king!Viserys
Le
cronache del re mendicante.
Daenerys pensò che la sua vita era diventata strana, ma
perlomeno c'erano dei bei colori. Durante quella mattina inoltrata, dal
tepore del succo di pesca sgusciato al sole, l'aria calda sbrogliava a
mezz'aria sfere di luce iridescenti e sfiorava le finestre istoriate,
svelando la presenza degli intimi fluidi cangianti che, in segreto,
galleggiavano immobili nelle vene del vetro. L'erba bagnata sfregava
timidamente contro i fiori, nei giardini della Fortezza Rossa, la
rugiada mischiata all'odore della saliva, degli unguenti femminili e
dei fumi arrostiti -quelli della capitale. Il mare frusciava e
s'arricciava sereno, imperturbato, come un drappo di stoffa tagliuzzato
d'ombre, e Daenerys riusciva appena a distinguerne il canto eterno e
lontano. Ogni tessuto pareva squillare un proprio suono, in
un'aggressione violenta ma piacevole dei sensi, coniugati insieme fino
a confonderli. Il candore del marmo sapeva di ghiaccio, gli ornamenti
di diaspro che decoravano le pareti bruciavano e la ruvidezza
dell'intonaco faceva prudere il palmo di Daenerys, sebbene non lo
stesse toccando, ma solo osservando nelle sue scabre forme. E ancora
pensò che, finchè c'erano quei bei colori, era
felice.
Poi si deplorò per quel pensiero così sciocco, e
ringraziò gli dèi che suo fratello non potesse
leggerle
nella mente, altrimenti l'avrebbe derisa. Sembrava di navigare nelle
onde miti e tranquille d'un mare di miele, con quel soffuso vento
incandescente che giocherellava con le tende, e le armature dei soldati
apparivano quasi gioielli anzichè scatolette di latta.
Sembrava
quasi di poterla mangiare, quella giornata, di
addentarne la consistenza spumosa e gustarne i minuti di crema, di
saggiarne i colori fervidi e vivaci. Daenerys
pensò che forse l'origine di tutte quelle strane meditazioni
era
la noia. Persino le squame di Rhaegal, di solito così scure
nell'ombra refrigerante delle pareti, apparivano traslucide e raggianti
come specchi di giada, in cui la regina vedeva riflessa la sua
immagine, in una miriade di piccole miniature; le sue zanne nere
s'intuivano soltanto quando il drago socchiudeva le fauci e liberava
un lungo sospiro ardente, attraversando la stanza con un'onda di
fastidioso calore ed annientando la frescura. La luce che gocciolava
dall'alto non si limitava a picchiettare il pavimento, ma anzi a
metà strada s'espandeva come una cappa, colmando la sala.
Daenerys, che aveva smesso di soffrire l'immobilità da un
pezzo,
si sentiva come una libellula posata su un masso alla riva di uno
stagno, ugualmente flemmatica e paziente, come se avesse tutto il tempo
del mondo, assorta nella stessa meditativa contemplazione.
-Daenerys!- L'arrivo
di Viserys fu annunciato da uno strillo petulante. -Daenerys, allora sei
qui. Cosa stai
facendo?-
Daenerys attese in silenzio che suo marito, suo fratello -il re dei
Sette Regni varcasse le immense porte del salone, come al solito
circondato da uno stuolo di guardie ch'egli cacciò via con
un
cenno stizzito. Sopra ad un sobrio farsetto nero, portava il primo
indumento che s'era fatto confezionare, non appena recuperata la
corona: un superbo mantello ricavato dalla pelliccia di una chimera,
mitico animale ormai estinto di cui a Braavos vendevano le rare spoglie
in un unico esemplare, su cui sopra era stato ricamato, con
fiammeggianti rubini grossi come uova di quaglia, lo stemma dei
Targaryen. Era così lungo che avvolgeva l'intera figura di
Viserys, ch'era pur alto, e gli faceva da strascico.
-Vi aspettavo,- rispose Daenerys, con meno partecipazione di quanto
avrebbe voluto dimostrare, -mio signore.-
Lui la scrutò, con aria critica. I capelli lattei quasi
sparivano, nella trasparenza cristallina e torrenziale della luce. Li
lasciava sempre sciolti, e per prendersene cura c'era un drappello di
servi ossequiosi nelle mani dei quali, ogni mattina, venivano lavati,
pettinati ed unguentati. In realtà, se prima era
già vanitoso, la condizione di sovrano aveva aggravato in
maniera preoccupante il suo narcisismo.
