Never
Cammino
lentamente attraverso il grande giardino dietro la villa,
gli uccelli cinguettano, il sole si nasconde tra le nuvole grige e
l'erba umida bagna i miei piedi scalzi. E' una di quelle giornate dove
non si desidera altro che stare sul divano a godersi un film in
compagnia della famiglia.
Chiudo gli occhi e
sospiro lentamente.
Marcus e Annabelle stanno sicuramente dormendo, è tardi
ormai.
Brandon invece mi guarda dalla finestra del salotto. I suoi occhi grigi
mi osservano scrupolosamente. Mi controlla. Proprio d'avanti a me
c'è un'altalena rossa.
Colava qualcosa di rosso, rosso
scuro. Si stava macchiando il parquet.
Mi avvicino rapidamente verso l'altalena. Tocco il ferro che sopportava
il peso e la forza dei miei bambini. Sono così belli i miei
piccoli, con i loro capelli biondi che volano nel vento, e le loro
risate che si spargono tra le foglie che cadono dagli alberi.
Il ferro era un po' arrugginito e anche molto freddo.
Il suo corpo era freddo. Presi
una coperta e la posai sulle sue spalle.
Brandon mi osserva ancora. Ho paura, soprattutto per i piccoli. Lui li
picchia, certe volte anche con una cinta di cuoio che porta sempre nei
pantaloni. Certe volte vuole picchiare anche me, però non ce
la
fa. Lui mi ama, non può picchiarmi. Il nostro amore
è
più grande di quello del nostro primo giorno insieme.
Farebbe di
tutto per me, anche se alcune volte si arrabbia; ma ha ragione
perché alcune volte torna molto stressato e stanco dal
lavoro e
vuole solo riposare.
Mi allontano dall'altalena ed entro in casa. Brandon non c'è
più
vicino alla finestra. Salgo al piano di sopra per
controllare i bambini. Casa nostra è molto grande e a me
piace
così. Ci sono tante camere e tanti bagni, una cucina molto
grande e un salotto enorme.
Apro la porta della camera dei bambini e vedo la piccola
lampada accesa
sul mobile. Mi avvicino al letto di Annabelle e noto che sta ancora
dormendo. Le do un bacio sulla fronte e le scosto i capelli dal viso.
E' fredda.
Mi avvicino al letto di Marcus. Scosto molto lentamente le lenzuola e
noto, con mio grande orrore, che mio figlio non è a letto.
All'improvviso sento una pressione sul petto che sale fino la testa, la
mascella si muove a scatti. Ha disubbidito. Avevo detto che dovevano
andare a letto presto altrimenti Brandon si sarebbe arrabbiato.
Gli avevo detto di avvisare
Annabelle che papà era tornato,
ma lui non voleva saperne
e aveva ricominciato a giocare con i videogiochi.
Vado vicino ad Annabelle e scosto le coperte dal suo piccolo corpicino.
Si trova in una posizione strana e ha un grossa macchia sullo stomaco.
Aveva macchiato il pigiama e anche le lenzuola, quelle macchie non
sarebbe andate via facilmente. Le tolgo la maglietta per metterla
dentro la lavatrice, lasciando il suo corpicino freddo sulle lenzuola
sporche.
Aveva buttato il latte sul
parquet. Il parquet si era rovinato.
Esco dalla camera e mi avvio nel salotto. Brandon sta a terra, si
sarà addormentato perché è sempre
molto stanco
dopo il lavoro. Mi avvicino e lo trascino fino al divano di pelle e
cerco di appoggiarlo sui cuscini. Dopo vari tentativi riesco a
stenderlo sul divano, non si è mosso per niente; sicuramente
era
molto stanco ma io non ho le forze sufficienti per prenderlo in braccio
e muoverlo. E' troppo pesante.
Gli avevo detto che doveva
mangiare sano. La sua salute era a rischio.
Le mani tremano all'idea che nessuno dei tre mi ha ubbidito o almeno
ascoltato. Ho passato dieci anni della mia vita a curare le loro
malattie e a soddisfare i loro vizi e capricci. La mia vita intera
è dedicata a loro, per far di loro delle persone felici e
spenzierate. E loro mi disubbidiscono.
Apro gli occhi di scatto.
Mi trovo ancora vicino all'altalena e la mia mano è
diventata
rossa a causa della ruggine. Il vento soffia forte e alcune foglie
marroni cadono dagli alberi alti. Stacco la mano dal ferro e mi siedo
sull'erba fredda e bagnata. Mi guardo le mani, sono molto rosse.
Dovevo lavare le mani.
Il coltello
doveva sparire perché i bambini potevano trovarlo e potevano
farsi male.
Alcune gocce
cadevano dalle mie mani verso il suolo. Il parquet.
Mi guardo attorno e vedo dei bambini che girano in bicicletta e mi
indicano con il dito. Sono già tre anni che succede, subito
dopo
la mia uscita dalla prigione. Accusata di omicidio senza alcun motivo,
io sono innocente.
Guardo alla mia destra. Due lapidi, una più piccola
dell'altra. Brandon e Annabell dormono lì ormai.
Mi alzo e mi dirigo verso casa. Salgo le scale lentamente per non
svegliare Marcus. Entro nella sua camera, alla mia destra
c'è
l'oggetto che attira tanto la mia attenzione, lo prendo e mi stendo
accanto al mio bambino. Era freddo e magro. Molto magro.
Annabelle è uscita con Brandon. E' uscita con Brandon da
ormai
tre anni e non sono tornati più. E lui, Marcus, è
l'unico
che è rimasto con me, con le sue piccole ossa visibili
attraverso la pelle bianca e quel sorriso tremolante che mi rivolge
ogni giorno. Un piccolo sussulto e il respiro corto. Il mio piccolo
bambino, il quale respiro non sfiora più il mio collo e le
cui
parole non oltrepassano più le mio orecchie, non mi
abbandonerà mai.
Mi giro e guardo il coltello che si trova tra le mie mani e il sangue
che cola lentamente attraverso il manico e verso il mio polso.
No, non mi abbandonerà mai.
|