A/N: Ciao a tutti!
Questa storia l'avevo scritta verso maggio ed ero convintissima di
averla già pubblicata qui su EFP, invece no! eheheh
Piccolo avvertimento:
In teoria essendo nata molto prima della 4^ serie di Prison Break,
questa storia non sarebbe spoiler, ma dato che le cose che leggerete in
parte si sono avverate (sì, sono una veggente! eheh), vi
segnalo la possibilità che questa storia sia spoiler.
Piccolo riassunto:
La storia inizia nella 3^serie, Michael è rinchiuso a Sona e
Lincoln gli da la notizia che Sara è morta.
Un altro avvertimento,
Michael qualche volta potrebbe risultare un po' OOC, per lo meno credo!
eheheh
Buona lettura!
“Michael, Sara
è morta…”
Le parole uscirono a fatica dalla bocca di Lincoln.
Era ormai una settimana che glielo teneva nascosto, che mentiva a suo
fratello sulla sfortunata sorte della ragazza di cui Michael si era
innamorato a Fox River.
Lincoln sapeva di aver fatto la scelta giusta nel non dargli subito la
brutta notizia, dopotutto c’era la vita di suo figlio in
gioco. Non poteva permettersi un calo di concentrazione e di
determinazione da parte di Michael, non ora che la posta in gioco era
così alta.
Ma d’altra parte, Michael meritava di sapere come le cose
stavano andando veramente e ormai lui aveva esaurito tutte le scuse
possibili ed immaginabili.
In quella settimana gli aveva raccontato di tutto: che la Compagnia non
voleva più fargli avere notizie di Sara perché
così lui avrebbe lavorato più in fretta al suo
piano d’evasione; che aveva parlato con LJ che gli aveva
detto che Sara stava bene; che Susan lo teneva aggiornato sulle
condizioni dei due ostaggi.
Non sapeva veramente cos’altro inventarsi. Era ora che
Michael sapesse la verità.
“Michael…” Ripeté Lincoln,
cercando di ottenere più di un semplice sguardo perso nel
vuoto da parte del fratello.
Lincoln capiva la sua reazione, anche lui aveva perso la donna che
amava per mano della Compagnia e la cosa peggiore era che
l’aveva sentita morire, senza poter fare nulla per evitarlo.
Almeno a Michael era stata risparmiata questa crudeltà.
“Non può essere…” Disse
finalmente Michael, incrociando per un secondo lo sguardo dispiaciuto
di Lincoln, per poi abbassarlo nuovamente sulla fanghiglia ai suoi
piedi. “Non possono averla uccisa, non…”
“Mi dispiace, Michael.” Disse Lincoln, cercando le
mani di suo fratello attraverso la recinzione.
“Non possono averla uccisa. Sto lavorando per loro, sto
facendo il possibile per tirare fuori di prigione un tizio che nemmeno
conosco… Loro non possono averlo
fatto…” Disse, continuando a scuotere la testa,
come se stesse cercando di svegliarsi da quest’incubo.
“Sì che possono, Michael. Sappiamo benissimo con
che razza di bastardi abbiamo a che fare e…”
“Non può essere vero!” Urlò
Michael, interrompendo il fiume di inutili parole che usciva dalla
bocca di Lincoln e dando un forte colpo alla recinzione, proprio dove
poggiava la mano del fratello. “Stanno cercando di farmi
impazzire per farmi evadere di prigione il prima possibile.”
Disse Michael, iniziando un ragionamento contorto che solo lui riusciva
a seguire.
“Credimi, purtroppo è
tutto vero…” Disse Lincoln
dispiaciuto, abbassando lo sguardo a sua volta.
“Uh?” Disse Michael, alzando velocemente la testa e
fissando per la prima volta il fratello. “Come fai ad esserne
così sicuro?” Gli chiese, aspettando una risposta.
Quando Michael incrociò lo sguardo di Lincoln, che stava in
silenzio, capì. Deglutì con fatica, aveva paura
della risposta alla sua prossima domanda. “L’hai
vista?”
Lincoln annuì, mentre continuava a tenere lo sguardo basso
sulle sue scarpe. Non aveva il coraggio di raccontare i dettagli di
quel giorno a suo fratello, l’avrebbero fatto soffrire ancora
di più e quello era l’ultimo peso da aggiungere
sulle, già cariche, spalle di Michael.
“Come…?” Chiese Michael, dopo un lungo
silenzio.
Lincoln lo ignorò, cercando di scacciare dalla sua mente le
immagini di quel garage e di quella scatola.
“Dannazione Lincoln!! Dimmelo!” Urlò
Michael, mentre una guardia, richiamata dalle sue urla, gli
intimò di allontanarsi dalla recinzione.
“Michael, non puoi chiedermi questo, non posso
dirtelo!” Disse Lincoln, con un fare protettivo che solo i
fratelli maggiori hanno.
“Ci sono tante
cose che ti ho chiesto di fare e non hai mai
fatto.” Disse Michael triste e sfinito, con un tono
accusatorio nella voce. “Per una volta, fai quello che ti
chiedo.”
“Devi capire che l’hanno fatto solo per farti
evadere prima e se ora ti dico come sono andate veramente le cose,
otterranno quello che vogliono.” Lincoln si fermò
per un istante, sperando che il fratello lo implorasse di non andare
avanti, ma ovviamente questo non accadde.
