Non esisteva
inverno, ad Asgard.
Ghiaccio e neve
erano elementi distinti da quel mondo in cui tutto era luce e calore, a
partire
dall’oro che rivestiva le sale della dimora dei sovrani, fino
a giungere alle
chiome della maggioranza di coloro che dimoravano in quel regno.
D’oro erano
anche i capelli di Thor Odinson, principe ereditario della casata di
Odino, un
tempo bambino ridente e vivace, che con una spada di legno tra le mani
correva
nei corridoi del palazzo, in seguito giovane impetuoso e amante della
guerra,
ora re, governatore del regno di Asgard, uomo con un potere tale tra le
mani che
pareva un miracolo che il suo cuore non ne fosse stato corrotto.
Erano però in
pochi coloro che pensando a Thor Odinson ricordassero solo oro e luce,
poiché,
sin dalla più tenera età, un’ombra lo
aveva accompagnato: un bambino, un
giovane e infine un uomo dai capelli neri come ali di corvo e gli occhi
del
verde brillante che nella mente di molti identificava lo stereotipo di
veleno.
Loki Laufeyson,
cresciuto come Odinson, nato tra i ghiacci, nutrito di menzogne,
macchiato di
tradimento, corrotto dal dolore, imbevuto in sangue innocente, infine
illuminato da un’inaspettata redenzione, era sempre stato al
fianco principe
dorato; pareva a lui legato da un filo, troppo sottile per essere
visto, ma
tanto forte da non poter essere spezzato nemmeno dalla
volontà dello Jotun
stesso.
Infatti, dopo
aver tradito Asgard e tentato di conquistare Midgard, dopo aver tentato
di
uccidere colui che ancora credeva fermamente nella sua
bontà, dopo aver
combattuto nuovamente al fianco di quella stessa persona –
godendo dell’illusione
che tutto fosse tornato come prima, quando non c’erano
ghiacci o menzogne
troppo pesanti a dividerli, quando l’amore non era stato
ancora forzato a
mascherarsi da odio –, alla ricerca di vendetta, per poi
ingannarlo – com’era
nella sua natura –, lasciandogli piangere per la seconda
volta la morte di un
fratello che fratello non era, dopo aver usurpato il trono sotto le
spoglie di
Odino, obbligando il Padre degli Dei a vedere con i suoi occhi quanto
fosse
adatto al ruolo di sovrano – giacché con quel
volto non suo gli riuscì
incredibilmente facile agire con impeccabile saggezza –, dopo
essere stato
scoperto ed essersi visto tendere nuovamente – stupidamente
– la mano da quel
fratello che fratello non era e, in fondo, tutti i torti non aveva a
credere nel
suo cambiamento, era nuovamente accanto a lui – consigliere,
fratello, ma
soprattutto amante e compagno.
Stretto in un
groviglio di pelle e lenzuola insieme alla persona che si era sempre
rifiutata
di lasciarlo andare, Loki era uno Jotun cresciuto nella convinzione di
essere
Asgardiano, un mostro che sedeva accanto a un dio, il punto
d’incontro tra due
mondi inconciliabili.
Molti si erano
inizialmente opposti alla mescolanza di un essere dall’animo
corrotto e il
cuore marcio con quanto di più perfetto e divino –
ai loro occhi – fosse mai
esistito, ma Thor era re, non aveva voluto sentire ragioni, e tutti si
erano
visti costretti a chinare il capo, riconoscendo, presto o tardi, che il
Dio del
Tuono, con la sua naturale irruenza e impulsività, potesse
essere un sovrano
perfetto solo con qualcuno di riflessivo e acuto al suo fianco.
E chi meglio di
Loki Lingua D’Argento, che in ingegno come in arti magiche
era imbattuto e di
strategia comprendeva più dei loro migliori generali, poteva
ricoprire quel
ruolo?
Disclaimer
» Thor © Marvel Studios.
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Gli
occhi vedono ciò che vogliono vedere
La
Sala del Trono era in passato stata luogo di giochi, una stanza
proibita, dove
gli adulti parlavano di quelle faccende nelle quali i bambini non
dovevano
immischiarsi, ma ciò non aveva impedito ai due principi di
Asgard di
sgattaiolarvi dentro più e più volte.
L’aria
sembrava ancora conservare l’eco di quelle limpide risate,
nonostante fossero
passati innumerevoli anni, nonostante quei fanciulli fossero ormai da
tempo
divenuti uomini.
