Il braccialetto di smalto - 5. Amor, ch'a nullo amato...
Quando
l'apparecchio della sua stanza squillò, quel pomeriggio, la
D'Aloè stava ripassando la logica di Aristotele per l'interrogazione della settimana seguente.
Erano otto ore che la Codispoti sapeva, e la D'Aloè era sorpresa di essere ancora viva.
Inquietante, davvero, l'inserirsi del tema musicale
de La stangata tra il principio di non contraddizione e i cupi pensieri della ragazza. .
Talmente inquietante che la D'Aloè aveva tardato qualche
secondo a rendersi conto che si trattava della suoneria del telefono di
casa - suoneria scelta da sua madre, s'intende, il cui sogno
proibito consisteva in una vivace seduta di sesso bollente con Paul
Newmann e Robert Redford, presi entrambi, giusto per restare in tema di logica aristotelica, nello stesso tempo e sotto lo stesso rispetto.
Non costituiva esattamente uno spettacolo edificante, la D'Aloè,
quando indossava la "tenuta da studio": capelli sommariamente
trattenuti da un mollettone di plastica dai colori indescrivibili, una
logora tuta di felpa - troppo grande perché appartenuta a suo
padre -, calzettoni da trekking stinti, ciabatte in tessuto polartech ormai
quasi prive di suola, una cospicua fioritura di briciole di merendine
non meglio identificate sparsa sul petto e sulle cosce. Nel rispondere
al telefono, quindi, non mancò di congratularsi con se stessa
per aver sempre rifiutato oggetti infernali come i videofonini. Quando
avvertì la voce di Gatti dall'altra parte del filo, poi, fu sul
punto di conferirsi una medaglia.
Gatti aveva bigiato la versione di latino di quella mattina, come già aveva fatto altre volte.
La ragazza fu comprensiva, ma lo ammonì: il professore
cominciava a sospettare. Gli promise che lo avrebbe aiutato con la
correzione, se non ci avesse pensato prima qualcun altro, in modo da prepararlo per ogni posssibile ritorsione didattica del vendicativo docente.
- Tutto bene, tu? - le chiese il compagno a un certo punto. - Hai una voce strana... pranziamo insieme, domani? -
- Tutto bene, non preoccuparti... Domani non posso, purtroppo... Torno
a casa, mia mamma ha invitato mia zia e mia cugina e sta preparando
persino la torta! -
- La torta? E perché? -
- Perché compio gli anni, domani, Luca, non te lo ricordi? -
- Onestamente no, non me lo ricordavo...- Imbarazzo percettibile e un
istante di silenzio, come se il ragazzo stesse riflettendo a una
velocità superiore al normale. - Senti, ti va di fare colazione
assieme, domattina? Possiamo beccarci alle sette e mezza alla
piadineria. -
Sorpresa, dall'altra parte. E fiato istantaneamente mozzo. - V...volentieri, mi farebbe piacere...-
- Ok, allora ci vediamo lì - tagliò corto lui. Reciso, ma non freddo.
Non una domanda sulla Codispoti.
Per forza, l'avrà chiamata prima di chiamare qui.
Alle sette e mezza, faceva decisamente freddo e la luce ancora scarsa. Accidenti all'ora legale.
La D'Aloè aspettava Gatti davanti alla piadineria convenuta, con
addosso la più sobria delle sue (tre) gonne e un maglioncino di
cotone scarlatto (quasi) nuovo. Il particolare più sconvolgente,
tuttavia, era costituito da un fiammante rouge Dior, che dipingeva una sensualità inedita sulla sua bocca increspata. Trafugato dall'armadietto dei cosmetici di sua madre, s'intende un'altra volta.
E buon compleanno Vi.
Gatti le giunse alle spalle, nel suo piumino color vinaccia, e le posò per scherzo le mani sugli occhi.
Risero entrambi, nel profumo di brioche che andava diffondendosi nell'aria pungente. Un'aurora serena di fine marzo, fresca e croccante come una mela.
Nel bar, mentre si intiepidivano le mani intorno ad enormi cappuccioni bollenti, Gatti trasse dallo zaino un pacchettino.
- Questo è per te - disse, del tutto pleonasticamente, all'attonita amica.
Cuore in gola e un baffo di schiuma a incorniciarle il rouge Dior sulle labbra, la
D'Aloè prese l'involto di carta. Le dita le
tremavano tanto che per un istante temette che l'avrebbe lasciato
cadere direttamente nella tazza.
- Luca... che razza di bigliettino sarebbe? - domandò dopo un
istante, più burberamente di quanto avrebbe voluto per darsi un
contegno.
Su un pezzetto di carta nera, infatti, il ragazzo aveva vergato con la tempera bianca soltanto questi simboli: "..._ 17"
- Compio diciassette anni, ok, ma che cosa sarebbe quello che c'è prima? -
- Non conosci l'alfabeto Morse? - sorrise lui. - E' una "Vi". Come te. Tre punti e una linea, ta-ta-ta taaaaaaa - aggiunse, riproducendo le prime note della Quinta di Beethoven come estemporanea dimostrazione*.
La ragazza scoppiò in una fragorosa risata. Il freddo del
mattino sembrò ancora un po' più lontano, mentre si
accingeva a strappare l'involucro a fiorellini del pacchettoo. Ne
emerse un ulteriore, goffo fagotto di carta velina.
- Dì la verità, Luca... è tutta carta, eh? -
- Ma prova ad arrivare in fondo, prima di saltare alle conclusioni, donna di poca fede! -
La velina lacerata scivolò sul tavolo cosparso di briciole,
mentre un sottile cerchietto di metallo veniva alla luce. Un bracciale
di smalto bianco, costellato di minuscoli fiori azzurri, evidentemente
dipinti a mano. - Sono non-ti-scordar-di-me - puntualizzò Gatti
meticoloso.