Michael doveva e voleva sapere, per cui Lincoln proseguì il
suo racconto. “Subito dopo che tu e Sara vi siete sentiti per
telefono, sono andato nel posto che lei ti aveva indicato, per cercare
di salvare lei e LJ. Ma qualcosa è andato storto.”
Si prese un attimo per prendere fiato. “Qualche ora
più tardi, Susan mi chiamò al
cellulare… Mi disse di andare in un garage
perché… Lì c’era qualcosa
per me.” S’interruppe. Non riusciva ad andare
avanti, le immagini di quel giorno gli passavano ancora una volta di
fronte agli occhi e lui non poteva fare nulla per scacciarle via.
“Cos’era quel qualcosa, Lincoln?” Chiese
Michael, mentre continuava a fissare il fratello.
“Una scatola.” Gli rispose, evitando il suo sguardo.
Michael aveva intuito la direzione di questo discorso. Aveva intuito
quale sarebbe stata la risposta alla sua prossima domanda, ma era
più forte di lui, doveva sapere come gliel’avevano
portata via. “Cosa c’era dentro?”
“Ti prego Michael, non…”
“Dimmi cosa diavolo c’era lì
dentro!” Urlò, colpendo violentemente la
recinzione col palmo della mano.
Lincoln lo guardò e Michael poteva notare delle lacrime che
iniziavano a riempire gli occhi del fratello. Sapeva che questa
conversazione era difficile per entrambi, ma doveva sapere
cos’avevano fatto alla donna che amava.
“Dentro c’era…”
Cercò di dire quella frase tutta d’un fiato, ma
non ci riuscì. Prese un respiro profondo e infine, quasi in
un sussurrò, gli disse la verità. “La
sua testa.”
Michael lasciò che la mano, che qualche secondo prima aveva
sbattuto violentemente contro la recinzione, gli scivolasse sul fianco.
Lo shock di quelle parole lo avevano paralizzato.
L’unica cosa che gli era possibile fare ora, era fissare il
vuoto e pensare a lei. Pensare a quanto lei avesse sofferto per colpa
sua; pensare quanto lei sarebbe stata meglio se lui non le avesse mai
chiesto di lasciare aperta la porta dell’infermeria; pensare
a quanto avrebbe voluto svegliarsi nella sua cella e scoprire che tutto
questo era solo un incubo.
La fede lo aveva sempre portato a pensare che, per loro due, le cose si
sarebbero risolte nel modo giusto. Lui e Lincoln avrebbero aperto il
loro negozio di immersioni, mentre Sara e LJ prendevano il sole e
imparavano ad andare sul surf. E la sera, quando il negozio era chiuso,
lui e Sara sarebbero rimasti tutta la notte a guardare le stelle dalla
loro amaca, sorseggiando birra e parlando del loro futuro insieme, dei
nomi che avrebbero dato ai loro figli e della splendida casa che
Michael voleva costruire per loro due. Per non parlare
dell’appuntamento che le aveva promesso durante la
prima settimana a Fox River.
Ora tutto questo era semplicemente un sogno che non
sarebbe mai potuto diventare realtà.
“Da quanto lo sapevi?” Gli chiese, mentre sentiva
di non riuscire più a trattenere le lacrime.
Lincoln si sentiva uno schifo. Non c’era più
niente che poteva fare ora, suo fratello aveva bisogno di starsene un
po’ da solo per assorbire lo shock.
“Lo sapevi e non mi hai detto niente!” Gli
urlò furioso, mentre Lincoln gli voltava le spalle per
andarsene.
“L’ho fatto per proteggerti!”
Urlò Lincoln a sua volta, avvicinandosi nuovamente alla
recinzione.
“Stronzate! L’hai fatto perché hanno
ancora LJ e non volevi che io mandassi tutto
all’aria!” Disse Michael, battendo nuovamente il
pugno sulla recinzione.
I due, sguardi bassi, rimasero in silenzio per qualche minuto,
finché i singhiozzi di Michael non lo ruppero.
“Ho dato tutto per te. La mia vita, il mio lavoro, il mio
sangue e in cambio ti avevo chiesto di salvarla.” Disse tra
le lacrime. “Ti avevo chiesto solo quello.”
Continuò, poggiando la fronte sulla recinzione.
“Michael…” Lincoln avrebbe voluto
oltrepassare la recinzione e abbracciare forte il fratello,
rassicurarlo che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma nemmeno
lui ne era più tanto convinto. Sapeva che oramai tutto era
cambiato.
“Tra qualche giorno evaderemo.” Disse, asciugandosi
gli occhi con una manica della felpa ed ignorando il tentativo di
Lincoln di tranquillizzarlo. “Tu avrai nuovamente LJ ed io
tornerò negli States per consegnarmi alla
polizia.” Continuò, girando le spalle al fratello,
senza nemmeno dargli l’opportunità di
controbattere.
Rientrò nel cortile di Sona, per poi raggiungere la sua
cella. Alzò il cuscino e la trovò.
Prese in mano la foto di Sara e si sedette spalle al muro.
Il suo piano poteva attendere, tutto quello di cui aveva bisogno ora,
era piangere.
A/N: Fine primo capitolo.
Avendo già gli altri due scritti, non passerà
molto prima che posti il continuo della storia! eheheh
Sperando vi sia piaciuto
questo primo capitolo, grazie per aver letto e un grazie speciale a chi
ha trovato il tempo di lasciare un commento e di farmi sapere che ne
pensava!
Al prossimo capitolo!
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