Quante
volte avevano fatto a turno per sedere sul trono, indossando le vesti
di re
mentre l’altro s’inginocchiava, subendo una
condanna o ricevendo un elogio dal
sovrano in miniatura? Quante volte avevano poi litigato,
perché entrambi
ritenevano d’essere perfetti per il ruolo che uno di loro un
giorno avrebbe
ricoperto?
Ora
nella Sala del Trono vi era solo Thor, seduto con gli occhi socchiusi,
mentre
sbuffi stanchi abbandonavano di tanto in tanto le sue labbra.
Ciò
che più gli era ostile nel suo ruolo di sovrano erano le
faccende burocratiche,
tanto che era solito lasciarle in mano a Loki, sicuramente
più competente in
quel campo. Ma lo Jotun era partito per una missione diplomatica
– non
rammentava neppure in quale regno, tanto la giornata lo aveva spossato
–, così
aveva dovuto fare da sé.
In
quel momento, una figura minuta, il cui arrivo era stato annunciato
poco prima,
fece il suo ingresso nella sala, inchinandosi rispettosamente davanti
al re.
«
Bentornata, Lady Sif. » le si rivolse Thor, ricordando che la
guerriera facesse
parte della scorta che aveva accompagnato il consorte nel suo viaggio.
« Mi
auguro che la trattativa abbia avuto buon esito. »
«
La pace con Álfheimr è stata stipulata senza
problemi, mio re. » disse Sif,
mantenendo il capo chino. « Ma debbo portarvi una terribile
notizia. »
«
Parla, dunque. »
«
Lungo la strada di ritorno, un gruppo di ribelli contrari
all’alleanza con il
nostro regno ci tesero un’imboscata. Portarono con loro delle
bestie che mai ho
veduto prima d’allora e ci misero in seria
difficoltà. Tre guardie furono
uccise e se noi altri ne uscimmo indenni fu solo grazie alla magia di
Loki, che
combatté valorosamente e ci portò alla vittoria.
Ma perse la vita durante la battaglia,
non rimase neppure un corpo da portare qui. »
parlò Sif, velocemente,
mantenendo il capo abbassato senza il coraggio di guardare il volto del
suo
amico d’infanzia.
Attese
una parola di congedo, un ringhio di rabbia e dolore da parte del
sovrano, ma
non avvertendo nulla, dopo interminabili istanti si decise ad alzare un
poco lo
sguardo, trovando negli occhi di Thor ciò che mai si sarebbe
aspettata in quel
momento.
In
essi vi era un furbesco luccichio, lo stesso che tante volte li aveva
animati
quando in gioventù aveva ideato qualche gioco o missione,
nella quale avrebbe
trascinato primo tra tutti il fratello – sempre al suo
fianco, tanto che la sua
presenza agli occhi del principe dorato pareva scontata ogni volta
–, ma anche
i suoi amici.
«
Thor… » esalò, senza capire, dimentica
anche dell’etichetta a causa della
confusione, mentre sul volto del Dio del Tuono appariva un sorrisetto
beffardo,
soddisfatto.
«
Oh no, » proclamò il re, con una mezza risata.
« Questa volta non ci cascherò.
»
«
Non capisco… » mormorò Sif e il re le
rivolse un sorrisetto soddisfatto.
«
Già due volte accadde che piansi la morte di mio fratello,
quando egli in
entrambe le occasioni riuscì invece a sfuggire dalla sua
fine. È il Dio degli
Inganni, fino al punto da poter eludere anche la Morte. »
spiegò.
«
No, Thor, non capisci: » negò la guerriera,
alzando di più il capo. « l’ho
visto, è morto davanti ai miei occhi, nessuno potrebbe
fuggire al fato in
un’occasione del genere. »
«
Quando combattemmo contro, Malekith, » replicò il
re, tranquillo. « Loki spirò
tra le mia braccia. Lo strinsi, lo vidi chiudere gli occhi, avvertii il
peso
del suo corpo inerte tra le mia braccia. Eppure tornò.
»
«
Thor– » tentò nuovamente di protestare
Sif, ma venne interrotta.
«
Basta così. » proclamò il re, la voce
tonante che rimbombava per tutta la sala.
« Che siano organizzati degni funerali per le guardie cadute
in questo scontro.
