Note: non credo ci sia molto da dire, credo che vi lascerò
semplicemente leggere, per stavolta. La fanfiction è
ambientata nella sesta stagione, in un ipotetico incontro tra Damon ed
Enzo. Diciamo che se mi dessero questi #Denzo io non mi lamenterei mai
più di nulla nella vita.
Ma, ovviamente, non accadrà.
Menomale che esistono le fanfiction!
C’era qualcosa, tra Enzo e Damon, qualcosa di intimo, di loro
soltanto; qualcosa che andava oltre l’amore reciproco e la
capacità di arrabbiarsi a morte con l’altro e di
perdonarsi l’attimo dopo, oltre il piacere di cacciare ed
uccidere senza avere rimorsi. C’era qualcosa, e quel qualcosa
era l’aver condiviso quegli anni di tortura in quel posto a
cui non riuscivano a dare un nome diverso dall’inferno.
Enzo si rese conto dell’importanza di quegli anni di
condivisione, quando Damon non c’era più e Stefan
e gli altri della compagnia lo guardavano con occhi sprezzanti,
distanti. Si rese conto che Damon era il suo migliore amico
perché riusciva a capirlo come nessuno poteva.
Perché ci sono cose che non puoi capire se non le hai
passate anche tu.
E se non hai vissuto nell’inferno, come fai a comprendere un
diavolo?
Ad Enzo mancava, Damon. Gli mancava perché era
l’unico che lo guardava con occhi pieni di comprensione. Era
l’unico che non temeva le sue mosse, che non temeva i suoi
sguardi e non disprezzava le sue azioni.
Il fatto era, che Enzo senza Damon si sentiva vuoto.
Si sentiva come se gli avessero strappato via un pezzo di sé.
Era per questo che, nel momento in cui i suoi occhi avevano incontrato
di nuovo quelli del vampiro, gli sembrò come di tornare a
respirare dopo mesi di apnea. Perché osservò
quell’azzurro chiaro e ci trovò il suo stesso
sguardo, così diverso da tutti quelli che gli erano stati
rivolti nei giorni successivi alla morte dell’amico. Quello
era così intenso e così vero,
così… di Damon. E gli era mancato, gli era
mancato da morire. Così tanto che non riusciva nemmeno a
sbattere le palpebre per paura che una volta riaperto gli occhi lui non
sarebbe più stato lì. Già,
perché non sarebbe stata la prima volta che Enzo immaginava
Damon in carne ed ossa davanti a lui. Eppure quella sembrava
così reale che non avrebbe mai potuto rendersi conto che era
solo un altro scherzo della sua mente, poiché ciò
l’avrebbe distrutto definitivamente. Era per lo stesso motivo
che non riuscì nemmeno a fare un passo in direzione
dell’amico. Né a dire niente.
Damon sembrava nella stessa situazione. Era lì e lo
guardava. Non riusciva a credere di star osservando proprio quegli
occhi scuri di cui aveva sentito la mancanza fin dentro le ossa. Non
riusciva a pensare che tutto quello era finalmente vero, dopo mesi e
mesi di agonia. Damon lo sognava la notte, Enzo. Lui ed Elena erano i
volti che avevano preso residenza nella mente del vampiro. Damon in
quei mesi era riuscito a capire Enzo, finalmente. Aveva compreso la sua
solitudine, la sua rabbia, la sua mancanza. Aveva capito quanto facesse
schifo vivere senza la sua anima gemella. Sì,
perché quello era per Damon, Enzo. Perché passare
così tanto tempo insieme in un posto del genere, ti lega per
sempre.
Ed ora che Damon poteva guardare negli occhi di Enzo, questo legame lo
sentì più forte che mai.
Lo guardava e pensava che era bellissimo il suo volto, misto di
incredulità e del terrore che sembrava stesse soffocando la
speranza, il sollievo. Sembrava sconvolto. Sembrava non volerci
credere. E Damon lo capiva benissimo. Sul suo viso era così
palese la paura che quello fosse solo un altro dei suoi sogni.
«Ciao» sussurrò Damon, talmente piano
che dopo aver parlato, sentì quella parola riecheggiare
nella sua mente e si chiese se l’avesse detta davvero ad alta
voce o no.
Ma gli occhi di Enzo si sgranarono all’improvviso,
così si rese conto che sì, lo aveva detto e il
suo amico lo aveva sentito. Quindi aprì la bocca per
rispondere, ma dalle sue labbra non uscì nulla. Le richiuse,
poi fece qualcosa che Damon non si sarebbe mai aspettato facesse.
