Contest: the Black Ice-Cream Parade!
Prompt utilizzati: smalto; “Young and beautiful” (Lana del
Rey)
Situazione
extra: “Il ticchettio di un orologio segna snervante lo scorrere del
tempo. Incessante e martellante sottolinea i secondi che passano e sgradito
giunge alle orecchie di chi sta aspettando. È un’attesa sofferta e
durata fin troppo, che diventa sempre più insostenibile man mano che si
avvicina alla sua conclusione…”
Nights and (h)otters
Will you still love
me when I’m no longer
young and beautiful?
Will you still love me when
I’ve got nothing but
my aching soul?
I know you will,
I know you will…
[Lana del Rey – Young and beautiful ]
Il solito suono leggermente
boccheggiante della macchina.
L’abituale fastosità
di luci.
Il consueto silenzio della notte
– la sua millesima e millesima notte su circa dodicimila notti totali.
E la familiare voce gentile e
allegra che la chiamava.
«Tesoro, sono a casa! Buon
anniversario!»
Nessuna risposta. Il Dottore
attese, mentre ancora si specchiava, aggiustandosi il suo papillon (il suo adorato,
amato, venerato papillon!).
«Mmm…
In realtà è abbastanza impreciso, in realtà saresti tu che
vieni a casa, visto che la TARDIS è casa nostra… ma
comunque!» parlottò fra sé e sé, velocemente, come
suo solito; sorrise alla sua stessa figura riflessa, batté le mani, fece
una veloce giravolta e scese le scalette dell’astronave scivolando sulla
ringhiera. «River! I tuoi genitori non dormiranno in eterno!»
chiamò ancora.
Ancora niente. Possibile
che River Song non fosse nella sua cella, come tutte
le sere da quando era stata arrestata? Un minuto, due minuti, tre minuti…
Il ticchettio di un orologio segnava snervante lo scorrere del tempo;
incessante e martellante sottolineava i secondi che passavano. Era
un’attesa sofferta e durata fin troppo, che diventava sempre più
insostenibile man mano che si avvicinava alla sua conclusione…
Dopo un quarto d’ora
d’attesa, spazientito, il Dottore aprì la porta della sua TARDIS,
non prima di aver lanciato un affettuoso bacetto al vetusto legno blu. Fu qui
che si trovò davanti sua moglie, visivamente seccata, che si era appena
alzata dalla brandina della sua cella in disordine.
«Dolcezza, il casino che fai!
Sto arrivando, sto arrivando, un secondo!» berciò questa, entrando
nella navicella spaziale con la sua folta criniera svolazzante e il suo fisico
da urlo. «Mai una volta che tu sappia aspettare, eh?»
L’altro la guardò
completamente estasiato, come sempre.
«Aspettare? Io odio aspettare. È uno spreco,
spreco di tempo, spazio, pazienza, denaro, voglia… ci sono mondi interi
che svaniscono e che non potrò mai più vedere, in questo preciso
istante, mentre io sono qui ad aspettare te!»
River Song
sbuffò. Teneva le mani completamente distese davanti a sé e se le
guardava in continuazione; ogni tanto le sventolava. Indossava la sua solita
canotta e un paio di pantaloni comodi; salì le scalette che portavano al
centro di comando della TARDIS (uno dei milioni fra passati, presenti e futuri)
e lì aspettò suo marito, sempre guardandolo storto.
Il Dottore richiuse con tatto la
porta della sua amata cabina blu e arrivò velocemente accanto a lei.
«Che poi, cosa dovevo
aspettare? E cosa diamine hanno le tue mani, moglie?» chiese, sospettoso.
L’altra, di tutta risposta,
sbuffò ancora di più.
«È smalto. Smalto,
maledetto smalto. E per avere un
bello smalto, mio caro saputello, devi aspettare che si asciughi, altrimenti
avviene esattamente questa
cosa!» urlò, risentita, e gli mostrò senza tanti giri di
parole il mignolo dove il colore rosso dello smalto era irrimediabilmente
rovinato.