E quando Loki farà ritorno, riconoscerete la ragione nelle
mie parole. »
*
In
gioventù aveva amato la guerra, bramato la sensazione di
potere che provava
colpendo i nemici con Mjolnir, vedendoli spirare per mano sua.
Aveva
amato il sudore sulla pelle, il clamore della battaglia e
l’adrenalina in
corpo.
Ora,
che era divenuto adulto e più saggio, qualcosa di
quell’antica brama era
rimasto, ma si trattava di un pallido eco, poiché non era
più la stessa persona
di allora.
Qualcosa,
però, non era cambiato: il mago al suo fianco, che
affrontava ogni scontro con
lui e più volte gli aveva salvato la vita con i suoi
“trucchi”. E se in passato
non ne aveva riconosciuto il valore, adesso era solito condividere ogni
vittoria con il consorte, elogiandolo per le sue azioni e benedicendo
la sua
magia.
Quel
giorno, però, benché tornasse dalla battaglia
vittorioso, non aveva nessuno al
suo fianco: i soldati lo seguivano, stanchi ma illuminati di vittoriosa
esultanza, ma quel posto accanto al re – che più
volte in quello scontro aveva
avuto la sensazione di essere scoperto e vulnerabile, senza Loki a
guardargli
le spalle – era tristemente vuoto.
Thor
si domandava perché il consorte impiegasse tanto a tornare,
a smettere con
quella finta morte. Si domandava quale fosse il suo scopo, cosa stesse
cercando
di fare, e si riprometteva che avrebbe provveduto a sgridare quello che
una
volta aveva creduto suo fratello, poiché aveva lasciato che
tutti – tranne lui,
perché lui lo conosceva, aveva fiducia nelle sue
capacità – lo credessero
perduto per sempre.
Il
re sentiva le voci che giravano a palazzo su quanto fosse illuso a
credere in
un ritorno dello Jotun caduto, era a conoscenza del fatto che nessuno a
parte
lui credesse in che fosse vivo, e più i giorni trascorrevano
– lenti, freddi,
in un letto vuoto e tra troppi impegni che da solo non riusciva a
gestire come
avrebbe dovuto, come avrebbe potuto
se solo Loki fosse stato lì ad aiutarlo –
più le voci aumentavano e i suoi
amici tentavano di farlo ragionare.
Ma
Thor non avrebbe ceduto, poiché Loki sarebbe tornato e quel
giorno tutti
avrebbero dovuto dargli ragione.
«
Mio re, avete bisogno di cure. » disse una guardia,
accennando alla ferita
sanguinante che il Dio del Tuono sfoggiava al fianco destro.
«
Non è nulla. » lo rassicurò il sovrano.
« Solo un taglio superficiale, può
benissimo attendere il ritorno ad Asgard. »
Doveva
prestare più attenzione, però, altrimenti sarebbe
stato lui a morire in assenza
di Loki. E ciò non poteva accadere, poiché tempo
addietro, quando ancora sui
loro volti non vi era accenno di barba e il loro corpo era privo di
cicatrici
da battaglia, avevano giurato che avrebbero lasciato quel mondo
insieme,
combattendo fianco a fianco come avevano sempre fatto.
« Porgimi il
braccio, fratello. » disse Thor, in tono solenne, allungando
il proprio arto
verso l’altro ragazzino. Su entrambi gli avambracci, spiccava
un taglio rosso
scarlatto, che stava liberando quel sangue identico poiché
potessero suggellare
la loro promessa nel modo più sicuro possibile.
Loki sovrappose
la propria ferita a quella del fratello, guardandolo negli occhi con
sicurezza
e un accenno di riso, nonostante ciò che stavano facendo
fosse estremamente
importante per entrambi.
« Giuri tu, Loki
Odinson, di combattere al mio fianco per i secoli a venire? »
pronunciò Thor,
scandendo lentamente le parole e alzando il mento con baldanza.
« Lo giuro. »
fu
la replica di Loki, che cercò di rendere la propria voce
acuta di ragazzino
tonante e profonda come si confaceva a un adulto.
« E giuri di
essere al mio fianco anche nell’ultima battaglia, di spirare
al mio fianco,
gloriosamente, durante uno scontro del quale i nostri discendenti
tesseranno le
lodi negli anni a venire? »
« Lo giuro. »
« E io, Thor
Odinson, giuro tutto questo a te. »
Rimasero in
silenzio per qualche istante, le espressioni serie e solenni che
vacillavano
come fatte d’acqua, poi scoppiarono a ridere
all’unisono, allontanando le
braccia e sciogliendo la stretta che avevano avvolto ognuno attorno al
polso
dell’altro.