-Pensavo che dovessi occuparti dei preparativi per la Cerimonia di
Sottomissione.-
La Cerimonia di Sottomissione era un'invenzione di Viserys. Ogni anno,
le casate maggiori che sovraintendevano a diversi territori dei Sette
Regni dovevano mandare ad Approdo del Re un membro della famiglia,
possibilmente l'erede, che s'inchinasse di fronte a Viserys e recasse
dei doni per sancire il giuramento di fedeltà -e da questo
si
capiva chiaramente che la conquista del trono non aveva per niente
affievolito la sua ambizione e diffidenza. Daenerys aveva
sempre sospettato che fosse una pagliacciata inutile, perchè
se
altre casate avessero voluto insorgere lo avrebbero fatto comunque,
Cerimonia di Sottomissione o no; però la sua opinione non
era
richiesta. Dopotutto, era stato Viserys a far scoppiare un incendio
nella camera del tesoro di Illyrio Mopatis, nello scoprire che il loro benefattore li
stava tradendo, trattenendoli lì sono per venderli al cane
dell'Usurpatore che avrebbe offerto di più; era stato sempre
Viserys a riemergere dalle fiamme, incolume, fra le braccia uno scrigno
che conteneva tre draghi appena nati.
-E io pensavo che non v'importasse sprecare oro e cibo costoso per
quei...
"quei serviciattoli poveri in canna con il naso per terra".-
citò letteralmente, atona.
L'espressione accigliata di Viserys lasciò subito il posto
ad
una quasi affabile. -Mia cara Dany, tutto ciò che serve a
mantenere saldo ed inattaccabile il nostro dominio mi importa. Ti trovo
magnifica quest'oggi, per la cronaca.-
Daenerys non aveva fatto caso a ciò che l'ancella le aveva
drappeggiato addosso alcune ore prima. Si trattava di uno spumoso abito
d'un verde marino dalla linea morbida, aderente ai fianchi, che
s'incrociava sul petto formando un profondo scollo a v, con grossi
fermagli di rame a sostenerlo dietro le spalle e la gonna inframmezzata
di piegoline sottili. La stoffa era impregnata d'un profumo penetrante
ed indefinibile, forse ibisco rosso. L'unico monile era un rigido
bracciale placcato d'oro zecchino, ma così grosso ed
ingombrante da poterci riflettere il sole per intero.
-Grazie, mio signore.-
Lui annuì con sorridente noncuranza. Era già
distratto dagli impegni della giornata.
-Dov'è Lis? Devo urgentemente parlare con lei. Le
farà
piacere scoprire che domani parteciperà alla cerimonia al
mio
fianco.-
Daenerys inarcò un sopracciglio. Nonostante fosse ancora
piccola, non dubitava che sarebbe stata all'altezza della situazione -e
che si sarebbe divertita un mondo. Aveva una solennità
insita
nella sua personcina ed un senso della propria importanza estremamente
spiccati.
-La balia la sta preparando. Ha l'abitudine di alzarsi
piuttosto tardi, purtroppo.-
Viserys non proferì una sola parola di rimprovero. Lisnaerys
era
la sua primogenita, e probabilmente la marmocchia più
viziata
che Westeros avesse mai visto. Aveva manipolato le azioni dei genitori
a seconda delle proprie esigenze fin dal suo concepimento: i giovani
Targaryen avevano dovuto provvedere ad un rapido matrimonio che fosse
legittimato da un septon, nell'ancora fatiscente Fortezza Rossa, che
aveva appena subito l'attacco di tre draghi, atto a spodestare i
Lannister. Tutto era stato organizzato in gran fretta,
perchè
Daenerys era già incinta di quasi cinque mesi. Nessuno aveva
fatto caso alla prematura
nascita della principessa; d'altronde, il regno era già
stato
assoggettato. L'anno dopo era nato il principe tanto indispensabile,
quello che Viserys avrebbe dovuto tenere al suo fianco alla Cerimonia
di Sottomissione, Aegaryon; due anni ancora, e questa volta era stata
una gravidanza gemellare.