- Immagino di sì - alitò la D'Aloè, quasi incapace
di parlare mentre sfiorava il grazioso, delicato monile. - Ma tu come
fai a dirlo? -
- Ce li ho messi io. -
- Come sarebbe a dire, ce li hai messi tu? -
- Come, come sarebbe a dire? Ho comprato il braccialetto ieri sera, ma
tutto bianco non mi piaceva e così ci ho pitturato su i fiori.
Non ti piacciono? -
- Luca, non dire vaccate, sono bellissimi! E' che... hai fatto tutto questo lavoro... per me... -
- Mica è poi tanto lavoro, sai? Dipingere sullo smalto non è mica difficile. -
- Oh, lascia perdere, va... posso metterlo? -
- Mah, vedi un po' te... è tuo, Viviana, certo che puoi mettertelo! -
- Come...-
- Eh? Certo che sei interdetta, a volte... infilandoci la mano dentro, no? In che altro modo vuoi indossarlo, carissima? -
Infilare la mano nel cerchietto...
La destra o la sinistra, tanto per cominciare?
E se ho la mano troppo grossa e non ci passa? Mia nonna dice sempre che ho le mani di un metalmeccanico... No, ci passa.
Forse la sinistra era meglio,
così magari mi dà noia per scrivere.
Pensa la scena, tu
che prendi appunti e tutta la classe che sente il braccialetto che
sbatte sul banco a ogni parola.
E' stupendo.
E' fin troppo bello per stare al mio polso.
Un braccialetto.
Dipinto a mano.
Nessuno mi ha mai regalato un braccialetto.
Tantomeno uno dipinto a mano.
- Allora, Vi, ti piace? -
- Non so come ringraziarti, Luca, davvero...-
- Guarda che puoi muoverla, la mano, sai? Non è che ti morde... tipo aspide della regina Cleopatra, o cose del genere. -
- Oh, lo so, lo so, è solo che...-
- Solo che cosa?... Ecco, brava, hai visto che la puoi muovere? Bene -
c'era una soddisfazione radiosa, negli occhi di Gatti, la cui
sincerità non poteva essere fraintesa. - Mi farà piacere
guardarti, in classe, e vedertelo addosso. -
Un pensiero attraversò come un fulmine la mente della
D'Aloè, riportando un'istantanea, lancinante chiarezza nella
nebbia gioiosa che vi regnava. - Non posso mica mettermelo, in classe,
Luca! -
- E perché no? - ribatté lui, dispiaciuto. - Non mi
sembra così appariscente da poter valere una critica da parte di
qualche prof...-
- Non è quello... come lo spiego alla Lu? -
I caldi occhi nocciola di Gatti raggelati all'istante, il suo sorriso solare pietrificato sulle labbra. - La Lu? E che c'entra lei, scusa? -
La D'Aloè trasse un profondo respiro. Poi, decisa, mosse un
passo oltre la sponda sicura dei sorrisi e dei non detti. Si
avventurò nell'abisso, sicura come una lama che affonda nel
burro. - Non è la tua ragazza, Luca? Magari non le va che tu mi
faccia dei regali. -
Gatti scoppiò a ridere. - Su, non siamo mica ancora a questo
punto, dai, ci mancherebbe altro. Sono pur sempre libero di augurare
buon compleanno a una come te, no? -
Una come me, un'altra volta. Ma che cosa significa?!
Significa che per lui non sono che una buona amica, concluse
la D'Aloè più tardi, davanti allo specchio del bagno
delle ragazze, occupata a cancellare con la cipria le ferite che il
pianto aveva inferto al suo trucco.
Il pianto, sicuro, perché Gatti aveva tenuto per mano la Codispoti per tutta l'ora di italiano.
La professoressa Migola aveva portato la classe in sala video, per sottoporla alla proiezione della lettura del V canto dell'Inferno ad opera di Benigni.
La D'Aloè, che personalmente non poteva soffrire né lui,
né Dante - e che, peraltro, si sentiva già abbastanza
all'inferno anche senza il contributo della professoressa di italiano -, si
era preparata a disporre su "stand by fino
alla prossima campanella" tutte le proprie attività cerebrali...
ma, una volta preso posto nell'ultima fila dell'aula, si era trovata
Gatti seduto accanto, i dolci occhi nocciola puntati sul braccialetto
di smalto che le scintillava al polso nella luce scarsa dell'ambiente oscurato.
Poi era arrivata la Codispoti. Allontanando senza complimenti qualcuno
- forse era Persichetti, o magari Torrisi: la D'Aloè non se ne
era curata - si era collocata dall'altro lato di Gatti e gli aveva preso la mano.
Era stato troppo buio, in quel momento, per potersi rendere conto della
reazione di Gatti. Non era stato possibile, per la D'Aloè,
capire se fosse imbarazzato, compiaciuto, infastidito, sorpreso... di sicuro, però, quella cazzo di mano non l'ha mica tolta, no?
La crisi di nervi era arrivata, improrogabile, inoccultabile e
inequivocabile, quando il lettore aveva - magistralmente, persino la
D'Aloè aveva dovuto riconoscerlo - declamato i celeberrimi versi... amor ch'a nullo amato amar perdona.
Molto prevedibile, no? E con che faccia ci torno in classe, adesso?!
Proprio il giorno del mio compleanno, poi...
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*: questa battuta non è originale del "mio" Luca Gatti... è citata fedelmente da un dialogo fra due soldati nel film "Il giorno più lungo" (Andrew Marton - D.F. Zanuck, 1962), una delle mie pellicole storiche preferite. Chissà se Luca Gatti lo sapeva! :)
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