Corse.
Corse via.
Un secondo era davanti a lui e il secondo dopo era fuggito a
velocità vampiro. Damon rimase qualche secondo immobile,
sbattendo velocemente le ciglia, incredulo. Si sarebbe aspettato un
sorriso, un abbraccio, una parola. Non… quello.
Scosse la testa ed iniziò a correre, seguendo il suo odore.
L’aria fresca gli colpiva forte il viso e Damon, per un
attimo, si ritrovò a sorridere. Quella sensazione di
libertà gli era mancata più di ogni altra cosa.
La consapevolezza che se avesse voluto, avrebbe potuto correre ed
andare dovunque.
Enzo era fermo in mezzo alla strada, le mani sul volto. Era tutto
reale. Damon era lì, davanti a lui. Aveva sentito la sua
voce, non poteva essersi immaginato anche quella, vero? Eppure la paura
che fosse andata proprio così era stata più forte
di sé. La sua testa aveva iniziato ad urlare, il cuore
batteva così tanto forte che sentiva le pulsazioni anche
dentro il cervello. Si sentiva esplodere, con il profumo di Damon nelle
narici e i suoi occhi azzurri così profondi. Aveva bisogno
di qualche minuto ed aveva fatto la cosa più infantile che
potesse fare, ma l’unica che, in quel momento di confusione e
panico totale, gli era venuta in mente. Era scappato.
Ma ora una mano era sulla sua spalla e lo accarezzava piano,
invitandolo a girarsi. Enzo avrebbe riconosciuto il tocco di Damon
ovunque.
«Enzo.»
Quel sussurro risuonò nella mente del vampiro ancora e
ancora, prima che non riuscisse più a sopportare tutta
quella situazione. Damon era lì, diamine. Era vivo ed era
dietro di lui. Perché non riusciva ad abbandonarsi a quella
consapevolezza?
Damon non lo forzò a voltarsi. Rimase solo lì in
quella posizione per qualche secondo, con la mano sulla spalla
dell’amico, comprendendo perfettamente tutto ciò
che provava.
Quando finalmente Enzo si girò, Damon non ebbe il tempo di
guardarlo negli occhi che quello gli si fiondò tra le
braccia. Lo strinse talmente forte che Damon pensò di non
riuscire più a respirare. Poi pensò che era un
vampiro, diamine, non gli serviva respirare per vivere. E allora
ricambiò l’abbraccio con forza, godendo del calore
dell’amico, che gli era stato privato per così
tanto tempo che ora a Damon sembrò di stare in paradiso.
Enzo sospirò, finalmente tra le braccia della persone
più vicina a sé, fisicamente ed emotivamente.
Aveva sognato quel momento fin troppe volte, dalla morte del vampiro,
svegliandosi sempre tutto sudato e gli occhi pieni di lacrime. Ma in
quel momento, quell’attimo, era tutto reale. Era tutto vero
ed Enzo, nonostante i suoi polmoni facessero fatica a fare il loro
lavoro, respirò. E se c’era una cosa che
desiderava, era poter stare stretto a lui per il resto della sua vita e
sì, sapeva benissimo di essere immortale.
"E tu pensi
semplicemente che Damon dimentichi e vada avanti?
L’ha
già fatto prima."
Non seppe bene perché quelle parole rimbombarono nella sua
testa proprio in quel momento, ma fu felice di poter mandare
mentalmente Stefan a quel paese perché, nonostante tutto,
Damon era lì con lui, per lui, abbracciato a lui, come se
fosse tutto ciò che importava. Damon non era andato avanti,
non l’aveva dimenticato e la dimostrazione era proprio il
fatto che fossero passati minuti da quando Enzo si era letteralmente
aggrappato a lui eppure Damon ancora non lo lasciava andare, respirando
velocemente sopra la sua spalla. Respirava nello stesso modo in cui
faceva Enzo, che tratteneva le lacrime e cercava di vivere il momento.
Perché di abbracci non se ne davano loro, non se ne saranno
dati. Perché non si aspettava un ‘mi sei
mancato’ e non l’avrebbe detto lui.
Quell’abbraccio parlava da sé e né
Enzo, né Damon l’avrebbero mai dimenticato.
Enzo aveva la testa sulla spalla dell’amico, il naso vicino
al suo collo. Ma non riusciva a pensare nemmeno per un momento ad
assaggiare il suo sangue, nonostante avesse fame e nonostante sentisse
le sue pulsazioni veloci. Il suo cuore, effettivamente, batteva
all’impazzata e il fatto che fosse mancato a Damon tanto
quanto Damon era mancato a lui, lo fece sorridere. Sospirò e
allentò la presa, rilassandosi contro di lui, senza
più stringere come durante il momento precedente,
così forte da non riuscire quasi a respirare. Ed era bello,
forse anche più prima, perché in quel modo era
completamente abbandonato a Damon, eppure si sentiva al sicuro.