La principessa giunse ben venti minuti più tardi, irrompendo
nella sala con disinvolta impunità. Era alta per la sua
età, sei anni compiuti da poco -o forse era soltanto il suo
modo
di tenere in alto in mento a dare quest'impressione?- con occhi indaco,
scuri come orchidee; i capelli argentei, mai tagliati, piovevano da una
coda altissima, assicurata da un nodo sopra la nuca. Quel giorno
indossava una veste bianca, di tela leggera, senza corsetto, che la
faceva apparire ancora più aggraziata. Viserys, intento a
discutere animatamente con dei ministri perchè gli sembrava
che
gli Arryn lo stessero prendendo in giro, interruppe immediatamente
qualsiasi cosa stesse dicendo per voltarsi e sorridere all'indirizzo
della bambina.
-Guarda chi abbiamo qui, una bestiolina!-
Lisnaerys Targaryen non era tenuta ad inchinarsi, quindi
spiccò
un balzo per saltare subito al collo del padre. Daenerys aveva
temuto, nel tenere fra le braccia la
neonata subito dopo il parto, che Viserys sarebbe andato su tutte le
furie nell'apprendere che il suo primo erede era femmina: al contrario,
il fratello aveva stretto al petto quel tiepido fagottino di coperte
come se fosse l'unica speranza di sopravvivenza in un mondo spaventoso
-e forse lo era. Per lui lo era. E lo era rimasta anche dopo la nascita
degli altri bambini. Era risaputo che Viserys stravedeva per Lisnaerys,
la sua figlia preferita, in maniera eccezionale e spropositata. Con lei
non parlava, cinguettava.
Non
aveva mai alzato la voce nè ceduto ad uno dei tipici e
repentini
sbalzi d'umore, in sua presenza. Lei era il sangue del drago. Lei, come
suo padre, non bruciava.
-Come sono andate le tue lezioni, in questi giorni?-
s'informò Viserys, accarezzandole i lunghi capelli con una
mano.
-Sto imparando le storie del tris-trisnonno Maekar primo.-
spiegò la piccola, con puerile vivacità.
-E ti piacciono?-
-No, per niente.- ammise. -Preferisco mille volte giocare con Rhaegal.-
Rhaegal era uno dei tre draghi con cui Viserys aveva riconquistato i
Sette Regni, ed il più mansueto -ragion per cui,
attraverso una gigantesca terrazza appositamente spalancata sul cielo,
gli era permesso entrare ed uscire dalla sala del trono della Fortezza
Rossa. Fra lui e Lisnaerys era scattato l'amore a prima vista. Il drago
non era mai stato aggressivo con lei, in parte perchè non
costituiva nessuna minaccia, e poi probabilmente anche per quella
inspiegabile empatia che aveva permesso anche a Daenerys e Viserys di
cavalcarli per giungere a Westeros. Solo una volta, per sbaglio, le
fiamme di Rhaegal avevano
sfiorato la mano della principessa, che s'era limitata a ridacchiare
eccitata. Da allora, il
drago sembrava accettare la sua compagnia con nuovo rispetto.
-Allora corri a salutarlo, cuoricino.- Viserys la posò a
terra.
-Papà finisce con questi signori e poi torna da te,
d'accordo?-
Lisnaerys non se lo fece ripetere due volte. Daenerys notò,
con
un pizzico di malinconia, che sua figlia non l'aveva degnata di uno
sguardo. La colpa, in realtà, era anche un po' sua: non si
era
mai sentita particolarmente legata ai propri figli. Il solo momento in
cui si era sentita sul serio preoccupata per la sorte della sua bambina
era stato durante il volo verso Westeros: Daenerys era terrorizzata,
assordata dal vento e stordita dalle vertigini, attanagliata da acuti
dolori provenienti dal ventre già gonfio, che i movimenti
bruschi del drago e la scomoda posizione non facevano altro che
peggiorare; temeva un'emorragia nel bel mezzo del nulla, senza alcuna
possibilità di salvare la vita a lei ed alla piccola. Da
quando poi Lisnaerys era nata, era stata di Viserys in tutto e per
tutto, mai sua. In fin dei conti Daenerys non
aveva mai amato suo fratello, e quelle piccole creature con gli occhi
viola
le sembravano così... estranee.