Il Dottore, annoiato,
sbadigliò.
«E tu mi hai fatto aspettare
per questa cosa?!» borbottò, azionando la leva della sua amata
cabina, che per tutta risposta iniziò a mugolare con il suo tipico
suono. Sapeva esattamente dove avrebbe portato sua moglie: su quel pianeta che
voleva visitare da così tanto tempo, pieno di quelle belle bestiole
festose…
River si guardò preoccupata
le mani, individuò altro smalto rovinato e rispose:
«Hai idea di cosa voglia dire ottenere uno smalto
nella prigione più sicura dell’universo? Ho dovuto strusciarmi
parecchie guardie.»
La TARDIS fece un balzo; i due
occupanti furono sballottolati in avanti.
«Hai dovuto fare
cosa…?! Siamo sposati,
River!» urlò il Dottore, rimettendosi in piedi e andandole vicino.
Lei sorrise di candida malizia; nei
suoi occhi vibrava un certo luccichio. Anche dopo tanto tempo era sempre bello
sentirsi dire che erano sposati…
Ed essere sposati con il Dottore implicava bizzarre avventure nel bel mezzo
della notte e sparatorie mortali fatte tanto per rompere la monotonia e feste
folli all’altro capo dell’universo… e, be’,
alcune fortunati notti non solo
questo.
«Ovvio, dolcezza»
puntualizzò. «Ma erano secoli che non mi truccavo un po’
né mi facevo bella –almeno da quando Cleopatra mi ha fatto notare
che con un po’ di rossetto sarei stata molto meglio. E, be’, stando al mio diario è accaduto molto
tempo fa…»
Suo marito neanche la stava
ascoltando: continuava a spingere precisi bottoni della sua adorata astronave.
Quali diamine erano le coordinate per quel benedetto pianeta…? E come
diamine si chiamavano quegli animali marroni così carini…?
«E, insomma… in
prigione non mi sento così bella, non mi sento tanto apprezzata.»
iniziò River.
Oh, sì, se le ricordava! Il
Dottore si diede una vivace botta sull’ampia fronte (adorava la sua ampia
fronte, nelle prossime rigenerazioni avrebbe avuto un sacco di ampie fronti,
sì!), rise ancora di soddisfazione e selezionò le coordinate
spazio-temporali del pianeta da lui tanto voluto. Ma… sua moglie aveva
detto qualcosa?
«Per non parlare del fatto
che mio marito è un Signore del Tempo che non invecchierà mai,
mentre io sì…» disse ancora l’altra, a voce
leggermente più bassa.
La TARDIS era atterrata sul pianeta
desiderato. Calò il silenzio; il Dottore si girò verso di lei.
Che strano atteggiamento era mai quello? Da lei si aspettava battute pepate o
leggermente maliziose, un resoconto di una sparatoria o di qualche avventura
che perfino lui non aveva ancora
vissuto… non discorsi seri.
«River. Che vuoi dire?»
mormorò, piano.
La Dottoressa Song
(non era ancora Professoressa, quello sarebbe accaduto più avanti per
lei, ma più indietro per lui) riprese a sventolare le mani, nella
speranza che il maledetto smalto si asciugasse.
«Oh, Dottore, ma guardaci! Dimostri
molti meno anni di me. Maledetta rigenerazione che ho scelto, perché
proprio questa?! Sembro almeno dieci anni più vecchia di te. E grazie al
cielo le nostre linee temporali sono sfalsate… fra qualche anno,
altrimenti, potrei veramente sembrare tua madre.»
Lui le si avvicinò e
inspirò il suo odore. Sapeva di brio, di feste, di risate… e,
ciò che era meglio, sapeva di avventura, di tanta, tanta avventura.
«River. Non c’è
bisogno di metterti lo smalto o il rossetto o di farti bella.» disse,
sorridendo. «Perché lo sei. E io ti amo.»
E perché lei, in
realtà, non sarebbe mai
veramente invecchiata… perlomeno non in quel mondo, ma in un mondo fatto
di cifre binarie e di chip e di sogni… Ma questo lei non lo poteva
sapere, non lo doveva sapere.
