oh… Ora che lo sai, pensi di colpirmi
con questa vecchia storia?» finse per un attimo
sbigottimento, ma poi le regalò
un sorriso, quasi sereno e genuino «Potrei, giusto per
vendicarmi, violentarti
prima di ucciderti… il problema fondamentale è
che quelli della tua razza mi
fanno ribrezzo» le rigettò in faccia, crudele come
non mai.
«Se vuoi possiamo farlo noi…» intervenne
Aaron poco lontano e la donna si irrigidì ancor di
più, arrancando fino a
quando la sua schiena toccò la fredda pietra
dell’edificio.
«V-vi prego… abbiate
pietà…» piagnucolò
Marion ormai alla frutta.
«Se conoscessimo la pietà ora non saremmo
qui.» la zittì Boris.
«Non puoi vivere una vita senza amore
Tzimisce, senza compassione, senza un briciolo di bontà.
Anche se li rinneghi
loro ti verranno a cercare sempre…» gli disse
guardandolo negli occhi, con
fermezza e decisione di chi sapeva quel che diceva, ed era
così. Lei aveva
visto in lui qualcosa di molto più profondo che il rimpianto
e l’odio di aver
visto la propria madre barbaramente uccisa. E lui, per un attimo,
vacillò.
«Stronzate, Voi non sapete quel che
dite…».
«Guardami dentro Vampiro! Guarda mio
figlio con i miei occhi… davvero vuoi che lui faccia la tua
stessa fine? Puoi
ancora salvarti, rimediare ai tuoi errori… siamo assassini,
è vero, ma se ci massacriamo
fra noi, che senso ha?» Marion parlava con la disperazione di
una madre e con
gli ideali di chi, purtroppo, sperava di cambiare il mondo con le leggi.
Lo Tzimisce la guardò. Ed entrò in lei,
assaporando per un attimo una vita diversa, una sapore e un profumo del
tutto
nuovi alle sue vecchie papille gustative. Le porse la mano e
l’aiutò ad
alzarsi, sebbene lei fosse stata in un primo acchito titubante.
«La mia Anima è Dannata Marion… ognuno
di
noi ha il destino che merita. E io sono un demonio.
Addio…» in un istante la
donna venne sbattuta contro il muro, bloccata e trafitta dalle ossa del
vampiro
che, schiudendo le fauci, fece uscire le zanne per morderla,
prosciugandola
quasi completamente.
Marion pianse le sue ultime lacrime,
abbandonandosi lentamente al suo triste destino fra le braccia dello
Tzimisce,
che lentamente risucchiava la sua linfa vitale fino ad indebolirla del
tutto.
Aaron e Franz si guardarono per un
istante e decisero di allontanarsi a tener d’occhio la zona
per lasciare Boris
da solo in quel delicato frangente.
«P-perché...?» chiese con un filo di
voce
flebile la bionda vampira.
Boris ghignò mostrando le labbra sporche
di sangue, deliziato dal suo sapore, in piena frenesia, eccitato e con
gli
occhi dipinti di un bianco innaturale «Perché la
vita è ingiusta per tutti.
Oggi con te» disse freddo, spezzandole il collo con un secco Crack e lasciando cadere il suo corpo
inerme sulla fredda terra bagnata. I due Paladini avrebbero pensato al
resto…
Lo Tzimisce si risistemò il cilindro
sulla testa raccogliendolo da terra, avvolgendosi nel mantello lungo e
nero,
pronto per far ritorno alla sede della Mano Nera.
Un’altra missione compiuta cinicamente
sotto il cielo delle notti di Francoforte, un’altra vittoria
del Sabbat sulla
Camarilla.
Colui che due secoli dopo divenne il mio
Mentore raccolse le sue cose e lasciò quella strada con un
ghigno stampato sul
volto. Era un mostro e nessuno mai avrebbe potuto cambiare il suo
destino,
nemmeno il dolceamaro ricordo di sua madre, colei che lo aveva reso
immortale e
gli aveva insegnato ogni cosa. Il perderla era stato deleterio e utile
al tempo
stesso. Aveva deciso di non unirsi a nessun’altra vampira, di
condurre un’esistenza
in solitudine, alimentando ed accrescendo solamente Odio e Dispezzo.
Questo era Boris Dietrich.
Nient’altro che un Demonio.
Fine.
Note
finali:
Re-post. Ho cambiato account e nikname, la fan fiction era stata
cancellata.
Questa
piccola storia rimane una mia
personale visione del Clan, non ho mai giocato a questo GdR quindi il
mio
racconto rimane la “piccola versione” di
un’appassionata :)
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