« Era necessario
fare tutto questo? » domandò Loki, tra le risa,
estraendo un fazzoletto per
asciugare il sangue che sporcava il braccio pallido.
« No. »
replicò
Thor, con una scrollata di spalle. « Ma era divertente.
»
« Tanto saremmo
morti insieme comunque. » aggiunse Loki, porgendo il
fazzoletto al fratello
così che potesse servirsene per pulirsi anch’egli.
« Questo è
scontato, fratello, ma così è molto
più solenne. » dichiarò Thor.
*
L’accesso
alle stanze del re era proibito a chiunque non fosse il sovrano stesso
o il suo
consorte, eppure quel giorno una piccola folla si trovava attorno al
letto di
Thor.
Egli,
barba e capelli resi candidi dagli anni trascorsi, il volto solcato da
rughe
che testimoniavano quanti secoli pesassero sulle possenti spalle, si
trovava
disteso, nella stessa posa di un morto nella bara, gli occhi chiusi e
il petto
che si alzava e abbassava lentamente.
Ai
lati della figura dormiente, laddove si sarebbero dovuti trovare quei
figli che
egli non aveva voluto avere, non senza il suo consorte che ancora non
era
tornato – Loki, non appena
poserò i miei
occhi su di te assaggerai il sapore di Mjolnir, parola di Thor Odinson.
–,
si trovavano le curatrici, che nulla potevano contro la vecchiaia e si
limitavano ad assistere l’amato re – che se ne
sarebbe andato senza eredi, reso
cieco da una speranza che non voleva arrendersi alla realtà
– nei suoi ultimi
momenti.
In
tanti avevano provato a convincere Thor a risposarsi, a celebrare un
funerale
in onore di Loki e arrendersi al fatto che mai più avrebbe
fatto ritorno, ma
egli – testardo, cieco – non aveva dato loro retta.
Era
sopravvissuto a ogni battaglia, lasciandosi alle spalle le vite di
tutti i suoi
amici, periti con onore combattendo per Asgard, solo per attendere il
ritorno
di Loki, del Dio degli Inganni, che aveva eluso la morte due volte e
secondo
lui vi era riuscito una terza.
Era
arrabbiato, Thor, perché il suo consorte lo aveva lasciato
solo tutti quegli
anni, per un motivo oscuro che si sarebbe fatto prontamente spiegare, e
ora
giaceva da solo, senza nessun affetto accanto a sé.
«
Loki… » chiamò, socchiudendo gli occhi
divenuti di un azzurro spento, mentre la
curatrice più vicina sorrideva tristemente.
«
È morto tempo fa, mio re. » disse, gentilmente.
Una
sottile e roca risata abbandonò le labbra di Thor.
«
Solti coloro che credono a questa falsa notizia. »
mormorò « Spero solo che si
sbrighi a tornare, ogni giuramento va mantenuto. Quante gliene
dirò quando
rivedrò il suo volto! »
Le
curatrici si scambiarono occhiate tristi, sapendo quanto le speranze
del loro
sovrano fossero vane.
Un
attacco di tosse squassò il corpo del re, mentre il sole
splendeva fuori dalla
finestra. Nei racconti spesso in momenti di tale tristezza pioveva, ma
quel
giorno non vi era nessuna nuvola in cielo, poiché
l’unico in grado di portare
tempeste ad Asgard giaceva in un letto con il cuore colmo di vana
speranza.
Thor
fissò lo sguardo davanti a sé, gli parve di
vedere qualcosa e sorrise.
«
Finalmente. » esalò, prima di chiudere gli occhi
per sempre, lasciando il suo
regno a piangere la morte dell’amato sovrano e a fronteggiare
le lotte per un
trono senza legittimi pretendenti.
« A volte ho
paura. » confessò Thor, piano, lo sguardo fisso
sul lenzuolo illuminato dalla
fioca luce della luna e le braccia strette attorno alle ginocchia.
« Ho paura
di fare qualcosa di sbagliato, e allora tutti mi odieranno e io
rimarrò solo. »
Seduto accanto a
lui, il braccio che sfiorava quello del fratello, si trovava Loki, le
gambe
incrociate e la schiena dritta, mentre gli occhi colmi di sorpresa
scattavano
verso l’altro ragazzino, con il quale era solito
chiacchierare durante le notti
insonni.