L’altra gli accarezzò
una guancia. Oh, aveva più di mille anni, ma tante volte sembrava
così tanto un bambino… amare una persona comportava molte cose.
«Sì, ma… mi
amerai ancora, quando non sarò più giovane e bella? Mi amerai
quando non avrò altro che il mio carattere?» chiese, sperando di
non suonare troppo seria.
Il Dottore le baciò una
mano; lo smalto rosso era quasi asciutto. Alzò lo sguardo e
incontrò gli occhi di lei, che ora sembravano rincuorati.
«Ti ho già risposto,
mi pare, no…? Altrimenti, be’… ho
un’altra soluzione.»
River Song
lo fissò. Gli sfiorò le labbra con le sue e lo guardò in
maniera fin troppo maliziosa.
«E quale sarebbe?»
mormorò a colui che sapeva sempre tutto, a colui che aveva sempre un’altra soluzione..
Il Dottore sorrise.
«Posso sempre trovarmene
un’altra più giovane, che non assomigli così tanto alla sua
testardissima madre scozzese.»
Fu un attimo; il Signore del Tempo
non aveva finito di dire queste parole che lanciò un profondo urlo di
dolore. Sua moglie lo aveva preso per un orecchio e glielo stava stritolando;
si allontanò dalla stazione dei comandi della TARDIS e scese le
scalette, trascinando il Dottore per un orecchio.
«Maledetto, maledetto,
maledetto Dottore! Oh, se penso che ci stavo quasi per cascare!»
urlò, inviperita, aprendo di scatto la porta dell’astronave.
«River… era una
battuta… sono tuo marito, diamine! È
il nostro anniversario!»
«Stanotte io viaggio e
festeggio sola! Tu resta qui, te lo meriti!» urlò di rimando lei,
cacciandolo via da casa sua e sbattendo violentemente l’uscio.
Lui si guardò intorno…
il pianeta era esattamente come se lo ricordava; quei simpatici buffi
animaletti pelosi marroni erano tutto intorno a lui… si trovava in una
boscaglia, a quanto pareva; non riusciva a vedere bene, perché era notte
anche lì.
«Tesoro… cara…
amore! È il nostro anniversario, mi sono messo anche il cravattino
migliore solo per te, non pensi che potresti perdonarmi…?!»
La porta si riaprì di
scatto. River Song fece capolino dallo spigolo,
sorridendo beffarda.
«Ah, non te l’ho mai
detto? I tuoi cravattini mi fanno schifo. Passa un buon anniversario… fra
le lontre.»
La porta si richiuse di scatto; il
solito rumore boccheggiante arrivò alle sue orecchie… E le due
donne della sua vita (astronave e moglie) sparirono.
Lasciandolo da solo, fra migliaia e
migliaia di dannatissime lontre.
****************
Scritta in fretta e furia XD Perdonatemi
se non è un granchè, ma il contest
finiva ieri *coff coff*
Il titolo è un orrendo gioco di
parole fra otters (lontre) e hotter
(robe piccanti, ‘nsomma X°D).
PERDONATEMI, non ho resistito!!!
Comunque! Robina
scritta in seguito alla 8x06, in cui il Dottore dice testualmente: “Una
volta ho vissuto fra le lontre. River e io avevamo avuto una brutta
lite…”… e, be’, essendo la
mia coppia preferita di DW, *come* potevo non approfittare?! 8D
E… 11, mi manchi da MORIRE. <3
L’ho scritta per il forum Black
Parade ( moschenere.forumfree.it ), dovevo usare come
prompt i due indicati all’inizio della fanfic: smalto e
“Young and beautiful” di
Lana del Rey (un pezzo della canzone l’ho
proprio citato mentre i due parlano).
Perdonatemi gli errori, ma l’ho
scritta di corsissima…! E’ volutamente ispirata ai mini episodi fra
la 6° e la 7° stagione, intitolati “Night and the Doctor”, che sono a mio parere veramente
carinissimi…
Commentino?!