Non appena l'avevano avvertita che il frutto del suo terzo parto erano
due figlie
gemelle, il drago ha tre
teste, ricordava di aver pensato Daenerys, c'è qualcosa di
profondamente sbagliato in questo. Lei
e Viserys avevano quattro eredi. Ugualmente, era ingiusto prendersela
con gli innocenti: Lisnaerys non era una bambina cattiva. Era anzi
piuttosto coraggiosa, sebbene le fervorose pressioni di suo padre la
stessero spingendo alla stessa indole capricciosa.
Lisnaerys stava sfregando le manine sul muso di Rhaegal; il drago la
fissò con i suoi rettili occhi bronzei,
quasi liquidi, dalle pupille finissime e verticali. Soffiò
un
caldo respiro sul suo viso, facendola sorridere. Lei amava il fuoco. Le
ancelle riferivano a Daenerys che la figlia maggiore passava sempre
più tempo con le mani fra le fiamme, Viserys la incoraggiava
moltissimo sotto questo aspetto. Le diceva che lei era speciale, che
era unica, che era la
futura regina dei Sette Regni -in quanto moglie di suo fratello
Aegaryon, al quale era già promessa, beninteso, però lei
era pur sempre diversa dagli
altri...
Daenerys s'era azzardata, una volta, a far notare al re che non era il
caso di privilegiare la figlia in questo modo solo per il suo
potere
speciale, che non condivideva con i fratelli, altrimenti in futuro
sarebbe stata portata a ritenersi superiore a loro per diritto. La
risposta era stata un sibilo alquanto minaccioso.
-Lei è mia figlia. La principessa di queste terre. Se
volesse la tua
testa l'avrebbe, perciò ti consiglio di non metterla in
condizione di
chiederla.-
Ed era in momenti come questi che Daenerys capiva di non essere regina
di niente.
-... e dovrete provvedere a posizionare un piccolo trono di fianco al
mio, perchè ci sarà con me il sangue del drago a
presiedere alla cerimonia.- concluse Viserys, ad alta voce, voltandosi
in direzione di sua figlia. Lisnaerys lo guardò, sgranando
gli
occhi.
-Vuol dire che Aegaryon è abbastanza grande?-
Il padre si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a lei per
baciarle la fronte. -Vuol dire che
tu sei abbastanza grande.-
Persino una bambina di
sei anni che studia la storia di Westeros da uno solo si è
accorta che qualcosa non quadra,
pensò Daenerys, contemplando la scena con sguardo
distaccato.
Viserys rispose alla perplessità della primogenita con una
breve
risata.
-La misoginia è una così deprecabile
forma d'ignoranza, figlia mia... Aegaryon è più
piccolo
di te. Perciò non vedo perchè non dovresti dargli
il buon
esempio.-
Aegaryon, per lui, era poco più di un nome, dal momento in
cui
aveva scoperto che poteva scottarsi. Le uniche ad essere più
bellamente ignorate ancora erano le gemelle. Tutto ciò che
Viserys sapeva di loro -perchè gli era rimasto piuttosto
impresso- era che, mentre l'una era il perfetto risultato genetico di
due eredi di sangue valyriano dai capelli adamantini, l'altra aveva
capelli neri come la pece, dai potenti riflessi viola.
Era deprimente vedere come Viserys ignorasse i suoi figli, come lei stessa
ignorasse i suoi figli. Come il piccolo Aegaryon, per attirare
l'attenzione del padre, tentasse di non lasciar trapelare il dolore dal
proprio viso quando toccava il fuoco, senza mai riuscirci. Non erano
una famiglia, realizzò Daenerys. Non erano niente. Un pazzo,
una
debole e tanti sventurati bambini.
Ogni anno potremmo
bruciare il
palazzo ed erigerne uno nuovo, per dimostrare che i Targaryen
continueranno a regnare, qualsiasi calamità si abbatta, aveva
proposto Viserys, allegro, appena incoronato re. Il fuoco non è un
gioco, anche se non può bruciarti, avrebbe
voluto rispondere sua sorella. E
se non sarai tu, a spiegarlo a Lisnaerys... cosa le impedirà
di
ardere vivi gli altri concorrenti al trono e diventare la prossima
folle tiranna?