Damon gli accarezzò allora lentamente la schiena, andando su
e giù, quasi cullandolo, senza rendersi conto che in quel
modo cullava anche se stesso. Perché, per quanto non volesse
ammettere, Damon amava Enzo. Lo amava in un modo complicato, in un modo
tutto suo. Nel modo in cui puoi amare una persona per cui hai spento i
sentimenti poiché vivere con la consapevolezza che questa
fosse morta, era letteralmente impossibile. E si ricordò che
anche Enzo aveva spento i sentimenti per lui, perché non
riusciva ad odiarlo, ma non poteva perdonarlo; e questo lo fece sentire
un po’ meno solo.
Strinse di nuovo la presa, per poi lasciarla completamente,
allontanandosi dal suo migliore amico e guardandolo negli occhi, che
ora erano del tutto diversi rispetto a prima. Ora non c’era
l’ansia, la paura, l’incredulità. Anzi,
quest’ultima forse c’era ancora, perché
Enzo non aveva ancora compreso perfettamente che Damon era di nuovo
vivo, era di nuovo con lui.
Non aveva ancora
realizzato che non sarebbe più stato solo.
«Ciao» ripeté Damon, sapendo che
stavolta sarebbe andata diversamente.
«Bentornato» rispose infatti Enzo, con un
sorrisetto che si addiceva più a Damon, che a lui.
«Che mi sono perso?»
Non aggiunse ‘mentre non c’ero’,
nonostante le parole quasi gli stessero sfuggendo dalle labbra. Ed Enzo
lo ringraziò mentalmente, perché così
sembrava semplicemente che Damon fosse stato fuori un paio di giorni e
tutto il dolore che entrambi avevano provato non fosse esistito. Enzo
era intenzionato a dimenticare quel periodo. Perché ora gli
occhi che vedeva erano veri, non proiezioni della sua mente, ricordi.
Erano color ghiaccio, ma davano quella sensazione di calore che
scaldava il cuore di Enzo ogni dannata volta.
«Niente di ché. Ma sappi che giocare a biliardo
con Stefan è una palla mortale.»
Damon scoppiò a ridere perché era quello il bello
della loro amicizia: si concedevano attimi di intimità e
subito riuscivano a ritrovare la loro ironia. Non si vedevano per mesi
eppure, dopo qualche minuto, tutto già sembrava come prima.
«Non è mai stato bravo quanto me»
rispose Damon, con evidente fierezza.
«Non darti arie, Salvatore. Ti ho battuto ogni singola volta
che abbiamo giocato.»
Enzo sollevò le sopracciglia e Damon stesse zitto per
qualche secondo perché, in effetti, non aveva torto. Enzo
era forte, diamine. Ma no, non lo avrebbe mai ammesso. Il suo orgoglio,
in fondo, era ancora con lui.
«Mi sono esercitato, sai? Pare che il biliardo sia conosciuto
anche nelle altre dimensioni.»
Enzo si sforzò di non ridere, perché
ciò che aveva detto Damon, era una cazzata così
grande che nemmeno Damon stesso era riuscito a rimanere serio.
Così, tra risatine trattenute, Enzo disse: «Che
aspettiamo, allora? Andiamo.»
Damon si fece serio e lo guardò con aria di sfida.
«Preparati a perdere, piccolo bastardo.»
Enzo si lasciò andare ad una vera risata, a quel punto, e
con una spinta fece barcollare Damon che lo spinse di rimando, prima di
incamminarsi verso casa Salvatore, per bere bourbon, giocare e sparare
battute con il suo migliore amico.
Come una volta.
Come se tutto fosse come prima.
Come se nulla fosse cambiato.
E in effetti no, il loro amore, l’uno per l’altro,
non era cambiato. Se erano di sicuri che c’era qualcosa che
non sarebbe mai e poi mai variato, era proprio la consapevolezza di
amarsi.
Sempre e per sempre.
Note: allora, che ne pensate? Lo so, è un po' corta, ma
spero che il contenuto vi abbia soddisfatte. Per qualsiasi cosa, per
favore, recensite. Ci tengo molto, mi farebbe davvero tanto piacere
leggere i vostri pensieri.
Grazie.
Un bacio. <3
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