Cento
poesie di cento poeti
Salve a
tutte/i
So
benissimo che ho tanti e tanti lavori da completare, so anche che da
un po' di tempo vi importuno invadendo questo fandom ;)
Ma non
posso tirarmi indietro di fronte a questa fantastica possibilità.
Vi spiego
subito.
Ho in mano
da pochi giorni il libro “Aceri e Amore: cento poesie di cento
poeti giapponesi”
Qualcuno
di voi ha mai sentito parlare di Chihayafuru?
E del
Karuta?
Bene!
Come sapete (o forse no) l'Uta
Karuta("carte delle poesie"),
o semplicemente Karuta ("carte"), anche detto in occidente
"carte dei 100 poeti", è un gioco tradizionale, non basato
sull'azzardo, praticato in tutto il Giappone
soprattutto
a Capodanno; persino le scuole ne indicono spesso dei tornei.Le
duecento carte presenti nella confezione riproducono brevi
composizioni giapponesi da un'antologia classica di cento poesie
chiamata Hyaku-nin Isshu ("cento autori, una poesia"). Metà
delle quali contengono la prima parte di 100 poesie
tradizionali
chiamate uta, l'altra metà ne contengono la seconda parte.
Quest'ultime vengono sparse davanti ai giocatori mentre le altre le
raccoglie un lettore che le legge una alla volta, prendendole a caso.
Il primo giocatore che prende tra le carte sparse quella che contiene
la fine della poesia che il lettore sta leggendo, si aggiudica la
carta.
Vince naturalmente chi alla fine è riuscito ad accaparrarsi più
carte. Le carte sono generalmente in legno in questo tipo di karuta.
L'antologia fu compilata nel XIII secolo, da opere preesistenti.
Ciascuna delle cento poesie, ispirate all'amore, alle stagioni, e a
diversi altri temi, è scritta da un autore differente. Il loro stile
tradizionale è chiamato tanka ("breve canzone") o,
anticamente, waka ("poesia armoniosa"): ogni poesia è
composta da appena cinque versi, per un totale di trentuno sillabe.
Chihayafuru
è la protagonista di un anime, nonché grande giocatrice di Karuta.
È grazie
a lei che ho conosciuto e amato queste poesie.
Ora
torniamo a me, scopo della mia raccolta? Fornirmi di queste poesie
per parlare di Zoro e Nami!
Sarà
un'impresa ardua (e soprattutto lunga) ma spero di farcela.
Intanto
tranquille, continuerò a scrivere le mie vecchie opere, e forse oggi
stesso pubblicherò un nuovo capitolo di Sky's still blue.
Ora basta
chiacchere, mettiamoci all opera!
#1
Solo perché
Ima
kon to
lishi
bakari ni
Nagatsuki
no
Ariake
no tsuky o
Machiidetsuru
kana
Solo
perché mi aveva detto
“
vengo subito”
l'ho
atteso nella lunga notte,
ed
è apparsa la luna
che
annuncia l'alba.
Lo aspettava Nami...
I presagi dell'inverno coprivano
il mare come un'invisibile membrana.
Ma, in quella fredda e malinconica
sera che aveva portato via l'autunno, lei era vestita di un dolce e
caldo sorriso, e continuava ad aspettare sul ponte di guardia.
Durante la cena le aveva chiesto
se spettasse a lei il turno e poi le si era avvicinato - troppo
vicino - sussurrando di aspettarlo.
Non era la prima notte che passavo
assieme.
Spesso succedeva che, finiti gli
allenamenti, Zoro la sorprendesse con bottiglie di rum e coperte
calde. Chiacchieravano poi, per tutte la notte.
I colori scuri e pacifici del
paesaggio intorno a loro erano testimoni di quello strano armistizio,
tacito, che firmavano inconsciamente in quelle occasioni.
Zoro.
Sempre pronto a proteggere i
compagni dai nemici, dal freddo e dalla solitudine.
Lo faceva silenziosamente, senza
giri di parole.
Il suo sguardo era imperscrutabile
e troppo spesso marmoreo ma i suoi gesti... Quelli arricchivano il
cuore!
Ma quella richiesta debolmente
sussurrata aveva le sembianze di uno “pseudo” appuntamento.
E tremava Nami, non per il freddo,
ma per lo strano volo di una farfalla che, improvvisamente, si era
impadronita del suo stomaco.
Le ore correvano, ingiustamente
inafferrabili, e l'aria era impregnata di un vago senso di mancanza.
Attesa vana la sua.
D'altronde, è perché si hanno
delle aspettative che si resta delusi!
Dopo una notte insonne – e
forse non la prima- sotto un pallido raggio solare, la donna si
ritrovò sola, anche l'ultima speranza inghiottita dal nuovo giorno
che sorgeva.
Un senso inspiegabile di
solitudine e malinconia circondavano i sentimenti del suo cuore
femminile.
Possibile che...?
Mosse in senso di diniego la
testa, allontanando quegli insulsi pensieri, e si diresse veloce
verso il suo frutteto. Solo il gusto delicatamente aspro dei suoi
mandarini le avrebbero tolto la rabbia, aiutandola poi ad assopirsi
almeno per qualche ora.
Lo vide lì, disteso pancia
all'aria e mani dietro l'odiosa zazzera verde, dormire rumorosamente.
L'istinto furente di soffocarlo
nel sonno, dopo il bidone che le aveva dato, venne fortunatamente
sopito dal volto rilassato dello spadaccino, e da quel misero e
inaspettato sorriso che albergava sul viso dormiente.
La cartografa, calmatasi grazie a
quella preziosa visione, prese un piccolo mandarino tra le mani e lo
lanciò, soppesando la forza, sul cranio del principe verde
addormentato.
-Ah, ma che diamin... - la
voce roca e imperlata dal sonno venne automaticamente fermata dallo
sguardo truce di Nami.
Rimase qualche momento fermo e
imbambolato, frastornato dal colpo ricevuto.
Poi all'improvviso strabuzzò gli
occhi, ricordandosi della promessa non mantenuta e, soprattutto, del
luogo “tassativamente proibito” in cui si ritrovava.
-Tu...Tu brutto buzzurro!Questa
volta giuro che me la paghi!- la voce era perentoria, con un
retrogusto triste.
Poi lei si voltò, lasciandolo
solo in quell'agrumeto.
Non rispose Zoro, non sapeva come
giustificarsi.
Così come lei non sapeva che il
verde quella sera era stato rapito dal forte odore dei suoi
mandarini.
Voleva rilassarsi per poco, giusto
due minuti,e poi raggiungerla.
Ma nel sogno, che improvvisamente
l'aveva catturato, quell'amato odore non veniva dagli alberi, ma da
una ragazza rossa e acida che era stretta tra le sue braccia.
E quell'immagine, inaspettata e
stramba,
felice, aveva vinto su tutto il resto.
Autore della poesia: Sosei Hoshi, il monaco Sosei -al
secolo Yoshimine no Harutoshi - (vissuto tra la fine del nono secolo e
l'inizio del decimo) ; fu autore di un'antologis poetica privata
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