Quasi senza volerlo, sospirò. Il marito si voltò,
con
un'espressione di partecipe sollecitudine un po' troppo enfatica per
essere disinteressata.
-Ti trovo stanca, mia regina.- osservò. -Che tu sia di nuovo
incinta?-
-No.- Mi auguro proprio
di no, si trattenne dal dire. Viserys ripeteva
sempre che avrebbero dovuto dare due fratellini alle gemelle, e lei
puntualmente inorridiva di nascosto. Solo se li partorisci tu,
era tentata di rispondergli. Mettere al mondo Daenyra e
Jaehella aveva
richiesto tre giorni di urla e sudore, un'agonia che non aveva mai
provato prima e non poteva essere paragonabile a nulla, neppure alla
cavalcata dei draghi fino ad Approdo del Re. Aveva davvero creduto di
morire. I Targaryen erano una stirpe prolifera, ma di
costituzione un
po' delicata, poco adatta a sopportare le fatiche di tante gravidanze,
come la morte di sua madre Rhaella dimostrava.
-Non ancora.- la corresse Viserys, con un giulivo sorriso.
Daenerys, di tanto in tanto, sognava di uccidere suo fratello. Non si
trattava di un'azione crudele, efferata, ma di un tale vertiginoso eccesso d'impotenza
da metterla di fronte ad un'unica possibilità. Non c'era
altro modo per scappare
-dai palazzi ogni anno in fiamme, dai bracciali troppo pesanti ai
polsi, dalla staticità iridescente in mezzo alle traiettorie
di luce delle vetrate istoriate, che facevano sentire Daenerys
così, come loro, bella, preziosa, immobile, superflua. La sua
indipendenza non trovava spazio accanto a Viserys, figuriamoci in un
mondo governato da lui. Fino ad allora, affinchè lui potesse
eternarsi nei suoi discendenti, lei aveva dovuto vivere; adesso,
affinchè lei potesse vivere, lui doveva morire. La pulsione
che attraeva e respingeva da sempre i Targaryen l'uno verso l'altro, in
questo caso, agiva su di loro in maniera volubile. Lei sognava di
innalzarsi dalle ceneri di suo fratello. Di risorgere dal sangue
versato del drago. Non era una deliquente, era una regina che si
prendeva ciò che voleva. Lei si affacciava alla terrazza,
verso Approdo del Re. E il popolo l'amava.
Il popolo era suo.
-Ci saranno i draghi, è ovvio, anche Balerion ed Aeron,-
stava spiegando Viserys alla figlia, -e sarebbe carino se tu mostrassi
ai nostri ospiti quando Rhaegal ti vuole bene.-
Lisnaerys s'illuminò. -Perchè vuol dire che sono
il sangue del drago?-
Le labbra del padre s'incurvarono, quasi con un pizzico di
compiacimento. -Sì, esatto.-
Naturalmente, Viserys organizzava queste grandi parate con i draghi
senza pensare che, se spaventati da qualcosa di improvviso ed
imprevedibile, quelle bestie avrebbero potuto sputare fuoco sulla
folla. Tanto lui e la sua amata figlia sarebbe sopravvissuti in ogni
caso.
-Se starò sul trono, vuol dire che avrò anche una
corona tutta per me?-
-Beh, se un giorno sarai regina ci dovrai fare il callo.-
annuì il re, divertito. Lisnaerys lo ammirò, con
i suoi occhi viola che la luce svelava scuri come la notte.
-Io voglio diventare proprio come voi, padre.-
E mentre lui si profondeva in mille moine, Daenerys capì che
questo non doveva
succedere. Un'altra regina come Viserys? Ovvero, come? Arrogante,
dispotica, inclemente, iraconda, pronta a cancellare un regno per il
malumore di una giornata storta? Instabile?
Per l'amor degli dèi... Non doveva per forza andare
così.
Lei poteva farlo, sotto
carne che brucia c'è pur sempre sangue di drago.
Lei avrebbe potuto
farlo. Prima che Lisnaerys diventasse la Folle, prima
che Aegaryon crescesse con un complesso d'inferiorità, prima
che le gemelle incenerissero in nome di loschi intrighi, prima che
Daenerys si dissanguasse durante l'ennesimo parto. Finora era sempre
stata la più debole, soprattutto perchè priva di
quel potere a cui suo fratello teneva tanto. Ma ciò non
significava che lui non potesse morire lo stesso. Nei suoi sogni,
Viserys non moriva mai nel fuoco. Cadeva sotto la sua lama, precipitava
nel Mare Stretto, anneriva per il veleno. Viserys aveva bruciato a
sufficienza.