« Nessuno
potrebbe mai odiarti, Thor. » lo consolò con
gentilezza e un lieve sorriso che
conteneva un’impercettibile punta di amarezza. « Tu
sei il principe perfetto. E
diverrai un valoroso guerriero. »
« Non è
vero,
sono goffo come un Pentapalmo. » negò Thor,
sconsolato. « Tu hai più l’aspetto
di un principe. A volte t’invidio per questo. »
Loki gli lanciò
un’occhiata stupita, non potendo credere che il fratello
amato da tutti, così
conforme all’etichetta di Asgard, potesse provare gelosia nei
confronti di
colui che invece non riusciva a integrarsi in quel mondo che a volte
gli pareva
quasi estraneo, come un posto in cui era capitato per caso e al quale
non
apparteneva.
« Non dire
sciocchezze. Padre è orgogliosissimo di te, così
come madre e chiunque altro ad
Asgard. » gli disse tuttavia, senza dar voce al proprio
stupore.
« Tu mi
lasceresti mai solo? » domandò Thor, a bruciapelo,
fissandolo con occhi che
brillavano nella penombra. « Potresti mai odiarmi? »
Loki lo fissò
qualche istante, come per comprendere se fosse serio, infine sorrise.
« Fratello…
»
esordì « Non ti lascerei mai solo. A volte
t’invidio un po’, lo ammetto, ma non
dubitare mai che io ti ami. »
Thor gli regalò
un luminoso sorriso, portando la mano sul suo collo in quel gesto
così
familiare, per poi stringere leggermente la presa, con gentilezza.
Non c’era
bisogno di altre parole, per quella notte.
_________________________________________
Angolo autrice
Mmh. D’accordo.
Inizio col ringraziarvi per essere giunti alla fine di questa OS,
significa
tanto per me :) Si tratta del mio primo scritto nel fandom di Thor, che
comunque frequento da un po’ e… Niente, non avevo
intenzione di cominciare con
qualcosa di così malinconico e insensato,
ma chiunque si diletti
scrivendo fanfiction sa benissimo che Madama Ispirazione fa un
po’ quel che le
pare, dunque bisogna assecondarla. Ed è quello che ho fatto,
scrivendo questa
OS.
È – come spero
si sia capito dalla prima parte, scritta appunto per contestualizzare
un po’ il
tutto – ambientata in un ipotetico futuro in cui Loki ha
incontrato la
redenzione (non so come, ma comunque…) e ora regna al fianco
di Thor. Sì, amo
il Thorki. Tanto.
La nota OOC è
più che altro una precauzione, dovuta al fatto che io non
sia assolutamente
certa di essere riuscita a rendere i personaggi, soprattutto Thor, che
qui è il
più presente ed è un po’…
Particolare, ecco.
Per quanto
riguarda l’incest, invece, tutti sappiamo che non vi siano
legami di sangue tra
Thor e Loki, ma sono stati allevati insieme, dunque sono legalmente
fratelli e
la nota è necessaria.
La storia mi è
stata ispirata da un prompt che ho trovato su Tumblr tempo fa e che mi
è
tornato alla mente in questi giorni, mi dispiace ma non ricordo
l’indirizzo, se
qualcuno avesse un’idea di quale possa essere questo post, si
senta libero di
dirmelo, mi farebbe solo un favore :)
Nel caso
trovaste qualche errore, inoltre, siete cortesemente invitati a farmelo
presente, così che possa provvedere a correggere :)
Recensioni
positive e critiche costruttive sono entrambe ben accette, ancora una
volta
grazie a chiunque sia arrivato fin qui :)
PS:
Dimenticavo:
l’idea presente alla fine, con Thor che si sente goffo in
confronto a Loki, non
è del tutto farina del mio sacco, perché
l’ho trovata in molte fanfiction
inglesi e forse anche da qualche parte su Efp, anche se al momento non
mi viene
in mente alcun titolo :)
PPS: Sempre
nella scena finale, “A volte t’invidio un
po’, ma non dubitare mai che io ti
ami” è una ripresa della citazione di Loki
“A volte sono invidioso, ma non
dubitare mai che io ti ami” presa da una scena tagliata del
primo film di Thor.
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