Quello che eravamo

di Alley
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“Com’ero?”
Non sa perché l’abbia chiesto – non sa più niente, ormai, non ha mai saputo niente, ma almeno adesso ha smesso di illudersi del contrario.
Castiel lo scruta con la fronte aggrottata e, per un attimo, a Dean sembra di rivedere sul suo viso l'innocenza ingenua con cui un tempo guardava il mondo. Ma è solo un attimo, poi tutto torna al proprio posto.
“Hai detto che ti ricorda com’ero.”
Non ha davvero bisogno di una risposta: sa perfettamente com’era. Non si può detestare con tanta ferocia ciò che si è dimenticato.
Castiel lo fissa, in silenzio, gli occhi velati da qualcosa di simile al dolore – una volta non c’era dolore negli occhi di Castiel, i suoi occhi erano impassibili e incredibilmente blu e ora invece sono spenti e opachi e Dean riesce a stento a riconoscerli.
Forse è per questo che gliel’ha chiesto; per vendicarsi, per punirlo. Perché Castiel è cambiato e l’ha fatto proprio quando aveva più bisogno di lui, di quello che era prima che il mondo crollasse sulle loro teste e tutto diventasse cenere.
Vorrebbe poterlo odiare con la stessa intensità con cui odia il suo vecchio sé.

Non è stata colpa sua. Sono state le circostanze a cambiarlo.
Sei stato tu, quando hai detto no a Michele.

Ignora la voce nella sua testa e torna a focalizzarsi su Castiel, perché è più facile – più comodo – rifugiarsi nella sua sofferenza che affrontare la propria.
Dean non sa che senso abbia – non sa più niente, ormai, non ha mai saputo niente.
“Diverso" risponde Castiel alla fine, nella voce l’eco di un ricordo vecchio come il tempo.
La fitta di dolore che lo attraversa è così forte che Dean vorrebbe non averlo mai domandato. 




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