-Più tardi terremo una conversazione in alto valyriano,
così appurerò quando hai studiato.-
Nell'udire ciò, Lisnaerys arrossì di botto: si
rasserenò solo quando il padre le fece l'occhiolino.
-Come desiderate, padre.-
Viserys seguì con lo sguardo la figlia, che trotterellava
fuori dal salone. Vi baluginava un pigro orgoglio.
-Ah, dolce sorella,- esclamò, mettendo un braccio dietro le
spalle di Daenerys, -abbiamo Sette Regni, una fortezza, dei
parrucchieri e una figlia meravigliosa. Siamo così felici
che temo quasi in un ribaltamento tragico.-
-Non avremmo ragione per essere così pessimisti, dolce fratello.-
Daenerys pensò che la sua vita era diventata strana, ma
dopotutto era ancora in tempo per apportare
qualche modifica.
Solo un dettaglio le sfuggiva: durante lo sterminio degli Stark, Jon Snow era
riuscito a scampare.
Note dell'Autrice: Sì, Daenerys, questo avrebbe dovuto
essere il tuo destino. Asservita a prolificare. Almeno così
saresti stata utile in qualcosa. *w*
Eccheddire, faccio una capatina nel fandom per postare ciò,
un progetto che risale a diversi mesi fa, ma che durante l'estate sono
stata troppo pigra per fin adesso ho completato! Ed
è questo che conta, no?? (...) Comunque, io adoro Viserys,
senza togliere niente alla sua pazzia/sindrome premestruale
cronica/violenza isterica. Lo ritengo una vittima del destino molto
più di altri. E, mentre alla maggior parte dei personaggi si
riconosce la sfortuna in cui sono incappati (coff coff tutti rompono le
scatole con la povera
Sansa coff coff), lui è solo messo in
disparte, etichettato come "fuori di testa" e lasciato perdere, che
è un peccato, secondo me.
Come spero si sia capito, ho completamente cancellato la parte
dothraki/khal Drogo eccetera, facendo scoprire le uova schiuse a
Viserys, e così via... Ah, e poi ho cambiato i nomi dei
draghi: Viserys non avrebbe mai chiamato uno Drogon, anche
perchè in questa storia non esiste, e nemmeno Viserion,
visto che il nome era stato dato in suo onore perchè era
morto. Quindi sono diventati Balerion (come il terrore nero), nome di
un drago della storia dei Targaryen, e Aeron, in onore di Aerys, loro
padre.
A parte questo, Viserys non
avrebbe potuto essere un buon re, assolutamente, ma, come avrete capito
leggendo, questa storia non parla di che bravo re che sarebbe stato
Viserys. Sarebbe stato un cattivo re, come ce ne sono
stati tanti, sempre meglio di altri, tipo Joffrey. Ma almeno lui a
Westeros ci sarebbe arrivato... *occhiata accusatoria a Daenerys, che
si mette a fischiettare indifferente*.
Ci tenevo a questo piccolo what if, dell'amena famigliola che Viserys
avrebbe creato ^^. Tanti piccoli pazzoidi. Pensa che bello.
Ormai abbiamo capito che Daenerys e la felicità sono come la
Nutella e gli spaghetti, meglio che restino separati. Perciò
l'ho relegata al ruolo di moglie infelice, cosa che sarebbe sicuramente
avvenuta, in un ipotetico regno di Viserys. Come vedete qui,
è pure in assetto fratricida. E Jon Snow? ... perdonatemi il
finale aperto, ad effetto, non ho potuto resistere XD So che
è stupido e crudele mettere un finale simile in una one-shot
incompiuta, però se l'avessi continuata (periodo ipotetico
dell'irrealtà) ci avrei ficcato dentro anche lui, in qualche
modo, e così...
Grazie mille per avere letto, spero che i fan di Viserys (e non solo)
abbiano gradito. Chi volesse farmi sapere la sua opinione,
sarà ricompensato con un bacino virtuale. <3
Lucy
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